7 minuti, un film di Michele Placido (2016)
Quanto è distante la flessibilità dal precariato?
7 minuti, il film di Michele Placido, fornisce una possibile misura.
Il regista pone una riflessione di estrema attualità: rinunciare ad un diritto per conservare il posto di lavoro, è – per alcuni – un ricatto, per altri un giusto compromesso.
Dipende, da che dipende?
Da che punto guardi il mondo tutto dipende
Flessibilità, un sacrificio necessario?
“Che siamo disposte a fare per lavorare?
Tutto siamo disposte a fare”
(Greta (Ambra Angiolini)
Se credi che oggi – nel ventunesimo secolo – la flessibilità sia un sacrificio necessario per continuare a lavorare, accetti (tuo malgrado) la rinuncia imposta dal datore di lavoro.
Se, al contrario, sei convinto che privarsi di un diritto rappresenti il primo passo verso la totale cancellazione delle norme a tutela dei dipendenti, allora ti opponi con tutte le tue energie.
E questo accade nel film di Michele Placido: le rappresentanti delle lavoratrici dibattono con posizioni opposte.
Accettare la proposta/ricatto dei nuovi vertici aziendali oppure contrastare la dirigenza per non arretrare?
I nostri 7 minuti
Se scaviamo nella nostre coscienze di lavoratori, possiamo affermare – senza ombra di dubbio – che ogni dipendente (privato) ha affrontato, prima o poi, i famigerati 7 minuti del film.
A partire dal sottoscritto (i nostri 7 minuti sono conservati nell’ebook gratuito Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli).
Dunque, è chiaro a tutti: la distanza tra flessibilità e precariato si ridurrà sempre più nel prossimo futuro.
Sbucheranno dal cilindro politico nuove espressioni, appellativi moderni e termini anglosassoni pronti a nascondere l’amara verità: se vuoi lavorare, rinuncia ai tuoi diritti.
Subire o resistere?
Dipende, da che dipende?
Dalla propria dignità.
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