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Author: Mario Monfrecola (Page 29 of 57)

Lo spirito dell’albatros

Dalle puntate precedenti

La nave “HP Pozzuoli” è affondata, i 115 marinai sono sull’isolotto accolti dal comitato di benvenuto.
Il fedele marinaio riflette sul futuro incerto mentre una certezza si fa spazio tra mille dubbi: volare sempre alto!

Puntata1: Hp Pozzuoli affonda, colpita dal fuoco amico
Puntata2: HP Pozzuoli, il giorno della decisione
Puntata3: fatti non foste a viver come bruti?
Puntata4: «Io non sono d’accordo», l’orgoglio dell’ultimo marinaio
Puntata5: Chi è il verno nemico?
Puntata6: Il giorno degli scatoloni

Sull’isolotto …

«Com’è goffo e maldestro, l’alato viaggiatore!».
La giovane recluta sfida il fedele marinaio su un tema a lui caro: la poesia.
«Lui, prima così bello, com’è comico e brutto!» insiste.

La nave “HP Pozzuoli” è affondata, alcuni malridotti relitti raggiungono la spiaggia del piccolo isolotto, la nuova dimora dei 115 superstiti.

Il comitato d’accoglienza

Il fedele marinaio e la giovane recluta osservano il mare mentre, a breve distanza, un chiassoso comitato di accoglienza dà il benvenuto ai reduci.
Gli uffici del nord hanno organizzato la festa, pagato il buffet, ingaggiato l’orchestra, preparato i discorsi ufficiali.
Un gruppo di marinai apprezza, altri diffidano.

Un’onda spinge una borraccia col logo della multinazionale ai piedi dell’uomo.
Il marinaio la raccoglie, senza spostare lo sguardo dall’orizzonte recita:

Spesso, per divertirsi, i marinai
catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
indolenti compagni di viaggio delle navi
in lieve corsa sugli abissi amari.

L’hanno appena posato sulla tolda
e già il re dell’azzurro, maldestro e vergognoso,
pietosamente accanto a sé strascina
come fossero remi le grandi ali bianche.

Lo spirito dell’albatros

«Saremo derisi come l’albatros?» chiede preoccupato la giovane recluta.
«Se non ci sarà data l’opportunità di scoprire il potere delle ali e la capacità di lasciarsi andare al vento, assomigliamo a grossi uccelli grossolani e pesanti. Se spiegheremo le enormi ali, con la nostra innata abilità voleremo lontani» commenta il fedele marinaio.

La musica termina, il comitato d’accoglienza sale sul palco rosso e bianco.

Il Presidente dell’isolotto prende la parola:
«benvenuti marinai, ci aspetta un futuro roseo … » la claque applaude fiduciosa mentre, con le spalle alle chiacchiere e con lo sguardo rivolto verso il mare, il fedele marinaio ascolta distratto.

Ha già aperto le grandi ali elevandosi in volo.

Lo spirito dell'albatros

14 ottobre 2015: The End

HP Pozzuoli chiude, apre Maticmind

In meno di ventiquattro ore svaniti tutti i riferimento ad HP.
Rimossi logo, manifesti con i volti felici dei dipendenti, il benvenuto ai nuovi assunti, le regole sulla sicurezza, i consigli per restare in forma, la piramide alimentare per una dieta corretta.

Le pareti candide attendono i nuovi poster di Maticmind, da domani 15 ottobre gli uffici cambiano vestito, noi informatici campani azienda.

14 ottobre 2015, data da ricordare

Secondo gli accordi tra la multinazionale ed la nuova realtà, seguirà la continuità contrattuale.
OK, perfetto, tutto bene, non cambia nulla, la vita continua, si chiude una finestra (a stelle e strisce), si apre un portone (milanese).

Così è scritto (a meno di postille truffaldine) il prossimo futuro (un mese, cinque mesi, un anno, due anni?) la nave continuerà il suo regolare viaggio.

Ma oggi non sono le questioni legali nè tantomeno la solidità della nuova società ad affollare la mente.

Adesso, il giorno prima di abbassare la saracinesca americana, questo giorno – diamine il 14 ottobre 2015! – è davvero speciale perché è l’ultimo giorno.

14 ottobre 2015 muore HP Pozzuoli

14 ottobre 2015 muore HP Pozzuoli

14 ottobre 2015: l’ultimo giorno

Possiamo fingere e lavorare come se nulla stesse accadendo, scrutare nelle cassettiere, eseguire il backup del pc aziendale, conservare le info utili per il domani.
Va bene tutto (o quasi).

Però, dopo diciotto anni (18!) (dieci in EDS poi acquisita da HP) metabolizzare la fine non è semplice.

Siamo uomini non numeri di matricole ed il 14 ottobre non è una data qualsiasi: un secondo dopo la mezzanotte di questa interminabile giornata, dai radar dell’Information Technology globale scompare HP Pozzuoli.

Così è il mondo del lavoro? Dobbiamo essere flessibili?
Non esiste più la sicurezza del posto fisso?

Affermazioni che non bastano a placare la mia delusione.

Sono pesante? Negativo? Funesto?
Sono un «mostro»?

Chiedo venia ma datemi tempo, devo metabolizzare: il 14 ottobre 2015 muore HP Pozzuoli.

The End.


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Il giorno degli scatoloni

Dalle puntate precedenti

E’ giunto il giorno dei saluti: un gruppo di marinai abbandona la nave “HP Pozzuoli” per sempre.
Gli uomini raccolgono i propri effetti personali negli scatoloni, salgono su una scialuppa e scompaiono all’orizzonte.
L’addio, per il fedele marinaio, è una profonda ferita …

Puntata1: Hp Pozzuoli affonda, colpita dal fuoco amico
Puntata2: HP Pozzuoli, il giorno della decisione
Puntata3: fatti non foste a viver come bruti?
Puntata4: «Io non sono d’accordo», l’orgoglio dell’ultimo marinaio
Puntata5: Chi è il verno nemico?

Il saluto

«Vorrei dire qualcosa ma non trovo le parole».
Il fedele marinaio saluta il vecchio Gabriele, un amico con un destino diverso.
Pochi minuti prima, col sorriso forzato, l’addio ad Isa pronta ad abbandonare la nave “HP Pozzuoli”.

Isa, Gabriele, Antonio, Gianni, Davide … da domani navigheranno in mari diversi.

Dopo quasi vent’anni di viaggi affrontati nella stessa barca, gli uffici del nord smantellano la squadra: una piccola parte promossa sulla terraferma, la maggioranza vivrà sul piccolo e misterioso isolotto dal futuro incerto, chi rifiuta andrà via – per sempre.

«In bocca al lupo a voi che restate» è l’augurio di chi non crede alle promesse della multinazionale e rinuncia.

La comunicazione

La nave “HP Pozzuoli” è ferma nelle acque calme, la fine dista poche ore.
Un funzionario degli uffici del nord sale a bordo, l’aspetto rassicurante tradisce le reali intenzioni dell’uomo.

Dal megafono ordina perentorio: «depositate ogni bene aziendale nello scatolone posto al centro del ponte: chiavi, telefoni, computer e la divisa. Consegnate tutto prima di scendere sull’isolotto, avete 48 ore di tempo a partire da questo istante».

Difronte la platea ammutolita, il funzionario degli uffici del nord non mostra segni di rispetto.
Anzi, infierisce: «coloro i quali rifiutano l’isolotto, lascino entro stasera la nave».

Il tempo degli scatoloni

Una nuvola di tristezza cala sulla nave.
I marinai che hanno scelto un fato diverso, raccolgono i propri effetti personali in piccole scatole.
Chi resta, invece, consegna vent’anni di ricordi in un unico, grosso scatolone.

La metafora beffarda è servita: «piccole scatole per destini individuali, lo scatolone per il destino di gruppo».

L'addio dei marinai

L’addio

L’uomo osserva impotente gli altri marinai abbandonare la nave nel silenzio generale e questa assurda calma piatta gli provoca una profonda ferita nella coscienza.

Vorrebbe fermarli, abbracciarli ad uno ad uno, rimediare a tale ingiustizia, bloccare la fine, invertire la traiettoria, sfidare la sorte, riprendere la navigazione verso l’orizzonte, solcare di nuovo le onde perché la vita di un marinaio è nel mare aperto, insieme ai suoi marinai.

Mille avventure, tempeste e difficoltà, successi e burrasche, momenti di gloria e sconfitte, da giovani ad uomini la nave “HP Pozzuoli” ha forgiato la loro esistenza.

Ma oggi è il giorno dell’addio, un gruppo andrà via – per sempre.

I marinai, aggrappati ai loro scatoloni come salvagente, salgono sulla scialuppa. Pochi minuti e la piccola imbarcazione si allontana e scompare al tramonto.

Con il dolore nell’anima, il fedele marinaio scruta impotente la scena.
Non ama le parole inutili, preferisce cercare le risposte nei libri, i detentori delle chiavi per leggere l’animo umano.

Ai suoi marinai, dedica a denti stretti i versi immortali del Manzoni.

tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio:
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.


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Napoli, l’etica inversa del parcheggiatore abusivo

L’accusa del parcheggiatore abusivo

«Dotto’, non è giusto».
L’accusa giunge dal parcheggiatore abusivo, un tizio autoproclamatosi proprietario dei posti auto di fronte l’ingresso principale del bosco di Capodimonte.

Un paio di ore prima …

Domenica 4 ottobre, la giornata al museo di Capodimonte è gratis.
C’è il pienone di visitatori, napoletani e non.
La pattuglia di carabinieri controlla l’affluenza, una squadra di vigili urbani dirige il traffico, presidia gli incroci, tutela il pullman scoperto dei turisti incantati.

Nessuno, però, interviene contro l’azione illegale del parcheggiatore abusivo.

L’uomo si avvicina e mentre sosto, con tono amichevole cela la minaccia: «dotto’, un’offerta a piacere».
«Ci vediamo dopo» ribatto, allenato a combattere questa malsana abitudine.
«Dotto’ si paga in anticipo» incalza con insistenza e stavolta il tono è meno amichevole e più cattivo.

E’ chiaro: questo «mostro» non teme la presenza delle forze dell’ordine, conosce bene il luogo e scommetto che presidia l’area ogni weekend.

«Pago dopo» taglio corto e vado via.
L’esattore farfuglia qualcosa, rientra alla base e confabula con un altro «mostro» posizionandosi al centro del viale pronto a chiedere l’estorsione a chiunque parcheggi.

Al bosco di Capodimonte, in lotta contro il parcheggiatore abusivo

Al bosco di Capodimonte, in lotta contro il parcheggiatore abusivo

L’ingiustizia?

Dopo un paio d’ore torno a riprendere l’auto.
Il parcheggiatore abusivo è in agguato: «Dotto’, allora?».
«Non è passata nemmeno un’ora …» mi giustifico senza motivo.
«Dotto’, non si comporta così, non è giusto» ribatte il testimone vivente dell’illegalità quotidiana.

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L’etica inversa del parcheggiatore abusivo

Questa storia di piccola, grande ed ordinaria follia napoletana evidenza un aspetto inquietante: al mio rifiuto di pagare la tangente, il parcheggiatore abusivo si sente vittima di un’ingiustizia.

Lui, colpevole di estorcere soldi con la minaccia a persone indifese, autore dell’impunito racket del parcheggio, attore di continue sopraffazioni, è convinto di subire una prepotenza.

Abituato a ricevere senza insistere, assuefatto alla anormalità del pagamento non dovuto, avvezzo all’indifferenza delle istituzioni, addestrato a combattere l’uno-contro-uno contro il cittadino perbene, educato alla cultura inversa della violenza, l’uomo non accetta ciò che altrove è ovvio: la sosta libera.

Secondo la sua distorta visione del mondo, ha subito una violazione di un diritto acquisito.

La rivoluzione

E se da oggi nessuno pagasse più la tangente al parcheggiatore abusivo?
Un gesto rivoluzionario che colpirebbe un’atavica abitudine partenopea, talmente antica da far accettare normale ciò che normale non è.

Siamo ancora in tempo, coraggio il «mostro» può essere sconfitto.
Con l’aiuto delle Isttituzioni, la tutela delle forze dell’ordine, la rivoluzione abbia inizio: provandoci in prima persona.


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La fusione di multinazionali, i motivi del fallimento

La fusione, da «Caos calmo»

Caos calmo, il libro di Sandro Veronesi (dal quale, nel 2008, venne tratto il film interpretato da Nanni Moretti) mi fornisce un importante spunto di riflessione sul destino che tocca ai dipendenti di qualsiasi multinazionale coinvolti nella fusione con un’altra grande azienda della medesima importanza.

La tesi esposta nel romanzo (descritta in una lettera di un dirigente coinvolto nell’operazione) la ritrovo applicata sulla mia pelle, lavoratore di HP Pozzuoli.

Perchè la fusione tra due multinazionali fallisce

HP-EDS, durata della fusione: 7 anni

Per giungere ad oggi, rivivo le tappe fondamentali:

  • 1998: assunto in EDS, una multinazionale operante nell’Information Technology (dello stesso calibro di IBM, giusto per intenderci)
  • 2008: EDS viene acquisita dalla ben più famosa Hewlett Packard costituendo di fatto l’attuale HP Enterprise Services (per la quale lavoro insieme ad altri 160 colleghi)
  • ottobre 2015l’HP chiude la sede di Pozzuoli trasferendo i 160 lavoratori in Maticmind, piccola società che orbita intorno alla multinazionale americana.
  • novembre 2015: HP si divide in due distinte compagnie.
    Nascono Hewlett-Packard Enterprise e HP Inc rinnegando di fatto la fusione con EDS

Durata della fusione HP-EDS : sette (tormentati) anni.

La parola ad Enoch, capo dell’Ufficio del Personale.

Che cos’è una fusione?

Che cos’è una fusione? Una fusione è il conflitto di due sistemi di potere atto a crearne un terzo, realizzata per finalità finanziarie.
È concepita per creare valore, ma la creazione di valore è un concetto buono per gli azionisti, o per le banche d’affari, non per gli esseri umani che lavorano nelle aziende, per i quali una fusione è, al contrario, il trauma lavorativo più violento che possa essere loro inflitto.

La reazione dei dipendenti

I problemi più grossi di una fusione non sono legati al documento che la sancisce.
Prima che di cifre, infatti, un’azienda è fatta dagli uomini che ci lavorano, cioè dai suoi dipendenti, e dopo l’annuncio di una fusione la reazione di qualsiasi dipendente a qualsiasi livello è l’incertezza.
Che cosa mi aspetta? Resterò o verrò mandato a casa? La mia funzione cambierà? Di chi mi devo fidare? Come verranno risolti i miei problemi?
Riuscirò a mantenere i privilegi che mi ero conquistato?

L’ipocrita comunicazione standard

Durante una fusione bisognerebbe parlare con i dipendenti, informarli e aggiornarli tutti il più spesso possibile; il dipendente ha bisogno di fiducia, di sentire che non è considerato solo una pedina.
Invece gli viene riservato un discorso-standard, buttato giù una volta per tutte da un paio di consulenti in comunicazione interna, che ha il solo effetto di accrescere le sue preoccupazioni.
Quelle dichiarazioni asettiche su future sinergie che non toccheranno il personale sono ipocrisia bella e buona, poiché tutti sanno che l’unica garanzia concreta per creare valore sui mercati è la riduzione dei costi aziendali, e le riduzioni dei costi sono realizzate all’80% con tagli del personale.

I fedelissimi, i voltagabbana e i collaborazionisti

L’impatto è più devastante per la fascia d’età che va dai quaranta ai cinquant’anni, quando le risorse d’adattamento sono minori ed il rischio di perdere qualcosa nel cambiamento è molto più alto.
Si ha l’impressione di regredire, si percepisce un senso d’ingiustizia.
Il trauma da assorbire è enorme: si era attaccati ad una cultura aziendale, ad una squadra, a colleghi con cui si lavorava con piacere, con spirito di corpo. È una situazione altamente destabilizzante, e ci sono solo tre categorie di persone che riescono a reggerla: i fedelissimi, i voltagabbana e i collaborazionisti.
Tutti gli altri rischiano di andare a picco.

 Il fallimento

Bisogna sviluppare una grande resistenza, fisica e psicologica, per non crollare, e solo pochi sono in grado di farlo senza adeguata assistenza.
Ma un’assistenza del genere non esiste.
Così, il risultato più comune durante le fusioni è che una grande quantità di ottimi elementi lascia volontariamente il proprio incarico, prima ancora che la fusione sia compiuta; cosa che viene miopemente considerata con favore in quanto alleggerisce la successiva azione di taglio del personale, ma che invece rappresenta una perdita secca.
Perché gli uomini e le donne che se ne vanno si portano dietro le proprie conoscenze e le proprie capacità tecniche, ed a fronte del valore virtuale creato sui mercati, il risultato reale è uno spaventoso impoverimento.
Ecco perché non si è ancora vista una sola grande fusione che non sia fallita nel giro di un anno o due.

Terremoto su (HP) Pozzuoli

Terremoto a Pozzuoli, la prima scossa

Ore 9.30 circa di questa mattina, il boato anticipa il terremoto.
Sono in ufficio, in HP Pozzuoli, vicino l’epicentro dello sciame sismico che colpirà la zona flegrea nelle ore successive.

«Che botta!», agitato mi rivolgo ai colleghi presenti nel corridoio.
L’intera sede – un palazzone di sette piani che ospita più aziende – trema per qualche secondo, l’oscillazione è avvertita da tutti.
«Il terremoto!» ribadiamo in coro.
Le agenzie non battono ancora la notizia, rimedio ed aggiorno i media:

Dopo il tweet, seguono le altre testimonianze: il fenomeno è locale, circoscritto tra Pozzuoli ed Agnano.
A pochi kilometri di distanza, direzione Napoli, la vita scorre normale.

Terremoto in HP Pozzuoli

Terremoto, la seconda scossa

Ritorniamo alle postazioni di lavoro, proviamo a ripartire.
La nostra già labile psiche colpita dalla vertenza Maticmind subisce un nuovo colpo: altro boato, altro giro di giostra.
Ancora pochi secondi di spavento, tanto basta per raccogliere gli effetti personali ed abbandonare l’edificio.

Suona la sirena, la sicurezza impone a tutti gli occupanti di uscire e ritrovarsi nelle zone predisposte.
Al telefono, contattiamo i nostri cari: in nessuna altra zona è stata avvertito il sisma.

Terremoto, il terzo boato

Nel parcheggio, mentre dibattiamo, terzo boato e terza scossa.
Sarà pure bradisismo ma il timore aumenta.

Tra il brusio, lo smartphone aziendale di un collega conferma la notizia: siamo autorizzati a non rientrare in sede.

Andiamo via con un’ultima, amara riflessione: dopo il terremoto occupazionale, ci mancava solo la calamità naturale #hpemergency.

Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, di Luis Sepulveda (recensione)

Perché leggerlo

Sepulveda lancia un messaggio (ecologico) contro la colonizzazione selvaggia dei gringos, in difesa della foresta e dei suoi abitanti.
Scritto con uno stile pulito, i capitoli scorrono veloci come il grande fiume, ogni pagina è un attestato d’amore per gli indios shuar, il popolo che vive in simbiosi con la natura rispettandone tempi e regole.

Il vecchio che leggeva romanzi d’amore è un romanzo intenso, veloce ed attraverso gli occhi dei personaggi scopriremo un antico ed indimenticabile pezzo di Amazzonia.

Luis Sepulveda

La storia

Amazzonia, teatro del sottile equilibrio tra uomo e natura.
Il vecchio Antonio José Bolivar è l’uomo assoldato dall’irrispettoso sindaco del piccolo villaggio per cacciare un feroce animale assetato di rabbia, colpevole di inspiegabili uccisioni.

Nella solitudine della sua capanna, in riva al grande fiume, il vecchio ama leggere i romanzi d’amore e cerca la pace smarrita dopo una vita avventurosa.

L’uomo (bianco) salvato dagli indios ha imparato i segreti della foresta ed il rispetto per la natura.
Affronterà la belva per giungere all’amara verità.

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La firma: storia di una pecora coraggiosa

Io, la pecora

Essere parte del gregge presenta un indubbio vantaggio: poter ascoltare in diretta il belare della pecora vicina.
A scanso di equivoci preciso: sono anche io una pecora.

«BEEEE firmiamo? BEEEE» è il ritornello che salta di pecora in pecora.
«BEEEE calma, siamo ruminanti o galline? BEEEE» risponde un ariete con l’ultima goccia di orgoglio incastrata tra la lana.

La (non)scelta del gregge

La sofferta preadesione a Maticmind segna il destino della massa.
Noi, informatici della sede HP di Pozzuoli, siamo con le mani legate: firmare il trasferimento dalla multinazionale americana (che chiuderà il sito campano) presso la nuova società oppure entrare nel tunnel della Cassa Integrazione Straordinaria.

Il pastore inviato da HP per chiudere la trattativa conosce bene le strategie di guerra.

In un gregge, ogni pecora ha la sua dignità

In un gregge, ogni pecora ha la sua dignità

L’uomo, col tipico cinismo del guardiano violento, sfrutta a suo vantaggio le indubbie difficoltà occupazionali del Sud, l’impossibilità per le mamme-informatiche di rischiare un trasferimento a Saragozza, la responsabilità familiare del lavoratore monoreddito, la volontà dei molti a non rinunciare, dopo innumerevoli sacrifici, ad una propria vita.

E dunque, dopo una breve lotta intestina, l’animo dell’ovis aries prevale nel gruppo: animale addomesticato, teme il pastore e non brilla certo per coraggio.

La firma

Il governante non concede l’onore delle armi al gregge bastonato, al contrario infierisce: «se non entrate subito nell’ovile, vi butto nella jungla!».

Cinque suoi fidati collaboratori – pecore anche loro – guidano il gregge impaurito.
«BEEE firmare è la scelta migliore BEEE» ripetono e lo slogan si propaga come un mantra rassicurante tra gli agnellini privi di velleità.

Giunti nel luogo predisposto, il pastore ordina alle pecore di disporsi in fila e, con le zampe ammanettate, il trasferimento degli informatici HP verso Maticmind si conclude con la soddisfazione di tutti (o quasi).

Il coraggio della pecora

Io sono una pecora del gregge firmatario e come tale godo di una visione privilegiata: posso osservare le altre pecore dal “di dentro”.

Durante l’esodo, la mia attenzione viene catturata da un piccolo gruppo che, distaccatosi dal gregge, ragiona, discute, resiste, cammina con la schiena dritta, si indigna.

Sbatto le palpebre, la vista si schiarisce: non sono più delle pecore.

Passeranno in Maticmind perché nessuna pecora ha una valida alternativa ma, almeno, non belano.


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Maticmind, la preadesione

HP, l’avventura è finita

Stordito.
Stamane mi alzo dal letto come se avessi bevuto due litri di Bulleit Bourbon, un vecchio whisky irlandese conservato per le grandi occasioni (e mai stappato).

Non mi sono ripreso dalla sbronza emotiva della serata: inviare una e-mail per lasciare HP ed aderire al passaggio in Maticmind lascia il segno.

Un clic sofferto, conscio del cambiamento radicale che un semplice messaggio di testo porterà nella vita lavorativa (e non) mia e dei 160 dipendenti di HP Pozzuoli.

La sera prima, una dolorosa e-mail

L’Outlook aziendale attende un comando.
Pigio sul bottone “Send”, in un infinitesimo di secondo la mail attraversa la cartella “Outbox” e atterra in “Sent Items”.

Apro il messaggio appena spedito e leggo.
Chiudo.
Riapro.
Rileggo.

Maticmind, la mail di preadesione, la fine in HP

Maticmind, la mail di preadesione, la fine in HP

Il mistero Maticmind

E’ fatta.
Acconsento ad essere trasferito presso la Maticmind.
E’ iniziata la mia eutanasia informatica.

Mi sveglierò dal coma?
Incubi, sogni, speranze, certezze, precariato, jungla … una nuova vita … forse.

Pensieri affollati, ipotesi, entropia ed una sola certezza: dalle 18:51 di mercoledì 30 settembre 2015 sono fuori da HP.

Amen.

Chi è il vero nemico?

Dalle puntate precedenti

Mancano una manciata di giorni per l’ultimo attracco, sulla nave “HP Pozzuoli” cala la nebbia ed i 160 marinai, impegnati in una lotta interna, dimenticano il vero nemico da combattere.

Puntata1: Hp Pozzuoli affonda, colpita dal fuoco amico
Puntata2: HP Pozzuoli, il giorno della decisione
Puntata3: fatti non foste a viver come bruti?
Puntata4: «Io non sono d’accordo», l’orgoglio dell’ultimo marinaio

L’agnello sacrificale

«Siamo caduti nella trappola» il fedele marinaio ammette l’errore.
La nave “HP Pozzuoli” è prossima all’ultimo attracco, il piccolo isolotto dista pochi giorni di navigazione.
Una manciata di ore e la fine avrà inizio, gli uffici del nord potranno così depennare la sede flegrea dall’elenco globale delle maestranze da comandare.

I 160 marinai, abbandonati ad un premeditato destino, sono vittime di un piano perfetto.
A loro insaputa, chi avrebbe dovuto guidarli, li ha traditi; chi avrebbe dovuto tutelarli, li ha venduti.

Un complotto tra falsi rivali, antagonisti in pubblico e complici tra le private stanze: individuare l’agnello sacrificale è risultato fin troppo facile.

Affondare “HP Pozzuoli”, spezzare qualsiasi legame con gli uomini che hanno contribuito alle fortuna della casa madre perché il sacrificio di una unità servirà al salvataggio dell’intera flotta.
Almeno fino al prossimo ordine, fino al successivo tradimento.

Dividi et impera

Una fitta nebbia cala sulla malridotta imbarcazione, la visibilità è nulla, ad occhio nudo risulta impossibile capire cosa accadrà a breve, la nave barcolla tra le onde, isolata risulta invisibile al mondo.

Le ferite lacerano l’animo dei lavoratori oramai provati da due mesi di continue pugnalate amiche, la lucidità scarseggia, i marinai divisi in fazioni contrapposte combattono un’inevitabile guerra fratricida.

HP Pozzuoli immersa nella nebbia: chi è il vero nemico da combattere?

HP Pozzuoli immersa nella nebbia: chi è il vero nemico da combattere?

«Contattiamo gli uffici del nord, accettiamo la resa incondizionata» urlano da un angolo del ponte.
«Trattiamo prima di giungere sull’isolotto, possiamo ancora cambiare la sorte» protesta un gruppo di uomini.

Frammenta e comanda, l’antica regola vale anche oggi: per governare un popolo bisogna dividerlo, istigare rivalità, fomentare discordie.

Marinai contro marinai e nessuno ricorda più il nome del vero nemico da combattere.

L’illusione del numero congruo

Sul ponte della nave fantasma, i pensieri del fedele marinaio sono spezzati da una giovane voce.
«Marinaio, come siamo giunti fino a questo punto?» chiede la recluta con gli occhi dello stupore.

Senza voltarsi – come volesse parlare al mare – il fedele marinaio con tono pacato ed il peso dell’ingiustizia sulle spalle ribatte convinto.

«La guerra è sporca e quando il pericolo colpisce in prima persona, prevale il becero individualismo. I gruppi si frantumano sotto i colpi dell’egoismo, la forza dell’unità fa posto al si-salvi-chi-può. In guerra, non esiste un’operazione non traumatica nè tantomeno un numero congruo di marinai sacrificabili. Ogni battaglia porta ferite irreparabili sia negli sconfitti che nei presunti vincitori».

I 160 marinai si preparano all’ultimo ormeggio.

Napoli – Juventus, l’immagine della vittoria

Napoli – Juventus, il giorno dopo

Un gruppo di bambini gioca a calcio sulla spiaggia e dopo l’interminabile partita si tuffa in acqua.

E’ l’autunno napoletano, lo stadio è il litorale domitio, i pali delle due porte dei piccoli sandali incastrati nella sabbia, il sole riscalda la fantasia, il Napoli di Sarri convince gli adulti e diverte i più piccoli.

La foto della vittoria

Palla al centro e via!
In campo Higuain, Insigne, Pepe Reina … il più grande ha otto anni, dribbling e gol, parate e rigori, azioni sognate più che giocate.

All’immaginario novantesimo vince il Napoli, la Juve è battuta anche in questo picnic autunnale, il mare tenta i campioncini, la malridotta palla SSC non ufficiale buttata fuori campo attende il ritorno dei piccoli calciatori azzurri.

A me, arbitro discreto, non resta che immortalare l’istante.

Napoli - Juventus, l'immagine della vittoria

Arcobaleno napoletano

E all’improvviso l’arcobaleno

Due macchine della polizia a sirene spiegate ci costringono ad accostare.
Altre tre Fiat Punto con quattro uomini a bordo – sguardo determinato, volto provato – sfrecciano con le luci lampeggianti per farsi strada nel traffico cittadino.
Percorro viale Augusto, quartiere Fuorigrotta.

Sono quasi le otto di un fresco mattino d’autunno, il cielo è grigio, il sole non dietreggia.

Fermo in auto, alzo lo sguardo, oltrepasso il vetro, raggiungo le nuvole e resto catturato da un inatteso arcobaleno.

Un arcobaleno su Napoli

Un arcobaleno su Napoli

Lungo, imponente, ben visibile, traccia un perfetto arco colorato tra le nubi.
Immagino che parta dal mare di Bagnoli, sorvoli Agnano, superi la mostra d’Oltremare e lo stadio San Paolo, atterri lontano.

La drammatica notizia

La volanti della Polizia spariscono dietro la curva, si spengono i suoni delle sirene.
«Questi uomini rischiano la vita ogni santo giorno», il ringraziamento è inevitabile.

Immortalo il momento, poi la coda d’auto riparte, l’arcobaleno sopra le teste dei pendolari silenzioso ci accompagna verso le quotidiane mete.

Qualche minuto e le prime gocce d’acqua bagnano il parabrezza dell’auto.
«Arcobaleno, ci annunciavi la pioggia. Scommetto che ai tuoi piedi è già terminata la tempesta vero?» (chiusi nel proprio abitacolo, sono permessi ragionamenti stravaganti).

Giunto in ufficio, leggerò la drammatica notizia:
Napoli, sparatoria choc a Fuorigrotta: grave poliziotto dell’antiracket

La guerra civile ignorata dallo Stato

La guerra civile che si combatte a Napoli tra legalità e camorra colpisce un altro esponente delle forze dell’ordine.
Guerra ipocritamente ignorata dalle istituzioni, eventi criminali minimizzati sintomo della debolezza dello Stato incapace di annientare il «mostro».

Noi cittadini vogliamo essere liberati, nel mentre mostriamo la nostra sincera solidarietà a chi ogni giorno difende i nostri diritti.

Con i primi raggi di sole l’arcobaleno sfuma, resta il messaggio di speranza per il poliziotto eroe.


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