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Author: Mario Monfrecola (Page 14 of 57)

Dal cimitero delle Fontanelle alla casa di Totò: un tuffo nell’arte di Napoli [VIDEO]

Il cimitero delle Fontanelle, per esorcizzare la morte

Tra i quarantaquattro mila teschi censiti, uno è sempre lucido.
Nonostante la polvere, la pioggia e gli agenti naturali, il  «teschio di Concetta» è privo di granelli di terra.
Come se un addetto invisibile l’avesse ripulito per il pubblico.
Ma, ci assicurano, l’addetto non esiste (e non è mai esistito).

E’ una delle infinite leggende che ruotano intorno al cimitero delle Fontanelle, un luogo mistico dove il culto della morte occupa ogni pulviscolo infinitesimale.

Forse, è proprio questo il significato dell’immenso ossario di Napoli: esorcizzare l’ancestrale paura dell’uomo?

Il cimitero delle Fontanelle a Napoli, un luogo mistico per esorcizzare la morte

Rione Sanità, la casa di Totò

Domenica mattina, la passeggiata organizzata da Be Time, l’Università del tempo libero è davvero interessante.

Dal cimitero delle Fontanelle, il sottoscritto – insieme ad un colorato gruppo di 58 persone, tra amici, famiglie e colleghi di lavoro  – con lo stupore ancora negli occhi, si sposta verso il rione Sanità.

Prossima meta: la casa di Totò, il principe Antonio De Curtis!

Il rione Sanità, famoso per la cronaca nera, è un quartiere paradossale che bene racchiude le contraddizioni di Napoli: visiti una chiesa e resti incantato da un affresco meraviglioso del 1500, esci e sei folgorato dall’opera dedicata a Genny Cesarano, il ragazzo vittima innocente di camorra.

Arte e violenza, cultura e degrado, bellezza e barbarie nella medesima città, nello stesso quartiere, convivono a pochi metri – nella stessa piazza.

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Il video

Girato e montato dal sottoscritto, il videoclip di quattro minuti racchiude l’intensa mattinata d’arte.

A voi, amici Lettori, le immagini di una passeggiata speciale, un tuffo nell’arte napoletana.

In attesa del prossimo, meraviglioso tuffo.

Perché una partita di calcio in spiaggia è speciale (ad aprile)

In spiaggia ad aprile

Il vento non ferma la partita.
Ci vuole ben altro per smorzare la voglia di correre, l’entusiasmo dei giovani sogni, l’energia della tenera età.

Dal lido, osservo i piccoli organizzare una partita di calcio in spiaggia.

Correre senza scarpe, con i piedi nella sabbia calda, liberi dai vincoli e dalle restrizioni cittadine: questi ragazzi, sono consci della fortuna che vivono?

Quanti altri coetanei italiani, ad aprile, possono sfidarsi con le onde del mare a far da spettatore?

Questi bimbi, sono consci della fortuna di giocare una partita di calcio in spiaggia ad aprile?

Nonostante i mille «mostri»

Dalle nostre parti, la lista dei problemi e disagi sociali è lunga mezzo chilometro (o forse più) e, nel prossimo futuro, anche i giovani calciatori dovranno affrontare i vari «mostri» (ed ecomostri).

Nel mentre, si godano i vantaggi di vivere e crescere in una città di mare.
Un piccolo privilegio in una regione sofferente.

Dopotutto, giocare a calcio sulla spiaggia ad aprile rafforza il fisico.
E, soprattutto, lo spirito.

Ben presto, i giovani calciatori, ne avranno bisogno (purtroppo).


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Io ci sto, la libreria dei sogni (realizzati)

«Io ci sto», la libreria di tutti

«Io ci sto» è un esempio da invidiare.
Un gruppo di amici realizza un sogno: aprire, nel cuore del Vomero, una libreria.

Nonostante la crisi editoriale, tre anni fa (nel luglio del 2014) – contro ogni pronostico commerciale – sorge «Io ci sto», la libreria di tutti.

«Io ci sto», alla presentazione di L'ombra e la notte di Gino Giaculli

Alla presentazione del libro di Gino Giaculli

Alla presentazione dell’interessante libro L’ombra e la notte di Gino Giaculli (giornalista de Il Mattino), medito.

La piccola sala non contiene gli spettatori, molti ascoltano dall’uscio, altri gironzolano in libreria e ogni tanto si affacciano.

In sala, l’autore saluta e ringrazia gli intervenuti.
Quasi tutti conoscono Gino Giaculli che sembra di casa.
Lo scrittore ringrazia, spiega, descrive.

Emozione genuina, la platea apprezza.

«Io ci sto», alla presentazione di L'ombra e la notte di Gino Giaculli

«Io ci sto», l’orogoglio del sogno realizzato

Osservo gli scaffali pieni di libri, percepisco l’entusiasmo della relatrice, la felicità di aver realizzato un centro culturale, l’orgoglio per un progetto avverato.

La presenza dell’intellettuale Aldo Masullo, del giornalista Vincenzo Esposito (Corriere del Mezzogiorno), attestano l’autorevolezza di questa realtà napoletana.

Ma soprattutto, la loro testimonianza valorizza il lavoro dei tanti volontari e degli innumerevoli soci.

«Io ci sto», alla presentazione di L'ombra e la notte di Gino Giaculli

Le domande del sottoscritto

Convinzione?
Volontà?
Amicizia?
Opportunità?

Quale è li segreto per realizzare un progetto?
Perché gli amici di «Io ci sto» sono riusciti laddove la maggioranza delle persone fallisce? (a partire dal sottoscritto)

Desidero carpire il segreto che si nasconde tra gli scaffali, l’entusiamo per le cento iniziative, da dove nasce la forza per portare avanti un sogno.

La cultura, il motore del successo?

Seguirò l’evoluzione di «Io ci sto».
Con gli occhi di un ammiratore sincero 🙂


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Totò Genio, la mostra a San Domenico Maggiore [FOTO]

Dentro Totò

La storia d’amore tra Totò e Franca Faldini è il momento più coinvolgente.
Conoscere le debolezze umane del Principe della risata aggiunge ulteriore grandezza ad un mito del cinema.

«Dentro Totò» – a San Domenico Maggiore, nel centro storico di Napoli – è una delle tre mostre dedicate ad Antonio de Curtis ed il sottoscritto, armato di entusiasmo e smartphone, non può mancare.

Totò Genio, la mostra a San Domenico Maggiore

I suoi film, la nostra infanzia

Acquisto il mini abbonamento (12€ per le tre mostre, 6€ per la singola visita), sicuro di completare il giro al Maschio Angioino (“Genio tra i geni”) e Palazzo Reale (“Totò, che spettacolo!”).

Totò suscita ricordi, risate, momenti di gioia, riflessioni.
Pezzi di infanzia trascorsi con i suoi film, battute celebri divenute modi di dire quotidiani, duetti indimenticabili ripetuti tutt’ora.

La sera basta sintonizzarsi su uno dei tanti canali privati napoletani: di sicuro, qualcuno – o più! – trasmette «Totò Peppino e la malafemmina» 🙂
(e pensare che «nessuno mi ricorderà» era uno dei timori dell’artista napoletano).

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Totò Genio, le mille locandine

Le mille locandine esposte, raccontano l’iper produzione cinematografica di Totò.
Film famosi, pellicole immortali ma anche molti titoli a me ignoti.

Accanto al Principe della risata, nomi celebri: Vittorio De Sica, Sophia Loren, i De Filippo, Mario Castellani …
Mi arrendo: impossibile citarli tutti.

Totò Genio, le mille locandine

«Portatemi a Napoli»

Battute storiche, lettere, biglietti, la testimonianza dei registi e dei colleghi di lavoro, parti di sceneggiature e preventivi dei cast.
Un tuffo nel cinema in bianco e nero degli anni cinquanta.

E poi, le prime pagine dei giornali di quel 15 aprile del 1967, quando – a soli settant’anni – per un infarto, Totò si spegneva.
Le sue ultime parole: «Portatemi a Napoli».

«Mamma, stasera vediamo un film di Totò?».

La bimba, avrà sei o sette anni, aggrappata alla mano della donna, sussurra l’innocente desiderio.
Vado via soddisfatto: Napoli non dimenticherà mai il suo Principe della risata.

Totò Genio, la galleria fotografica


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I tre segreti del lettore felice

UNO – Spontaneità

«Per le vacanze, leggete un libro a piacere».
Il consiglio della prof di italiano al sottoscritto, giovane studente di informatica, cadeva nel dimenticatoio.

A scuola, consideravo la lettura un’imposizione.

Trovavo assurdo investire parte del tempo libero tra le pagine di un romanzo.
Oggi, al contrario, trovo assurdo non leggere un libro.

Seguo il sentimento che regola tutti i grandi amori: la spontaneità.
Essere liberi di leggere resta il segreto per alimentare la passione che, se costretta, si spegne.

Dunque:

  • assecondo i tempi (leggo se lo desidero e prendo le dovute pause di riflessione in caso di stanchezza)
  • alterno i generi
  • dopo un libro appagante, riparto con un romanzo soft per digerire ed apprezzare la storia appena finita

Piccole regole per un rapporto felice e spontaneo.

I tre segreti del lettore felice

DUE – Ebook for ever!

Degli ultimi dieci libri, nove sono ebook.
Abbi fortuna e dormi del mio amico Luciano Esposito è l’ultimo cartaceo acquistato.

Toglietemi tutto ma non il mio Kindle, l’e-reader di Amazon.
I vantaggi sono palesi:

– dematerializzo i libri (risparmio di spazio e carta)
– compro ebook a prezzi ridotti (vedi Offerte lampo di Amazon)
– leggibilità massima in ogni ambiente e situazione (al sole, sotto l’ombrellone o con la luce flebile del comodino vicino al letto)

TRE – Vivere la libreria

Respirare l’atmosfera della libreria, annusare le bollicine di cultura, sbirciare la quarta di copertina di un nuovo romanzo, incontrare scrittori e partecipare ad eventi (come Lorenzo Marone alla Feltrinelli di Napoli).

Vivere e frequentare la libreria è un regalo al quale non rinuncio.

Ascoltare, confrontarsi, commentare: dietro ad ogni opera, si nasconde un mondo da scoprire.
In libreria.

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Io, lettore felice

Scaricare ebook e toccare con mano una pagina di un romanzo, sono aspetti di una medesima passione: la lettura.

Sono convinto: il libro e la cultura restano le armi più efficaci per combattere i «mostri» di ogni forma, colore, razza.

Parola di un lettore felice 🙂


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Piero Ottone, il mio ricordo (e ringraziamento)

Piero Ottone, «Vizi e virtù» degli italiani

Appena mi capitava tra le mani il Venerdì di Repubblica, saltavo subito alla rubrica di Piero Ottone.

Dopo le invettive di Curzio Maltese sui politici ed il malaffare e le risposte ai più assurdi e stravaganti quesiti d’amore di Natalia Aspesi, giungeva «Vizi e virtù».

Piero Ottone, autore di «Vizi e virtù», la mia rubrica preferita sul Venerdì di Repubblica

«Vizi e virtù», per il piacere di leggere

Ignoravo chi fosse l’autore – un editorialista, il direttore del giornale, la firma più importante di Repubblica? – leggevo «Vizi e virtù» … per il piacere di leggere.

Ecco il punto: catturare l’attenzione per i soli contenuti senza influenzare il Lettore con l’importanza del nome è la massima aspirazione di chi scrive.

Tra quelle righe ironiche, serpeggiava la critica alla cafonaggine nostrana: un articolo apparentemente spensierato, per sorridere sulle abitudini malsane di noi italiani e riflettere sui pregi troppo spesso dimenticati.

Senza mai esasperare, col tocco leggero dei (veri) maestri di giornalismo.

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Piero Ottone contro i «mostri»

La notizia della scomparsa mi sorprende.
Non conoscevo nemmeno l’età di Piero Ottone ma – come accade per molti altri personaggi pubblici – chissà perché quando giunge l’irreparabile, lo stupore prende il sopravvento.

Sono convinto: a lui si ispirano parte dei mie post perché gli articoli di Piero Ottone denunciano «mostri».

In tempi non sospetti, con l’eleganza e la superiorità dei veri giornalisti, con la frivolezza di una rubrica presente in un settimanale, Piero Ottone derideva i cafoni, sbeffeggiava i maleducati, denunciava i comportamenti malandrini di noi italiani, un popolo in perenne oscillazione tra vizi e virtù.

La meta (irraggiungibile) alla quale aspira il sottoscritto.


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Cambio stagione

Cambiare o conservare?

«Se non lo uso da un anno, non serve».

E’ la regola d’oro per ringiovanire il guardaroba.
Ad ogni cambio stagione approfitto e porto in chiesa gli abiti inutilizzati.
Questa volta è toccato ai pullover invernali mai indossati negli ultimi dodici mesi.
Un bustone che farà felice il parroco e alleggerisce l’armadio.

Il cambio stagione: un’occasione per acquistare e rinfrescare il look – piccole soddisfazioni della vita 🙂

Il cambio stagione, per rinfrescare il look (e le amicizie)

Fu vera amicizia?

«Se non lo sento da anni, posso cancellarlo».

Scorro la rubrica dello smartphone, noto i molteplici contatti archiviati.
Contatti … senza contatto.
Persone che non frequento più.
Nemmeno una telefonata, nessun messaggio, zero contatti.

Osservo i nomi, associo i volti (ieri familiari ed oggi sbiaditi), mi chiedo: fu vera amicizia?

Perché ci siamo persi?
Nulla è per sempre, tutto si evolve.

Cambio stagione, per ripartire

Ex colleghi di lavoro, amici di infanzia, compagni di scuola e di università.
Pullover con lo scollo a V, camicie impossibili, maglioni anacronistici oggi improponibili.

Come ho potuto acquistare un simile obbrobrio?
Ma davvero frequentavo quel tizio?

Persone scomparse dai radar, abbigliamento che, con gli occhi di oggi, appare ridicolo.
Nomi impolverati, oramai fuori moda – come il pullover nella busta.

Il contesto storico: ecco l’unica spiegazione razionale!
Sarà, ma non sono convinto.

Osservo il display, scorro i nomi.
Col pollicione seleziono, apro il menù, rifletto due secondi, pigio “Elimina”.

E’ il cambio stagione, la forza della novità.
In attesa di una telefonata, pronto a cambiare idea.


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Link in uscita, per approfondire (e crescere in autorevolezza)

Link in uscita, la forza del web

Discuto con il mio amico Lorenzo Izzo (L’unica difesa contro il mondo è conoscerlo bene) sull’importanza dei link in uscita in un post.

Mi chiedo: in un arcipelago, può esistere un’isola scollegata dalle altre?
Credo proprio di no.

Il distacco provoca l’assenza di comunicazione che, per un sito web, rappresenta la morte (virtuale).

In Rete, dunque, l’embargo non ha senso.
Anzi, contraddice la natura stessa di Internet: un mondo in perpetuo movimento nel quale le informazioni viaggiano da sito in sito ed il navigatore rimbalza per approfondire.

Rifletto mentre studio Google Analytics e mi soffermo sulla frequenza di rimbalzo!

Link in uscita: l’approfondimento

In un post, il link in uscita  rimanda ad un approfondimento.

L’ipertesto è il collante della Rete, il mezzo col quale il cyberspazio si relaziona, il laccio utilizzato dai motori di ricerca per spedire il viaggiatore direttamente alla meta.

Senza link, il web rischia di divenire … asocial.

Link in ingresso? Sintomo di autorevolezza

Il rovescio della medaglia:  il link in ingresso.

Ricevere un collegamento, essere una fonte di approfondimento, rappresentare un ponte nell’arcipelago (infinito) del web è sintomo di autorevolezza.

Se il sito che ci linka ha un ruolo di primo piano, la citazione è indice di affidabilità – azione molto gradita da Google e compagni (vedi SEO).

Pensiamo a quanti inseriscono nei post dei rimandi a Wikipedia: di fatto, la Rete stessa conferma l’affidabilità dell’enciclopedia online, libera e collaborativa.

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Linkare è gratificante!

Caro Lorenzo, credo tu concorda: senza link in uscita, le nostre case digitali rischiano l’isolamento.

Dopotutto, essere una fonte di approfondimento gratifica lo spirito 🙂


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Moser, il ciclista napoletano e lo sciopero dei mezzi pubblici

Napoli, traffico in tilt

Pedalo con fatica, il piccolo motore elettrico aiuta ma non risolve.
La gamba accusa la resistenza della salita ed i mille ostacoli metropolitani rendono ancora più ostico il tragitto.

Lungo la strada affollata, tra una fila d’auto parcheggiate oramai arredo urbano permanente, un tizio osserva la scena apocalittica: traffico impazzito, ingorgo totale, l’orchestra disordinata di clacson, smog ed un coraggioso ciclista metropolitano guadagna terreno tra gli autisti esauriti ed imprigionati nelle loro scatolette fumanti.

Mentre avanzo in sella alla mia e-bike, da sotto al casco, una goccia di sudore scivola lungo la fronte.
Attraversa la maschera anti-smog e solletica la guancia accaldata.

Napoli è paralizzata dallo sciopero dei mezzi pubblici.

Il sottoscritto, invece, viaggia libero e felice sulle due eco-ruote.

La mia e-bike, io Moser napoletano^

Moser, Maradona e Maiorca

Intorno si scatena l’inferno metropolitano.

L’esperienza affina la concentrazione: per pedalare a Napoli urge l’autocontrollo del samurai.
Conservo la freddezza e calma olimpica – soprattutto quando la città è preda del blocco totale di metrò, bus e affini.

Avanzo convinto, cauto e prudente.
Dal bordo strada si alza un urlo: «vai Mooooserrrr!»
Mi giro.
E’ il tizio che, dal marciapiede, osserva la scena apocalittica.

Moser!

Nell’immaginario collettivo chi va in bici è Moser, chi gioca a calcio è Maradona e se ti immergi sei Maiorca.

Colgo l’incitamento spontaneo del tifoso.
Pedalo con maggiore forza e determinazione.

Dietro i clacson continuano a strombazzare.

Alzo il braccio, saluto il mio fan.
Sorrido e volo via.

La città è paralizzata,

Moser beato raggiunge il lungomare per il meritato premio.

In bici per Napoli


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Mino, ti ricordi quella volta che …

Mino, un mese dopo

Stasera, mentre nuoto, nel silenzio della piscina interrotto solo dalle bracciate, riemergono mille immagini.
Respiro, nuoto, respiro, nuoto: il movimento automatico nasconde la fatica ed aiuta a riflettere.

E’ trascorso un mese da quel maledetto giorno.
Una realtà  impossibile da comprendere ed accettare.

Per chi ti è stato vicino, voluto bene, frequentato.
Ma soprattutto, per chi ti ha amato: la tua famiglia.

A loro va questo post, senza nessuna pretesa, solo un ricordo di chi ha ti conosciuto e non dimentica.

Mino, il ricordo degli amici

Quando ci siamo conosciuti

Mino, non ricordo l’anno esatto.
Il flashback, invece, è nitido.
Forse perché spuntasti da una scatoletta, tu gigante buono racchiuso in una minuscola utilitaria.

Era il 1998 credo.
Un’uscita tra colleghi di lavoro, uno dei primi incontri dopo l’ufficio per rafforzare lo spirito di squadra e conoscersi meglio.

Dopotutto eravamo giovani, neoassunti in EDS – l’importante multinazionale americana dell’Information Technology al pari di IBM – e Caserta era la nostra Silicon Valley.
Ragazzi armati di entusiasmo contagioso, con la voglia di bruciare le tappe, curiosi di scoprire il mondo dopo l’Università.

Quanti eravamo?
Trenta? Quaranta?

A distanza di anni, i ricordi sono sbiaditi.
Però, quel particolare bizzarro, lo rammento bene: BG, la targa della tua mini-auto, la provincia come il tuo cognome 🙂

Mino, i ricordi dei colleghi di lavoro

Annarita, collega di progetto

Filomena e Ferdinando

Eh si, per lui il mondo era diviso in due: da una parte c’erano le Filomene e dall’altra i Ferdinandi!

Quando dovevamo chiamare il collega a Roma per una riunione, Mino ci diceva sempre «allora chiamiamo Filomena e poi a Ferdinando ed organizziamo la riunione» oppure al caffè «chiama a Filomena e dille di venire che si fa tardi».

Non potevi sbagliare quindi, perché il nome della collega te lo ricordavi sempre. 

Ci sono cascata diverse volte, poi alla fine mi sono sentita anche io molto Filomena, perché in fondo è vero, siamo tutti un po’ Filomena e Ferdinando, non ci si può sbagliare!

Mino, rappresentante RSU

Antonello, l’amico di sempre

A machina nova

Eravamo a pranzo e ti arrivò una telefonata di Maria (come al solito): ‘Mino ho preso una botta con la macchina …’ ti disse e tu: ‘Mariaaaaaaaaaaa, a machina nova!!!!’

Al chè io risposi: ‘scusa Mino, ma la tua macchina già ten 3-4 ann, ma è sempr nova? Quando cambia lo status da machina nova a machina e basta ?’.
E tu: ‘Pe me è sempr nova!!!’
Ed io: ‘va buò ja PRUSUTT …. chiedi a tua moglie se sta bene…’.

Mino chiese alla moglie: ‘Ma che s’è fatt ?’
Maria : ‘Io, niente’
Mino: ‘No, tu! A machina!!!!!’

Mino ed Antonello, amici da sempre (e per sempre)

Il pensiero di Paola

Per Maria

Ti prendevamo sempre in giro, Antonello e io, per il fatto che qualunque cosa facessi, dovessi prima avere l’autorizzazione di Maria.

Anche quando facemmo questa ‘reunion’ con i vecchi colleghi, chiamasti Maria … forse per chiederle cosa dovevi mangiare.

E quando dovevi comprare qualcosa?
Prima una telefonata a Maria, la tua autonomia di spesa non andava oltre i dieci euro, come ti rinfacciavamo sempre.

Non potevi fare nulla senza di lei, ci ripetevi sempre, e noi fingevamo di non ammirare la vostra intesa di coppia.

Continua a starle sempre vicino, amico mio …

MIno e Paola, a pranzo - come ogni giorno lavorativo

Angela, i ricordi di 20 anni

Mino, ti ricordi quella volta che…

Quante cose dovremmo ricordare, in questi nostri vent’anni di amicizia.

La festa per il tuo compleanno (forse 1997-1998), a casa tua, periodo di carnevale: nu’ casin’, coriandoli dappertutto che ti sei ritrovato anche dopo anni, torte in faccia, vetro di una porta rotta … che capa frisca che in quei in tempi avevamo.

La festa per il compleanno mio (forse 1998 o 1999): c’erano anche dei nostri colleghi EDS americani e tu che raccontavi le barzellette in napoletano e c’era chi traduceva per te.
Ad un certo punto però della barzelletta tu avresti dovuto dire “bell’ e buon’, ti fermasti, bloccasti la persona che traduceva e dicesti, adesso voglio tradurre io in inglese:”good and beatiful”.

E di quella volta che mi chiedesti di organizzare una cena a casa mia, con i nuovi assunti EDS, perché tra questi c’era Maria e Maria che si presentò con la cugina, del tipo “io, mammat’ e tu” e tu che ci rimanesti male.

E quando mi chiamasti dall’isola d’Elba per dirmi della bella novità, del tuo “fidanzamento” con Maria.

Del tuo matrimonio, del vostro matrimonio, della tua felicità, della vostra felicità … 

E delle volte che raccontavi di tua madre, vita reale trasformata in una continua barzelletta.

E a proposito di barzellette, quante volte ti ho “costretto” a raccontare “sempre”, “sempre” la stessa barzelletta, quella dei francescani e gesuiti che tu solo sapevi raccontare, ancora adesso io non saprei dopo tante volte.

Ti ricordi, ti ricordi, ti ricordi … un’infinita catena di ricordi, come vorrei che non fossero più solo questi …

Sei nel mio cuore, nella mia testa e lo sarai sempre.

Cia’ cia’ amico mio sce’

Mino ed Angela, amici da vent'anni e mille ricordi

 

Capo Miseno, il faro delle meraviglie [FOTO]

Il fascino di Capo Miseno

Ci sono dei luoghi che colpiscono più di altri.
Per fascino, storia, bellezza naturale, mistero.

Capo Miseno rientra in questa categoria.

A pochi chilometri da Napoli, nel cuore della zona flegrea, un litorale magnifico con una vista straordinaria.

Capo Miseno, luogo meraviglioso alle porte di Napoli

Da giovane, in bici a Capo Miseno

Da giovane raggiungevo il mare di Miseno in bici.

Abitavo in un paese limitrofo, a pochi chilometri da Bacoli, il comune della spiaggia di Miseno: meno di un’ora di pedalate con lo sforzo massimo per superare la salita del castello di Baia, poi una lunga discesa fino alla villa comunale di Bacoli, poche centinaia di metri e giungevo sulla spiaggia libera di Miliscola.

Con la bici parcheggiata in spiaggia, senza ombrellone e creme solari, un panino e tanto sole.
Capri di fronte, a destra Procida e poi Ischia.
Un tuffo, due bracciate, il pomeriggio rientro a casa.

Miliscola e la spiaggia di Capo Miseno

Il faro di Capo Miseno

Da quanto non visitavo il faro di Capo Miseno?
Troppo tempo.

Il sole è già caldo, un vento fastidioso non rompe la magia del luogo.
La vista resta eccezionale, come vent’anni fa.
Oggi, però, niente bici: l’auto mi porta fin sopra la collina, dopo la grotta ai piedi del faro.

Parcheggio e fotografo.
Il panorama è come lo ricordavo: magnifico.

Il faro di Capo Miseno

Lo smartphone riuscirà ad immortalare la magia di questi luoghi?
Ci provo.

Il magnifico panorama dal faro di Capo Miseno

Qualche altro scatto prima di andar via.

Il magnifico panorama dal faro di Capo Miseno

Un post per l’album fotografico

Scarico le foto sul computer, le osservo soddisfatto.
Rifletto: questa domenica di fine marzo merita un ricordo speciale.

Scrivo questo post di getto e l’album delle foto di Capo Miseno entra di diritto nel diario digitale del sottoscritto.

Riguardo le foto.

E’ vero, certi luoghi sono speciali.
Confermo: Capo Miseno rientra in questa categoria.

Il magnifico panorama dal faro di Capo Miseno


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Napoli-Copenaghen, un viaggio di duemila chilometri. In bici

Duemila chilometri in bici

Un anno dopo, con tenacia e passione, senza mai rinunciare a pedalare – nonostante i pericoli nascosti ad ogni metro.
Duemila chilometri percorsi, in sella alla mia e-bike.
Duemila chilometri, la distanza che separa Napoli da Copenaghen.

Festeggio il prestigioso traguardo al Centro Direzionale di Napoli: per la precisione, 2015 km, come segnala il display del computer di bordo.

In bici, duemila chilometri. Festeggiati al Centro Direzionale di Napoli

A Napoli non piove mai

Il record dei primi 1000 KM è un lontano ricordo.
Messa da parte l’auto, le statistiche parlano chiaro: nell’ultimo anno, ho pedalato per undici mesi.

Costretto a parcheggiare la bici solo nel giorni di pioggia (concentrati perlopiù nello scorso gennaio), il freddo – quello vero – dalle mie parti non si sofferma a lungo.
Il clima napoletano incentiva l’utilizzo della bici che, però, è un mezzo di trasporto ancora poco utilizzato.

La mattina, libero sulle due ruote, viaggio verso l’ufficio ed osservo l’espressione rabbiosa degli autisti bloccati nei maxi-ingorghi: gli occhi sprizzano odio.
Assuefatti all’uso della macchina anche per comprare il pacchetto di sigarette sotto casa, non immaginano l’eco-alternativa.

Un discorso culturale, è indubbio.
A Copenaghen, ad esempio, il meteo è certamente più rigido eppure i ciclisti metropolitani costituiscono un esercito potente e numeroso.

Con soddisfazione, però, constato: a Napoli, non sono solo.
La truppa di pendolari in bici – seppur esigua – cresce in modo significativo.

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Il viaggio di ritorno

Duemila chilometri, raggiunta Copenaghen è già pronto il successivo obiettivo: tornare a casa.

Un viaggio privo di inquinamento, per apprezzare angoli di città nascosti, osservare scene di vita quotidiana, non incrementare lo smog cittadino, non partecipare al gran caos acustico tra clacson impazziti e motori ruggenti.

Pedalare in città è un buon rimedio per lo stress d’ufficio, uno sport a costo zero, aiuta a vivere meglio.
Una scelta (coraggiosa) alla quale, dopo il primo metro, non rinunci più.

Salgo il sella ed il viaggio inizia.
Mi attendono altri duemila chilometri, il nuovo record è dietro l’angolo.
A portata di pedalata.

Basta crederci 🙂Duemila chilometri in bici, pari alla distanza tra Napoli e Copenaghen.


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