Smart working e quella (strana) nostalgia della vita da ufficio
11 Maggio 2020Ottanta giorni lontano dall’ufficio
Undicesima settimana di smart working, quasi ottanta giorni lontano da quella scrivania dove trascorro un terzo della mia giornata.
A ben riflettere, negli ultimi ventidue anni, non è mai passato tanto tempo senza che mettessi piede in ufficio.
Periodo eccezionale che merita una nota da rileggere nel prossimo futuro, quando la normalità riprenderà il suo corso e l’ufficio torna ad essere la solita, necessaria prigione d’oro.
Vita da ufficio, la dimensione umana del lavoro
Addirittura, mi manca quel meeting di progetto troppo lungo, con mille opinioni diverse che portano a conclusioni opposte e contemporaneamente tutte valide.
E ripenso anche alle polemiche con il collega freddoloso o con chi è troppo bollente: attiviamo il condizionatore?
Va bene ma poi lo spegniamo?
Apriamo la finestra per dieci minuti?
Piccole questioni quotidiane da open space, effetti collaterali del vivere insieme per otto ore al giorno, regole da rispettare e personalità diverse da incastrare.
Appunto, la vita da ufficio complicata quando la subisci ogni santo giorno per anni, ti manca se – improvvisamente – è depennata dalle tue abitudini.
Quando la vita continua fuori l’ufficio
Non trovo la giusta definizione per questo sentimento, forse nostalgia?
Non è il termine corretto.
Piuttosto, immagino sia una idea legata alla privazione della libertà, la possibilità di uscire, vivere appieno la giornata lavorativa in tutte le sue forme, professionali e sociali.
L’aspetto relazionale, l’indotto umano – il rito del caffè al bar, la mezz’ora d’aria, la pausa pranzo, il menù di quel nuovo locale, le vacanze del collega, la comunione del figlio, come è cresciuto!
Dopotutto, ventidue anni trascorsi insieme costruiscono legami, uniscono, permettono di conoscersi e trovare i giusti equilibri.
Destini condivisi
Cari colleghi, quante ne abbiamo affrontate insieme?
Da neoassunti, eravamo giovani che si affacciavano alla vita, oggi siamo adulti.
Un percorso lungo, tortuoso, tra aspirazioni, promozioni, bocciature, cessioni, periodi d’oro e cassa integrazione fino al cambio di azienda.
Incomprensioni (come in ogni collettività), litigi, battaglie che, a distanza, sembrano banalità.
Ma anche trasferte, senso di squadra, successi professionali, divertimento e, soprattutto, condivisione di destini.
Ventidue anni generano esperienze vissute anche fuori dall’ufficio, collegano persone con le medesime passioni (penso a BeTime, l’Università del tempo libero nata da una costola del cral aziendale).
E, naturalmente, creano amicizie, affinità preziose nella Vita, rarità nel mondo del lavoro.
Come a scuola
Immagino lo stesso valga per molti studenti: quando gli imponi le lezioni, detestano la scuola e vorrebbero fuggire lontano.
Ma oggi?
Vale la stessa convinzione oppure desiderano tornare tra i banchi, incontrare gli amici di classe, rivedere gli odiati professori, aspirare (addirittura!) ad una interrogazione?
Chissà, forse la risposta unica non esiste.
Dovrei lanciare un sondaggio online oppure attendere i commenti dei miei colleghi a questo post.
Vedremo, le vie della Rete sono infinite.
Dunque, credo proprio che questo lungo periodo di smart working continuativo – evento eccezionale – entri di diritto nel diario personale.
Che, riletto nel futuro, strapperà qualche riflessione, dei flashback speciali e un sorriso, tra affetto e tenerezza.
Proprio come una di quelle foto importanti da conservare nell’album dei ricordi.