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Category: Politica (Page 5 of 6)

Napoli, la scuola ecomostro

La scuola ecomostro abbandonata

Ogni giorno dalla mia auto, mentre raggiungo l’ufficio, osservo indignato l’ecomostro e resto sbigottito: una megastruttura incompleta, abbandonata al suo triste destino e mangiata dal degrado galoppante

Un edificio mastodontico tra Fuorigrotta e Bagnoli (due importanti quartieri di Napoli al confine con Agnano) in uno stato di incuria, icona dello sperpero dei soldi pubblici e del fallimento della politica locale.

La scuola economostro in Via Terracina, storia di uno scandalo

VIA TERRACINA EX CAPALC/2

Questa mattina non ho resistito e mi sono fermato davanti al «mostro», indignato l’ho fotografato perché assuefarsi a tali visioni è contro la mia natura.

Le immagini non credo rendano bene l’idea di cosa sia questa complesso, quanto estesa è la superficie occupata e come sia triste osservare una simile dissipazione di fondi statali, tempo ed energie.

Mi avvicino al cartello posto a ciò che un tempo era un ingresso (ora sigillato) e leggo “AREA PROGETTAZIONE E MANUTENZIONE EDILIZIA SCOLASTICA … COMPLESSO SITO IN VIA TERRACINA EX CAPALC/2“.
L’altra informazione che mi colpisce “Contratto in data 11/12/2006”.

Guardo per l’ultima volta lo scheletro in putrefazione e fuggo via pensando «wow, i lavori sono fermi da sette anni … e che schifo! Con la carenza cronica di scuole sul territorio, si lascia quest’opera così?».

Il cantiere infinito (1976)

Infine, la vergognosa verità.
Basta digitare su Google “CAPALC/2” e lo scandalo è servito: gli studenti del collettivo del Liceo Labriola di Bagnoli hanno pubblicato l’indecente storia di questa pseudo-costruzione che va avanti dal 1976!

A me resta lo sconforto, a Voi le immagini del «mostro» (o di ciò che ne rimane).


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L’algebra delle tasse

Come un cavallo che insegue la carota

«Abbiamo abbassato le tasse» dichiarano convinti dal Governo (ma nessuno se ne è accorto).
Segue il periodico annuncio del Ministro dell’Economia di turno: «l’Italia presto fuori dalla crisi».

Ma davvero crede nelle sue parole oppure anche lui segue una cantilena prestabilita?
Il Paese che rincorre l’uscita della recessione ricorda il malefico trucco della carota posta davanti la bocca del cavallo: il quadrupede corre per mordere l’ortaggio senza mai avere la reale possibilità di addentarlo.
Durante l’inseguimento spasmodico la speranza è forte, la meta è ben visibile ma – di fatto – resta fuori portata.
D’altronde, la ripresa ecomica è sempre all’orizzonte …

Il miraggio: la riduzione del cuneo fiscale

A questo fiume di parole seguono risultati impercettibili per noi comuni mortali: i prezzi aumentano, le bollette pure mentre gli stipendi restano fermi.

E allora, puntuale, per calmare la tempesta, giunge la panacea di tutti i mali, il miraggio agognato, il sogno bramato da tutti i lavoratori dipendenti, la promessa biblica: «ridurremo il cuneo fiscale».

Il cuneo fiscale in Italia

Leggo con interesse l’articolo de “Il Post” che spiega che cos’è il “cuneo fiscale”:

Si definisce cuneo fiscale la somma delle imposte (dirette, indirette o sotto forma di contributi previdenziali) che pesano sul costo del lavoro, sia per quanto riguarda i datori di lavoro, sia per quanto riguarda i dipendenti (e i liberi professionisti)

In Italia la somma delle tasse che incidono in busta paga è pari al 46,2%, una cifra a dir poco mostruosa (per ogni 100€ pagati dall’azienda, la redistribuzione netta in busta paga del dipendente è 53,8€).

Lascio agli esperti del settore gli studi di fattibilità e le proposte, ai politici i paroloni da bruciare nei talk-show preconfezionati per giustificare le decisioni mai prese indice di una classe dirigente totalmente incapace e distante dalle soluzioni reali. A me, lavoratore dipendente, resta la visione onirica:

IL CUNEO FISCALE DIMINUISCE DI UN SOLO, MALEDETTO, STRAMALEDETTO PUNTO PERCENTUALE.

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Sarebbe una rivoluzione storica, la riforma di tutte le riforme, il miracolo del Governo, un atto concreto (finalmente!) ricordato nei decenni, un rovesciamento ideologico, una vera botta alla crisi, ossigeno puro per milioni di famiglie, la prima vera soluzione a favore dei lavoratori onesti che ogni mese – puntualmente – pagano le tasse.

Un giusto premio che, come ogni fantasia, resterà utopia.


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Matteo, il figlio (politico) di Silvio

Renzi e Berlusconi, differenti (ma non troppo)

Le differenze tra il giovane Renzi e lo stagionato Berlusconi sono meno profonde di quanto si possa immaginare.

Il primo rappresenta la sinistra ma di sinistra in lui non sono presenti tracce significative, il secondo invece è l’icona della destra ma la destra stessa lo ha disconosciuto.
Eppure sono i leader dei rispettivi schieramenti.

Complimenti reciproci

Si rispettano e l’uno dice dell’altro: «é un grande comunicatore».
Sia il Cavaliere che il Sindaco padroneggiano i concetti sui quali si fonda la società dell’immagine (i contenuti non interessano quasi a nessuno) e sono consci dell’importanza di come si proclami senza preoccuparsi di cosa si affermi.

Di fatto, sono circondati dai maghi del marketing moderno ed usano i media secondo le migliori peculiarità: il navigato Silvio preferisce la sicurezza della televisione mentre l’esagitato Matteo irrompe tramite Internet spopolando nei social network più famosi (vedi Twitter, Google+ e Facebook).

Matteo, il figlio (politico) di Silvio: perché Berlusconi e Renzi sono più simili che diversi

Berlusconi e Renzi, uomini-partito

Il fiorentino ed il milanese, inoltre, rappresentano la personalizzazione della politica: sono i boss dei due raggruppamenti ed il successo dipende – in toto – dalle loro facce.

Cosa sarebbe oggi il PD senza il rottamatore?
Un partito di dinosauri.

Che visibilità avrebbe Forza Italia senza Berlusconi?
Meno che zero.

Lo stesso discorso vale per i partitelli satellite che ruotano intorno ai due colossi della politica italiana.

Renzi e Berlusconi, distanti per l’anagrafe ma vicini per personalità mi ispirano un pensiero nefasto: da giovane Silvio era egocentrico come Matteo e Matteo, in terza età, sarà petulante come Silvio.
La storia, spesso,ha un beffardo senso dell’umorismo.


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L’assistenza (reciproca)

Perché Berlusconi ha ragione

Stavolta il buon vecchio Silvio Berlusconi ha ragione: Giorgio Napolitano, in modo spontaneo, dovrebbe concedergli la «grazia». 

Perché il Cavaliere – da politico navigato quale é – conosce bene i meccanismi che regolano il “transatlantico” di Montecitorio (di cui è stato più volte un generoso capitano).

Quando c’è da favorire un amico, non è necessario chiedere: il vero compagno anticipa la richiesta di soccorso onde evitare inutili imbarazzi, ti viene in aiuto, risolve il problema in modo disinteressato senza far pesare all’altro eventuali difficoltà.

L’azione risulta ancora più nobile perché non pretesa, il gesto maggiormente apprezzato.

Berlusconi e Napolitano, la fine di un'amicizia?

La regola non scritta

E quante volte Berlusconi ha aiutato – senza chiedere mai nulla in cambio – i suoi prodi e fedeli complici?
Addirittura si è spinto oltre: in un momento di estremo altruismo, ha regalato dei soldi ad esponenti del partito che – in quel periodo – lo osteggiavano pubblicamente.

E’ evidente, nel fatato mondo politico italiano, l’assistenza reciproca non richiesta è una consuetudine.

La storia degli ultimi vent’anni è ricca di esempi: ricordo il Ministro degli Interni Scajola dimettersi per una donazione ricevuta a sua insaputa da un estraneo per favorire l’acquisto di una casa nei pressi del Colosseo. 

Certo, siamo daccordo, lasciare il Viminale (sempre del governo Berlusconi) fu un eccesso di zelo … ma non tutti comprendono il magnanimo sentimento della carità, è più producente gridare allo scandalo (col rischio di cadere nell’ovvietà).

L’amarezza del Cavaliere

Il Cavaliere oggi è amareggiato, il patto (non scritto) è stato stracciato dal Presidente della Repubblica ed il Paese è sull’orlo di una crisi di nervi. 

Io stesso sento l’obbligo morale di intervenire, devo fermare il tradimento in atto: a nome di tutti gli onesti cittadini italiani chiedo a Napolitano di firmare la «grazia» per Berlusconi.

L’amicizia, dopotutto, è un tesoro da preservare – ad ogni costo.


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Il teorema Cancellieri

La matematica non vale in Parlamento?

Ai bimbi delle scuole elementari viene insegnata una regola che rimarrà scolpita nelle loro menti per tutta la vita: la Matematica non è un’opinione.

Difatti, trascorrono gli anni, si susseguono le stagioni, cambiano i tempi ma tre più cinque fà sempre otto.
Il risultato non dipende dall’emotività del momento, non cambia a secondo di chi esegue l’operazione ma soprattutto è un procedimento trasparente e dimostrabile in ogni istante.

Non vi è trucco, non c’è inganno: la stessa azione ripetuta più volte fornisce sempre lo stesso esito.

Questo assioma è valido in ogni punto dell’Universo tranne in quell’unico luogo dove il tempo si è fermato ed i numeri non rispondono più a regole certe: il Parlamento italiano.

Il teorema Cancellieri

La Cancellieri senza morale

In questo limbo della nazione l’aritmetica impazzisce e la realtà non è descrivibile con modelli scientifici.
A parità di ipotesi, le tesi dei teoremi (politici) cambiano a secondo di chi l’enuncia; il ragionamento – in passato corretto – mostra le crepe dell’incoerenza, i corollari si confondono con gli interessi personali, le conclusioni (illogiche) dipendono dalle simpatie, le frazioni algebriche dai colori dei partiti e gli unici dati evidenti sono i numeri irrazionali.

L’ultima accademica lezione risale a quale giorno addietro: nell’università della politica è stato dimostrato il teorema Cancellieri.

Stavolta, però, i numeri erano chiari ed il risultato prevedibile anche se eticamente opinabile: purtroppo la Matematica non tiene conto della morale.


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Il perdono di Berlusconi

Berlusconi, la pugnalata di Alfano …

Sono deluso: in questo mondo colmo di cattiveria speravo che almeno l’amicizia resistesse come un ultimo, robusto baluardo. Invece anche questo sano principio è crollato.

L’ultima dimostrazione?
La violenta pugnalata sferrata da Angelino Alfano al buon Silvio Berlusconi.

Lui, sempre circondato dai compagni d’infanzia (da Fedele Confalonieri ad Adriano Galliani), uomo esageratamente generoso (con le estranee come con le abituali frequentatrici della sua dimora), talmente buono da apparire credulone agli occhi dei magistrati, il Salvatore disinteressato della politica italiana viene tradito da chi gli è più vicino nel momento di massima debolezza.

Con la ferita alla schiena ancora sanguinante per il colpo mollato dal vicepremier, mentre il povero Cavaliere tenta faticosamente di rialzarsi, segue il fendente mortale di Renato Schifani.

Berlusconi: il perdono è dei forti

… ed l tradimento di Schifani

Anche il Presidente del Senato lo rinnega senza nessuna pietà cancellando in un attimo l’eterna riconoscenza verso colui che l’ha cresciuto e difeso sotto l’ala protettrice del potere.

L’inganno appare ancora più grave poiché ideato a mente fredda, proprio in casa dell’illuso Berlusconi intento a difendersi dagli attacchi dei nemici di sempre (almeno questo fronte è chiaro) sotto la minaccia eloquente di divenire il prossimo ospite delle patrie galere.

Chi ha assistito al tradimento, però, racconta di un gesto al limite della follia umana.

Il Cavaliere – nella sua infinita e celestiale nobiltà d’animo – ancora sofferente per le due coltellate, guarda in faccia i suoi assassini politici e – col solito sorriso a trentadue denti – pronuncia poche, semplici parole già entrate nella storia: «vi scagiono perché la colpa non è vostra bensì dei magistrati comunisti. io vi perdono!».

Se questa leggenda verrà confermata, alle prossime elezioni, oltre al doveroso appoggio della Santa Sede ed il voto del partito dell’amore, Berlusconi avrà anche il mio devoto sostegno (morale).


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A qualcuno (non) piace lo sciopero?

Sciopero, ogni giorno una manifestazione

L’Italia è il paese degli scioperi: non passa giorno senza una manifestazione di protesta.

Sfido chiunque a citare una categoria di lavoratori che negli ultimi anni non abbia incrociato le braccia almeno una volta.
Non vi affaticate, la ricerca presenta le stesse difficoltà bibliche provate dal povero cammello costretto ad attraversare la cruna dell’ago …

Dai calciatori ai parcheggiatori abusivi

Oltre ai soliti bistrattati  (operai, pensionati, disoccupati, esodati, cassintegrati, precari …) di nessun interesse mediatico,  ricordo anche le più clamorose astensione dei viziati giovanotti della serieA (luci della ribalta), degli attori di Cinecittà (tagli al cinema), dei parcheggiatori abusivi (pentiti, desiderano essere regolarizzati), delle prostitute (sfruttamento) ed – in ordine di tempo – degli ex ricchi, gli impiegati delle banche (e dei bancomat, all’asciutto in molte zone per l’intero weekend).

All’appello oramai ci sono tutti, dall’operatore ecologico all’imprenditore: mancano solo i preti, i mafiosi ed i politici.

I preti ed i mafiosi, per questioni etiche opposte, forniscono i loro “servizi” alla cittadinanza sempre e comunque,  non conoscono licenziamenti (se non per passare a miglior vita) né tantomeno riflettono sui diritti negati alle rispettive classi (almeno fino ad oggi).

Discorso diverso, invece, vale per i politici.

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Perchè i politici non scioperano mai

Se è vero che lo sciopero misura il disagio di una categoria, si comprende perché gli uomini delle Istituzioni e dei partiti – come i Reali o i regnanti di un tempo – non manifestino mai (semmai, manifestano gli altri per chiedere loro di rinunciare a qualche piccolo beneficio, richieste perlopiù inevase).

Una classe politica unisona, compatta e priva di contrasti, carente di (significative) discussioni, implosa sui propri privilegi, sorda alle esigenze altrui e scevra da contestazioni interne, nasconde certamente un «mostro» nell’armadio.

sciopero? No grazie


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L’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla raccomandazione

Chi ha chiuso la strada?

A Napoli il traffico è un vulcano pronto ad esplodere in qualsiasi momento.
Basta l’inatteso battito d’ali di una farfalla per far saltare il delicato equilibrio metropolitano, figuriamoci la chiusura di una importante arteria come accadde qualche anno addietro ad Agnano, il quartiere dove lavoro.

Senza preavviso, l’ingresso della carreggiata per la tangenziale viene sbarrato da un anonimo cartello “STRADA CHIUSA PER MANUTENZIONE” mandando in tilt l’intera zona.
Un annuncio scritto a penna su uno squallido manifesto bianco senza ulteriori informazioni: chi l’ha deciso?
Il Comune?
Chi si occupa dei lavori?
E quando verrà riaperta la corsia?
Al mistero segue un’unica certezza: un intero rione nel caos.

L’anomala telefonata alla Municipilità

Infuriato – e senza troppe speranze – telefono alla Municipalità “Bagnoli-Fuorigrotta” per protestare.

Al terzo squillo, con mio sommo stupore, risponde un tizio che senza presentarsi ed in tono pacchiano mi chiede chi desidero.
«Vorrei parlare con il rappresentante della municipalità» replico stizzito.
«Sono io, chi è lei?» domanda mezzo impaurito.
«Mi chiamo Mario Monfrecola e lavoro ad Agnano» rispondo ingenuamente.
«E chi l’ha dato il mio numero?» chiede meravigliato.
«E’ un numero pubblico, l’ho letto dal sito del Comune» obietto.
«Monfrecola? Ma a quale gruppo appartiene?» farfuglia lo pseudo-politico.
«Gruppo? Che gruppo intende? Nessun gruppo … sono un cittadino … » replico senza comprendere l’insinuazione.
«Nessun gruppo? Forse lei è il fratello di quel Monfrecola … » riflette a voce alta cercando una possibile connessione tra me e qualche suo conoscente.
«Senta, io vorrei solo sapere quando apre la strada ad Agnano! Le sembra normale chiudere un’arteria così importante senza ulteriori dettagli per i cittadini? E poi cos’è quel cartello svolazzante senza nessuna intestazione?» mitraglio tutto d’un fiato.
«Le dico un’informazione riservata: entro due giorni la strada riaprirà» sentenzia il tizio ed attacca stroncando ogni mia ulteriore velleità.

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La raccomandazione

Questa breve conversazione testimonia come molti (non tutti, ovvio) rappresentanti delle Istituzioni intendano la politica: i diritti dei cittadini passano attraverso “amicizie”, gruppi di interesse, conoscenze e favoritismi, azioni descritte da una sola, maledetta, diffamante parola: raccomandazione.

Cambiano le mode, i Governi si vestono di nuovi colori politici ma restano le vecchie, intollerabili, «mostruose» abitudini italiane.

L'Italia è una Repubblica democratica fondata sulla raccomandazione?


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La Legge di Precarietà

Il senso dell’umorismo (nero)

Se non fosse una questione tragica, potrei anche sorridere.
Invece, le decisioni del Governo riguardano noi cittadini e dunque i paradossi politici più che ilarità mi destano preoccupazione.

Devo anche riconoscere, comunque, ai nostri uomini di Stato un sottile senso dell’umorismo, un’ironia subliminale, un humor nero conseguenza delle situazioni kafkiane di cui è vittima il Bel paese.

Perché ogni questione, anche la più semplice, se inserita in un sistema dominato dall’anarchia – per un conseguente effetto domino – diviene una matassa senza né capo né coda impossibile da sbrogliare.

L’ispirazione di questa amara riflessione nasce dal nome utilizzato per la madre di tutte le leggi, la maestosa «Legge di Stabilità».

La legge di stabilita ed il paradosso politico

Definizione di stabilità

Lascio agli esperti la discussione sul contenuto, io mi limito ad osservare la ridicolaggine del nome.
Dal dizionario giunge la delucidazione sul significato di stabilità:

che permane nel tempo, che non subisce variazioni SIN durevole, costante, definitivo.

Ebbene, cosa c’è di stabile oggi in Italia?
Ovviamente nulla.
Il prossimo futuro si prevede forse stabile?
Ovviamente no.

PD + PDL

Se, infine, penso ai due maggiori partiti che costituiscono il Governo la zuppa è completa.

Il PDL spaccato tra falchi e colombe, i giorni pari minaccia di far cadere l’esecutivo (cioè se stesso) ed intimorisce i suoi ministri mentre i giorni dispari litiga con gli alleati delle “larghe intese” e denigra la magistratura, cioè parte dello Stato. 

Il PD, d’altronde, è costantemente diviso su ogni questione etica (e non), lacerato dalle faide interne non esprime nessuna idea innovativa, snella, veloce, moderna. Un gruppo dirigenziale preistorico, l’icona della burocrazia in attesa perenne di un vero leader, evento miracoloso senza una fine certa.

Due partiti nei quali la provvisorietà è all’ordine del giorno sono chiamati a promulgare la «Legge di Stabilità», una barzelletta migliore non la poteva immaginare nemmeno il compianto Totò.

Dunque, per non burlare la nazione, prima di un qualsiasi sciopero, critica e divisione sulle norme previste invito i sindacati e le parti sociali ad essere uniti sulla mia proposta: cambiamo il nome del decreto, dal beffardo «Legge di Stabilità» in un più realistico e serio «Legge di Precarietà».


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La favoletta dei lavoratori dipendenti

Lavoratori dipendenti, l’aumento!

La notizia di oggi non mi lascia indifferente, anzi mi provoca un brivido (freddo) lungo la schiena.

La Legge di Stabilità varata dal Governo Letta prevede, per noi lavoratori dipendenti, un aumento in busta paga che va da un minimo di tre (3) ad un massimo di quattordici (14) euro al mese.

Non è fantastico?

… l’aumento (da 3€ a 14€) però dal 2014

Nemmeno un inguaribile sognatore come il sottoscritto poteva immaginare tanto grasso che cola ma per esperienza sono diffidente verso questa classe politica onesta, equa ma a volte – per troppa generosità – sperperona. 

E difatti, a ben leggere tra le righe, emerge l’inghippo: il malloppo non sarà subito disponibile ma andrà ad ingrassare il cedolino a partire dal 2014.

A questa piccola doccia fredda segue l’ennesima buona novella: i 14€ sono addirittura netti! (e non lordi come insinuano i soliti detrattori pessimisti).

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«La ripresa è vicina»

Sull’onda dell’entusiasmo galoppante, anche il Ministro dell’Economia partecipa alla festa: «confermo: la ripresa in Italia arriverà entro fine anno» dichiara eccitato.

D’altronde la Matematica non è un’opinione e quella vecchia volpe di Saccomanni è pronta a salire sul carro dei vincitori: a gennaio i consumi torneranno a correre, la crisi economica ha le ore contate, gli investimenti voleranno ed i 14€ al mese porteranno (secondo le stime degli esperti) un milione di nuovi posti di lavoro più indotto (però su questo dato manca la conferma del Premier).

Basta solo non perdere la testa e gestire con sagacia questo piccolo, grande capitale: 14€ x 12 mesi = 168€ all’anno.

Non so voi, cari Lettori, ma io inizio da subito a progettare lo shopping2014 prima che giunga l’infausta smentita e distrugga l’ennesima favoletta scritta per noi, gli eroici e laboriosi lavoratori dipendenti.

Lavoratori dipendenti: aumento diI 14€ al mese?


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Tra l’indulto di ieri e di oggi, il quesito (ingenuo) resta irrisolto

L’indulto non è la soluzione

Nel luglio 2006 l’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella promuoveva l’indulto (governo Prodi).

A distanza di sette anni ritorna la stessa (discutibile) soluzione e le motivazioni di oggi sono le medesime di ieri: «le carceri italiane non sono degne di un paese civile», «il Parlamento deve risolvere il dramma del sovraffollamento», «condizione umiliante e violazione dei princìpi sul trattamento umano dei detenuti» …

Negli ultimi sette anni, quanti nuovi penitenziari sono stati realizzati? L'indulto è la soluzione?

La lettera del Presidente della Repubblica

La denuncia è corretta ma incompleta.
La lettera del Presidente della Repubblica al Parlamento sulla questione carceraria, infatti, è monca della dovuta premessa: vista l’incapacità della classe politica italiana, la totale inefficienza dello Stato, l’inettitudine di chi ci governa nel riuscire a programmare un progetto a lungo termine (in qualsiasi campo), l’improvvisazione dei decreti legge a secondo delle emotività del momento, il tirare a campare come modus operandi … in pratica l’assenza totale di una classe dirigente degna di questo nome … occorre svuotare le patrie galere.

I reati (non) gravi

Al mancato mea culpa poi si aggiunge l’inevitabile (beffarda) giustificazione: «la clemenza non è prevista per reati gravi».

L’onesto cittadino rientra a casa e trova l’abitazione svuotata e violentata da un topo d’appartamento: è un reato grave?
Il lavoratore che si spacca la schiena per guadagnarsi da vivere non trova più l’automobile: è un reato grave?
L’eco-delinquente incendia pneumatici nella martoriata Terra dei Fuochi: è un reato ambientale grave?

Zero nuove carceri?

E dunque, come rispondere al quesito dell’italiano medio se – ingenuamente – si domanda interdetto: negli ultimi sette anni, quanti nuovi penitenziari sono stati realizzati?
Zero è una risposta realistica oppure sono io pessimista?


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Letta e Alfano, i Tom e Jerry della politica italiana

Tom e Jerry ed il finto odio

Seduto sul divano del salotto, guardo la TV insieme al mio piccolo pargoletto.
Ride come solo un bimbo di sei anni può ridere difronte alle peripezie di Tom che dal 1940 (data di nascita del cartone animato ideato da Hanna e Barbera) sogna di catturare l’inafferrabile Jerry.

La natura imporrebbe alle due simpatiche canaglie l’odio ancestrale della razza ma la coppia è oramai umanizzata e – sotto sotto – la lotta per l’evoluzione della specie ha fatto posto ad un più conveniente equilibrio domestico. 

Il gatto minaccia ma tutto sommato è buono, il topo è vendicativo però disposto a perdonare: l’uno ha bisogno dell’altro, vivono una finta guerra per il predominio territoriale ma in realtà si godono il vantaggioso dualismo.

Tom e Jerry e la finta guerra politica

Letta ed Alfano: sogno o realtà?

«Forza, a dormire domani ti aspetta la scuola, devi alzarti presto …».
Dopo le solite proteste, costringo il marmocchio ad andare a letto con la mamma; finalmente il potere torna tra le mie mie mani, mi impossesso del telecomando ed inizio il meritato zapping serale.

Pochi minuti e cado in uno stato di torpore, l’anticamera al dolce sonno preserale davanti la TV accesa.

All’improvviso sobbalzo, guardo lo schermo ed intravedo Enrico Letta congratularsi con Angelino Alfano: una vigorosa, sportiva stretta di mano, un sorriso soddisfatto di entrambi ed il patto è suggellato, le grandi intese sono salve, la fiducia ritrovata salverà il Paese.

Con gli occhi semichiusi, la realtà per un attimo si ingarbuglia con la fantasia confondendo i personaggi: intravedo nei due politici gli stessi volti compiaciuti di Tom e Jerry che dopo le infinite (ma finte) guerre si ritrovano amici nella stessa casa e con il medesimo obiettivo.

La finta lotta

Costretti per natura ad una subdola diversità, si combattono senza mai annientarsi per poi essere più vicini di prima.

Mi stropiccio gli occhi e balbetto perplesso: «che minestrone   … ».
La stanchezza gioca brutti scherzi, forse è solo uno di quei pensieri assurdi che balenano di sera e svaniscono la mattina successiva.
Forse …


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