19 marzo 1997, io dottore in Matematica
La macchina del tempo corre dietro di ventun’anni: 19 marzo 1997, al giorno della mia laurea.
A scanso di equivoci, confermo la scelta altre mille volte (anzi, altre enne volte con n numero naturale).
Perché alla facoltà di Matematica di Napoli, da matricola sono divenuto dottore, ho trovato gli amici di sempre, sono partito per catapultarmi nel mondo del lavoro.
A distanza di ventun’anni, con l’occhio adulto, oggi guardo indietro col sorriso sulle labbra per affermare che quell’intervallo, nonostante le difficoltà che allora apparivano insormontabili, fu un periodo felice e privo dei reali problemi (che la vita mi riserverà qualche anno dopo).
Perché per laurearti, devi possedere la passione per lo studio, una famiglia che ti permetta di dedicare tutte le energie all’obiettivo, un gruppo di compagni pronto ad aiutarsi.
E io, tutte queste opportunità, le ebbi.
Perché scelsi la facoltà di Matematica?
Non feci troppi calcoli, la Matematica mi appassionava.
Spinto dalla professoressa dell’Istituto Tecnico che frequentavo, scelsi.
Guidato dal mio istinto, la voglia di studiare e la passione per i numeri, fecero il resto.
Non riflettei mai sui futuri sbocchi occupazionali, forse nemmeno immaginavo le difficoltà del mondo del lavoro.
Meglio così.
La scelta fu priva di calcoli, nonostante mi iscrivessi alla facoltà di Matematica 🙂
Università si, Università no
Consiglierei ad un giovane di iscriversi all’Università?
Si.
Per lavorare c’è sempre tempo, conviene dedicare le migliori energie della giovinezza per assorbire cultura, formare la propria personalità, confrontarsi con persone diverse, vivere esperienze umane che ti aiuteranno a diventare l’uomo di domani.
Con la consapevolezza che raggiungerai la meta solo se la materia ti appassiona.
Dunque, bando alle statistiche sul titolo con maggiori opportunità lavorative, ascoltiamo i consigli del professori della maturità e sotto con lo studio.
Se poi hai la fortuna di trovare (o creare) un ambiente ideale come fu il mio dipartimento “Renato Caccioppoli”, allora conserverai un ricordo meraviglioso dell’Università
Anche dopo (solo) ventuno anni.
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