Il selfie ha le ore contate.
Come tutti i fenomeni privi di contenuti, anche il banale autoscatto è al tramonto. L’idea-propaganda lanciata da una comitiva di attori ed attrici in gita (pagata) ad Hollywood, imitata dalle masse comuni con esiti ridicoli, ha farcito inutili pagine social intasando la Rete, ha saturato le memorie di Google, Facebook, Twitter ed Instagram senza – peraltro – contribuire a significativi passi in avanti dell’Umanità.
Anzi, il selfie conferma – casomai ci fossero ancora dubbi – la superficialità della moda del momento.
Per fortuna del genere animale, l’evoluzione della specie impara dai propri errori e dall’elettroencefalogramma piatto, prima o poi, un impulso di intelletto si fa strada.
E’ il selfie2.0, per i superficiali un autoscatto allo specchio, per chi vede oltre, invece, rappresenta l’egocentrismo dell’individuo del ventunesimo secolo limitato dalla coscienza personale, l’eterna lotta tra la voglia di mostrarsi e la decenza del privato, il conflitto interiore che lacera l’animo dell’uomo ipertecnologico, la dipendenza delle nuove generazioni come segnale mediatico contro l’uso indiscriminato delle droghe nel mondo.
Dalle macerie della ragione, avanza una speranza.
Sono io.
L’ideatore del selfie 2.0
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