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Category: Società (Page 3 of 13)

La mia laurea, ventuno anni dopo (ed un consiglio per i giovani)

19 marzo 1997, io dottore in Matematica

La macchina del tempo corre dietro di ventun’anni: 19 marzo 1997, al giorno della mia laurea.

A scanso di equivoci, confermo la scelta altre mille volte (anzi, altre enne volte con n numero naturale).
Perché alla facoltà di Matematica di Napoli, da matricola sono divenuto dottore, ho trovato gli amici di sempre, sono partito per catapultarmi nel mondo del lavoro.

A distanza di ventun’anni, con l’occhio adulto, oggi guardo indietro col sorriso sulle labbra per affermare che quell’intervallo, nonostante le difficoltà che allora apparivano insormontabili, fu un periodo felice e privo dei reali problemi (che la vita mi riserverà qualche anno dopo).

Perché per laurearti, devi possedere la passione per lo studio, una famiglia che ti permetta di dedicare tutte le energie all’obiettivo, un gruppo di compagni pronto ad aiutarsi.

E io, tutte queste opportunità, le ebbi.

La mia laurea ventuno anni dopo, 19 marzo 1997

Perché scelsi la facoltà di Matematica?

Non feci troppi calcoli, la Matematica mi appassionava.
Spinto dalla professoressa dell’Istituto Tecnico che frequentavo, scelsi.

Guidato dal mio istinto, la voglia di studiare e la passione per i numeri, fecero il resto.
Non riflettei mai sui futuri sbocchi occupazionali, forse nemmeno immaginavo le difficoltà del mondo del lavoro.

Meglio così.
La scelta fu priva di calcoli, nonostante mi iscrivessi alla facoltà di Matematica 🙂

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Università si, Università no

Consiglierei ad un giovane di iscriversi all’Università?
Si.

Per lavorare c’è sempre tempo, conviene dedicare le migliori energie della giovinezza per assorbire cultura, formare la propria personalità, confrontarsi con persone diverse, vivere esperienze umane che ti aiuteranno a diventare l’uomo di domani.

Con la consapevolezza che raggiungerai la meta solo se la materia ti appassiona.

Dunque, bando alle statistiche sul titolo con maggiori opportunità lavorative, ascoltiamo i consigli del professori della maturità e sotto con lo studio.

Se poi hai la fortuna di trovare (o creare) un ambiente ideale come fu il mio dipartimento “Renato Caccioppoli”, allora conserverai un ricordo meraviglioso dell’Università

Anche dopo (solo) ventuno anni.


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L’autobus pubblico e quella ragazzina senza biglietto

ANM e la ragazzina-portoghese

«Entra solo chi ha il biglietto!»
L’anatema lanciato dall’autista coglie di sorpresa i pendolari.

«Io non ho il biglietto» sussurra la ragazzina, in fila, proprio davanti al sottoscritto, mentre saliamo sull’autobus pubblico.

«Vendo io i biglietti» propone l’autista-controllore.
«Non ho i soldi» replica la giovane senza tradire imbarazzo.
«Devi scendere, allora» sentenzia l’uomo che applica il nuovo regolamento dell’ANM, l’azienda napoletana di mobilità.

A Napoli, l'autobus pubblico è gratuiti?

Guerra ai portoghesi?
A discrezione dell’autista

L’azienda dei trasporti pubblici napoletana ha i conti in rosso e – finalmente! – contrasta l’atavico fenomeno dei portoghesi, cittadini abituati ad utilizzare i mezzi pubblici sprovvisti del titolo di viaggio.

Combatte la guerra agli abusivi assegnando agli autisti un’ulteriore onere: oltre a guidare in condizioni di stress estremo (vedi traffico e attacchi alla sicurezza personale e dei passeggeri), da qualche giorno i conducenti verificano e vendono i biglietti a chi ne è sprovvisto.

Non ho ben inteso, però, questa legge come e quando viene applicata.
Al ritorno, sempre sulla stessa linea, all’apertura delle porte, l’autista non batte ciglio e le due macchinette obliteratrici presenti sull’autobus, risultano entrambe fuori servizio.

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«Obliterate il biglietto!»

La discussione dura pochi minuti, con l’autobus fermo, l’autista-controllore intento ad applicare la Legge, la ragazzina-portoghese che resiste e non scende, gli altri viaggiatori spazientiti per la perdita di tempo.

«Ce ne andiamo?» gridano dal fondo del pullman.

La solidarietà sblocca l’empasse.
Una signora regala il biglietto alla ragazza-portoghese per la pace di tutti.

«Mi raccomando, obliterate il biglietto!» urla alla platea di pendolari l’autista zelante.
Perché, evidentemente, a Napoli, acquistare il tagliando non significa necessariamente utilizzarlo.

«Ah, se tutti gli autisti fossero come questo impiegato» rifletto mentre nell’autobus nasce il dibattito sul nuovo ruolo dell’autista ANM, se spetti a lui il compito di controllare o deve limitarsi alla vendita dei biglietti.

Nessuno, invece, condanna il comportamento illecito della ragazza-portoghese che considera normale viaggiare su un mezzo pubblico sprovvista di titolo.

Assuefatti, ripartiamo.

L’autista-controllore, invece, è uno dei mille «eroi silenziosi di Napoli» al quale va il nostro ringraziamento.


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Napoli, stavolta è vera neve [FOTO]

Piazza Carlo III, testimone di una storica battaglia

L’immagine che conservo con affetto è Piazza Carlo III imbiancata, con i ragazzi impegnati in una storica battaglia a colpi di palle di neve.

A Napoli, questa è una guerra rara – secondo le statistiche meteo, l’ultimo scontro di questo tipo, risale al lontano 1956.

Protetto dall’ombrello, chiuso nel giubbotto, armato di guanti e macchina fotografica, passeggio per via Foria in direzione Centro Direzionale.

«Dopotutto è una giornata memorabile» mi ripeto mentre felice osservo cadere tanta neve come mai prima.

Piazza Carlo III, storica battaglia a colpi di palle di neve

«Pegg e Roccaraso!»

Stavolta i fiocchi non si sciolgono.
Ben presto, il marciapiede diviene un lungo tappeto bianco, le auto bloccate ricoperte dal mantello candido.

Cammino lentamente, con attenzione, per non scivolare.
Nonostante i disagi (metropolitana ed autobus fermi), registro un’atmosfera di euforia generale.
Siamo tutti coscienti che, fra qualche ora, al primo sole, la magia svanirà.

Ascolto i commenti divertiti delle persone: «pegg e Roccaraso!».
A conferma che il napoletano non riesce proprio ad andare oltre le montagne dell’Abruzzo!

Neve a Napoli, una giornata da ricordare

Una giornata storica

Immortalo le due panchine ricoperte di neve, alle spalle il maestoso albergo dei poveri.
Sono quasi giunto al Centro Direzionale, felice testimone di una giornata storica, soddisfatto di aver goduto appieno di un evento speciale.

Osservo ancora Napoli imbiancata, stavolta è proprio neve vera!
L’umile cronista, felice, ha compiuto la sua missione: tramandare le immagini ai posteri.

Neve a Napoli, la galleria fotografica


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Dedica d’amore

Un amore nato sui banchi di scuola

Da quanto i nostri sguardi si incrociarono per la prima volta (più di trenta anni fa), la ma vita è divenuta più limpida.

Il nostro incontro era scritto nel DNA, ne sono certo.

Da allora, ogni giorno,  con il tuo prezioso aiuto, guardo lontano.
Focalizzo l’orizzonte, scruto i particolari, apprezzo i dettagli ed i colori delle stagioni.

Ci siamo conosciuti sui banchi di scuola media, allora avevo, più o meno undici anni.
Ero un bambino timido e, soprattutto all’inizio, l’ammetto, di te un po’ mi vergognavo.

Poi, pian piano, siamo divenuti inseparabili.

Una sentita dedica d'amore pubblica

Una sentita dedica d’amore

La mattina, appena la luce del primo sole accarezza gli occhi, con la mano, ti cerco.
Un gesto automatico.
Allungo il braccio e tu sei al mio fianco – come sempre.
Da oltre trent’anni.

Di te, ho una cura maniacale.
Quando cadi, mi precipito per scrutare ogni angolo e verificare se non hai subito lesioni.

Esperti ed amici mi consigliano «guarda che se vuoi, puoi farne a meno».

Invece, io, abituato alla tua visione, non immagino un giorno senza la tua preziosa presenza.

Dunque, non mi resta che dedicarti un post pubblico: grazie di esistere occhiali.

dedicato a tutti coloro che portano – da sempre – gli occhiali.
Come il sottoscritto 🙂


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Leone dell’Eufrate, quella dedica che nessuno cancella [FOTO]

Issam Zahreddine, il leone dell’Eufrate

“09-09-1961, 18-10-2017 – onore al leone dell’Eufrate”

Quante volte osservo quel muro imbrattato, di quel palazzo color rosa sbiadito a via Poggioreale, vicino al carcere, nei pressi del Centro Direzionale di Napoli?

Ed ogni volta mi pongo lo stesso quesito: quale recondito significato nasconde quel sinistro “onore al leone dell’Eufrate”?

Un muro imbrattato per ricordare il leone dell'Eufrate, un criminale di guerra siriano

Il leone dell’Eufrate, eroe o criminale di guerra?

Recarsi in bici al lavoro presenta un indubbio vantaggio: osservo dettagli che, dall’auto, sono impossibili da percepire.

Così, ogni mattina, quando in sella alla e-bike supero il palazzo rosa, con la coda dell’occhio rileggo la dedica al leone dell’Eufrate.

All’ennesimo passaggio, stavolta mi chiedo: «ma chi è costui?».

Un clic per scoprire verità opposte: Issam Zahreddine, per alcuni è un eroe della guerra siriana che ha difeso il suo popolo dagli orrendi attacchi dell’ISIS, per altri è un criminale di guerra autore di azioni indicibili.

La pagina Wikipedia dedicata a Issam Zahreddine riporta poche righe ufficiali, il sito Articolo21, invece, pubblica un articolo molto dettagliato sulla dedica comparsa in molte città italiane dopo quel 18 ottobre 2017 (“Onore al Leone dell’Eufrate”. 100 città italiane tappezzate da manifestanti (di Casapound) inneggianti a un criminale di guerra siriano).

Non riesco a formare un’idea precisa su Issam Zahreddine, informazioni contrastanti in un contesto esplosivo come la Siria impongono prudenza di giudizio.

La domanda rimbalza con moto perpetuo senza trovare il giusto equilibrio: il leone dell’Eufrate è un «mostro»?

Un muro imbrattato per ricordare il leone dell'Eufrate, un criminale di guerra siriano

Perché non ripulite quel muro?

Chissà se gli inquilini del palazzo rosa di via Poggioreale conoscono la storia di Issam Zahreddine.

Immagino che, una mattina di fine ottobre 2017, aprendo la finestra, avranno letto la dedica, si saranno posti delle domande, posseggano un giudizio sulla vicenda!

Mi piacerebbe ascoltare l’opinione dei condomini dell’edificio imbrattato e porgli una semplice domanda: perché non cancellate quella scritta?

E’ una spesa inutile?
Forse, tocca al Comune intervenire?
Oppure concordate sulla dedica?

Mi piacerebbe capire la verità che si cela dietro ad un muro imbrattato e sul perché resta imbrattato finché le intemperie non decidano di cassare l’opera umana.

Ma, temo, che non l’accetterei.


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Il carcere, il reparto ostetricia della camorra: due esempi significativi

Dietro le mura del carcere di Poggioreale

Che succede dietro al muro di Poggioreale?

Dalle finestre dell’ufficio, con lo sguardo attento, intercetto quel luogo sinistro impiantato nel cuore di Napoli, a ridosso del Centro Direzionale.
Osservo quel pesante muro alto come il primo piano di una casa, poi salto nelle celle scure come la notte.

La domanda resta sospesa nell’aria: il carcere è un luogo di redenzione?

Il carcere di Poggioreale

Il camorrista, un film di Giuseppe Tornatore (1986)

Bloccato da un fastidioso mal di schiena di inizio anno, sdraiato sul divano, mi concedo uno zapping pomeridiano.
Il camorrista di Giuseppe Tornatore, attira la mia attenzione.

Il film risale a trent’anni fa – al 1986 – e descrive l’ascesa al potere criminale del “Professore”.
Ascesa partita dal carcere di Poggioreale.

Il luogo destinato ad espiare la condanna e correggere l’animo umano –  secondo il regista siciliano – diviene il centro dell’organizzazione mafiosa.

Il “Professore” creerà La Nuova Camorra Riformata tra le mura del carcere, sotto lo sguardo distratto delle guardie corrotte, utilizzerà le celle per affiliare i camorristi con un patto di sangue tribale e pianificherà omicidi, alleanze, strategie criminali.

Dalla prigione.

Ben Gazzarra è il Professore nel film "il camorrista" di Giuseppe Tornatore (1986)

Storia della camorra, di Vittorio Paliotti

Vittorio Paliotti (scrittore e giornalista), autore dell’interessantissimo Storia della camorra, riporta il rito, presente da sempre nelle carceri napoletane, dell’olio per la Madonna.

In ciascuna stanza delle varie carceri, pendeva da una parete, un quadro della Vergine, costantemente illuminato, davanti al quale i camorristi, anche i più feroci, si inginocchiavano ogni mattina ed ogni sera […]
La tassa per l’acquisto dell’olio con cui tenere acceso il lumino dinanzi al quadro, aveva un carattere simbolico. Il nuovo venuto, nel momento stesso in cui pagava, accettava anche di lasciarsi sfruttare per tutto il tempo in cui sarebbe rimasto in carcere […]

Insomma, il principio dell’olio della Madonna rappresentava la conferma dell’autorità mafiosa all’interno del carcere.

Questa usanza, secondo il Paliotti, risale a tempi antichi.

E non solo il Regno d’Italia ma anche la Repubblica Italiana subirà, proprio nelle carceri, i maggiori attacchi dalla camorra carceraria.
Il boss Raffaele Cutolo, fin dalla metà degli anni Settanta, imperò sulla Nuova Camorra Organizzata da una cella di un carcere di massima sicurezza.

Ed il cerchio si chiude.

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Il carcere oggi

Il mal di schiena non mi abbandona, il divano inizia ad essere scomodo.
Mentre cerco la posizione migliore, il canale salta ed Il camorrista di Giuseppe Tornatore scompare nell’instabilità del digitale terrestre.

Poco male, il film viene riproposto con insistenza, lo recupero domani.

Mi alzo dal divano con la fatica di chi deve sollevare duecento chili sulla schiena.

Mentre mi riprendo, nella mente viaggia l’amara riflessione: le due testimonianze sono prove storiche di ciò che accadeva ieri, oggi, invece, dietro le mura del carcere di Poggioreale, cosa succede?


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Galleria Umberto, l’albero di Natale che ci costringe a reagire

Galleria Umberto, in visita ad un amico

Visito l’albero di Natale in Galleria Umberto di Napoli come se andassi a trovare un vecchio amico vittima di un sopruso.

Anzi, di soprusi multipli.

Perché l’albero di Natale è stato rapito (e poi ritrovato, dalle Forze dell’Ordine, abbandonato in un vicolo dei quartieri spagnoli).
Ripristinato, viene abbattuto.
Rimessosi in sesto dal vile colpo, vandalizzato.

Ma, come tutti gli arbusti coraggiosi, il vecchio amico ha la scorza dura e torna – ancora una volta! – al posto che gli compete: al centro della Galleria Umberto di Napoli.

L'albero di Natale in Galleria Umberto di Napoli, l'amico ritrovato

Perché colpire un amico indifeso?

Quale astruso pensiero passa per la mente di chi rapisce, abbatte e colpisce un albero di Natale?

Con la massima immaginazione possibile, non trovo una risposta valida.
Delinquenza fine a se stessa?

Baby gang in azione durante la notte, con il solo scopo di distruggere tutto ciò che rende Napoli una città normale?

Forse è la normalità che spaventa questi giovani «mostri»?

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La sua sopravvivenza ci obbliga a reagire

Non sono il solo a fotografare l’amico coraggioso.

L’albero di Natale martoriato suscita emozioni contrastanti: indignazione per la viltà dei maltrattamenti, rabbia per l’impunità dei delinquenti, incredulità per l’incapacità di difenderlo.

In molti lo osserviamo, stupiti del perché subisce continue vessazioni.
Se fosse possibile, lo abbraccerei per rassicurarlo.

Ma, il nostro amico, nonostante le ferite inflitte da un manipolo di idioti, è vivo.
La sua lotta per sopravvivere, obbliga la società civile a non girare il viso dall’altra parte.

Così, ogni volta che viene pugnalato, ci sprona a reagire.
E reagire, è la migliore arma contro la quotidiana assuefazione ai «mostri».


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Esercito di terracotta cinese, due motivi per visitare la mostra

1 La location

La Basilica dello Spirito Santo, nel centro storico di Napoli, è il luogo ideale per mostrare il mistero e le meraviglie dell’esercito di terracotta cinese.

Le luci soffuse, quell’aria fredda che si respira nelle chiese maestose, gli affreschi settecenteschi, i quadri della scuola napoletana, i volti impenetrabili dei soldati cinesi in difesa del mausoleo di Qin Shi Huang, il primo (sanguinario) imperatore della Cina.

La bellezza della nostra arte, il fascino orientale: un connubio perfetto.

Esercito di terracotta cinese, la visita del sottoscritto con BeTime

2 La denuncia 

La mostra, oltre all’interesse storico, ha un altro notevole merito: accendere i riflettori in una luogo ricco di opere ma che necessita di restauro.

Alzo lo sguardo e scruto delle macchie che minacciano parte della volta della Basilica.

Umidità?
Perdite d’acqua?
Non saprei.

Però, sono certo: la presenza dei soldati cinesi è una denuncia contro l’incuria del nostro patrimonio artistico.

L’importante mostra, sotto l’attenzione mediatica, può servire a sbloccare i meccanismi arrugginiti della burocrazia malata.
E avviare quella manutenzione necessaria per conservare la bellezza di questi luoghi.

L'esercito di terracotta cinese in mostra alla Basilica dello Spirito Santo di Napoli

Esercito di terracotta cinese, con BeTime

Visito la mostra con BeTime, l’Università del tempo libero.

La guida d’eccezione, il prof. arch. Massimo Rippa, ci svela i misteri che si celano dietro la costruzione del maestoso esercito – senza mai trascurare le opere della Basilica dello Spirito Santo.

Rapito dalle bellezze della chiesa, affascinato dalle parole del prof. Rippa, attratto dalle espressioni secolari scolpite sui volti dei soldati, dimentico di scattare foto e registrare video.

Ad immortalare la visita, ci penseranno gli scatti del bravo Raffaele D’Agostino, il fotografo ufficiale dell’evento BeTime.

A voi la la galleria fotografica (sul sito di BeTime).


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MetroNapoli, superato il record di passeggeri compressi in carrozza (ed io c’ero!)

MetroNapoli, la carrozza dei record

Record aggiornato.
Non immaginavo che si potesse superare il livello raggiunto ieri.
Invece, grazie alla copiosa pioggia, abbiamo superato il limite psico-fisico appena stabilito.

Ho la conferma al grido di rabbia lanciato dalla signora, al mio fianco, mentre combattiamo per guadagnare spazio tra la folla compressa in carrozza: «sono usciti in sei, fateci entrare!».

MetroNapoli, superato il record di passeggeri per carrozza

11 minuti, all’ora di punta

Undici minuti prima, non riusciamo a salire.

La carrozza della Linea1 è colma, un unico blocco di individui intrappolati, una muraglia umana incastrata nel vagone giallo della nuova metropolitana di Napoli.

L’ammasso di pendolari stipati costituisce una barriera insuperabile per noi, nuovi viaggiatori, in attesa spasmodica del treno mattutino.

«Prossimo treno 11 minuti».
Il display sentenzia.

11 minuti.
Un battito di ciglia oppure un’eternità.
All’ora di punta, un tempo di attesa inaccettabile.

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MetroNapoli, i nuovi treni nel 2019

Dal Comune annunciano: Metropolitana, ecco la firma per i nuovi treni.
Grazie all’acquisto di venti nuovi treni, a partire dal 2019, la frequenza scenderà a 4-5 minuti.

Traduco per i non addetti ai lavori: per aggiornare il record di passeggeri stipati in una carrozza, abbiamo sicuramente tempo fino a gennaio 2019.

Fino ad allora, nessuna miglioria nei carri-bestiame moderni.
Ai pendolari, toccherà stringersi fino a divenire una massa omogenea che viaggia compatta.
In carrozza, durante il tragitto, non sono accettati colpi di tosse, starnuti o movimenti bruschi.

L’equilibrio è precario, basta un nonnulla per rovinare il record.

2019, siamo proprio certi?

Rifletto ancora sull’annuncio-choc del Comune.
Tra le righe del burocratese, avanza un pensiero ottimistico: sicuramente seguirà un ritardo nella consegna dei treni.

Un motivo si trova sempre: un cavillo petulante, il ricorso della ditta delle pulizie, il giorno di ferie del cugino del macchinista.

Forza!
Il record può essere migliorato.
C’è tanto tempo … troppo tempo …

Il record? Possiamo migliorarlo!

Il treno arriva.
Sono appena scesi sei viaggiatori, un po’ provati ma ancora vivi.

La signora, dopo l’urlo disperato, rabbiosa, spinge, guadagna spazio, entra in carrozza!
Il sottoscritto, con un gruppetto di vili pendolari, segue l’eroica donna.

Siamo almeno una decina: l’algebra segna un incoraggiante +4
Il record è battuto!

Fino al prossimo treno.
Fra 11 minuti.


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Pietrarsa, il museo ferroviario per ricordare la strage dimenticata

1861, a Pietrarsa lavorano 1050 operai

Il 6 agosto del 1863, i Bersaglieri attaccarono i manifestanti.
Uccisero sette operai e ne ferirono una ventina …

Sono al Museo ferroviario di Pietrarsa con BeTime, l’Università del tempo libero.
Ascolto la guida raccontare la storia di questo luogo magnifico, tra il mare di Portici ed il golfo di Napoli.

Il maestoso capannone raccoglie le più importanti locomotive delle ferrovie italiane, ognuna con una sigla che identifica il modello ed il “numero di pezzi” costruiti.
Ogni locomotiva, una rivoluzione sociale.

Al museo di Pietrarsa, la storia dimenticata

Il declino dopo l’unità d’Italia

Nel 1861, prima dell’unità d’Italia, a Pietrarsa, lavoravano 1050 operai.

Due clic ed in Rete trovo mille altri approfondimenti: operai ben pagati e con le attuali otto ore lavorative.

Scopro che ll Real Opificio di Pietrarsa voluto da Ferdinando II nel 1840, è una delle maggiori industrie del tempo.

Ben presto però, dopo l’unità d’Italia, inizia il declino della fabbrica.

La strage di Pietrarsa oggi è storia ufficiale

La strage di Pietrarsa, la nota delle FS

Dal sito ufficiale:

1863 Il Governo cede Pietrarsa in gestione alla ditta Bozza che adotta subito una dura politica di licenziamenti e restrizioni che causano malcontento e azioni di protesta da parte degli operai.
Fino ad arrivare ai violenti scontri del 6 agosto quando 30 bersaglieri caricano le maestranze provocando la morte di 7 operai e il ferimento grave di altri 20.
Dopo l’agosto di sangue, Bozza chiede la rescissione del contratto d’appalto.
L’Opificio viene, quindi, dato in gestione alla Società Nazionale di Industrie Meccaniche.
Nei 7 anni della nuova gestione, vengono costruite, tra l’altro, 150 nuove locomotive ed eseguite 72 grandi riparazioni.
La Società Nazionale non riesce però a risollevare le sorti finanziarie delle Officine.

La strage di Pietrarsa oggi è storia ufficiale

L’importanza del museo

Grazie al museo ferroviario, la strage degli operai del 1863 per mano dei Bersaglieri non verrà dimenticata.

Il cruento episodio, contro i lavoratori che protestano per tutelare i propri diritti (nell’Italia unita, uno dei primi scioperi) entra nella cronaca ufficiale della nostra nazione.

Ai più, però, resta un dramma sconosciuto, mai citato in nessun testo scolastico.
Come molteplici altri episodi violenti, legati allo stesso periodo, accaduti nel nostro sud Italia e non raccontati.

Perché?

Al di là delle idee personali – a favore dei Borboni o detrattori dei regno delle due Sicilie – resta la necessità di completare la narrazione degli avvenimenti avvenuti prima e dopo il 1861.

Per rendere giustizia alla Storia.
Ed il museo ferroviario di Pietrarsa, aggiunge un anello importante alla Verità.

Pietrarsa, la strage dimenticata dalla storia ufficiale

PS: ringrazio pubblicamente la mia amica prof. Ornella per la concessione delle sue foto, scatti d’autore


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Le quattro frecce napoletane

«Ma ho le quattro frecce accese!»

«Si sposti, qui non può parcheggiare» il vigile urbano, cordiale, mi invita a traslocare l’auto.
Fermo, in sosta vietata, attendo un amico uscire dall’aeroporto di Capodichino.
«Ma ho le quattro frecce accese!» ribatto, scandalizzato dall’assurda richiesta.

Perché accendere le quattro frecce, autorizza l’automobilista napoletano ad ogni tipo di manovra/azione.

Prima di sparare a zero contro il «mostro» di turno, un esame di coscienza è obbligatorio.
Scagli la prima pietra chi non ha mai fermato l’auto in doppia fila, con le quattro frecce accese, per comprare al volo il giornale o le sigarette?
O – peggio – parcheggiato sulle strisce pedonali, sempre con i segnalatori attivi, per indicare «giusto un minuto e torno».

A Napoli, le quattro frecce ti autorizzano a tutto?

Quattro frecce, il nostro alibi

La presenza delle quattro frecce fornisce il giusto alibi morale all’automobilista irrispettoso delle regole.

Il lampeggiare delle luci indica la temporaneità dell’infrazione e dunque, l’impunità.
Come se, sostare in doppia fila per dieci minuti, fosse consentito e tollerato.
Dopotutto, violare la regola per un tempo transitorio, è accettato e considerato «normale».

Ben presto, però, con l’assuefazione, l’intervallo temporaneo si dilata e veder circolare uno scooter sul marciapiede diviene normale come l’ordinaria sosta selvaggia delle auto sulle strisce pedonali o i furgoni davanti le rampe impedendo l’accesso ai marciapiedi a chi necessita.

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Lo sfogo (giusto) del vigile urbano

«Voi e ‘ste quattro frecce! A Napoli basta che le accendete e siete convinti di poter fare quello che volete!!!» inveisce il vigile urbano con uno sfogo legittimo e spontaneo.

L’episodio è accaduto una quindicina di anni fa ma lo ricordo come se fosse oggi. Perché il tutore della Legge aveva pienamente ragione.

Le quattro frecce non autorizzano l’automobilista a violare le regole ed il rispetto della collettività non ammette deroghe.

Nemmeno per qualche minuto.
Nemmeno con le quattro frecce accese.


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L’augurio del fan imbrattatore [FOTO]

Dichiarare senza imbrattare?

Osservo sbigottito il cuoricino vicino al nome del sottoscritto.

Il “MARIO” scritto a lettere cubitali, di nascosto, dalla mano tremante di un timido fan?

Quel nome – il mio nome! – compare all’improvviso.
L’augurio stampato sul muro bianco, proprio di fronte l’ufficio dove, ogni giorno, passo e ripasso.
Ed il puntino sulla “i” trasformato in un altro piccolo cuoricino, una dolce dichiarazione per l’amato MARIO – lo scrivente!

Ma, la tenera dedica pubblica, al sottoscritto suscita rabbia più che commozione.
Perchè trattasi di un orribile segno di inciviltà.

Auguri Mario! Il fan imbrattatore colpisce ancora!

Imbrattare=degrado

Imbrattare un muro è il primo segno del crescente degrado urbano.

La mancanza di rispetto per la collettività, il menefreghismo totale delle regole basilari del vivere insieme, l’abuso della libertà concessa, la vigliaccata di un ignorante.

L’indifferenza di chi dovrebbe controllare e – casomai – ripulire la parete completa il pietoso quadro (sporco).
Lasciamo alle intemperie il compito di cancellare il gesto vandalico, il tempo correggerà ciò che l’uomo danneggia.

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L’appello all’imbrattatore innamorato

Imbrattatore innamorato, invia un segnale di civiltà al tuo Mario: in una notte d’ottobre, adoperati e fa tornare la parete allo splendore iniziale.

Così attirerai di nuovo l’attenzione del tuo partner ed i complimenti del sottoscritto.
Attendo fiducioso.

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