Che ci sta alla fine del Centro Direzionale di Napoli?
20 Giugno 2024Il mio sfogo sul Centro Direzionale dimezzato
Al Centro Direzionale di Napoli, per i tanti impiegati che affollano gli uffici (come il sottoscritto), durante la pausa pranzo è d’obbligo una passeggiata ristoratrice.
Giunto alla fine della grande isola pedonale – lato Palazzo di Giustizia e Università, per chi conosce la zona – osservo perplesso lo spazio abbandonato, in estate battuto da un sole cocente, in inverno spazzato da vento e pioggia.
E, per non assuefarmi a cotanto degrado, pongo sempre la medesima domanda: il progetto iniziale disegnato dall’architetto giapponese Kenzō Tange, cosa prevedeva?
Dubito il deserto di oggi.
Chissà quale nefasta riflessione scaturirebbe se l’architetto nipponico vedesse lo squallore nel quale versa questo pezzo di Centro Direzionale (tra l’altro, con vista sul Vesuvio).
Temo sia impossibile un suo intervento materiale (Kenzō Tange è volato in cielo nel 2005).
Non mi resta che pubblicare questo breve racconto come sfogo e testimonianza.
Sperando che un giorno, qualcuno ascolterà quella voce alzarsi dal fondo della sala …
Che ci sta alla fine del Centro Direzionale di Napoli?
«Ad oggi, la proposta più interessante è giunta dal Comitato Cactus del Sahara: impiantare una serie di cactus e al centro delle panchine dove sostare. Vi ricordo che i cactus non necessitano di acqua e resistono ad ogni temperatura» annuncia l’assessore al Verde del Comune di Napoli.
La riunione si protrae da diverse ore e i vari enti coinvolti non trovano un accordo su come sfruttare lo spazio presente alla fine del Centro Direzionale di Napoli, un’area oggi abbandonata.
Peraltro, è uno spazio che divide i bar e l’Università, frequentata da giovani e lavoratori.
Eppure, è terra di nessuno, tra incuria e degrado crescente.
«Scordatevi i cactus, il Sindaco in campagna elettorale ci aveva garantito l’installazione di tre enormi vasche per l’allevamento intensivo dei capitoni, non solo a Natale» urla il Presidente dell’associazione Capitoni Tutto l’Anno.
Nella sala gremita, tra le varie fazioni scoppia il parapiglia.
Urla, applausi, cori da curva, il caos regna sovrano: dopo anni tra dibattiti, esperti urbani, consulenze d’oro e commissioni varie, le parti in causa non trovano un accordo su come recuperare la zona finale del CDN.
Dal fondo della sala, emerge il disperato pianto di un bimbo.
Cala il silenzio.
«Signora, faccia tacere il moccioso, tra cactus e capitoni troveremo un compromesso. Dopotutto, stiamo lavorando per migliorare il futuro anche di suo figlio» minaccia il Direttore degli Adulti Impazienti.
La donna, con un filo di voce, ribatte: «mio figlio piange perché chiede solo un’area giochi, con lo scivolo, l’altalena, un po’ di verde curato e pulito, una panchina dove riposare, possibilmente all’ombra. E’ una richiesta tanto assurda?».
Ecco, il mistero è svelato: che ci sta alla fine del Centro Direzionale?
Chiedetelo ad un bambino.
Sembra di assistere ad una di quelle assemblee condominiali, dove si fanno tante chiacchiere ma nulla di concreto, tanto da riportarmi alla mente un famoso detto napoletano
“Chiacchiere e tabbacchere ‘e lignamme ‘o bbanco ‘e Napule nun ‘e ‘mpegna”
[Chiacchiere e tabacchiere di legno il Banco di Napoli non le impegna]
a sottolineare l’inutilità di discorsi vani e vacui che non servono a nulla se non sono seguiti da azioni concrete.
Anche se in questo caso una voce autorevole e concreta c’è stata.
Quella del bambino.
Pasquale, il Centro Direzionale è l’emblema della “politica degli annunci”.
Eppure, è un luogo dal potenziale enorme ma non sfruttato se non dalle nove del mattino alla chiusura degli uffici, tra manutenzione zero e degrado permanente.
Seguirò e aggiornerò eventuali migliorie di questo importante angolo di Napoli.