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Author: Mario Monfrecola (Page 21 of 57)

Escrementi di cane per strada: risolvere con i dispenser fai da te (gratuiti)

Il dispenser fai da te: gratuito

Fisso il primo volantino SOS CANE al palo della luce di fronte al barbiere.
Con un pizzico di emozione ed imbarazzo, osservo l’annuncio (rivoluzionario):

 Hai dimenticato il sacchetto?
Prelevalo gratuitamente dal dispenser!

Poche righe per incentivare i padroni dei cani all’uso del sacchetto igienico onde evitare di invadere il marciapiede con gli escrementi (non raccolti) dell’amico a quattro zampe.

Accompagni Fido a liberarsi ma dimentichi la paletta?

Il simpatico dispenser allegato al volantino distribuisce gratuitamente il guanto col quale prelevare la deiezione e rimediare alla negligenza.

Basta strapparne uno, compiere il dovere (che ogni padrone civile già esegue) e rispettare la regole elementari della convivenza.

Dopo pochi minuti, a Napoli è operativo il primo dispenser fai da te (gratuito).

dispenser fai da te: una semplice ed economica proposta contro gli escrementi dei cani per strada

dispenser fai da te: una semplice ed economica proposta contro gli escrementi dei cani per strada

Costo: 5€ per 140 sacchetti più dispenser

Presso un negozio specializzato in accessori per animali, acquisto un kit di sei rotoli da venti sacchetti igienici al costo di tre euro.
Con altri due euro compro un simpatico dispenser con 20 sacchetti già inclusi.

Realizzo il primo distributore fai da te per la raccolta degli escrementi dei cani investendo la modica cifra di cinque euro:

  • 120 sacchetti igienici: 3€
  • dispenser più 20 sacchetti: 2€

La diffidenza trionferà?

Giro per il quartiere alla ricerca di adesioni.
Vorrei installare un distributore fuori ogni negozio che fungerebbe poi da sponsor (citato sul volantino).

«L’idea è lodevole ma non funzionerà: li ruberanno o distruggeranno tutto» è la risposta della maggior parte dei commercianti.

Quando cito il canone stimato («5€ al mese?») trionfa la diffidenza.

Purtroppo devo constatare che, nonostante le buone intenzioni, di fronte ad una spesa (seppur minima e tutta da valutare in base al successo o fallimento dell’iniziativa), i commercianti rifiutano la sponsorizzazione.

Sono scambiato per l’esattore del pizzo ambientale?
Assecondato pur di levarmi di torno al pari di un fastidioso venditore di cianfrusaglie?

«Gli altri sporcano e noi dobbiamo pagare?» è il concetto non dichiarato ma enunciato dall’espressione dei negozianti interrogati.

Dalle prime reazioni, aspiro all’autofinanziamento: per non essere frainteso, operare con libertà, fornire l’esempio.

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Ritira i sacchetti presso il negoziante

L’idea del dispenser H24 libero per strada ai molti sembra troppo … svedese.

Trovo un compromesso con il bar della zona: fisso il volantino SOS CANE al palo proprio di fronte al locale ma senza distributore: con un pennarello modifico il messaggio:

Hai dimenticato il sacchetto?
Prelevalo gratuitamente presso il bar!

Questa seconda soluzione al sottoscritto non piace perché la maggior parte dei padroni porta Fido a spasso la sera sul tardi, quando i negozi sono ormai chiusi da un pezzo.
Inoltre, richiede un’azione doppia: lettura del volantino, ritiro del sacchetto (con conseguente ammissione di colpevolezza).

Pur di pubblicizzare l’idea, accetto la proposta.

Assegno al barista i primi 20 sacchetti gratuiti con la promessa di rivederci nei successivi giorni per valutare l’andamento.

Dispenser fai da te: come andrà a finire?

Non resta che attendere con tenacia: ogni rivoluzione necessita di tempo.
Controllerò i due dispenser installati (presso il barbiere ed il bar) quotidianamente, due distinti modi di distribuire gratuitamente i sacchetti.

Aggiornamenti sull’andamento dell’esperimento su questo canale 🙂

—–
PS: se apprezzi l’idea, scarica il volantino e provaci anche tu: migliorare il decoro urbano è il primo passo per migliorare la qualità della vita.


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Ciao zio Bud, gigante buono della nostra infanzia

Bud Spencer, il gigante buono

La (mia) generazione anni70 cresce con i sogni di E.T., le battaglie di Goldrake, i fagioli ed i pugni buoni di zio Bud.

Il ricordo è lontano: sul grande schermo, il volto cattivo ed il barbone nero di Bambino, la puzza degli abiti sudici, la polvere sollevata dal cavallo di Trinità che, pigro, trascina l’assonnato pistolero nel deserto.

Bud Spencer, i cazzotti buoni contro i bulli segnano la generazione anni 70

I ricordi di un bimbo anni 70

Siamo al cinema – tutta la famiglia, insieme ad altre mille famiglie – al fianco di Bud Spencer e Terence Hill per una scazzottata contro i prepotenti di turno.

L’emozione tira brutti scherzi, i ricordi tornano a galla.

Un flashback di “Lo chiamavano Trinità”?
Impossibile: nel 1970 ero un poppante.
Risale alla mente un fotogramma di “Continuavano a chiamarlo Trinità”?
Non credo: nel 1971 guardavo il mondo dalla culla.
Un ricordo di “Altrimenti ci arrabbiamo”?
Forse: nel 1974 viaggiavo nel carrozzino, la mia dune buggy.

L'indimenticabile dune buggy in Altrimenti ci arrabbiamo

I cazzotti per i cattivi (mai troppo cattivi)

Sotto le note incalzanti degli Oliver Onions, sul grande schermo di un cinema di Napoli (oggi chiuso), volano cazzotti buoni.

I cattivi, puniti e pentiti, non sono mai così cattivi: necessitano solo di una ripassata e quale metodo migliore di un pugno di zio Bud proprio al centro del testone del bullo ed una serie di padellate di Terence Hill per dileguare i tirapiedi del Capo?

Il cinema di ieri

Nessuna prenotazione, poltrone normali, niente aria condizionata, la sala gremita, il brusio continuo, il fumo delle sigarette, la torcia della maschera, cala il buio, inizia la magia, l’odore dei popcorn, la gioia di un bimbo al cinema con la sua famiglia.

Un dolce ricordo condensato nel tweet di Roberto Saviano (coetaneo del sottoscritto):

Terence Hill e Bud Spencer, film puliti

Film per tutta la famiglia, mai volgari, divertimento pulito e assicurato. il senso di giustizia raccontato con leggerezza, a suon di risse con i nemici sconfitti che si rialzano, le pistole mai usate, il gigante buono in difesa dei più deboli.

E tanto buon umore.


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Grazie zio Bud

La notizia giunge via Whatsapp, segno dei tempi moderni.

Il dispiacere pervade l’intera mattinata, sento di aver perso un vecchio amico.
Butto fuori la tristezza in queste righe scritte di getto.

Navigo in cerca di solidarietà e – come è giusto che sia – istante dopo instante, il web si riempe di ricordi, citazioni, video, foto, post commossi, ringraziamenti di gente famosa e persone qualsiasi.

L’esercito di fans tripudia al suo Gigante Buono il doveroso riconoscimento perché la sua straordinaria vita – uomo integerrimo ed attore pulito – accompagni, attraverso i suoi ingenui e divertenti film, le future generazioni.

Come ha accompagnato noi.
Grazie zio Bud. 


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Vendetta a Manhattan (Quinta Strada Vol. 5) di Christopher Smith (recensione)

L’etica del killer secondo Christopher Smith

Uno spietato killer può seguire una morale?
Vendetta a Manhattan, di Christopher Smith racconta il punto di vista di Carmen Gragera, assassina di professione costretta a difendersi dall’Organizzazione (criminale) per la quale lavora.

Vendetta a Manhattan (Quinta Strada Vol. 5) di Christopher Smith: killer troppo umani?

Una storia di assassini

La lettura scorre veloce come le pallottole dei killer – i protagonisti assoluti di questo libro – descritti come esseri dotati di «una» coscienza (quale?).

L’umanizzazione di assassini cinici e violenti, la descrizione fin troppo «normale» della stessa protagonista, nel sottoscritto, suscita fastidio.

Perché – a conti fatti – la bella e cinica Carmen Gragera, per soldi, uccide.
Per denaro, elimina esseri umani.
«Non ammazzo bambini» è l’unico codice etico che rispetta.

 

Il fascino del male

Un romanzo di delinquenti accattivanti, affascinanti, anche colti.
Il Lettore resterà incollato alla trama da film d’azione, col fiato sospeso fino all’ultimo rigo, uno anomalo mix tra il cinismo del killer professionista e l’inattesa umanità della protagonista.

Superato lo choc del finale, resta l’amara verità: dietro l’apparenza, i personaggi di questo libro sono solo dei «mostri».

Da leggere col giusto distacco.

Acquista Vendetta a Manhattan su Amazon!

 


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L’Italia di Conte: operaia e vincente (ma inguardabile)

La Nazionale più scarsa degli ultimi 30anni

Le vittorie non modificano l’opinione: l’Italia di Conte è brutta da vedere.

Il sudore dei mediocri per ovviare alla scarsità di talento: i complimenti (incerti) finché si vince, le critiche alla prima sconfitta cadranno giù con la stessa violenza di una grandinata d’estate.

E faranno male.

Come tutte le verità che preferiamo nascondere per evitare la dura realtà: l’Italia di Conte è la Nazionale di calcio più scarsa degli ultimi trent’anni (per un indecoroso confronto con Pellè&Company, occorre risalire all’apatica italietta di Messico86).

L'Italia di Conte: la peggiore Nazionale degli ultimi 30 anni

L’Italia di Conte: una squadra di operai

Gli operai azzurri non vanno oltre uno schema lineare (non posseggono i mezzi per inventare) ed una poderosa corsa.

Lodiamo l’impegno come il professore che, conscio dei limiti dello studente, lo promuove: non raggiungerà mai la vetta, accontentiamoci del livello medio.

Lorenzo Insigne, il futuro 10

Thiago Motta porta il dieci come una croce: la sua via Crucis durerà il tempo di #Euro2016 dopodiché sparirà dai radar azzurri.

Un reset al contismo e la nuova Nazionale partirà dall’unico talento italiano: Lorenzo Insigne.

Al campione del Napoli sarà assegnata – con merito – il dieci: fantasia, assist, invenzioni, tecnica, punizioni, colpi da biliardo.
Addio al grigiore, la prigione tattica di Conte smantellata dalla fantasia del fuoriclasse di Frattamaggiore, il pugno di ferro del Generale sconfitto dall’entusiasmo e dall’emozione, linfa vitale dello sport.

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La nuova Nazionale

Intorno a Lorenzo Insiegne girerà una squadra di giovani: ringraziamo Buffon, da domani in porta Perin o Sportiello; titolari inamovibile Florenzi e Bernardeschi – tecnica e fantasia – addio a Chellini, De Rossi, Eder e Pellè, cancellati dalla lista Sturaro e Ogbonna (panchinari nelle loro squadre).

Forse non vinceremo, forse subiremo sconfitte cocenti.
O forse no.
Sicuramente torneremo a sorridere e divertirci nel veder giocare la nostra Nazionale.


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Bianco e nero: la foto ci guadagna?

Bianco e nero vs colore

Il medesimo scatto suscita sensazioni diverse: il primo, in bianco e nero, richiama alla mente il tempo che fu – perché al sottoscritto, l’immagine priva dei colori è un salto all’indietro …

Bianco e nero, perché (a volte) è meglio

… la seconda, l’originale, è la foto priva di ritocchi ed immortala – in tutta la sua semplicità – un giorno qualsiasi sul litorale domitio con la sedia di un bagnante per scrutare il mare, l’eterno movimento.

Bianco e nero, perché (a volte) è meglio

Bianco e nero, quando preferirlo?

Ad ogni foto, la domanda sorge spontanea: quando proporre una foto oscurata dei colori originali?

Il volto di un anziano?
Un panorama dove lo sguardo si perde nell’infinito?
L’immagine anticata?

E se applico il filtro e rovino lo scatto originale?

Nonostante i mille «mostri» catturati con un clic dello smartphone, non ho ancora trovato la giusta risposta.

Se la foto è introspettiva?

Nemmeno il mio amico Mario Cavaliere, instagramer di successo fornisce la soluzione: per lui, lo scatto in bianco e nero è introspettivo.

E per voi, amici Lettori?
Aiutatemi a sciogliere il dilemma: quando applicare il filtro ed eliminare i colori?


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Come preparare biscotti fatti in casa saporiti (e salutari)

Gli ingredienti

  • 300 g. di farina integrale
  • un uovo
  • 150 g. di zucchero di canna
  • un vasetto di yogurt (ad esempio, al cocco)
  • mezzo bicchiere di olio di semi
  • mezza bustina di lievito
  • limone grattugiato (o pezzi di cioccolato)

La ricetta (col segreto dello chef)

Versa gli ingredienti in un recipiente di dimensione medie.
Impasta, impasta ed impasta ancora (in cucina non essere frettoloso!) fino ad ottenere una palla compatta.
Se il miscuglio tende a sgretolarsi oppure non è coeso, aggiungi delle piccole quantità di farina.

Un piccolo segreto: una volta creata una palla di pasta consistente, racchiudi l’amalgama in una pellicola trasparente e deposita il tutto per mezz’ora in frigo.

Preparazione dei biscotti

Ricopri una placca da forno con la carta (da forno).
Per poter stendere al meglio l’impasto, spargi un pizzico di farina.

Allunga la pasta (meglio procedere con piccoli pezzi) sulla carta da forno: utilizza un mattarello per ridurre l’altezza dell’impasto (ad esempio, un mezzo centimetro).

Dopo aver steso il tutto, con un bicchiere di plastica crea delle forme circolare (oppure le stelline, i cuoricini, la mezza luna con le forme per i biscotti che trovi in commercio).

La cottura

Mentre ti diverti a creare le sagome dei biscotti, preriscalda il forno a 170 gradi.
Immetti le teglie con la tua opera nel forno.

Attendi 15 minuti, poi con una forchetta verifica la cottura.
Spegni il forno non appena reputi i biscotti croccanti (secondo il tuo gusto).

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I biscotti fatti in casa in meno di un’ora

Il sottoscritto è un cuoco alle prime armi.
Eppure la suddetta ricetta ha un discreto successo tra i commensali.

Sarà la soddisfazione derivata dal mangiare ciò che si cucina ma preparare i biscotti in casa è un’esperienza da provare (anche per stupire gli ospiti in una serata tra amici).

Le varianti alla ricetta sono molteplici: pezzetti di cioccolata invece del limone, il burro in sostituzione dell’olio di semi.
In cucina vince la fantasia …

Eseguo l’intera ricetta (compresa di cottura) in meno di un’ora.
I piccoli «mostri» sono pronti.
Ti aspetto per un assaggio 🙂

Come preparare biscotti fatti in casa saporiti (e salutari): la mia ricetta


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Onyx (Lux Vol. 2) di Jennifer L. Armentrout, la recensione

Come al cinema

Il terzo volume della saga dei Luxiani procede con il medesimo ritmo dei primi due: se fossi al cinema, con lo sguardo fisso nello schermo, in trepida attesa del finale sgranocchierei popcorn mentre il tizio alle mie spalle ruberebbe in tutta tranquillità manciate di chicchi (per l’esistenza della puntata-zero Shadows (Lux Vol. 0), l’episodio due è in realtà il terzo).

Onyx (Lux Vol. 2) di Jennifer L. Armentrout, cattura il Lettore come se fosse al cinema

Amori alieni

Scoppierà l’amore tra l’affascinante alieno Daemon e la diffidente umana Katy?

Tra mille pericoli, segreti inconfessabili, momenti di romanticismo inattesi, battaglie epiche, evoluzioni e rivoluzioni, il Lettore non ha scampo: resta incollato al libro per giungere senza fiato fino all’ultimo, sconvolgente rigo.

 

Tre di sei: la saga di Jennifer L. Armentrout continua

Siamo nel bel mezzo della serie (terzo volume di sei).
Onyx (Lux Vol. 2) aggiunge un ulteriore tassello all’epopea ma, ovviamente, non giunge alla meta.

La brava Jennifer L. Armentrout racconta e costruisce un mondo dove la fantascienza non è poi così lontana dalla realtà.
Tra banchi di scuola e amicizie vere, il Governo ombra e gli agenti segreti appaiono (quasi) normali.

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Avvertenza per il Lettore incauto

Confermo quanto già affermato per Obsidian (Lux Vol. 1)

Scritto con uno stile semplice e discorsivo, nonostante si parli di ragazzi, la trama risulta avvincente e adatta per lettori di tutte le età.
Un’unica avvertenza: iniziata la prima pagina, la dipendenza immediatamente prenderà il sopravvento e si farà fatica a smettere.

L’esperienza insegna e mi son fatto furbo.
Giunto all’ultima riga dell’ultima pagina, Jennifer L. Armentrout non mi frega più.
Stavolta sono pronto: ho già acquistato il volume successivo 🙂

Breve annotazione sui titoli

Non ho ben capito il significato dei titoli dei libri: sono messaggi alieni da decifrare?

Acquista Onyx Vol.2 su Amazon!

 


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Mario Cavaliere, i segreti di un instagramer di successo

Mario Cavaliere, amico di una vita

Mario Cavaliere è una persona di cultura.
Le nostre discussioni sotto l’ombrellone, tra il serio ed il faceto, sono un mix di ironia e approfondimenti.
Ascolto con attenzione le sue teorie: col sorriso che lo contraddistingue da sempre, mi spiega la passione per la fotografia.
Difatti, il mio vecchio amico è oggi un instagramer multipremiato.

Mario Cavaliere, instagramer di successo

Il terzo occhio

In sella allo scooter, vede angoli della città che ai molti sfuggono.
E’ il terzo occhio, la capacità del repoter on the road: catturare immagini con una prospettiva originale.
E la community dei fotografi da smartphone apprezza e premia il nostro mcmathematic.

D: Mario le tue pubblicazioni, oltre per lo scatto unico, si caratterizzano anche per le storie narrate: viene prima l’immagine oppure la parola?
R: Assolutamente prima l’immagine poi la parola!
L’immagine sopra ogni cosa ma il racconto i dettagli sono il vero 3D della foto.  Non quello tecnologico ma intendo il 3d quello dell’anima!
Ti racconto un aneddoto: da giovane sono stato alla Galleria degli uffizi a vedere la Venere di Botticelli e dopo cinque ore di fila mi sono trovato di fronte a questo capolavoro e dopo aver ammirato i colori e l’immagine per qualche minuto stavo andando via.
Quando accanto a me c’era una uno che aveva un libro sulla Venere!?!?
Leggeva ad alta voce e diceva che in alto a destra c’è un angelo che la Venere sembra intravedere ecco perchè la sua posizione di profilo gli alberi il cielo … e continuava con la descrizione … insomma la foto per me all’improvviso stava prendendo vita.
Il sapere dei dettagli di un’immagine aumentava il tempo di osservazione!
Questa esperienza mi ha letteralmente segnato!

Il segreto? La diversità

D: il Vesuvio è il medesimo da secoli: come realizzare una foto originale?
R: Eh vecchio Monf! Questo è il vero segreto della foto! E cioè il segreto non è fotografare ciò che nessuno ha mai visto ma fotografare quello che tutti vedono ma in maniera diversa!
Il Vesuvio è sempre diverso come i tramonti..l’occhio, lo stato d’animo può fare la differenza. Posso dirti che nonostante io sia solare non amo le foto con il sole forte, adoro quelle un po’ noir … gotiche boh! Secondo me così sono più realistiche!
E il Vesuvio è perfetto in questo tipo di scenario.

D: quale è il sentimento principe che ti spinge a fermare lo scooter, passeggiare per i vicoli, documentarti, indagare per scovare un angolo di città da catturare?
R: Ciò che mi spinge è assolutamente il sentimento di quanto Napoli sia sottovalutata! Cioè moltissimi pensano di conoscerla ma Napoli è terribilmente misteriosa.
Spesso le foto banali di Napoli ne racchiudono solo la punta di un iceberg.
Ci sono vicoletti spesso bui e con scarsa igiene ma poi basta guardare all’interno di qualche palazzo del 700 e trovi storia a fiumi, la cosa che m’infastidisce di più è proprio che tutti pensano di conoscere poi appena indago su qualcosa che scopro tutti mi dicono: ah non lo sapevo!
Tutti si preoccupano dei turisti ma Napoli va raccontata ai napoletani non ai turisti! Quelli verranno di conseguenza!!
Se si va avanti col prototipo pizza mandolino e sfogliatella (peraltro buonissima) è terribilmente svilente per una città come Napoli

D: è tempo di rivincite: quale è lo scatto nel quale credevi ed invece è passato perlopiù inosservato?
R: Bah Monf puoi non credermi ma non sono un catcher di premi.
Ci sono tante foto che io definisco marchette: basta un babà col vesuvio di sfondo o una foto ad una pizza col golfo in sottofondo vedrai premi a gogò! 😀
Io cerco il desueto! O comunque se è qualcosa è strafotografato deve avere un valore aggiunto!
Ecco che la didascalia può aiutare.
Comunque, per rispondere alla tua domanda: quella che pubblicai del Campanile della Madonna del Carmine: per me è meraviglioso!
Ma sono di parte! 😀

Il Campanile della Madonna del Carmine, di Mario Cavaliere

La foto è uno stato d’animo

D: le persone sono assenti dalla tua galleria: perché non catturi lo sguardo di una donna, il volto di un anziano, il sorriso di un bimbo?
R: Lo faccio ma solo con la mia famiglia. Perchè credo sia un tipo di foto troppo intima e io non ho intimità con gli sconosciuti.
E poi la verità è che non sono così introspettivo. La foto è un percorso, io sono ancora dietro. Come anche la foto bianco e nero sono fortemente introspettive e io non ho ancora raggiunto questo livello, questa capacità!

D: Mario, la tua bacheca è affollata di piccole e grandi soddisfazioni, premi ricevuti da importanti community online. La gratificazione fa piacere, è innegabile: cosa provi quando ricevi la meritata coppa? Dai peso alla fama oppure, in caso di indifferenza generale, avresti abbandonato Instagram?

R: Assolutamente no! La foto per me è uno stato d’animo, non mi sento in competizione. Sono una persona molto competitiva ma sulla foto no!
Come si può pensare di competere con uno stato d’animo?!?!?
Poi c’è una frase di un famoso fotografo che dice: “Se hai una bella foto che fai? la conservi nel cassetto?” dunque ovvio che fa piacere mostrarla. Non nego che fa piacere l’attenzione di chi sceglie la tua foto tra tante e ne coglie il tuo stesso spirito. E’ una forma di comunicazione meravigliosa ma questo comunque non crea in me ossessione. I premi poi sono punti di partenza non di arrivo! Li ripubblico solo temporaneamente perchè fa piacere agli admin che ti premiano,
Vedo profili zeppi di premi io invece dopo un po’ cancello tutto.

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Instagram, per intrattenere ed informare

D: Mario, sei su faCCebook.eu, il blog ufficiale dei «mostri»: a tal proposito, ne hai mai immortalato uno?
R: No Monf sai che seguo moltissimo il tuo blog! Perchè in un certo senso ha uno spirito simile al mio, cioè la ricerca del desueto, talvolta la critica, il mostro!
Ovviamente il tuo è un blog famoso, io scatto solo qualche foto e sono molto criticato dai follower perchè partorisco foto con gestazioni da elefante! 😀

D: credi nella foto denuncia oppure utilizzi il tuo canale solo per informare ed intrattenere?
R: credo nella foto denuncia ma non utilizzo questo tipo di canale ma solo intrattenere. Informare poi sarebbe pretestuoso da parte mia, io scopro delle cose e le racconto a chi come me non ne era a conoscenza. Tutto qua: un gioco semplice!

Fotografia e Matematica

La foto per me è geometria decorata con i colori della realtà … e la foto spesso mi aiuta a raccontare …

D: Mario la tua stessa citazione ed il nome dell’account Instagram mcmathematic ti inchiodano: la Matematica (con la “M” maiuscola) è parte della tua visione della vita? E influenza anche i tuoi scatti? La Matematica non è noiosa? Che relazione c’è tra tutti quei numeri grigi e le tue foto colorate?
R: Devo dirti che la matematica è ovunque: la geometria di un golfo, quella di una volta di una chiesa …
Ricordo in una foto del golfo di Napoli con una scogliera: sembrava il grafico del logaritmo! Perchè poi tutti dicono di odiare la matematica ma poi moltissimi ne sono affascinati!
Dunque la relazione tra matematica e fotografia è fortissima! Se ti riferisci alla parte numerica quella no, è solo uno dei tanti aspetti della matematica che credo non ha assonanza con le foto.

D: Mario, lasciaci con una promessa: nel prossimo scatto catturerai l’anima di una persona.
R: Ci proverò! Monf! Se diventerò bravo ce la farò!
Ho una vita davanti e se non ci riuscirò oltre questa vita fotograferò l’anima del mio fantasma.
Per accontentarti 🙂

Scopri il canale Instagram di Mario Cavaliere!


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Donatori di sangue: I want you!

Lucia, l’incontro tre volte l’anno

Lucia non conosce il mio nome.
Ma io conosco lei.
L’incontro tre volte l’anno: gentile, accogliente professionale.

Lucia è un’infermiera del centro trasfusionale dell’ospedale Pascale di Napoli.
Assiste noi donatori di sangue col sorriso, intrattiene, chiacchiera, rassicura.
E ringrazia ogni singola persona che,  dopo dieci minuti – tanto dura l’intera operazione! – lascia il centro con l’orgoglio di chi compie una nobile azione.

Anche io ringrazio perché vado via con una certezza: donare il sangue mi rende un cittadino migliore.

Donatori di sangue: come sentirsi un cittadino migliore

L’appello per i non donatori di sangue

Cercasi adulto (uomo o donna che sia), dotato della giusta dose di umanità, in buona salute, con una vita normale senza comportamenti a rischio, disposto a concedere dieci minuti della propria giornata per compiere un gesto generoso.

Offresi atmosfera serena e cordiale, la consulenza di medici esperti, competenti e professionali, una check-up completo (controllo della pressione, cuore, analisi del sangue …).
Segue una colazione tra amici, un giorno di ferie retribuito dal lavoro.

Guadagno sicuro: la riconoscenza infinita di tutte quelle persone che necessitano di trasfusioni di sangue.


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Nuvola di Fantozzi, l’evoluzione

Nuvola di Fantozzi, ieri

Osservazione di un lavoratore degli anni duemila: dopo la crisi economica e l’indispensabile riforma Fornero, la nuvola di Fantozzi raggiunge la maturazione massima.

La teoria appurata dal dipendente-modello nella sua eterna carriera – oramai solo gli highlander aspirano al traguardo finale –  risulta (come l’impiegato cinquantenne) obsoleta:

*** TEORIA SUPERATA ***

il sole brilla dal lunedì mattina al venerdì pomeriggio.
Prevista pioggia nel week end

Nuvola di Fantozzi, oggi

Il meteo impazzito costringe gli esperti del settore, per non esporsi alla solita doccia gelata, ad assegnare nomignoli ai temporali e rifugiarsi nell‘instabilità, termine tecnico che cela l’incapacità previsionale dei più moderni modelli aeronautici.

E così la tradizionale e burlona nuvola di Fantozzi, pronta a rovinare i week end degli impiegati di ieri, oggi è incattivita: piccole e fastidiose piogge cadono nella pausa pranzo del dipendente per rovinare l’ambita mezz’ora d’aria.

L'evoluzione della nuvola di Fantozzi

La pioggia? Durante la pausa pranzo

Anche oggi osservo il piccolo, minaccioso «mostro» avanzare proprio alle ore tredici, il momento tanto agognato dall’esercito dei lavoratori.

Una boccata d’aria per ossigenare il cervello.
Una caffè per ricaricare le batterie ed affrontare il pomeriggio.

Sono pronto.
La nuvola di Fantozzi, geneticamente modificata, non mi fermerà.

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Non sono un alieno

Alieno (per necessità)

«Terrorista! Se ti ferma la polizia, t’arresta!»
«Talebano, fai paura!»
Le battute si sprecano, gli epiteti pure.

Il volto nascosto dietro la maschera avvolgente nera, la testa protetta dal casco militare, lo sguardo impenetrabile.
Le occhiate perplesse dei passanti, inchiodano il sottoscritto e la sua e-bike alla dura realtà: nel contesto urbano dove è totalmente assente la cultura della bicicletta, il ciclista risulta un elemento estraneo, un corpo da emarginare, un extraterrestre da abbattere.
Un alieno, appunto.

Io, ciclista napoletano, non sono un alieno: chi sono i veri mostri?

La giungla metropolitana

Eppure, l’eroico ciclista napoletano, resiste.
Per sopravvivere nella giungla metropolitana utilizza le uniche armi a sua disposizione: pazienza, tolleranza, concentrazione, passione per la pedalata, fede inossidabile per la salvaguardia dell’ambiente, lotta senza quartieri contro i «mostri» metropolitani.

Il sorpasso

Il clacson cafone chiede strada.
Arranco in salita con mille occhi(ali) aperti per intercettare i pericoli contromano, le orecchie-radar a percepire il rombo dell’idiota di turno pronto al meschino sorpasso a destra.

L’auto si avvicina, l’ennesima strombazzata e la grossa tartaruga metallica supera la piccola lumaca a due ruote.

Avrà cinque anni.
Il bimbo – in braccio alla mamma, seduto d’avanti lato passeggero – affacciato al finestrino dell’auto, durante gli interminabili istanti del sorpasso, studia il sottoscritto pedalare.

Lo sguardo innocente tradisce lo stupore.
La meraviglia si fa largo nei suoi occhi puliti.

L’adocchio.
Catturo la sua sorpresa.
Il mio sorriso resta imprigionato nella maschera antismog.
Saluto il piccolo con la mano.
Intimorito dall’aspetto cibernetico che trasmetto, il bimbo non risponde al cenno.

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Chi è il vero «mostro»?

Vorrei gridare: «ehi piccolo, l’alieno non sono io!»

I «mostri» siete voialtri che usate l’auto anche per comprare le sigarette sotto casa, evitate i mezzi pubblici come la peste bubbonica, ignorate il car-sharing, odiate passeggiare, impestate l’aria con i tubi di scappamento delle vostre carcasse metalliche sempre bollenti.

La tartaruga sgancia l’ultima nuvola nera di veleno, accelera e prosegue nella giungla.

Il bimbo allunga il collo, si affaccia di nuovo, mi osserva ancora.
Prima di sparire dietro la curva, muove la manina per un timido saluto.


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New York, quanto costa prendere un taxi (giallo)?

A New York, in taxi

New York, prima o poi, salirò sul taxi.
Intendo i taxi gialli resi famosi dalle mille pellicole hollywoodiane.

I taxi gialli che chiami urlando dal marciapiede combattendo contro la folla multicolore, manager e immigrati tutti di corsa alla ricerca dell’opportunità.

Con tenacia, guadagno spazio tra la calca, giungo a bordo strada, attendo qualche minuto finché tra il fiume di auto lungo la Fifth Avenue compare un puntino giallo.

Il taxi giallo da condividere

Ad attendere però non sono solo.
Anche una frenetica Jennifer Ariston in perenne ritardo, il posato Richard Gere nell’elegante completo scuro mentre impugna (col guanto, ovvio) una misteriosa valigetta 24ore ed una stravagante Cameron Diaz in abito da sposa, desiderano il mio stesso mezzo di trasporto.

Alzo la mano destra, mi sbraccio, urlo e sbraito fino a quando l’agognato taxi giallo rallenta, accosta e ci preleva.
Il taxi driver pachistano – immigrato di terza generazione – alla vista del bizzarro gruppo non batte ciglio: a New York tutto è possibile.

Viaggio in compagnia degli illustri ospiti perché nella Grande Mela condividere il taxi per dividere le spese è consuetudine.

Dopo il lavoro, al karaoke (sempre in taxi)

Dopo una stressantissima giornata di duro lavoro, la sera – distrutto dalla fatica – trovo le energie per bere una birra in un locale di Manhattan pieno di altri giovani uomini e giovani donne in carriera.

Freschi e riposati nonostante le quattordici ore trascorse in ufficio, dietro un monitor, a servire clienti al ristorante italiano di Brooklyn o friggere patatine in un fast food del Bronx: il karaoke fortifica le amicizie ed incentiva le relazioni.

Fino a notte inoltrata quando un nuovo taxi giallo ci riporterà tutti a casa.

Solo con Jennifer Ariston, come in un film

Il taxi giallo rallenta, accosta, si ferma.
Scendo per primo.
Apro lo sportello: la sposa fugge, sull’altare l’attende un amore a nove zeri.
L’uomo d’affari non perde ulteriore tempo, paga la quota e svanisce nel maestoso Trump Building.

Restiamo io e Jennifer.
Da vecchio galantuomo, verso al taxi driver l’intera somma (più il 15% di mancia).
«Thanks».
Jennifer ringrazia, sorride e si dilegua con eleganza tra la folla newyorkese.

Come in film.
The End.


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