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Author: Mario Monfrecola (Page 44 of 57)

Italia vs Uruguay, i giornali di domani

Eroi o bidoni?

Gli articoli dei giornali di domani sono già pronti (con foto annesse), si attende solo il risultato della partita per capire se enfatizzare la vittoria o deprimersi per la sconfitta.
Vi risparmi l’attesa, a Voi – cari Lettori – le due versioni.

In caso di vittoria dell’Italia

Gli azzurri, guidati dal sapiente stratega Prandelli, sono riusciti nell’impresa. Battuta l’ostica Uruguay, approdiamo meritatamente agli ottavi di finale del mondiale brasiliano.

La granitica difesa ha annullato i due bomber tanto temuti alla vigilia: Cavani è sembrato stanco mentre Suarez è rimasto ingabbiato nella trappola tattica disegnata dal nostro CT.

Le rare occasioni concesse sono state puntualmente disinnescate da un redivivo Buffon, una sicurezza per l’intera squadra.
Pirlo, il mago del centrocampo, ha nascosto la palla alla celeste ed alla fine del match è risultato il migliore in campo. Dai sui piedi sono nati gli assist per i gol e le azioni più pericolose.
Balotelli è il campione che tutti aspettavamo: Prandelli gli ha dato fiducia e la scommessa è vinta.
Il rossonero è il giusto mix tra potenza e tecnica, l’attaccante moderno che attendavamo da anni. Oltre i meriti dei singoli, va sottolineato come l’intera squadra abbia mostrato una forma fisica invidiabile, la preparazione atletica dei nostri giocatori è notevole e corriamo più di tutti.
Con queste premesse, c’è da essere ottimisti.

Italia vs Uruguay, i giornali di domani

In caso di sconfitta dell’Italia

L’Italia esce di scena a capo chino.
Gli azzurri hanno mostrato una forma fisica scadente, deconcentrati già dai primi minuti e senza la giusta cattiveria agonistica.

La difesa ha evidenziato i soliti limiti e Cavani e Suarez sono apparsi due extraterresti ed hanno goduto di spazi insperati. Buffon è ormai l’ombra di se stesso,
Pirlo e Marchisio sono apparsi stanchi e privi di idee, Balotelli svogliato ed autore dei soliti atteggiamenti che infastidiscono sia gli avversari ma soprattutto gli stessi compagni di squadra.

C’è da chiedersi se sia davvero l’attaccante moderno capace di fare la differenza oppure solo un personaggio da rotocalco.

Eppure Prandelli aveva preparato bene la partita ma le novità tecniche sono apparse delle improvvisazioni, figlie dei continui esperimenti per una squadra senza un preciso disegno tattico. Anche il CT non è stato all’altezza del palcoscenico globale.

Dopo l’ennesima figuraccia, siamo all’anno zero del calcio italiano ed è giunta l’ora della rivoluzione: via i senatori, dentro i giovani (perché non puntare su Insigne?).

Il fallimento mondiale spinga i vertici della FIGC ad una dura riflessione e – perché no? – anche ad un sincero mea culpa. Ora godiamoci le vacanze ed impariamo dagli altri, dopotutto un po’ di umiltà non potrà che aiutarci a ripartire dalle macerie brasiliane.


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L’Uomo Colla

Lo stress della fila al bancomat

Ore 7,30, al bancomat attendo il mio turno.
Un tizio, abbracciato allo sportello automatico della banca, continua le sue infinite operazioni: pigia i bottoni, stampa lunghissime liste movimenti, confronta i dati sullo schermo con i numeri presenti sul tabulato cartaceo, ritira dei soldi, poi estrae finalmente la carta magnetica ma – per la disperazione della fila – la reinserisce nuovamente per ripetere le stesse, minuziose operazioni.

Il mio fegato è messo a dura prova, la pancia si contorce ed ho i nervi tesi come le corde del violino di Uto Ughi.
Resisto grazie alle tecniche di respirazione orientale ed agli esercizi Zen.

Come riconoscere l’uomo colla

Cronometro il tempo trascorso: dodici, lentissimi, lunghissimi minuti di attesa.
Un secolo per uno sportello automatico ove le operazioni, mediamente, dovrebbero durare pochi, velocissimi istanti.

Finalmente l’invasato è appagato.
Soddisfatto della sua maniacale pedanteria, scompare mentre farfuglia e continua a consultare saldi e liste.

E’ l’Uomo-Colla, ossessionato dalla precisione e schiavo della propria pesantezza.

Insicuro per definizione, necessita di verificare ogni azione più volte finché la Matematica non lo rassicura.

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La posta, l’habitat naturale

Ma le migliori performance, l’Uomo-Colla le sfoggia alla Posta oppure quando interagisce con un impiegato di un qualsiasi ufficio pubblico.

Come riconoscere l'Uomo Colla

La sua presenza la si riconosce subito: dietro l’Uomo-Colla si genera la fila più lunga, gente esaurita in attesa che sbuffa ed accumula odio verso quel tizio fissato causa del blocco dello sportello (mentre le altre code avanzano velocemente).

L’Uomo-Colla è capace di tirar fuori il peggio da ognuno di noi e se il povero impiegato potesse, lo caccerebbe a calci tra l’applauso liberatorio dei presenti.

Non c’è possibilità di fuga, l’Uomo-Colla è più azzeccoso della resina del pino, del miele delle api della Malesia e del mastice per marmi.

Possiamo solo sperare di non incontrarlo ma è più probabile una vincita milionaria al Superenalotto: dentro il nostro animo sensibile, sappiamo che – prima o poi – saremo vittima di questo «mostro» appiccicoso.


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Da Newton al selfie 2.0

La mela ispiratrice di Isaac Newton

«Un minuto e torno, devo comprare solo il pane».
In macchina, fermo nel parcheggio attendo paziente il ritorno di mia moglie.
Dopo un quarto d’ora, della mia dolce metà ancora nessuna traccia.
Il supermercato è un buco nero che inghiotte ogni donna: gli intenti sono sempre minimalisti ma – dopo un tempo indefinito – il carrello stracolmo smentisce le promesse coniugali.

Dunque, per ingannare le attese, seduto sul comodo seggiolino della mia vecchia Skoda blu, col braccio sinistro appoggiato fuori dal finestrino, socchiudo gli occhi ed ascolto la musica.

La leggenda racconta che, nel lontano 1666, Isaac Newton seduto sotto un melo nella sua tenuta a Woolsthorpe, fu colpito da una mela che gli cadde sulla testa. L’incidente scatenò l’acuta riflessione: perché la Luna non cade sulla Terra come la mela?

Ebbene, senza falsa modestia, anche al sottoscritto un semplice episodio ha suscitato una profonda riflessione, forse l’inizio di una nuova rivoluzione mediatica.

Da Newton al selfie 2.0 il passo è breve

Il selfie 2.0

Apro un occhio e guardo la mia immagine attraverso lo specchietto dell’auto.
Osservo il volto, gli occhiali, la maglietta, la carnagione abbronzata, i capelli ancora neri con qualche filo d’argento.

Sono io.

Spinto dall’intuizione, senza riflettere prendo lo smartphone e mi immortalo.

Scruto ingordo la foto: è un autoscatto oppure un selfie?
Nulla di così banale.

Lo scatto – conservato gelosamente nella galleria del mio dispositivo – è qualcosa di indefinibile mai visto prima, forse il capostipite di una nuova forma d’arte moderna.

Ho creato il selfie 2.0

E’ il selfie2.0, per i superficiali un autoscatto allo specchio, per chi vede oltre, invece, rappresenta l’egocentrismo dell’individuo del ventunesimo secolo limitato dalla coscienza personale, l’eterna lotta tra la voglia di mostrarsi e la decenza del privato, il conflitto interiore che lacera l’animo dell’uomo ipertecnologico, la dipendenza delle nuove generazioni come segnale mediatico contro l’uso indiscriminato delle droghe nel mondo.

Forse questa fotografia chiarirà alle folle confuse il giusto percorso da seguire.

Ma non tocca a me affermarlo, a Voi la decisione se fermare lo sguardo al dito che indica la Luna oppure esplorare la Luna.


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TassaMundial, la tassa dei veri contribuenti della Nazionale di Calcio

La Nazionale di Calcio per il bene del Paese

Il Premier twitta l’annuncio ufficiale alle 3,12 di questa notte: «è pronta la #TassaMundial: unirà il paese e si pagherà ogni 4anni».

A Palazzo Chigi non si dorme mai, la crisi economica morde i polpacci degli italiani ed il Governo lancia l’economia-fantasia.

Per «il bene del Paese» si chiede uno sforzo ai milioni di contribuenti-tifosi e, dopo una lunga trattativa con i Sindacati e le opposizioni, a poche ore dall’inizio della più importante manifestazione di calcio si è finalmente raggiunto l’accordo.

L’aliquota dipenderà dai risultati della nostra nazionale: si parte da un equo 20% «valido per tutti i cittadini che durante il Mondiale brasiliano risiedono sul territorio nazionale» (approvato un emendamento della Lega per estendere l’imposta anche agli extracomunitari ed i clandestini) ma, citando direttamente le parole del Premier «l’aliquota scende di 3punti per ogni vittoria della Nazionale, 1punto per il pareggio, 0 per una malaugurata sconfitta. In caso di superamento del turno è previsto un bonus di 5punti».

Tassamundial, la tassa dei veri tifosi della nazionale di calcio

Il tweet del Premier

Gli esperti prevedono che, se la Nazionale raggiungesse la finalissima, l’italiano medio pagherebbe ben volentieri l’imposta sul reddito ed i sondaggi a favore del Governo schizzerebbero alle stelle.

Con un tweet delle 4.18 di questa mattina, il Premier evidenzia:

«saranno esclusi i lavoratori a nero e gli evasori fiscali. A loro il Governo non riconosce lo status di tifoso-DOP».

L’anatema ha già scatenato le proteste del Vaticano che parla di «discriminazioni nei confronti degli sfruttati».
Su questa dichiarazione il PD si è spaccato, il PDL invita a non strumentalizzare le sentenze della magistratura mentre il M5S lancia un referendum on-line.
Quelli del centro attendono gli eventi e nel mentre invitano tutti ad abbassare i toni nel rispetto delle Istituzioni.

Il Premier enfatizza il risultato e con un selfie delle 6,11 – con l’ottimismo che lo contraddistingue – esplode in un gioioso: «Forza Italia!»


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Le amare riflessioni di un lavoratore (privato)

La precarietà del lavoratore moderno

In bilico sul burrone, guardo lo strapiombo con angoscia.
Con le dita del piede sinistro mi uncino al precipizio per non cadere nell’oblio mentre col destro tento di inchiodarmi alla terraferma.

Le braccia aperte per trovare l’equilibrio come l’acrobata al circo sospeso lungo la corda senza rete di protezione.

E’ la condizione di perenne instabilità del moderno lavoratore privato.

Il Lavoratore Moderno

La precarietà perpetua

Di fatto, le riforme del lavoro – invece di generare nuova occupazione – hanno partorito un «mostro»: dal neoassunto al prossimo pensionato, ognuno vive il suo personale precariato. 

Se lavori in una industria di grandi dimensioni oppure in una società con meno di quindici dipendenti, è un dettaglio trascurabile: spin-off, spezzatino, trasferimenti, delocalizzazione e cessione del ramo di azienda sono subdole operazioni all’ordine del giorno (per la pace di chi ci ha preceduto e lottato per ottenere dei diritti degni di questo nome).

Il dipendente privato ha una sola certezza: non ha più la certezza del domani.

L’instabilità del lavoratore privato

Difatti, oggi nessun lavoratore privato ha la sicurezza di conservare la sua occupazione: indipendentemente dall’operato, dalla meritocrazia e dai profitti dell’azienda, la sua sorte è incerta ed è impossibile capire a quale destino andrà incontro nei prossimi anni.

Anzi, parlare di «anni» è già un azzardo, meglio concentrarsi sull’imminente e ragionare giorno per giorno.
L’unica certezza, a dispetto delle Leggi presenti e future, delle e-mail degli Amministratori Delegati e delle fatue promesse della politica (l’etica professionale a nessuno interessa), è la progressiva cancellazione del diritto ad una Vita serena.

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Come un eroe

Il lavoratore privato è un eroe moderno,  non ha alternative, può solo percorrere la corda ed – istante dopo istante  – guadagnare metri per giungere dall’altra parte del burrone, superare ogni difficoltà fino a poggiare i piedi stanchi sul terreno per il meritato riposo.

Il percorso può durare oltre trentacinque anni, consci che la pensione  è una chimera alla quale nessuno crede più.


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Schizzi di mare

Il mare, questo eterno movimento

Osservare le onde del mare ha lo stesso effetto atemporale nello scrutare il fuoco nel camino: potrei restare immobile davanti allo spettacolo naturale in una meditazione indefinita senza proferire parola.

Mi piace leggere in riva e di tanto in tanto alzare lo sguardo per esaminare le eterne fluttuazioni, adocchiare la schiuma bianca infrangersi sulla spiaggia per poi ritirarsi portandosi dietro telline e ciottoli.

In questo scenario, ascoltare la musica, invece, lo considero un sacrilegio: preferisco il rumore dell’acqua ed il silenzio caotico degli spazi aperti all’isolamento delle cuffiette.

Nei lunghi tramonti di giugno, poi, l’ambiente diviene ancora più suggestivo.

Schizzi di mare

Impotente contro l’infinito

Armato del mio inefficace smartphone all-in-one, vorrei catturare l’istante incantato ma la povertà del mezzo non può nulla contro l’infinito che ho difronte.
Eppure ci provo.

Schizzi di mare

Il mare, soggetto perfetto

Osservo gli scatti ed il risultato non è poi così patetico perciò l’orgoglio del dilettante fortunato mi autorizza a condividere con tutti Voi, amiche Lettrici e fedeli Lettori, le immagini.
Non vi lamentate, dopotutto poteva andarvi molto – ma molto – peggio (e se fossi stato un appassionato di scarafaggi?).

PS: aggiungo anche una terza foto, il mare del golfo di Napoli sovrastato dal Vesuvio

Il Vesuvio ed il golfo di Napoli


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Esercizi neurobici, palestra per il cervello

Che cos’è la Neurobica

Mio suocero, con una simpatica e-mail, mi ha ricordato l’esistenza della neurobica.
Se cercate in Rete troverete molteplici definizioni, la più indicata credo sia «neurobica, la palestra per il cervello».

E’ importante curare la forma fisica ma è altresì fondamentale allenare il nostro cervello.
Non bisogna mai impigrirsi o lasciarsi andare, combattere ogni forma di apatia deve essere il nostro must.

Esaminate con attenzione le immagini che seguono.
Dopodiché ditemi se avete superato o meno i test, sarà divertente e soprattutto verificherete se il vostro cervello funziona ancora 🙂

Esercizi neurobici

Vedi più sotto alcuni esercizi neurobici.
L’importante non è indovinare ma stimolare i nostri neuroni e allontanarci da quella sgradita malattia che è l’Alzheimer!

Riesci a vedere 10 facce nell’albero?

Riesci a vedere 10 facce nell’albero?

C’è un viso in questa foto, riesci a vederlo?

C’è un viso in questa foto, riesci a vederlo?

Riesci a vedere il neonato?

Riesci a vedere il neonato?

Riesci a vedere la coppia che si bacia?

Riesci a vedere la coppia che si bacia?

Riesci a vedere tre donne? (esercizi di neurobica)

Riesci a vedere tre donne? (esercizi di neurobica)

Riesci a vedere la differenza tra un cavallo e un rospo? (esercizi di neurobica)

Riesci a vedere la differenza tra un cavallo e un rospo?

 

Guarda bene…..
Molto divertente!
Sei riuscito a vedere tutto?
Sei in ottima forma …

ASL, la lista d’attesa che guarisce l’otite

ASL, i tempi d’attesa

15 maggio 2014
«Deve consultare uno specialista» sentenza il medico di base oramai più passacarte che dottore.
«Ma mentre prenoto la visita all’ASL passerà un’eternità» obietto sconsolato.

Otite, la visita dopo 12 giorni

Da qualche giorno una fastidiosa otite assilla il mio orecchio sinistro e la morsa del dolore non accenna a diminuire.
Dalla farmacia (adibita alla prenotazione) confermano le mie perplessità: la prima data utile è fra dodici (12) giorni.

Dodici giorni possono essere un nonnulla oppure un tempo infinito, dipende dal problema.
Per un mal di denti e per un’infiammazione dell’orecchio dodici giorni di attesa sono insostenibili.

«E secondo Lei, come resisto fino al 27 maggio?» chiedo all’addetto.
«Aerosol e tachipirina 1000» risponde asettico il mostro.

Inizio la cura: rinowash mattina/sera ed, in caso di difficoltà, il miracoloso paracetamolo per placare le sofferenze.
Armato della pazienza di Giobbe, vedo avvicinarsi la data della visita.

L'otite e la lista d'attesa all'ASL

La Sanità pubblica ti spinge verso il privato?

Sempre più dubbioso, mi chiedo a cosa serva una Sanità con servizi inutilizzabili. Difatti, le liste d’attese spingono il cittadino verso gli specialisti privati ed i costi sono quasi equivalenti alla tariffa di un luminare (tra superticket e prima visita, il controllo all’ASL costa 38€).

Un imprevisto: ASL, 22 giorni d’attesa

Purtroppo l’inefficienza della burocrazia abbatte anche il più forte dei tenaci e dopo qualche giorno ricevo la stupefacente telefonata di uno zelante impiegato dell’ASL.

Dopo le dovute presentazioni, chiede la conferma: «buongiorno, Lei ha prenotato la visita otorinolaringoiatria per il 27?».
«Sì, esatto» rispondo mentre un vortice di domande mi balena nella mente.
«L’informo che il dottore non è disponibile per quella data, dobbiamo spostare l’appuntamento al 6 giugno» afferma gelido.

Impiego qualche istante per comprendere, poi – ingoiato il polpettone indigesto – esplodo: «e secondo Lei io dovrei aspettare ancora altri dieci giorni? Alla fine, per il mal d’orecchio, devo attendere tre settimane??? Ma è normale???» urlo spazientito.
«Il mio compito è informarla, certo ha ragione» si giustifica l’anonima voce.
«E non c’è un altro dottore per una sostituzione?» reclamo senza speranza.
«Ovviamente no» sentenzia l’ignavo impiegato.
«Voglio protestare! A chi devo rivolgermi? Comunque, nel frattempo, sono pure guarito quindi mi cancelli da questa ridicola lista d’attesa» concludo forte della mia rabbia.
«Si rivolga al direttore del distretto» e proclama il The End all’ennesimo film dell’horror.

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The End: 25 giorni d’attesa

Se la Matematica non è opinabile, con l’otite in corso, avrei dovuto attendere venticinque (25) giorni per una visita otorinolaringoiatria all’ASL.

I più resistenti guariscono da soli, i mollaccioni pagano e si rivolgono ai privati: deve trattarsi di un innovativo piano del Ministero per ridurre i mostruosi tempi d’attesa della Sanità Pubblica.


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Quasi selfie

Il Lettore porcellone

Il dovere di cronista mi impone di restare sul«pezzo».
Lo scoop, il picco di audience, l’immagine choc per attirare lo spettatore indignato, i termini-chiave nel titolo e la dea seminuda che ammicca e seduce il lettore-porcellone.

Oggi, nell’epoca del web sempre e comunque, non servono più questi mezzucci da stampa di serieB.
Nell’era mobile (da leggere mobail) per raggiungere il minuto di notorietà basta un selfie.

Un selfie tira sempre

Leggi «selfie» e catturi l’attenzione del navigatore impertinente: pur di rubare l’attimo di privacy (o avere l’illusione), il pettegolo cambia direzione, clicca sulla foto, la guarda per un millesimo di secondo (tanto dura l’attenzione dell’utente medio), scruta il quadro generale, si sofferma sulle curve della bionda e poi – deluso – abbandona la scena.

Perché il «selfie» è un autoscatto e come tale appaga solo l’esibizionismo del soggetto ritratto.

Dunque, i tempi sono difficili per i grandi network mediatici figuriamoci per un piccolo sito come faCCebook ed allora anche io – mio malgrado – costretto mi adeguo alla moda.

Inserisco «selfie» nel titolo del post (breve, per andare incontro allo standard di concentrazione dell’utente ficcanaso), scrivo i soliti tag nel testo (sesso, soldi, berlusconi, download free, gratis, donne, mostri) condivido sui social ed attendo il successo.

Per la foto, non assomigliando a Pamela Anderson, mi arrangio come posso.

Quasi selfie

[TEST] Come riconoscere l’elettore del PD?

Chi vota Renzi?

Ai tempi del Berlusconi Re degli Elettori era impossibile trovare un tizio qualsiasi che ammettesse pubblicamente di aver votato per il Cavaliere.
A domanda diretta, l’interessato negava energicamente nonostante Dio Silvio trionfasse con maggioranze bulgare.

Ebbene, i ricorsi storici ci consegnano lo stesso mistero.

Oggi, a sentir discutere di politica al bar o in ufficio, è impossibile identificare una persona che ammetta: «ho votato per Renzi».

MI chiedo: è una vergogna dare il proprio consenso a chi (stra)vince?
Ovviamente no.

Ognuno vota chi desidera e nessuno può discutere le scelte personali.
Quale arbitro imparziale potrebbe decidere se un voto è giusto o sbagliato, chi sono i buoni e chi i cattivi, quali i colori degli onesti e quali dei delinquenti, chi usa la Politica per scopi personali e chi come uno strumento a favore della collettività?
Solo il tempo ci fornirà le giuste risposte.

Nel mentre, però, ho ideato un test per smascherare l’elettore-bugiardo.
Ho iniziato la sperimentazione in ufficio …

Renzi e gli 80euro della discordia: come smascherare l'elettore del PD

Il test: dov’è l’elettore del PD?

«Ti sei venduto per 80€, fascista, comunistaaa» urlo al collega che incrocio mentre porto la mano destra in avanti per completare il classico gesto di accusa.
Mi guarda stupito, ingessato nel suo abito formale resta basito senza comprendere se scherzo oppure sono serio.
Poi farfuglia un mezzo insulto tra i denti e sgattaiola via nella penombra della sala meeting (vuota).

E’ evidente, è reo confesso.

il fattore sorpresa svela il colpevole

Utilizzo il fattore-sorpresa: chiunque, se colpito all’improvviso con le difese abbassate, reagisce d’istinto senza meditare.

Succede ad esempio quando inciampiamo: il cervello non ha il tempo per riflettere e manda un comando involontario e con le mani d’avanti al corpo ci difendiamo, l’istinto di sopravvivenza precede il raziocino.

E’ lo stesso criterio utilizzato per il mio test: colpisco la cavia nell’ambiente nel quale si sente sicuro con una domanda a bruciapelo al di fuori da ogni schema logico.
Colto di sorpresa, il malcapitato potrà solo difendersi d’istinto abbandonando il controllo e spifferando la verità nascosta.

«Ti sei venduto per 80€, fascista, comunistaaa» incalzo un altro collega alla macchinetta del caffè.
Subito compare un grosso punto interrogativo sulla testa dello sventurato. Innervosito bofonchia incerto: «che cavolo dici?».
Mentre se la svigna, una goccia di sudore gli scivola lungo il viso teso.

Colpito ed affondato.

«Ti sei venduto per 80€, fascista, comunistaaa!» stavolta mi rivolgo a te, cara Lettrice e Lettore.
Cosa rispondi?

Di troppo lavoro …

L’entropia aumenta sempre

Periodi nei quali il lavoro scarseggia si alternano a giorni con troppi compiti e non bastano ventotto ore per completare tutte le attività.
E’ il mestiere dell’informatico, il mio lavoro.

Forse lo stesso destino tocca a tutti i dipendenti del globo?
Forse la siccità che si alterna alle inondazioni (metaforiche, per fortuna) sono le dinamiche di ogni ufficio?
Forse il lavoro oggigiorno è ingovernabile?
Misteri senza soluzioni evidenti.

Però una verità l’ho capita e trova conferma nei principi della fisica: l’entropia nell’Universo (lavorativo) aumenta sempre.

Emergenza lavoro

Il merito del singolo

Perché se l’Italia (oppure il mondo?) procede – mai in linea retta ma piuttosto col passo alternante del gambero – il merito dei piccoli progressi non è dell’organizzazione bensì della buona volontà del singolo.

Dove latita la pianificazione e le strutture mostrano buchi e carenze, si avanza grazie all’operato dell’impiegato zelante.
E’ il trionfo dell’iniziativa personale rispetto alla programmazione istituzionale, è la buona volontà che muove il paese – a dispetto della cronica carenza di fondi, risorse e l’assenza di una leadership carismatica.

La quotidiana domanda del lavoratore dipendente

E così, dopo una stressante giornata chiusa in ufficio, mentre le stagioni si alternano ed il mondo continua la sua folle corsa, giunge la sera con l’inesorabile domanda che balena tra i miei mille pensieri: «oggi, oltre a lavorare, ho investito una parte di tempo per me stesso? Mi sono dedicato ad un hobby? Ho seguito una mia passione? Sono soddisfatto?»

Non voglio mica affermare di appartenere all’esercito di impiegati zelanti che muovono il Paese ma, in questo periodo, sono travolto dal lavoro e – mio malgrado – devo rinunciare ai miei interessi per spendere le ventiquattro ore a disposizione solo per produrre. 

Mi sento un robot, imprigionato tra le mura dell’ufficio come un leone in gabbia e l’essere monotematico riduce le mie riflessioni ad un’unica, grande tavolozza piatta di un sol colore: un mesto grigio.

Attendo la fine dell’emergenza-lavoro, resisto e non mi lamento.
Mai.

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E lo stress avanza

Però mentre scrivo codice sorgente, progetto pagine web fantasmagoriche e medito algoritmi spaziali, un dubbio mi assilla: il millepiedi ha davvero mille piedi?
Non so quanto resisterò ancora, forse dovrei andare in ferie prima che sia troppo tardi.


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E all’improvviso il web si riempì di «nuvole»

Le nuvole sempre con te

Se chiedete in giro cosa sia il «cloud» il 99% degli intervistati sgranerà gli occhi e resterà a bocca aperta senza proferire una parola. Armati di buona volontà, spiegherete loro: «il cloud, la nuvola che ti segue ovunque tu vada!» e allora, quasi certamente, vi ritroverete la solita battutaccia «ah, certo la nuvola di Fantozzi?»

Quale sia la definizione del «cloud» lo potete leggere voi stessi cercando via internet, la letteratura è ampia visto l’estrema attualità dell’argomento. Non vergognatevi, potete anche partire dalla pagina di Wikipedia.

E all'improvviso il web si riempì di «nuvole»

Cos’è il cloud

Il «cloud» è un hard disk sempre al mio fianco.
La sua capacità è variabile (dipende a chi mi rivolgo e quanto voglio spendere), l’accesso è rapido ed immediato: posso gestirlo via smartphone, dal computer o qualsiasi altro dispositivo collegato alla Rete.

Il vantaggio, rispetto al passato, è lampante: la «nuvola» è in “cielo” e come tale non occupa spazio (fisico), è indistruttibile ed è un’entità mobile che mi segue ovunque, non mi devo preoccupare del backup dei dati e della sicurezza, ogni volta che carico un file sulla «nuvola» questo è automaticamente visibile da tutti i sistemi collegati (ricordate la pubblicità della Apple? Scatti una foto con l’Iphone e te la ritrovi, senza dover far nulla, sull’Ipad e sul Mac).

GDrive, il cloud di Google

Tra i tanti «cloud computing» disponibili, io mi affido al servizio di BigG, Google Drive.

Se si possiede già un account, il link compare direttamente nella barra di Gmail altrimenti occorre registrarsi.

Come tutti i prodotti della società di Mountain View, è facile da usare: sul computer GDrive si presenta come una nuova cartella di Windows, sul web con una semplice interfaccia grafica (che ricorda GoogleDoc), sullo smartphone con un app che richiama l’applicazione internet.

Qualsiasi file copiato sulla «nuvola» compare immediatamente sulla cartella del computer, sul sito web e sul cellulare perfettamente sincronizzati!
Notevole (il servizio è gratuito con 5GB disponibili).

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I vantaggi di Amazon

Un altro interessante uso del «cloud» l’ammiro ogni volta che acquisto un e-book tramite il mio Kindle: lo compro ed il download avviene sull’e-reader, sullo smartphone tramite l’app di Amazon e sul computer mediante l’apposito software.

In archivio (cioè sulla «nuvola») ho sempre a disposizione tutti i libri acquistati, sui dispositivi quelli che desidero leggere.
Da notare che quando consulto un e-book questo si apre precisamente all’ultima pagina letta (indipendentemente da dove io abbia consultato il libro).

Il futuro? Sulle nuvole

Con un uso di massa dei vari servizi di «cloud computing» non è difficile prevedere – in un futuro non molto lontano – la fine di tutti i supporti fisici utilizzati per immagazzinare i dati (ad esempio, pen-drive oppure agli stessi CD e DVD).

Meno supporti meno rifiuti elettronici, già ciò dovrebbe invogliarci a provare questa nuova tecnologia.

Forza ragazzi, la vostra fedele «nuvola» è già pronta all’uso, aspetta solo un vostro fischio per attivarsi e seguirvi 


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