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Author: Mario Monfrecola (Page 19 of 57)

Origin vol.4, di Jennifer L. Armentrout (recensione)

Misteri svelati

Stavolta Jennifer L. Armentrout fa sul serio.
Dopo i primi quattro volumi (perché la saga parte dal numero zero Shadows (Lux Vol. 0), la svolta.

In Origin (Lux Vol. 4) la narrazione accelera vorticosamente: si susseguono più azioni che in tutti i precedenti episodi messi insieme.

Molti misteri trovano le attese risposte ed il mosaico inizia a comporsi con chiarezza: cos’è Dedalo? Quale è la vera natura dei Luxen? L’amore tra Daemon e Katy è maturo? Ed i destini di Beth e Dawson?

Recensione di Origin vol.4, di Jennifer L. Armentrout

Botte da orbi

Come una pentola a pressione pronta ad esplodere, nel quinto, avvincente libro della saga degli alieni, scoppia finalmente il putiferio.

Perché ammettiamolo: la mamma di Katy che ignora le battaglie intergalattiche consumate nella stanza della figlia, era davvero difficile da digerire anche per il più accanito tra i fans.

La trama conserva comunque una nota romantica e l’evoluzione della storia d’amore tra Daemon e Katy si alterna al dolore, alla lotta ed una serie di avvenimenti drammatici (non manca l’ironia anche nei momenti più bui).

 

A gran velocità verso il The End

Origin (Lux Vol. 4) rappresenta la crescita dei personaggi, dal periodo adolescenziale verso l’età adulta, un lungo salto in avanti verso il finale dell’intera serie (manca una puntata).

Un’ultima osservazione: a differenza delle puntate precedenti, stavolta il titolo è esplicativo

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Punta Epitaffio, se fossi un gabbiano [FOTO]

Alla scoperta del parco sommerso di Baia

Ai suoi piedi, un’intera città.
Duemila anni di storia sotto gli occhi attenti di chi, per natura, combatte ogni giorno per sopravvivere.
Un pescatore cinico, un predatore astuto, una creatura libera.
Il gabbiano, immobile sullo scoglio di Punta Epitaffio, osserva il battello ondeggiare sul mare di fine settembre, a pochi metri dal costone di Bacoli.

Il Capitano manovra contro il vento che, improvviso, alimenta le acque agitate.
Siamo a poche centinaia di metri dal porto, sul battello col fondo finestrato per osservare il parco archeologico sommerso di Baia.

Il piccolo volatile ci guarda indispettito.

Lui: fermo, sicuro, severo, padrone del mare.
Noi: sul ponte dell’imbarcazione, pronti a scendere gli scalini che ci porteranno nella “stiva col fondo trasparente”.

Il gabbiano di Punta Epitaffio

Punta Epitaffio, attacco di claustrofobia

Le condizioni del mare ed il meteo instabile nascondono l’antica città sottomarina.
Baia sommersa – per il sottoscritto – resta sommersa.

Dagli oblò sotto la nave non vedo colonne, reperti e statue romane ma solo un impenetrabile muro d’acqua blu.
Dopo pochi minuti, la claustrofobia prende il sopravvento e risalgo sul ponte dell’imbarcazione.

Una boccata d’ossigeno e riprendo colore.

Il battello continua ad ondeggiare, il gabbiamo è ancora fermo sullo scoglio.
Il pennuto impettito lancia uno sguardo di scherno.
Poi si mette in posa.
«Piccolo mostro, abbi rispetto per un claustrofobico» ribatto mentre scatto la foto-ricordo.

La magnifica zona flegrea

Approfitto della postazione favorevole e del ponte libero (gli altri turisti non claustrofobici, sono tutti di sotto) per fotografare il il castello Aragonese.

La zona flegrea resta un luogo magnifico, nonostante tutto.

Il castello Aragonese, Baia

Punti di vista

Dopo un’ora e mezzo di navigazione, il battello rientra.
Il bipede burlone resta sul suo scoglio, in attesa dei prossimi gitanti.

Oltre ad essere un gabbiano mattacchione, soffrirà anche di delirio di onnipotenza: secondo il Capitano, vive su quello scoglio di Punta Epitaffio, con la città sommersa ai suoi piedi ed il Castello sott’occhio.

Proseguo la passeggiata sulla terraferma verso la piccola collina sopra Baia.
Osservo il magnifico panorama.
Dall’alto.
Come se fossi un gabbiano.

Il litorale flegreo visto dall'alto


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Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

I primi risultati

Sei distributori di sacchetti gratuiti per raccogliere gli escrementi dei cani lasciati marcire lungo il marciapiede.
Trascorsi quattro mesi dalle prime installazione dei dispenser fai da te, i risultati sono incoraggianti.

Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

La reazione dei commercianti

Entusiasmo.
La saracinesca sembra essere il luogo preferito dove i quadrupedi evacuano ed il padrone incivile ben si guarda dal recuperare il maleodorante ricordino del cane.
La mattina, all’apertura del negozio, il commerciante è costretto a ripulire saracinesca e strada limitrofa.

Dopo l’istintivo impeto post spiegazione idea, segue la ragionata diffidenza.
Il commerciante avanza gli ovvi dubbi: furti, vandalismo, indifferenza.

Dopo quattro messi, una certezza: per il successo dell’iniziativa, resta imprescindibile il coinvolgimento del negoziante.
Per controllare il dispenser (almeno di giorno), pubblicizzare l’idea ai clienti, responsabilizzare chi vive l’intera giornata il quartiere.

Da sottolineare: l’iniziativa è autofinanziata e nessun commerciante sborsa un centesimo.
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La reazione dei cittadini

Luci ed ombre.
I dispenser si svuotano periodicamente però non esiste la conferma del corretto utilizzo dei sacchetti.

Al sottoscritto, il marciapiede appare più pulito ma forse è una suggestione, una speranza più che una certezza.
Sono come colui che desidera incontrare una persona e vede il suo volto tra i mille volti della folla?

Non lo escludo.

Resta la convinzione: non intervenire è l’azione più semplice da perseguire; agire e provare a cambiare è la vera rivoluzione.

Scarica il volantino SOS CANE


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«Roger Federer. Perché è il più grande» di Roberto D’Ingiullo (recensione)

Roger Federer vs David Ferrer: 16-0

Il tennista accetta la regola del caso: se la pallina colpisce il net, può cadere nel proprio campo oppure rimbalzare nel lato opposto.
Punto perso o colpo vincente: questione di attimi, mille variabili incontrollate che stabiliscono una traiettoria impossibile da prevedere.

Nessuno, però, può dibattere sul dato schiacciante: Roger Federer vs David Ferrer 16-0 (fonte atpworldtour).

Due aspetti opposti dello stesso sport, il tennis.

Se ami le statistiche, i numeri e cerchi un ebook sul campione svizzero Roger Federer. Perché è il più grande: Le vere ragioni del successo del miglior tennista di tutti i tempi di Roberto D’Ingiullo è l’ebook che fa per te.

Roger Federer. Perché è il più grande, di Roberto D'Ingiullo (recensione)

Roger Federer, the GOAT
(Greatest Over All Time)

Record su record, il giornalista sportivo dimostra – come un teorema matematico – perché Federer merita il trono del «più grande di tutti i tempi».

Lo scettro spiegato a suon di vittorie, trofei, “head 2 head”, comportamenti, fair play, eleganza.
E poi, le testimonianze dei colleghi della racchetta a confortare la proclamazione.

Perché ogni amante del tennis dentro di sè è conscio: il campione svizzero proviene da un altro pianeta.

In questo (breve) libro, Roberto D’Ingiullo ci dimostra il perché.

 

L’ammirazione degli avversari

Posi la racchetta nel borsone, togli i polsini sudati, bevi l’integratore, nascondi il volto stremato nell’asciugamano, prosegui a testa bassa verso gli spogliatoi, l’applauso caldo del pubblico a mitigare la delusione.

Dopo la doccia, nella tua mente rivedi mille volte quel maledetto rovescio finito sulla rete che ti è costato il match.

Poi scruti Re Roger dall’altra parte del campo.
Sorride, ti viene incontro, un abbraccio sincero, poche parole sentite.
Lo ammiri anche tu, nonostante la sconfitta.

Hai di nuovo perso la finale contro il numero uno al mondo.

Non hai nulla da recriminare.
Hai solo incontrato il più forte tennista di tutti i tempi.

“Non ho mai battuto Federer, è troppo per me.
Ma magari quando lo affronterò nel Senior Tour …”
(David Ferrer, ex numero due del mondo, commentando l’inquietante conteggio negli scontri diretti con Federer: 0-16)

Acquista Roger Federer. Perché è il più grande: Le vere ragioni del successo del miglior tennista di tutti i tempi su Amazon!

 


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Grotte di Seiano, panorama mozzafiato [FOTO]

Grotte di Seiano, 800 metri dopo …

Lunedi 19 settembre

Quindici minuti, è il tempo necessario per attraversare la Grotta di Seiano, la galleria che da Coroglio porta ai piedi della collina di Posillipo.

Meno di ottocento metri e ci lasciamo alle spalle l’ex Italsider, il «mostro» di Bagnoli.
Meno di ottocento metri per giungere nel magnifico parco archeologico -ambientale di Posillipo o del Pausilypon, tra il vallone della Gaiola e la baia di Trentaremi.

Usciti dalla grotta, ci aspetta un panorama mozzafiato, impossibile (per il sottoscritto) da descrivere.

Panorama dalle Grotte di Seiano, Napoli

Procida, Ischia e Capri: il trio delle meraviglie

La pioggia della notte spazza via la foschia, i colori sono vivi e la visuale perfetta.

Alla nostra sinistra, dopo la baia di Trentaremi, la zona flegrea, Capo Miseno, Procida ed Ischia sono in mostra per uno scatto perfetto.

Dopo la Gaiola, Capri è in posa: la vanesia signora distesa nel mare attende solo di essere immortalata.

Capri dalla Gaiola, Grotte di Seiano

La galleria fotografica

Le parole sono superflue, il luogo è un concentrato di storia e natura unici nel loro genere.
A voi Lettori la mia testimonianza.


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Antonio P. Beni, esperto in aMORE (con la “a” minuscola)

«Domande perBeni»

Conosco Antonio P. Beni dal primo cambio di pannolini: è mio cugino.
E’ un tipo silenzioso, non ama apparire in prima serata e, come tutti gli scrittori, preferisce il libro alla televisione.

Nonostante la sua giovane età, la Vita (con la «V» maiuscola) l’ha triturato nello sbattitore dei destini tormentati ed oggi è un uomo migliore.

Dopo innumerevoli tentativi, finalmente Antonio P. Beni esce dal tunnel ed accetta di tornare in sella: curerà la rubrica «Domande perBeni».

Una rara immagine di Antonio P. Beni, esperto in aMORE (con la "a" minuscola)

Esperto in aMore, (con la «a» minuscola)

Il giovane scrittore risponderà alle e-mail inviate dai Lettori sul tema dellì’aMORE, quello con la «a» minuscola.

L’aMORE degli sconfitti, l’aMORE di chi è abbandonato, l’aMORE di colui che cerca di capire ma non comprende e necessita dell’aiuto di «chi le ha viste tutte».

Il sentimento che muove il mondo da sempre, il mistero dell’Umanità raccontato dalle vostre domande e svelato dalle argute – a volte inspiegabili – risposte del Beni.

Chi è Antonio P. Beni

(dal suo blog ufficiale)

Antonio P Beni nasce improvvisamente più di  quarant’anni fa nel centro del mediterraneo.

Di lui conosciamo solo la sua biografia estratta, grazie al sapiente uso del laser, da un pool di esperti di chimica del gelato.

Ricco di famiglia, con i suoi dieci fratelli e quindici sorelle fonda il partito «genitori: fatevi una pizza».

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La sua prima opera: «Le cose degli Altri»

Dieci anni fa a Roma trovammo una copia clandestina della sua prima raccolta di racconti «Di Beni in meglio» ma come per le statue del Modigliani, molti pensarono che fosse un falso.
Altri che fosse un falsario.

Ad ogni modo, questi racconti descrivono chiaramente il carattere di Beni, ma non le caratteristiche psicosomatiche.

Alcuni anni fa un certo Umberto diede Eco al primo romanzo di Beni «Le cose degli altri».
Grazie a questa critica molti giornali parlarono dell’avvento del nuovo Messia e in terza pagina anche di Beni.

Oggi Beni , dopo un letargo di soli dieci mesi in una tomba etrusca, torna su faCCebook per fissare un punto preciso nella storia della letteratura mondiale.

Quale che sia speriamo di trovarlo presto
Almeno prima che la pubblicità termini …

Scrivi ad Antonio P. Beni




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    Le cose degli Altri è anche cartaceo


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    Scuola ecomostro di Napoli, ripresi i lavori?

    CAPALC/2, la conferma del Sindaco

    Dalla pagina facebook del sindaco metropolitano Luigi De Magisitis giunge la conferma:

    […] per quello che riguarda Napoli si è sbloccata la vicenda annosa ex Capalc, cioè il progetto di riqualificazione dell’area compresa tra via Terracina, via Nuova Agnano e via vecchia Agnano mediante il recupero, completamento ed adeguamento del complesso la cui costruzione è iniziata addirittura nel 1976 […]

    Scuola eomostro CAPALC/2, ripresi i lavori (dopo 40 anni il cantiere è ancora aperto!)

    Cantiere aperto (da 40 anni)

    Sabato 17 settembre 2016
    Sosto l’auto all’ingresso del cantiere CAPALC/2, pigio sul bottone delle quattro frecce ed osservo felice l’impalcatura circondare la scuola.

    L’ecomostro da quaranta anni divora soldi pubblici ed ingrassa per l’inefficienza della malapolitica, si è finalmente arreso?

    Scruto l’ingresso sbarrato da un vecchio catenaccio arrugginito, l’immancabile cartello per i malintenzionati: «Personale al completo».
    Gli automobilisti – indifferenti ad un simile scempio – guardano il sottoscritto fotografare il «mostro»: ai loro occhi assuefatti, l’anomalia sono io?

    Dall’interno non giungono segnali di vita: nessun lavoratore, le ruspe ferme, le betoniere spente.
    Forse il sabato il cantiere resta chiuso?

    Totale assenza di informazioni

    Mi chiedo: nei pressi di un’opera pubblica, non deve essere esposto un cartello con le informazioni di inizio/fine lavoro, la ditta vincitrice dell’appalto, il responsabile dell’opera?

    Fuori la megastruttura di via Terracina, invece, l’unico manifesto presenta una dicitura omertosa, mangiata dalle intemperie.
    Leggo un mezzo titolo:

    AREA PROGETTAZIONE E MANUTENZIONE EDILIZIA SCOLASTICA COMPLESSO SITO IN VIA TERRACINA EX CAPALC/2

    Nient’altro.

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    Quando la fine?

    La grancassa mediatica scatenata dalle molteplici denunce (tra cui il post del sottoscritto Napoli, la scuola ecomostro ripreso dalla rubrica RiFatto de Il Fatto Quotidiano) è servita per non gettare lo scandalo nel dimenticatoio.

    Un riflettore sempre acceso su questa ennesima vergogna nazionale.

    Occorre continuare a vigilare, i dubbi restano, il mistero non è ancora svelato: quando sarà consegnata la scuola alla città?

    RiFatto de Il Fatto Quotidiano pubblica la mia foto della scuola ecomostro di Bagnoli

    Il cantiere risorto

    Quest’anno, nel 2016, la scuola ecomostro “CAPALC/2” festeggia il triste primato: 40 anni di lavori e l’opera non è ancora terminata.

    Sarà la volta buona?
    Pensiamo positivo (ma occhi aperti).


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    Napoli, i miei primi 1000 KM. In bici

    1000 KM, primo traguardo

    Il millesimo chilometro scatta a Materdei mentre supero di gran carriera il gigante verde dalla bocca spalancata.

    La pedalata scivola veloce, la gamba allenata non teme più la salita che all’esordio spaventava.

    Guardo il numero a tre zeri.
    Inspiro soddisfatto.

    I miei primi 1000KM. In bici. A Napoli

    Nonostante tutto, 1000 KM!

    Una boccata di puro smog invade il sottoscritto, coraggioso ciclista napoletano.
    Davanti, un ingorgo blocca la strada: l’enorme autobus pubblico sbuffa fumo nero maleodorante.
    Non può procedere, un auto parcheggiato in doppia fila impedisce il passaggio.

    Pochi istante e la coda di mezzi bloccati cresce a dismisura.
    Un esercito di automobili, lo sciame impazzito di motorini, qualche bicicletta: ognuno cerca una via di fuga per saltare l’ostacolo.

    L’orchestra di clacson inizia il concerto di protesta.
    Dopo pochi minuti di ordinaria follia metropolitana, la strada miracolosamente torna libera.

    Lascio sfogare i «mostri» urbani.
    Osservo ancora il display: 1000 KM!

    Quanto non ho inquinato

    Il conto è servito:

    • con un litro di diesel/benzina, percorro 15 km. in città
    • per 1000 KM servono (più o meno) 67 litri di carburante

    Sottraggo all’inquinamento cittadino 67 litri di idrocarburi, una piccola e grande quantità di smog non generato.
    Non partecipo al concerto dei rumori assordanti prodotto dal milione di veicoli che strombazzano per Napoli.
    Non occupo spazio prezioso tra i pendolari schiacciati come sardine in metropolitana o negli autobus.
    Fornisco l’esempio: l’alternativa esiste.

    Una piccola goccia nell’oceano?
    Però una goccia pulita.

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    1000 km. di casa-lavoro

    La bici (a pedalata assistita) come mezzo di trasporto.
    Le due ruote per raggiungere il luogo di lavoro.

    Napoli non è ancora una città per ciclisti, le difficoltà sono evidenti ed i pericoli ti minacciano ad ogni pedalata.

    Eppure pedalo.
    In città.
    A Napoli.

    E con un pizzico di volontà, puoi pedalare anche tu.
    Basta iniziare, poi non ti fermi più.

    Ci vediamo tra 1000 km.

    Fotogrammi deii miei primi 1000 KM in bici


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    I colori del murales di Bagnoli

    Murales di Bagnoli, se non ci fosse?

    Se il muro non fosse dipinto con i colori della fantasia sarebbe un’opera anonima.
    Si ridurrebbe all’ennesima parete amorfa mangiata dai fantasmi dell’Italsider.

    Perché a Bagnoli, prigioniera da sempre del «mostro» siderurgico per antonomasia, la vivacità dei murales rappresenta una boccata d’aria fresca.

    Come accade a Materdei, anche il disegno all’entrata della stazione della cumana di Bagnoli, strappa un sorriso.

    Anzi,una meritata fotografia.

    I colori del murales di Bagnoli

    Scuola e lavoro

    Conosco bene Bagnoli.
    Una manciata d’anni fa, a pochi passi dal murales, frequentavo le scuole superiori.
    Mi licenziai dall’allora VIII ITIS (oggi Augusto Righi) con un immeritato voto (il tempo ha rimediato all’ingiustizia).

    Negli anni duemila tornai per lavoro: la sede dell’HP – la multinazionale americana per la quale  operavo – a pochi chilometri dal murales (le drammatiche vicende HP conservate nell’ebook gratuito «Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli»).

    Io e Bagnoli, legati da un filo rosso

    Un lungo filo rosso lega il sottoscritto a Bagnoli.

    Dieci anni con la testa nel monitor a scrivere software e scovare bug.
    Dieci anni significano mille pause-pranzo consumate (con estrema soddisfazione) nelle pizzerie del quartiere.

    Un filo rosso fumante, saporito che non spezzerò mai 🙂

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    L’arte sostituisce la bonifica

    In attesa della bonifica dell’intera area sempre promessa e mai realizzata, i murales contrastano la polvere sputata dal «mostro» che, come una sentinella malata, sovrasta il quartiere.

    Le matite colorate contro l’inefficienza della politica (locale e nazionale).
    L’arte contro il degrado (urbano e morale).
    I murales contro l’ex Italsider.

    Finché c’è colore, c’è speranza.


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    Il peso della farfalla, di Erri De Luca (recensione)

    Erri De Luca, l’amore per la montagna

    Il peso della farfalla conferma la passione di Erri De Luca per la montagna.
    L’avventura ad alta quota scivola via lentamente: l’azione è minima, il racconto molto introspettivo per descrivere i pensieri di un vecchio bracconiere stanco ed il re dei camosci, esemplare unico, rispettato dal branco e giunto ormai al tramonto del suo regno.

    Odori, profumi, panorami: il vero protagonista del breve romanzo resta comunque la montagna e le sue mille atmosfere magiche.

    Fino all’inesorabile incontro scandito delle ultime, drammatiche righe.
    Il finale amaro, atteso, scontato lascia comunque una riflessione per il Lettore: l’uomo e la Natura potranno mai convivere?

    Recensione di "Il peso della farfallla", di Erri De Luca

    Perché (non) leggerlo

    Erri De Luca è un autore che sto scoprendo negli ultimi tempi, l’ammetto.
    Apprezzo il dibattito sui temi ambientali e le riflessioni che scaturiscono dai suoi romanzi.
    Non impazzisco per il ritmo a volte troppo lento: si susseguono le pagine ma la trama resta ferma.

    Continuerò a leggere i suoi romanzi.
    Erri De Luca, personaggio profondo.
    Da approfondire.

     

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    L’intervista dell’anno: I want you!

    L’aforisma

    ognuno ha una storia da raccontare, basta porgli le giuste domande

    (Mario Monfrecola)

    Concordo con l’autore.

    Io, giornalista per gioco (e passione)

    Il piacere di ascoltare le storie altrui è il motore che spinge il sottoscritto ad intervistare chiunque abbia voglia di rispondere alle domande di un finto giornalista.

    Ok, l’ammetto:

    • adoro giocare al giornalista
    • sono un ottimo uditore
    • cerco persone da intervistare ed il prossimo puoi essere proprio TU!

    Io, giornalista per gioco, voglio TE per l'intervista dell'anno!

    Come avviene l’intervista

    Ci incontriamo (se possibile) per una conversazione informale, ascolto la storia, memorizzo i particolari, scatto due o tre fotografie al prescelto.

    Indosso i panni del Lettore Curioso e stilo dieci domande non banali (o almeno ci provo) che ognuno di noi vorrebbe porre.

    Dieci domande, un punto di vista inedito con un un solo obiettivo: accendere il riflettore sull’intervistato per far conoscere al pubblico una nuova, interessante storia.

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    AAA voglio TE per l’intervista!

    Le buone intenzioni non bastano. la categoria delle interviste di faCCebook scarseggia di «mostri».

    E mi dispiace perché – sono sicuro – ognuno di Voi, amici Lettori, ha delle risposte interessanti dentro sé stesso.

    Bastano le opportune domande e la giusta dose di autoironia: perché se ti prendi troppo sul serio, ti escludi da solo.

    Bando alle ciance, contattami subito (scegli tu il canale social o l’email nella colonna a destra del post)

    Un clic per la TUA intervista 🙂


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    Andrea Petringolo, il mondo visto da dietro il bancone. Del suo bar

    Andrea Petringolo, al di là del bancone

    Andrea Petringolo è il proprietario del EL CAFESINO, il bar che ogni mattina accoglie e ricarica gli impiegati dell’isola G7, al Centro Direzionale di Napoli.

    Senza il caffè di Andrea, la macchina lavorativa non va in moto.

    Da dietro al bancone del suo elegante locale, Andrea osserva l’esercito di lavoratori sorseggiare la bevanda (rigorosamente servita in tazzine bollenti), dibattere con ardore sui temi di attualità, filosofeggiare sulla Vita, sognare un futuro migliore … fino al fatidico «andiamo?» che spezza i viaggi e riporta gli impiegati alla dura realtà.

    Tra i tanti frequentatori, c’è il sottoscritto.

    Andrea Petringolo e lo staff de EL CAFESINO (Centro Direzionale di Napoli, isola G7)

    Il bancone del bar, lo spartiacque

    I ruoli sono netti, separati da un confine preciso: il bancone del bar.

    Da un lato: i clienti.
    Sulla sponda opposta: il barista.

    Noi, in sosta per una breve pausa, pronti a riprendere il perenne movimento.
    Lui – insieme alla moglie e le cordiali collaboratrici – professionista del ristoro ed attento osservatore del frenetico mondo oltre la frontiera.

    Il medesimo schema si ripete in mille altri bar della penisola: nei pressi di un ufficio, un altro Andrea Petringolo serve il buon caffè, registra i soliti discorsi dei clienti, interviene se coinvolto, ascolta lo sfogo del malcapitato di turno, sorride ed incoraggia, congeda i clienti con un caloroso «arrivederci».

    L’intervista

    D: Andrea, ogni giorno, da dietro al bancone, contempli l’esercito di impiegati bere il caffè, discutere, salutare, fuggire. Che esseri strani siamo diventati?
    R: osservo una generazione frenetica, non ci godiamo nemmeno la pausa caffè.
    Vi scruto mentre ordinate, impazienti già alla cassa.
    Scalpitate, il tempo è tiranno, sempre di corsa, vittime dei ritmi forsennati, bere il caffè e scappare … fino alla successiva pausa.

    D: intere giornate trascorse al di là del confine: Andrea, il bancone del tuo bar – la linea tra il tuo mondo ed il nostro – ti rende prigioniero?
    R: mi piace il mio lavoro, anche se qualche volta desidero evadere, vivo bene dietro al bancone. Amo viaggiare ma non mi sento prigioniero del mio locale.
    A volte penso che conoscere i miei clienti è come un viaggio, dopotutto ogni persona è un pianeta da scoprire.

    Il mondo dietro al bancone

    D: raccontaci il tuo mondo, il mondo dietro al bancone
    R: al di qua del confine, c’è un mondo con ritmi opposti ai “vostri”. Salto dietro al bancone alle 6.30 ed esco verso le 18,30. L’ora di punta è la mattina verso le otto e l’ora di pranzo.
    Notate che il mondo dietro al bancone è in fermento quando voi altri vi fermate. Direi che siamo sincronizzati, come una squadra che fa i turni: voi finite e noi iniziamo pronti ad accogliervi, poi tornate al lavoro e noi impegnati a riordinare il locale. Verso le sedici cala un un po’ pace e finalmente tiriamo un sospiro di sollievo.

    D: dietro al bancone, quanti siete ?
    R: il numero è variabile, dai quattro ai sei abitanti, metà uomini e l’altra metà donne. Nel nostro, a differenza del mondo reale, rispettiamo le quote rosa.
    Sottolineo che le mie giovani collaboratrici sono aiutanti preziose e fondamentali e senza di loro la vita dietro al bancone sarebbe impossibile.
    A volte litighiamo – anche dietro al bancone la convivenza è difficile! –  con l’unico obiettivo di ottenere il massimo per la soddisfazione dei clienti.

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    Quella volta del folle con la pistola …

    D: dal tuo punto di vista privilegiato, studi il viavai continuo di uomini e donne sempre di corsa: storie particolari da raccontare?
    R: lo scorso luglio un folle con pistola diffuse il terrore al Centro Direzionale. Le persone spaventate dai recenti attentati pensarono subito al peggio.
    Per fortuna si trattò solo di un disperato che fu disarmato ed arrestato dalla Polizia. Oggi basta un nonnulla per generare panico.
    Comunque, anche noi da dietro al bancone, vivemmo la tensione del momento.

    D: Andrea, il barista – come ogni lavoro al contatto col pubblico – deve saper relazionarsi con chiunque: è questa la maggior virtù di chi vive dietro il bancone?
    R: cerco sempre la soddisfazione del clienti perchè il prodotto offerto è curato in ogni minimo dettaglio.
    Ad esempio, per il compleanno o eventi speciali, decoriamo i cappuccini ed i caffè con il disegno di un cuore o uno smile. Sono gli auguri personalizzati di chi vive da dietro al bancone!
    A volte devo avere anche molta pazienza soprattutto con i clienti tifosi della Juventus! Ci prendiamo in giro con simpatia e sempre in amicizia.

    El Cafesino, Centro Direzionale di Napoli, isola G7

    L’augurio di Andrea

    D: Andrea, quando sei tu il  cliente in un altro bar, scruti il bancone del tuo collega: quali dettagli distinguono un buon bar da un locale qualsiasi?
    R: il primo particolare è l’igiene. La pulizia del bancone e la professionalità del collega sono l’indice della qualità del bar e quindi del caffè.
    Poi, un caffè può piacere o meno a secondo del gusto (chi preferisce caffè stretto, chi macchiato, altri lungo).
    Comunque, non tutti i banconi sono uguali!

    D: chiudiamo questa breve chiacchierata con un ultimo messaggio: come la sentinella del faro osserva il mare, tu da dietro  al tuo bancone guardi le nostre vite. Forza, invia un messaggio al resto del mondo!
    R: ho inaugurato il locale il 7 gennaio, lo stesso giorno che arrivaste voi di Maticmind al CDN. Una fortunata coincidenza vero?
    Ci stiamo conoscendo giorno dopo giorno …
    Auguro a tutti una situazione personale e lavorativa al top!
    Per andare sempre avanti nella vita.
    Magari insieme, sorseggiando con calma un buon caffè.

    Ringrazio Andrea Petringolo per l’intervista.
    Se capitate all’isola G7 del Centro Direzionale di Napoli, recatevi al EL CAFESINO.
    Vi attende il buon aroma del caffè napoletano ed Andrea  pronto ad accogliervi.
    Dietro al suo bancone, come sempre.


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