Yuri Menna, un ragazzo di Napoli in giro per il mondo (con una chitarra e un sogno)
4 Giugno 2013Yuri Menna siamo noi
Yuri Menna è un ragazzo di New York, Yuri Menna è il vicino di casa, un sognatore in cerca di fortuna, Yuri Menna è la solitudine.
Yuri è anche l’allegria della folla, il coraggio del dubbio, la scelta impossibile, Yuri Menna è un viaggio senza meta.
Yuri Menna è la sconfitta, il successo.
Yuri Menna è Napoli.
Yuri Menna è la pioggia nella periferia del mondo ed una giornata di primavera a Parigi.
Yuri Menna sono io, sei tu, Yuri siamo noi?
L’intervista
D: allora Yuri, chi sei veramente?
R: Sono un ragazzo napoletano che aveva dei sogni di “globalità” come tanti miei concittadini e compaesani, e che è semplicemente arrivato a far arrivare la magia dell’essere napoletano a milioni di persone di ogni paese del mondo, attraverso l’uso di lingue straniere, del canto accompagnato da chitarra e attraverso quella gestualità e comicità appartenente solamente al mio popolo.
D: il bimbo Yuri da dove è partito? E l’adulto Yuri dove vuole arrivare?
R: Il bimbo Yuri è partito dalla strada, dai quei primi calci al pallone, dai quei campetti dove, cadendo, rompevi un paio di pantaloni e scarpe al giorno. L’adulto vuole arrivare dove il destino, già benevolo, vorrà portarlo.
D: cosa hai trovato in questo tuo, lungo, personalissimo viaggio (o percorso)?
R: Ho trovato me stesso prima di tutto, ho trovato una realtà molto più dolce di quella in cui sono nato, ho trovato un mondo fantastico, ho trovato la fiducia nel prossimo, ho trovato un pianeta molto più piccolo di quello che immaginavo da bambino.
D: parlaci del tuo CD “Melodies from a busker”: quale è il pezzo al quale sei più legato?
R: Il mio album è l’ecografia musicale della mia vita, dei miei viaggi, delle persone che mi sono passate davanti e di coloro che mi hanno segnato. Busker è un termine inglese che definisce un’artista che si esprime per strada. Il pezzo a cui sono più legato è sicuramente “I still remember you”, canzone dedicata a coloro che segnano il nostro passato, poiché è con esso che ho capito la mia propensione verso la creazione e la capacità di fare arrivare il mio messaggio a gente internazionale.
Dal calcio alla musica
D: Yuri sappiamo che eri una promessa calcistica, com’è stato passare dal pallone alla chitarra? Quando hai appeso definitivamente (se l’hai fatto) le scarpe al chiodo e hai deciso di dedicare la tua vita alla musica?
R: Si, ero una promessa e lo sono rimasto come tanti talentuosi calciatori napoletani. Ero salito sul treno del successo andando a giocare nel Siena ma dopo poco dovetti ritornare a Napoli per motivi familiari. Nella Puteolana ero stanco di dover ricominciare a convincere i procuratori e allora decisi di smetterla. Ora, a distanza di anni, mi rendo conto di cosa avrei perso nella vita se fossi diventato professionista. La musica e il canto sono arrivati solo a Parigi come una maniera per sconfiggere la solitudine e poi è diventato il mio lavoro.
D: quale è la città che, da un punto di vista artistico, ti ha emozionato maggiormente?
R: Direi Parigi, perché è qui che ho suonato di più ed è qui che mi sono trovato davanti alle situazioni più belle, assurde e emozionanti in assoluto. Anche New York, Berlino e Granada mi hanno regalato dei brividi indimenticabili.
D: Yuri, quale cantante segui? Che tipo di musica ami?
R: Non seguo un cantante in preciso, se non per sbirciare nel loro modo di comunicare su internet. Il mio cantante preferito è Freddy Mercury ma da quando ero piccolo, ho sempre ascoltato stili diversi di musica, dalla country di James Taylor e gli Eagles, al rock psichedelico dei Pink Floyd fino a cantautori come Tracy Chapman, Anouk e George Michael.
La musica contro il “mostro” dell’intolleranza
D: Yuri, per approfondire un tema a noi caro, quale è il «mostro» che più ti spaventa?
R: Il mostro che in un certo modo mi spaventa si chiama “gelosia” o come si definisce nel gergo comune “occhio del malaugurio”. Nel mio caso, non si tratta di un “mostro” fittizio, creato dall’immaginazione ma di una vera e propria arma usata dalla mediocrità umana verso coloro che arrivano a qualcosa di buono nella loro vita.
D: razzismo, paura della diversità, pregiudizi, la diffidenza dei mondi chiusi: giunto in una nuova città, quale è il sentimento (negativo) più diffuso e con il quale ti sei scontrato?
R: Ho avuto tantissimi sentimenti negativi e complessi, difficili da spiegare. Il pregiudizio è un triste pilastro della nostra società ma delinea il livello d’ignoranza e di chiusura mentale di una persona. Per me la parola razzismo è stata coniata apposta mediaticamente per accusare certa gente e per dividere i popoli. Io la chiamerei intolleranza verso persone che non appartengono al circolo ristretto di ogni essere umano, quest’intolleranza è nata con l’uomo e gli apparterrà per sempre.
D: i «mostri» sono ovunque perché presenti nell’essere umano: Yuri, ci racconti un episodio accaduto durante i tuoi innumerevoli viaggi che rappresenti l’opposto di ciò che noi definiamo «mostro»?
R: L’opposto di mostro dovrebbe essere sogno. In vacanza nel 2009, cammino per strada a New York nei pressi di Central Park, un tipo mi ferma e mi dice in inglese: ”ehi, sei proprio tu? Ti ho visto di cantare al Sacro Cuore di Parigi qualche mese, ho visto il tuo spettacolo, sei bravissimo!” – e io – “ ma tu di dove sei?” – e lui –“ sono del Belgio”. Riconosciuto dall’altra parte del mondo.
D: Yuri, chiudiamo questa simpatica chiacchierata con un finale libero: a te il microfono!
R: Finirei con un consiglio: per tutti coloro che sentono il bisogno di esprimersi e che non possono farlo in Italia, non abbiate paura, partite, lasciate questa terra che non vi merita e con pazienza e coraggio, ci sarà un posto che vi accoglierà a braccia aperte e darà voce ai vostri sogni.