Il ragionier Ugo Fantozzi non è mai stato licenziato dal Megadirettore Galattico Duca Conte Balabam.

Il metodico impiegato della grande industria privata italiana viene sistematicamente umiliato, tartassato, esposto a pubblica gogna nella mensa aziendale, costretto a massacranti turni no-stop, mobbizzato a più riprese, è vittima di infinite ingiustizie gerarchiche ma eternamente certo del suo posto di lavoro.

Fantozzi, la certezza del posto fisso

Ogni mattina per quarant’anni, il laborioso dipendente raggiunge l’ufficio, sicuro di trovare la sua seconda casa sempre aperta.
Scioperi, cassa integrazione, precariato, cessione di ramo d’azienda, spin-off, spezzatino e mobilità sono termini a lui ignoti, il diligente contabile – assunto a tempo indeterminato – non rischia mai il posto, la sua società non può essere acquisita per future speculazioni in borsa, il suo contratto non verrà mai declassato ed i Sindacati non dovranno combattere contro leggi e norme che facilitano la flessibilità (in uscita, ovvio).

Il ragioniere combatte per i suoi diritti, partecipa alla vita aziendale con falso entusiasmo (come non ricordare la leggendaria festa dell’ultimo dell’anno con i colleghi!), alterna vittorie (di Pirro) a clamorose batoste, sogna la carriera ed il ruolo di capo ufficio (basta citare l’epica partita di biliardo contro il Gran Maestro dell’Ufficio Raccomandazioni, l’Onorevole Cavaliere Conte Diego Catellani) ma – nonostante una vita di sacrifici e mortificazioni – l’onesto lavoratore ogni mese ha la garanzia di portare a casa lo stipendio e la matematica tranquillità di riscuotere la pensione.

Fantozzi possiede ciò che a noi, generazione di dipendenti privati degli anni duemila, manca: la certezza del futuro.

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