Occhi profondo mare, storia surreale
Occhi profondo mare di Cristian Martini, non l’ho ben capito.
Una storia fantasiosa ambientata a Senzanome, un piccolo paese di mare, in un luogo indefinito nel tempo e nello spazio.
Il romanzo è incentrato nel rapporto tra un forestiere ed un bimbo solitario di dieci anni.
Problema: i colloqui tra l’adulto ed il fanciullo appaiono “costruiti” e difficili da accettare come «reali».
Risposta: l’immaginazione dovrebbe aiutare il Lettore a superare ostacoli tutto sommato razionali.
Concordo.
Però se l’intero libro è incentrato sulla relazione adulto/bimbo, accettare per buono i dibattiti surreali è questione non secondaria.
Un Piccolo Principe italiano
Accettata la fase surreale, la lettura continua e pagina dopo pagina, saltano alla mente elementi vicini al leggendario Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry (con le dovute distanze).
La vita è un lungo viaggio, l’esplorazione del mondo intrapresa dal forestiero – come ogni viaggio – si conclude da dove è iniziato.
A Senzanome.
Da dove, ben presto, ripartirà un nuovo viaggio.
Il finale inopportuno
La trama dolce e pacata cade in un finale inopportuno.
Le ultime righe del romanzo, infatti, ricordano il violento scivolone del viaggiatore esperto in un burrone senza uscita, un imprevisto che stona con il lungo, curioso, amorevole viaggio percorso durante l’intera lettura.
L’autore viola una regola non scritta: i personaggi delle fiabe sono intoccabili!
E come tali non possono (anzi, non devono) essere maltrattati.
Il finale-choc spezza l’atmosfera da favoletta e getta il romanzo in un genere indefinito.
Per il sottoscritto, resta incomprensibile.
Una domanda per Cristian Martini
Davvero strana la scelta.
Invio a Cristian Martini questo post per chiedere lumi: perché far cadere la favoletta di Senzanome nel limbo letterario?
Peccato.
Il cerchio non si è chiuso.
Resto con l’amaro in bocca.
Attendo delucidazioni dall’autore.
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