Caos calmo, la recensione
Passeggiare lungo un campo minato col rischio, in ogni istante, di saltare per aria.
E’ la sensazione provata durante la lettura di «Caos calmo» il libro del bravo Sandro Veronesi che, pagina dopo pagina, trattiene l’esplosione di dolore in una bottiglia chiusa ermeticamente.
Eppure, al rigo successivo, il tappo sembra non riuscire a contenere l’infinita disperazione per il lutto familiare che ha colpito padre e figlia ed è pronto a disintegrarsi in un boato liberatorio.
Ma il botto non avviene ed è rimandato al nuovo capitolo.
L’intera lettura è un’attesa – a volte angosciante, spesso stupefacente: l’attesa del dolore, l’attesa liberatoria, l’attesa del lutto, l’attesa della rinascita.
Un’attesa emozionante.
Sandro Veronesi, lo stile
Lunghe frasi prive di punti costringono il lettore a digerire estenuanti periodi tutti d’un fiato.
La lettura – in alcuni frangenti – avviene in apnea e non resta che sperare nel punto per mettere fine allo sforzo.
L’attesa liberatoria anche per il lettore?
Un piccolo appunto: avrei fatto volentieri a meno di alcuni paragrafi per l’uso di piccole volgarità gratuite che non rendono giustizia ad un libro, in generale, lineare e pulito.
La trama
Pietro è un uomo di successo, con un ottimo lavoro, una donna che lo ama, una figlia di dieci anni.
Ma un giorno, mentre al mare salva la vita di una sconosciuta, è colpito da un tremendo lutto familiare.
Pietro si rifugia nella sua auto, parcheggiata davanti alla scuola della figlia, ed in attesa del dolore osserva il mondo con una calma incomprensibile per i suoi cari …
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