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Author: Mario Monfrecola (Page 53 of 57)

La Legge di Precarietà

Il senso dell’umorismo (nero)

Se non fosse una questione tragica, potrei anche sorridere.
Invece, le decisioni del Governo riguardano noi cittadini e dunque i paradossi politici più che ilarità mi destano preoccupazione.

Devo anche riconoscere, comunque, ai nostri uomini di Stato un sottile senso dell’umorismo, un’ironia subliminale, un humor nero conseguenza delle situazioni kafkiane di cui è vittima il Bel paese.

Perché ogni questione, anche la più semplice, se inserita in un sistema dominato dall’anarchia – per un conseguente effetto domino – diviene una matassa senza né capo né coda impossibile da sbrogliare.

L’ispirazione di questa amara riflessione nasce dal nome utilizzato per la madre di tutte le leggi, la maestosa «Legge di Stabilità».

La legge di stabilita ed il paradosso politico

Definizione di stabilità

Lascio agli esperti la discussione sul contenuto, io mi limito ad osservare la ridicolaggine del nome.
Dal dizionario giunge la delucidazione sul significato di stabilità:

che permane nel tempo, che non subisce variazioni SIN durevole, costante, definitivo.

Ebbene, cosa c’è di stabile oggi in Italia?
Ovviamente nulla.
Il prossimo futuro si prevede forse stabile?
Ovviamente no.

PD + PDL

Se, infine, penso ai due maggiori partiti che costituiscono il Governo la zuppa è completa.

Il PDL spaccato tra falchi e colombe, i giorni pari minaccia di far cadere l’esecutivo (cioè se stesso) ed intimorisce i suoi ministri mentre i giorni dispari litiga con gli alleati delle “larghe intese” e denigra la magistratura, cioè parte dello Stato. 

Il PD, d’altronde, è costantemente diviso su ogni questione etica (e non), lacerato dalle faide interne non esprime nessuna idea innovativa, snella, veloce, moderna. Un gruppo dirigenziale preistorico, l’icona della burocrazia in attesa perenne di un vero leader, evento miracoloso senza una fine certa.

Due partiti nei quali la provvisorietà è all’ordine del giorno sono chiamati a promulgare la «Legge di Stabilità», una barzelletta migliore non la poteva immaginare nemmeno il compianto Totò.

Dunque, per non burlare la nazione, prima di un qualsiasi sciopero, critica e divisione sulle norme previste invito i sindacati e le parti sociali ad essere uniti sulla mia proposta: cambiamo il nome del decreto, dal beffardo «Legge di Stabilità» in un più realistico e serio «Legge di Precarietà».


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In attesa delle scuse di Bono …

Bono, un amico distratto

Quante volte ho salvato quel testone di Bono in modo del tutto disinteressato?
E’ un genio nel campo musicale – non si discute – ma come amico lascia un po’ (anzi molto) a desiderare.

Affermare che è scomparso è dire poco, con l’alibi dei concerti in mezzo mondo, il successo globale, le interviste ai network sparsi per il pianeta, i fans e la pubblicità non si fa più vivo.

Eppure gli ho scritto una e-mail e poi inviato un tweet ma quello screanzato di Paul (David Hewson) non ha avuto la delicatezza e la sensibilità di rispondere ai miei due appelli.

Le scuse di Bono

Bono ed il complesso di inferiorità

Sono convinto che questo suo atteggiamento schivo nasconda in realtà una timidezza di fondo e – perché no? – anche un complesso di inferiorità nei miei confronti mai confessato pubblicamente.

Certo lui è il leader di uno dei complessi più importanti nella scena musicale di tutti i tempi ma non ha un blog di successo come il mio ed allora snobba il sottoscritto.

L’appello

Caro Bono, impara a coltivare le amicizie: se ti fai vivo, ripongo l’orgoglio da parte ed accetterò le tue scuse.
Nell’attesa, mi ascolto/guardo uno dei miei pezzi preferiti degli U2  🙂

A caccia di un cacciatore

Perché sparare contro un innocente?

Mi sono sempre chiesto perplesso: «il cacciatore, cosa prova quando spara ad un animale indifeso?».

Quale morboso sentimento spinge un uomo ad ammazzare un uccello per il solo gusto del divertimento?

Immagino la scena patologica: in aperta campagna, armato di bazooka ed accompagnato dal fidato segugio, l’assatanato cerca la selvaggina da abbattere. Individua la preda, punta e spara senza esitazione.

La vita dell’animale spezzata in un microsecondo, senza un valido motivo, contro ogni legge della natura, solo per soddisfare la seta di svago dell’uomo, l’hobby di circa un milione di italiani (fonte FAQ Coldiretti).

Il cacciatore

Il cacciatore moderno è un «mostro»?

Vorrei conoscerlo questo intrepido cacciatore, capire la mentalità di una persona capace di utilizzare un’arma come passatempo, porre delle domande per comprendere la prospettiva di chi considera la soppressione di un essere vivente una forma innocente di diletto.

E allora, la domanda nasce spontanea: il cacciatore moderno, è una persona normale oppure un «mostro»?

Nonostante l’ovvietà della risposta, mi piacerebbe sparare dieci domande ad un valoroso cacciatore, una scarica di pallottole per impallinare (con la parola) il predatore, un’intervista insanguinata da chi – come me – non riesce nemmeno a calpestare una incolpevole formica.
Fatevi avanti, «mostri» vi aspetto.


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La favoletta dei lavoratori dipendenti

Lavoratori dipendenti, l’aumento!

La notizia di oggi non mi lascia indifferente, anzi mi provoca un brivido (freddo) lungo la schiena.

La Legge di Stabilità varata dal Governo Letta prevede, per noi lavoratori dipendenti, un aumento in busta paga che va da un minimo di tre (3) ad un massimo di quattordici (14) euro al mese.

Non è fantastico?

… l’aumento (da 3€ a 14€) però dal 2014

Nemmeno un inguaribile sognatore come il sottoscritto poteva immaginare tanto grasso che cola ma per esperienza sono diffidente verso questa classe politica onesta, equa ma a volte – per troppa generosità – sperperona. 

E difatti, a ben leggere tra le righe, emerge l’inghippo: il malloppo non sarà subito disponibile ma andrà ad ingrassare il cedolino a partire dal 2014.

A questa piccola doccia fredda segue l’ennesima buona novella: i 14€ sono addirittura netti! (e non lordi come insinuano i soliti detrattori pessimisti).

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«La ripresa è vicina»

Sull’onda dell’entusiasmo galoppante, anche il Ministro dell’Economia partecipa alla festa: «confermo: la ripresa in Italia arriverà entro fine anno» dichiara eccitato.

D’altronde la Matematica non è un’opinione e quella vecchia volpe di Saccomanni è pronta a salire sul carro dei vincitori: a gennaio i consumi torneranno a correre, la crisi economica ha le ore contate, gli investimenti voleranno ed i 14€ al mese porteranno (secondo le stime degli esperti) un milione di nuovi posti di lavoro più indotto (però su questo dato manca la conferma del Premier).

Basta solo non perdere la testa e gestire con sagacia questo piccolo, grande capitale: 14€ x 12 mesi = 168€ all’anno.

Non so voi, cari Lettori, ma io inizio da subito a progettare lo shopping2014 prima che giunga l’infausta smentita e distrugga l’ennesima favoletta scritta per noi, gli eroici e laboriosi lavoratori dipendenti.

Lavoratori dipendenti: aumento diI 14€ al mese?


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Pronto Soccorso, il film dell’horror inizia al crepuscolo

Location: sala d’attesa del Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli

Trama: disperazione dei bisognosi e richiesta di assistenza di chi necessita di cure mediche immediate.
Cast: uomini invisibili, nessuna prima donna, dottori ed infermieri coraggiosi, malati di gravità diverse (dalla mamma infortunatasi in casa fino all’incidentato grave)
Spettatori: parenti ed amici degli ammalati.

Pronto Soccorso, scene di ordinaria follia (sociale)

Con il calare del sole emerge il mondo sommerso

Persone bisognose, uomini indigenti, essere umani soli ed abbandonati, individui sprovvisti di tutto alla ricerca disperata di un riparo per la notte.

Il Pronto Soccorso è il luogo nel quale converge l’esercito di nullatenenti che vivono ai margini delle nostre città, una moltitudine di povera gente dimenticata dalla cosiddetta «società civile», sfortunati a cui è negata ogni forma di assistenza (sanitaria e non) costretti a rifugiarsi nella sala d’attesa dell’ospedale.

Un film che si ripete ogni giorno

Amare considerazioni, verità palesi e scene di ordinaria sofferenza tratte da un drammatico film (vietato ai minori) a cui ho assistito questa notte e che, temo, vada in onda al crepuscolo di ogni santo giorno.

Alle Istituzioni il compito di cambiare questo inquietante palinsesto, a noi testimoni sporadici la rabbia per l’indifferenza della politica ed i dilaganti tagli alla spesa pubblica.
Perplesso mi interrogo:

possibile che anche i servizi minimi necessari alla collettività debbano sottostare alle regole dell’economia?


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L’Amore è … un trancio di pizza ed un gianduiotto?

L’Amore con la “A” maiuscola

Non tocca certo a me descrivere l’Amore, quello con la “A” maiuscola intendo.
Per comprendere questo sentimento inspiegabile, si possono consultare i versi dei sommi Poeti oppure – per chi ama i peccati di gola  – gli aforismi dei Baci Perugina.

D’altronde, è noto pure ai sassi: in questo blog mi occupo di «mostri» e nessuno pretende che in un post (breve per rispetto del Lettore) sbrogli una matassa complicata in cerca di una soluzione da duemila anni e passa!

Posso, però, aggiungere all’enciclopedia esistente sull’argomento una nuova, insignificante osservazione: il vero Amore si evince (anche) in cucina.

L'ingordigia amorosa è pur sempre amore

L’amore in cucina

Il teorema è presto spiegato con due semplici esempi.

Mangio la pizza con la tecnica del Sistema eliocentrico: il centro della Pizza è l’ultimo, prelibato boccone da gustare ed intorno al quale gira la degustazione di tutte le altre fette.

Ebbene, giunti al fatidico morso finale – quel piccolo, morbido e succulento trancio rettangolare ricco di mozzarella e pomodoro –  guardo negli occhi la mia dolce metà ed amorevolmente le  chiedo (preoccupato, l’ammetto): «mica lo vuoi?».

E lei garbatamente rifiuta conscia del sacrificio affettuoso a cui mi sono (volontariamente) esposto.

Il sano egoismo

Un piccolo dolce dopocena è obbligatorio: rafforza lo spirito, gratifica l’animo e rende i «mostri» quotidiani meno orribili.

Dallo scatolo estraggo l’ultimo, gustoso gianduiotto.
Osservo con ingordigia il piccolo dessert a forma di barca rovesciata avvolto in una leggera carta dorata per la delizia delle mie papille gustative e poi la vista si sposta sul mio pargoletto: padrone del divano, col telecomando ben stretto tra le mani, ride mentre guarda in TV le avventure di Tom e Jerry.

Offro l’ultimo cioccolatino al marmocchio: senza distogliere lo sguardo dallo schermo, inghiottisce il pasticcino con un sol boccone.
«Me ne dai un altro papà?» chiede l’ignaro.
«Sono finiti, era l’ultimo» rispondo e divertito penso all’ingenuo e sano egoismo dei bambini.

Non è forse vero che l’Amore si manifesta anche attraverso la rinuncia volontaria, consapevole e gioiosa all’ingordigia culinaria (e non)?


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Tra l’indulto di ieri e di oggi, il quesito (ingenuo) resta irrisolto

L’indulto non è la soluzione

Nel luglio 2006 l’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella promuoveva l’indulto (governo Prodi).

A distanza di sette anni ritorna la stessa (discutibile) soluzione e le motivazioni di oggi sono le medesime di ieri: «le carceri italiane non sono degne di un paese civile», «il Parlamento deve risolvere il dramma del sovraffollamento», «condizione umiliante e violazione dei princìpi sul trattamento umano dei detenuti» …

Negli ultimi sette anni, quanti nuovi penitenziari sono stati realizzati? L'indulto è la soluzione?

La lettera del Presidente della Repubblica

La denuncia è corretta ma incompleta.
La lettera del Presidente della Repubblica al Parlamento sulla questione carceraria, infatti, è monca della dovuta premessa: vista l’incapacità della classe politica italiana, la totale inefficienza dello Stato, l’inettitudine di chi ci governa nel riuscire a programmare un progetto a lungo termine (in qualsiasi campo), l’improvvisazione dei decreti legge a secondo delle emotività del momento, il tirare a campare come modus operandi … in pratica l’assenza totale di una classe dirigente degna di questo nome … occorre svuotare le patrie galere.

I reati (non) gravi

Al mancato mea culpa poi si aggiunge l’inevitabile (beffarda) giustificazione: «la clemenza non è prevista per reati gravi».

L’onesto cittadino rientra a casa e trova l’abitazione svuotata e violentata da un topo d’appartamento: è un reato grave?
Il lavoratore che si spacca la schiena per guadagnarsi da vivere non trova più l’automobile: è un reato grave?
L’eco-delinquente incendia pneumatici nella martoriata Terra dei Fuochi: è un reato ambientale grave?

Zero nuove carceri?

E dunque, come rispondere al quesito dell’italiano medio se – ingenuamente – si domanda interdetto: negli ultimi sette anni, quanti nuovi penitenziari sono stati realizzati?
Zero è una risposta realistica oppure sono io pessimista?


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La risposta è tra la gente (comune)

Voci di popolo

Le voci della strada descrivono meglio di un telegiornale la realtà odierna.
Basta passeggiare per la città per carpire il mondo di oggi, gli stati d’animo delle persone comuni e le mode del momento.

Cammino, incrocio l’altro e negli istanti di intersezione delle nostre vite ascolto frammenti di discorsi, particelle di sfoghi, briciole di esistenze.

Poi il tizio a passo veloce svanisce tra la folla subito sostituito da un altro anonimo individuo.
Nuove parole urlate al vento, frasi incomplete per disegnare parti del mondo che vivono dietro ogni essere umano.

Bisogna però prestare la giusta attenzione.

Voci di popolo: perché la risposta è tra la gente (comune)

Lasciarsi su facebook

Tra il fiume di pendolari mattutini che scorre nei tunnel del metrò, capto lo sfogo di una giovane ragazza: «mi sono appena lasciata e difatti su facebook ho messo nessuna relazione» urla al cellulare mentre tenta di aprire un varco tra la ressa della stazione.

La generazione social vive mischiando realtà virtuale e vita privata: il confine è ormai depennato e probabilmente il suo ex (eterno) amore scoprirà di essere tornato single perché non è più tra gli “amici” di lei.

I politici sono tutti ladri

Il battito di un occhio ed afferro il più gettonato tra i luoghi comuni: «Berlusconi si trova bene in Parlamento perché sono tutti ladri!» sentenzia un tale mentre corre verso la biglietteria con un altro sconosciuto che annuisce pacchiano.

Giunge il sospirato treno, in breve la mandria dei pendolari riempe le carrozze-bestiame.
Compressi come sardine, per restare in equilibrio non è necessario nemmeno mantenersi alle maniglie: la schiena dell’uno appoggiata a quella dell’altro a formare un unico, voluminoso corpo compatto autogestito.

Dal fondo si alza una protesta: «il biglietto aumenta ma il servizio fa sempre schifo» sentenzia un uomo in vena di polemiche.
A parlare è uno dei pochi fortunati che viaggia seduto.

Non tutti i frammenti captati sono esempi di buon senso.


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Letta e Alfano, i Tom e Jerry della politica italiana

Tom e Jerry ed il finto odio

Seduto sul divano del salotto, guardo la TV insieme al mio piccolo pargoletto.
Ride come solo un bimbo di sei anni può ridere difronte alle peripezie di Tom che dal 1940 (data di nascita del cartone animato ideato da Hanna e Barbera) sogna di catturare l’inafferrabile Jerry.

La natura imporrebbe alle due simpatiche canaglie l’odio ancestrale della razza ma la coppia è oramai umanizzata e – sotto sotto – la lotta per l’evoluzione della specie ha fatto posto ad un più conveniente equilibrio domestico. 

Il gatto minaccia ma tutto sommato è buono, il topo è vendicativo però disposto a perdonare: l’uno ha bisogno dell’altro, vivono una finta guerra per il predominio territoriale ma in realtà si godono il vantaggioso dualismo.

Tom e Jerry e la finta guerra politica

Letta ed Alfano: sogno o realtà?

«Forza, a dormire domani ti aspetta la scuola, devi alzarti presto …».
Dopo le solite proteste, costringo il marmocchio ad andare a letto con la mamma; finalmente il potere torna tra le mie mie mani, mi impossesso del telecomando ed inizio il meritato zapping serale.

Pochi minuti e cado in uno stato di torpore, l’anticamera al dolce sonno preserale davanti la TV accesa.

All’improvviso sobbalzo, guardo lo schermo ed intravedo Enrico Letta congratularsi con Angelino Alfano: una vigorosa, sportiva stretta di mano, un sorriso soddisfatto di entrambi ed il patto è suggellato, le grandi intese sono salve, la fiducia ritrovata salverà il Paese.

Con gli occhi semichiusi, la realtà per un attimo si ingarbuglia con la fantasia confondendo i personaggi: intravedo nei due politici gli stessi volti compiaciuti di Tom e Jerry che dopo le infinite (ma finte) guerre si ritrovano amici nella stessa casa e con il medesimo obiettivo.

La finta lotta

Costretti per natura ad una subdola diversità, si combattono senza mai annientarsi per poi essere più vicini di prima.

Mi stropiccio gli occhi e balbetto perplesso: «che minestrone   … ».
La stanchezza gioca brutti scherzi, forse è solo uno di quei pensieri assurdi che balenano di sera e svaniscono la mattina successiva.
Forse …


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L’uomo invisibile imparò a volare

Una presenza impercettibile

Via Toledo è – come sempre – un viavai anarchico di gente impegnata nello shopping del sabato pomeriggio.

La strada è un fiume in piena di voci e colori, una folla omogenea in viaggio senza una meta precisa.
Lui vive ai margini della strada e la sua presenza è impercettibile alla marea umana di (finti) consumatori.

L’Uomo Invisibile ha varie personalità.

Una statua immobile di gesso bianco e un arlecchino colorato, un pagliaccio impacciato su un velocipede, un acrobata spericolato, un mangiafuoco e un generatore di bolle di sapone a forma di nuvole.

Gli unici capaci di percepire la sua esistenza sono i bimbi.

Agli occhi degli adulti, invece, l’Uomo Invisibile non è un supereroe moderno ma solo un fantasma fastidioso da evitare, qualcosa di seccante al pari di una mosca ronzante, un rumore di sottofondo da annullare con un gesto risoluto.

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E lui – pur di esistere – con la forza della disperazione inventa esibizioni sempre più spettacolari.

Addirittura, l’Uomo Invisibile ha imparato a volare o – per essere più precisi – a galleggiare in aria con un’espressione che non tradisce sforzi.

Questo ulteriore superpotere sembra abbattere il muro di indifferenza di noi adulti occidentali assuefatti alla visione di persone prostrate ai bordi strada.

Il trucco del pakistano volante riscuote un discreto successo: c’è chi lo fotografa, chi gli gira intorno per indagare, la curiosità spinge la generosità e le monetine riempono lo scatolino viola ai piedi dell’uomo fluttuante.

Al momento la folla apatica si ferma e per pochi minuti l’Uomo Invisibile torna ad esistere.

Sono certo però che lo stupore non durerà molto: se non vuole sparire nuovamente, l’Uomo Invisibile – oltre a volare – dovrà presto inventarsi un nuovo incantesimo.

E l'uomo invisibile imparò a volare


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Galleria di volti a Montecalvario, il metrò dell’arte di Napoli

Montecalvario, stazione Toledo

Domenica mattina, in giro per Napoli, visito la nuova uscita di Montecalvario, stazione Toledo del MetroNapoli, la famosa metropolitana che ha innovato il concetto di spostamento in città.

Ogni fermata un museo da visitare, i viaggiatori si ritrovano in un ambiente unico ricco di opere d’arte antiche e moderne.

Stazione Toledo, Montecalvario

Il metrò dell’arte di Napoli

Nel mio precedente post, MetroNapoli, viaggio nelle stazioni-museo ho descritto la coreografica successione di Fibonacci a piazza Vanvitelli, osservato le vecchie cinquecento FIAT ospitate a Salvator Rosa, la stazione “Pink”, fotografato i volti famosi di Materdei, letto le divine citazioni presenti a Dante e immortalato il blu di Toledo, la mia stazione preferita. Il viaggio terminava tra i colori giovanili dell’Università.

Montecalvario, foto di Oliviero Toscani

Oggi, invece, è possibile continuare e scoprire le nuove installazioni di Oliviero Toscani che accompagnano il pendolare da Toledo fino ai quartieri spagnoli, nel centro storico della città.

Mi limito a pubblicare gli scatti così come il mio modesto smartphone li ha catturati: la bellezza e la fantasia delle immagini non necessitano di ulteriori dettagli.
Dopotutto, siamo pur sempre in una stazione della metropolitana.

Terra dei Fuochi, dove è la sovranità dello Stato?

Zona flegrea, dimora di Nerone

Da piccolo abitavo nella zona flegrea, in provincia di Napoli.
Un territorio ricco di storia dove sorgevano le antica colonie romane di cui, ancora oggi, si trovano importanti testimonianze e resti.

Nerone – pazzo ma non fesso – difatti era solito frequentatore delle terme (tra Pozzuoli e Baia), si rilassava godendosi le ricchezze offerte da questa terra baciata dal Signore.
La fertilità dei terreni era proverbiale: si racconta che bastasse far cadere un seme di una qualsiasi frutta per veder crescere spontaneamente un albero.

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La Fescina, I sec. a.C.

Io, insieme alle altre piccoli pesti del rione, giocavamo nelle campagne vicino casa: due pietre fungevano da pali per le porte di fantasia, palla al centro e via con le infinite partite di calcio senza tempo e risultato.

Altri giorni, invece, ci lanciavamo in lunghe esplorazioni in bici alla scoperta di monumenti abbandonati e antiche opere nascoste nelle masserie dei contadini locali.

Un esempio per tutti: l’antica necropoli in via Brindisi nel comune di Quarto: giunti sul luogo, nascondevamo le bici tra i cespugli, scavalcavamo le (deboli) recinzioni per entrare nella tomba romana incustodita (datata I sec. a. C.) e giocare ai giovani Indiana Jones.
Purtroppo molte altre persone – con fini meno goliardici dei nostri – nel tempo hanno prelevato (leggi rubato) ogni pietra trasformando la “Fescina” in un rudere fatiscente.

La nobiltà di queste zone oggi è un concetto dimenticato.

La necropoli abbandonata a Quarto (NA)

Terra dei Fuochi, basta con le promesse!

Le cronache di questi giorni ci parlano di una terra martoriata e violentata nel tempo: ovunque si scavi, invece di antiche tracce romane, spuntano rifiuti tossici.

A Caivano, Qualiano e Giugliano le discariche abusive hanno costantemente inquinato le campagne che producevano frutta ed ortaggi esportati in tutt’Italia, simboli di fertilità e sana alimentazione.

L’agricoltura della zona è stata uccisa dall’ignobile ecomafia.

Il disastro ambientale della Terra dei Fuochi oggi è sulle prime pagine dei giornali, seguono fiumi di parole, promesse e speranze, le nuove commissioni governative sostituiscono le vecchie ed iniziano da zero il lavoro, le decisioni tanto attese sono rinviate e le agognate bonifiche – un diritto per ogni cittadino – un miraggio in attesa di bla bla bla …

BASTA!

Perché non dichiarare la Terra dei Fuochi zona militare? Perché il Ministro degli Interni non si trasferisce a Caivano per rimarcare la sovranità dello Stato anche per le opera di bonifica in queste terre vessate ed abbandonate dallo Stato?

Il tempo è scaduto, vogliamo i fatti.

Nota di Michele Buonomo,
Presidente di Legambiente Campania.

LEGAMBIENTE – «Ieri Casal di Principe, Qualiano, oggi Caivano domani siamo in attesa : ormai è una lotta impari con la terra che si è ribellata e scoppia per i troppi veleni.  Nel 2013 gli anni di denunce sono diventati 25, un quarto di secolo.  E’ la storia di un film già visto, raccontato minuziosamente in ogni Rapporto ecomafia e nelle migliaia di pagine tra documenti e atti giudiziari.  Ma nulla s’è mosso. Nessuno fa nulla, territori sono ancora inquinati e di bonifiche nemmeno l’ombra.  Anche se il cancro sta divorando intere famiglie, mentre l’Italia accumula procedure di infrazione europee e lo sconcerto di mezzo mondo. Cosa si aspetta per offrire concretamente un contributo di verità nei confronti dei tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza?»

Terra dei Fuochi, rifiuti tossici a Caivano


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