La piccola parete bianca è interamente occupata da un quadro, suppongo di arte moderna.
Sono in una sala d’attesa (per la comprensione di questo post, risultano superflui ulteriori dettagli) ed aspetto il mio turno con calma olimpica.
Oltre a me, una mamma chatta con lo sguardo perso nello smartphone ed il figlioletto (sei, sette anni) fisicamente presente ma con la mente trasferito nella dimensione spazio-temporale del videogames baby-sitter.
In pratica, sono solo e qualsiasi tentativo di comunicazione con i due alieni risulta vano.
Mi resta una sola distrazione: osservare il quadro che ho difronte, proprio sopra la testa dei due esseri viventi con protesi tecnologica innestata.
Scruto con attenzione, intravedo strumenti musicali volanti, un tamburo magico, atmosfere da tribù africana e stregonerie varie …
Stringo le meningi, aggrotto la fronte ma proprio non riesco a sciogliere il mistero.
Questo dipinto è arte?
La mia ignoranza suggerisce altro, forse un concetto troppo osceno per essere reso pubblico ma sono in ballo e continuo a ballare.
A me, l’accrocchio di colori, le forme irregolari e le posizioni irrazionali delle figure ricordano uno scarabocchio partorito dall’irriducibile fantasia di un bimbo dell’asilo.
Ce l’ho fatta, ho sputato il rospo!
«Mamma devo fare pipì» brontola il pargoletto spezzando le congetture filosofiche trasmesse dalla visione dell’opera.
La donna ed figlio si allontanano, lei continua a chattare mentre il bimbo cammina con la testa china sulla console.
Approfitto della solitudine e fotografo il «mostro».
A voi la sentenza.
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