1861, a Pietrarsa lavorano 1050 operai
Il 6 agosto del 1863, i Bersaglieri attaccarono i manifestanti.
Uccisero sette operai e ne ferirono una ventina …
Sono al Museo ferroviario di Pietrarsa con BeTime, l’Università del tempo libero.
Ascolto la guida raccontare la storia di questo luogo magnifico, tra il mare di Portici ed il golfo di Napoli.
Il maestoso capannone raccoglie le più importanti locomotive delle ferrovie italiane, ognuna con una sigla che identifica il modello ed il “numero di pezzi” costruiti.
Ogni locomotiva, una rivoluzione sociale.
Il declino dopo l’unità d’Italia
Nel 1861, prima dell’unità d’Italia, a Pietrarsa, lavoravano 1050 operai.
Due clic ed in Rete trovo mille altri approfondimenti: operai ben pagati e con le attuali otto ore lavorative.
Scopro che ll Real Opificio di Pietrarsa voluto da Ferdinando II nel 1840, è una delle maggiori industrie del tempo.
Ben presto però, dopo l’unità d’Italia, inizia il declino della fabbrica.
La strage di Pietrarsa, la nota delle FS
1863 Il Governo cede Pietrarsa in gestione alla ditta Bozza che adotta subito una dura politica di licenziamenti e restrizioni che causano malcontento e azioni di protesta da parte degli operai.
Fino ad arrivare ai violenti scontri del 6 agosto quando 30 bersaglieri caricano le maestranze provocando la morte di 7 operai e il ferimento grave di altri 20.
Dopo l’agosto di sangue, Bozza chiede la rescissione del contratto d’appalto.
L’Opificio viene, quindi, dato in gestione alla Società Nazionale di Industrie Meccaniche.
Nei 7 anni della nuova gestione, vengono costruite, tra l’altro, 150 nuove locomotive ed eseguite 72 grandi riparazioni.
La Società Nazionale non riesce però a risollevare le sorti finanziarie delle Officine.
L’importanza del museo
Grazie al museo ferroviario, la strage degli operai del 1863 per mano dei Bersaglieri non verrà dimenticata.
Il cruento episodio, contro i lavoratori che protestano per tutelare i propri diritti (nell’Italia unita, uno dei primi scioperi) entra nella cronaca ufficiale della nostra nazione.
Ai più, però, resta un dramma sconosciuto, mai citato in nessun testo scolastico.
Come molteplici altri episodi violenti, legati allo stesso periodo, accaduti nel nostro sud Italia e non raccontati.
Perché?
Al di là delle idee personali – a favore dei Borboni o detrattori dei regno delle due Sicilie – resta la necessità di completare la narrazione degli avvenimenti avvenuti prima e dopo il 1861.
Per rendere giustizia alla Storia.
Ed il museo ferroviario di Pietrarsa, aggiunge un anello importante alla Verità.
PS: ringrazio pubblicamente la mia amica prof. Ornella per la concessione delle sue foto, scatti d’autore
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