Giancarlo Siani, in visita alla Sala della Mehari del PAN [FOTO]
26 Giugno 2020Giancarlo Siani e le vittime di camorra
Quando passo per via dei Mille, capto una forza invisibile proveniente dalla Mehari di Giancarlo Siani.
Quella Sala della Memoria al PAN, il Palazzo delle Arti Napoli, nata per ricordare il giornalista napoletano e le vittime innocenti di camorra, è un luogo mistico.
Quella sala impone uno stop.
Quella sala mostra il coraggio di Giancarlo Siani, costringe a guardare negli occhi le donne, i giovani, e i tanti uomini ammazzati dalla camorra.
Quella sala toglie il fiato come un pugno improvviso allo stomaco.
Il PAN dopo l’emergenza COVID-19
All’ingresso del museo, misuro la temperatura.
Poi, igienizzo le mani.
L’addetto compila il registro delle presenze con i miei dati anagrafici, compreso il recapito telefonico.
«Le norme anti-COVID» spiega l’uomo.
Eppure, oltre al sottoscritto e due impiegati, in questo pomeriggio feriale di fine giugno, al PAN non sono presenti altri visitatori.
Spazi vuoti, ambienti desolatamente privi di voci e commenti.
L’antitesi di ciò che un luogo di cultura rappresenta.
La Sala della Memoria dedicata a Giancarlo Siani (ingresso gratuito)
In totale solitudine, giro per la piccola Sala della Memoria.
Rileggo con attenzione la vita di Giancarlo Siani.
Di come fu ritrovata (in Sicilia) la Mehari verde, recuperata in una campagna abbandonata, ricoperta di erbacce e ritrovo di galline.
Osservo i volti dei giovani ammazzati dalla camorra.
Riconosco i nomi degli sventurati saliti agli onori delle cronache, dietro ogni foto un buco nero, un universo di dolore e una ingiustizia che nessuna sentenza potrà mai spiegare.
Assurdo, non trovo altri termini per definire la guerra civile in atto, ancora oggi, nel nostro Paese.
Una battaglia inspiegabile che miete vittime innocenti.
Ma poi rifletto: anche questo termine «vittime innocenti» risulta inconcepibile, come se esistessero (e accettassimo) le «vittime colpevoli»?
Di fronte a tanta disperazione, la Mehari verde resta un simbolo di speranza, la dimostrazione che, in questa infame guerra, c’è chi combatte con l’unica arma nella quale credere: la Cultura.
Saluto Giancarlo come se fosse un vecchio amico che, appena posso, vado a trovare.
E ogni volta che l’incontro, lo ringrazio.