L’attesa rituale
Il rito prevede l’attesa.
Mezz’ora, un’ora, non è possibile quantificare lo stop.
Nel salone del barbiere napoletano il tempo perde di significato.
Fuori, la solita, isterica vita continua alla normale assurda velocità; dentro, il ritmo rallenta fino a fermarsi.
L’atmosfera distesa ti riporta a quando eri bambino e tuo padre ti accompagnava dal suo barbiere (che poi diventerà il tuo).
Seduto sulla poltrona davanti all’immagine riflessa allo specchio, prigioniero del candido asciugamano bianco, chiudi gli occhi e ti rilassi.
«Il solito taglio?».
«Sì, il solito, grazie».
L’attesa incentiva la discussione sul calcio e sul buon cibo: i piaceri della vita, il motore dell’ottimismo!
Dal barbiere napoletano il cliente viene coccolato.
Pura evasione, come al cinema, e l’attore protagonista sei tu.
Il caffè per il dotto’
Il ragazzo del bar porta quattro caffè fumanti.
«Prego dotto’ servitevi pure».
«Grazie, l’ho appena bevuto. Comunque mi chiamo Mario» replico dubbioso.
«Come volete dotto’», il giovane consegna il vassoio con le tazzine calde e vola via.
Il barbiere milanese
Eppure, i barbieri non sono tutti uguali.
Sono a Milano in trasferta-lavoro.
Mi reco dal coiffeur nei pressi dell’ufficio, il locale e vuoto ed il professionista sosta all’ingresso.
Entro ma vengo bloccato sull’uscio da una domanda sconvolgente: «ha prenotato?».
E, nonostante il locale vuoto, non mi concede il taglio.
(da notare: la medesima esperienza mi capitò a Siena).
Non ho dubbi: il barbiere napoletano è il miglior barbiere d’Italia
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