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Lo strano caso del vu cumprà (croato)

Il primo vu cumprà proveniente dalla Croazia?

«Compri qualcosa?» chiede il giovane vu cumprà.
«No grazie, non mi serve nulla. Scusami, da dove vieni?» ribatto curioso.

Agosto bollente, da sotto l’ombrellone osservo il pianeta-spiaggia con le sue mille contraddizioni.

Quando un vu cumprà si ferma per proporre le varie cianfrusaglie, instauro un colloquio col malcapitato per comprendere quale infausto destino abbia colpito questa persona e come sia finito su una spiaggia a macinare chilometri sotto il sole per vendere prodotti inutili pur di sopravvivere.

Stavolta, lo sventurato è un ragazzo bianco, non italiano.

«Vengo dalla Croazia» risponde l’ambulante.

Un vu cumprà qualsiasi: da dove provengono questi malcapitati?

La relazione tra prodotti e nazionalità

Da uno studio statistico non ufficiale effettuato dal sottoscritto su un campione casuale, ho compreso esistere una relazione tra nazionalità del vu cumprà e prodotto venduto:

  • africani: cd musicali e dvd di film, cappelli, teli da mare ma anche elefantini portafortuna e strumenti musicali vari (vedi tamburi), costumi femminili
  • bengalesi: ricariche dei cellulari (power bank) e cover per gli smartphone, cianfrusaglie varie (palloni, aquiloni ma anche occhiali da sole, gadget del momento – vedi spinner)
  • arabi: specializzati in bigiotteria – anelli, collane, bracciali di ogni prezzo, colore e qualità
  • campani: cocco fresco, taralli, bibite, pizzette ma anche calzini (fantasmini) ed accendini

Del vu cumprà croato – fino ad oggi – nessuna traccia.

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«La Croazia? Inguaiata come l’Italia»

«Ma l’economia della Croazia è in crisi?» domando sorpreso al mio interlocutore.
«La Croazia è inguaiata come l’Italia» taglia corto il vu cumprà mentre va via sconfortato.

Resto interdetto.

Sta di fatto che da quel giorno, dall’esercito di ambulanti passati dal mio ombrellone, di altri venditori croati nemmeno l’ombra.

In questo agosto bollente, registro un episodio inedito: credo al giovane croato disperato oppure diffido delle sue affermazioni?

Indeciso, indagherò 🙁


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«Il grande Gatsby» è davvero grande? [RECENSIONE]

Un classico della letteratura americana

I classici posseggono il segreto dell’immortalità.
La regola vale anche per Il grande Gatsby, il romanzo di Francis Scott Fitzgerald.

Il libro racconta l’epopea di Jay Gatsby.

La vita di un ricco uomo dal passato ignoto, capace di organizzare – nella sua magnifica villa di New York – ogni sera, feste con centinaia di invitati provenienti da tutta la città.
Party sfarzosi, tra champagne e jazz, conoscenze occasionali e relazioni importanti.
Tra un drink ed un ballo, gli estasiati ospiti si pongono sempre la medesima domanda: «ma tu l’hai mai visto Gatsby?».

Nato povero, la vita del misterioso Jay Gatsby, viene raccontata attraverso le parole di Nick, un testimone dell’intera vicenda.
Pagina dopo pagina, scopriremo la verità: fin dove arriva la potenza di un amore mai dimenticato?

Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, la recensione di un classico della letteratura americana

Gatsby, l’alter ego di Fitzgerald?

Il libro è una fotografia della società americana dei primi del novecento.

Il sottoscritto non conosce l’autore e nemmeno gli intrecci psicologici che legano Fitzgerald e Gatsby – lo scrittore si racconta attraverso il personaggio del libro?

Dunque, privo di influenze esterne, apprezzo l’opera per quello che è: un romanzo della letteratura americana.
La grandezza di questo libro è nella sua semplicità: la trama lineare, il racconto immediato, l’evoluzione della storia, il finale perfetto.

Concordo: «Il grande Gatsby» è davvero grande.

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I film

Dal libro di Fitzgerald, ricordo due film:
– Il grande Gatsby del 2013 con Leonardo Di Caprio
– Il grande Gatsby, film del 1974 con Robert Redford

Non ho ancora visto nessuna delle due pellicole.
Però, mentre leggevo le gesta di Jay Gatsby, mi balenava alla mente il volto sorridente ed elegante di Robert Redford.

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Napoli ad agosto? In bici (senza museruola)

La museruola antismog

«Guard a chist, ten a museruola!»
L’energumeno sul motorino – senza casco, ovvio – indica all’amico-passeggero il sottoscritto, ciclista metropolitano anche in questo agosto bollente.

Dopo l’ufficio, in bici, percorro via Toledo in cerca del refrigerio che non c’è.
I quaranta gradi colpiscono duro, gocce di sudore colano lungo il viso mentre boccheggio attraverso il filtro elettrostatico della maschera antismog.

I due giovinastri sullo scooter, affiancano l’e-bike e mi osservano curiosi come se avessi tre braccia e due teste,
Il guidatore indica il sottoscritto e spara la battutaccia, il passeggero sorride (per complicità più che divertimento), accelerano e volano via a tutto gas sputando una nuvola nera di puro smog cittadino.

Trovo l’episodio interessante.

L’invettiva del teaneger napoletano – pur nella sua grettezza – appare corretta poiché pone un interrogativo di ordinaria civiltà: la museruola, quando indossarla?

La mia museruola antismog

La museruola non è obbligatoria

Per strada, nei giardini pubblici, in ascensore: incontro gli amici quadrupedi, a spasso con i «padroni», in ogni angolo della città e non ricordo mai un cane con la museruola.
Nemmeno in metropolitana, all’ora di punta con i pendolari zippati, i cagnolini con la lingua penzolante e gli occhi spaventati, viaggiano sprovvisti.

Il sottoscritto, invece, assuefatto all’uso indiscriminato ed attento a combattere lo smog (il «mostro» invisibile) smarriva il piacere di pedalare per Napoli.

La città è mezza piena (mai completamente vuota), il traffico tollerabile, la scossa dell’energumeno mi regala la libertà dimenticata.

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Ad agosto, libero di pedalare per Napoli 

Da due giorni, vado in bici senza la museruola-maschera-antismog.

Libero dalla protezione, all’andata del viaggio – di buon mattino – assaporo l’aria fresca della città che ancora dorme ed al rientro dall’ufficio, ritrovo il senso di relax che solo una sana pedalata regala.

E’ proprio vero: c’è sempre da imparare.
Anche dall’insulto innocente di un giovane scugnizziello maleducato 🙂


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Pastorano, la nube tossica in diretta [FOTO]

La nube tossica dalla mia auto

Percorro la via Appia in direzione Capua nell’ennesimo, bollente sabato di luglio.

Sono le 15.30 ed in pieno giorno, la tremenda nube tossica si alza in cielo prepotente.
«Di roghi, in questa maledetta regione, ne ho visti tanti ma stavolta l’intensità del nero è davvero preoccupante» rifletto mentre, dall’auto violando tutte le regole del codice stradale, scatto foto a ripetizione.

«Tutti devono sapere!» la rabbia è alle stelle mentre il «mostro» è visibile a chilometri di distanza.

In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano

Pastorano, in fiamme deposito Expert

Appena rientro, scopro l’amara verità: il Mattino riporta la notizia, In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano.

Un’intera zona, migliaia di cittadini inermi, colpiti dalle tossine sprigionate dall’incendio di lavatrici, frigoriferi, congelatori.

E’ accettabile? E’ normale?

In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano

Dove atterra la nube tossica?

Supero Pastorano – in provincia di Caserta – sbigottito.
Mi immetto sull’autostrada in direzione Napoli.
Da lontano, osservo la minacciosa nube tossica aleggiare nell’aria.

Ricorda un’enorme chiazza di petrolio nero avanzare nel mare blu.
Con i medesimi effetti distruttivi.

Dove atterrerà il «mostro»?

Prima o poi, le diossine dal cielo scenderanno per depositarsi nei campi, sui palazzi, nei paesi, in città.

La direzione del «mostro» dipenderà dal vento.
Da queste parti, una buona dose di fortuna non guasta …

In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano

Terra dei Fuochi, le Istituzioni dove sono?

Domani – forse – leggeremo i soliti commenti degli organi competenti.
Le stesse parole utilizzate in milioni di altri casi simili.

Parole riciclate privi di effetti reali.

Perché lo Stato permette lo scempio di queste terre?
Perché chi delinque, resta impunito?
Quando la soluzione?

Nel mentre, la Terra dei Fuochi continua a bruciare.

In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano


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A Napoli la pista ciclabile più sbiadita d’Italia [FOTO]

La pista ciclabile? Compare e scompare

Felice, osservo il disegno della bici mentre pedalo baldanzoso lungo la pista ciclabile di via Duomo, nel cuore di Napoli.

In alcuni punti, lo schizzo è ben evidente, in altri si dilegua lentamente fino a sparire.

A dirla tutta, non si tratta di una pista ciclabile classica – un lato della strada riservata alle bici – ma, per usare un eufemismo, di una buona intenzione.

Napoli, a via Duomo la pista ciclabile sbiadita

La pista ciclabile disegnata sulla strada

Disegnare una bici lungo la strada per delimitare uno spazio fisico, equivale ad immaginare una pista ciclabile senza costruirla.

Un progetto rimasto sulla carta realizzato col minimo sforzo.

Perché la manutenzione della pista ciclabile immaginaria è pressoché nulla: anche nella centralissima via Toledo il tratteggio della bici indica un possibile percorso dedicato che, puntualmente, sta svanendo nell’indifferenza generale.

Napoli, a via Duomo la pista ciclabile sbiadita

Come il giovane Indiana Jones

Continuo a pedalare lungo via Duomo.
Incuriosito, aguzzo la vista.
Mi sento come il giovane archeologo Indiana Jones che, col pennellino, sposta la polvere dai reperti per scovare l’opera d’arte nascosta.

Qualche traccia è più evidente, altre sono sparite del tutto.

Auto, moto e passanti ignorano completamente l’esistenza della pista ciclabile immaginaria.

Addirittura, una macchina parcheggia sul disegno di una bici e costringe i ciclisti ad una deviazione lungo l’illusorio percorso riservato!

Napoli, a via Duomo la pista ciclabile sbiadita

Quando una vera pista ciclabile?

Mi chiedo: quale il senso?
Dovrei parlare con San Gennaro che, poco distante, ogni anno ripete il miracolo.

Una vera pista ciclabile, un miracolo, appunto.
Che un giorno, sono sicuro, si realizzerà.

Nel mentre, qualcuno armato di pennello, vernice (meglio se indelebile) e buona volontà, potrebbe ridisegnare le bici lungo la strada?
Fate presto però: la pista ciclabile di via Duomo sta scomparendo!


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L’aquilone, l’ultimo viaggio [FOTO]

L’aquilone, il filo alla mia infanzia

Alcuni ricordi sono indelebili, impossibile da cancellare anche per l’inesorabile tempo che passa.

L’aquilone rientra tra questi.

E così, ogni volta che il Panda colorato si alza in cielo, gli dedico uno scatto.
 
Il mio aquilone

Io, maestro di aquiloni

L’aquilone, in cielo nel suo dolce ondeggiare, è l’icona della libertà e fantasia.
Ma quanti sono in grado di far volare il vecchio Panda, amico decennale del sottoscritto?

Occorre un pizzico di magia per far decollare il sogno di ogni bambino.

Lo scrivente – modestia a parte – è un maestro e possiede il tocco magico.
Stavolta la sfida è ardua: il veterano è stanco, con le ali ferite ed il filo spezzato e ricucito in mille punti.

Ce la farà per un nuovo viaggio?

Il piccolo gruppo di giovani spettatori, ansiosi di guidare il Panda fino a superare le grosse nuvole bianche in questa bollente giornata di luglio, attende speranzoso il decollo.

Aiutato da un vento generoso, il mio vecchio amico di giochi – provato da mille voli colorati – non delude i sogni dei fanciulli.
Barcolla, si alza, poi oscilla, perde quota e con una folata di entusiasmo cattura il cielo!

Passo il controllo ai bimbi festanti.

Il sogno continua.

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Epilogo

Il vecchio aquilone regala l’ultima emozione.
Poi cade come un uccello abbattuto da un bracconiere.

Mentre riavvolgo il filo, il Panda striscia sulla sabbia e si avvicina sofferente.
Lo raccolgo.
E’ davvero messo male: ali spezzate, dorsale fratturata, il filo ridotto ad una matassa impossibile da sciogliere.

E’ finita.

Guardo con tenerezza il mio amico Panda.

Non mi resta che accettarea l’amara verità: é giunta l’ora di comprare un nuovo aquilone.
Dopotutto, i sogni non hanno età 🙂


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Casi di successo, due esempi da studiare

Lorenzo Marone, da avvocato a scrittore

Lo stesso Lorenzo Marone – nell’intervista esclusiva rilasciata al sottoscritto – conferma il salto: in un momento di pura follia, abbandona la strada sicura dell’avvocatura per seguire la passione (incerta) della scrittura.

Diventerà un caso di successo nazionale.

La scelta di Lorenzo Marone è sostenuta da un evidente talento ed una giusta dose di rischio.

>Perchè studiare i casi di successo?

IoCiSto, la libreria di tutti

Nel cuore del Vomero, la zona collinare di Napoli, da qualche anno spopola la libreria IoCiSto.
Nata dal coraggio di un gruppo di cittadini che, nel momento di massima crisi dell’editoria, invece di dietreggiare, attacca e fonda la libreria di tutti.

La storia di IoCiSto è un caso di successo basato sulla determinazione, convinzione e passione.

Laddove in molti falliscono, gli amici del Vomero realizzano un sogno che, a distanza di anni, cresce e rappresenta un ottimo esempio da seguire.

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Talento, passione e rischio: gli ingredienti dei casi di successo

Il talento per la scrittura, il rischio nell’abbandonare la certezza per l’incognita, sono gli ingredienti evidenti nel primo caso di successo, l’affermato Lorenzo Marone.

La passione per i libri, la forza di convinzione per percorrere controcorrente il fiume degli eventi, sono gli elementi del secondo caso di successo, la libreria di azionato popolare di Napoli.

In entrambe le storie, in un istante speciale, giunge la scintilla che cambia il flusso degli eventi.
Quel momento magico nel quale mettere in discussione i risultati raggiunti, porre la fatidica domanda «è veramente ciò che voglio?», credere in se stessi e cambiare strada.

Studiare i casi di successo serve a carpire il momento nel quale scoppia tale scintilla, la fiamma che sta dietro ogni sogno realizzato.


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Luigi Borrone, il fotografo che ferma il tempo [INTERVISTA]

Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perché unico strumento per fermare il tempo.
Due foto scattate nello stesso istante, non saranno mai uguali»

Così si presenta Luigi Borrone, fotografo per passione.

Sempre sorridente, il mio amico è un tipo sensibile e con la battuta pronta.
Il buon umore di Luigi, però, non oscura il lato artistico e profondo di un ragazzo che ama la sua terra, la magnifica zona flegrea, protagonista di mille colorati scatti pubblicati (anche) sul canale Instagram.

Luigi Borrone, fotografo per passione

Luigi Borrone: come fermo il tempo

D: Luigi, ci spieghi perché «due foto scattate nello stesso istante, non saranno mai uguali?»
R: La macchina fotografica e l’unico strumento per fermare il tempo.
Ci sarà sempre quel nano secondo che rende due foto scattate in sequenza diverse l’una dall’altra.

Luigi Borrone, il fotografo che ama fermare il tempo

I trucchi di una buona foto

D: Luigi, la magnifica zona flegrea è spesso il soggetto delle tue foto.
Quanto conta il panorama per rendere uno scatto speciale?
R: Non sono mai stato un grande amante della foto di paesaggio.
La trovavo noiosa.
La luce del sole, nulla che si potesse costruire, dover sottostare ai tempi e ai modi della natura … orribile non poter “fare la luce” ma doverla solamente “subire”.
Ma essere nato nella zona flegrea, ha cambiato il mio rapporto con la fotografia di paesaggio.
Come fai a non immortalare la bellezze di questa terra?

D: Luigi, le tue pubblicazioni, oltre per lo scatto unico, si caratterizzano anche per le storie narrate: viene prima l’immagine oppure la parola?
R: Viene prima la parola.
Prima di scattare, bisogna avere le idee chiare ed è la chiarezza ad influire sul risultato finale facendo la “differenza”.
Oggi con il digitale si scattano milioni di foto; io, da piccolo, con la cara vecchia reflex, ricordo bene le 24 pose e il costo dei rullini.

D: I tre consigli per una bella foto?
R: Non saprei, io – come ti dicevo – sono un fotografo per passione.
Guardo molte foto scattate dagli altri, non sono in grado di fornire consigli.
Posso solo dire di mettere passione in ogni scatto.

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L’emigrante che odiava il mare

D: E’ tempo di rivincite: quale è lo scatto nel quale credevi ed invece è passato perlopiù inosservato?
R:  E’ uno scatto attuale, sul tema degli emigranti.
Queste persone provengono dal deserto e non hanno mai visto il mare.
Tante volte sono costretti, oltre al viaggio che affrontano, a vendere oggetti sulle nostre spiagge.
Una volta, dopo che scattai una foto ad un emigrante, mi fermai per mostrargliela e gli chiesi se sapesse nuotare.
Mi disse di no.
Veniva dal deserto libico, lui odiava il mare.

Luigi Borrone e l'emigrante che veniva dal deserto (e non sapeva nuotare)

Il bianco e nero

D: In una foto, quando il bianco e nero?
R: Usare il bianco e nero è puramente una scelta artistica, nessuno ci obbliga ad impiegarlo.
Del colore, si dice che sia una grossa distrazione.

D: Luigi, credi sia giusto ritoccare le foto? Non rischiamo di snaturare l’originale?
R: Qualche ritocco ci può stare, ma non tanti altrimenti la fotografia rischia di diventare un’immagine che la macchina fotografica non potrà mai riprodurre, quindi bella solo visivamente ma senza significato.
Di seguito, un esempio di foto modificata.

Luigi Borrone, il ritocco solo se necessario
luigi_borrone ed il foto ritocco

La foto denuncia

D: Luigi, sei su faCCebook.eu, il blog ufficiale dei «mostri»: a tal proposito, ne hai mai immortalato uno?
R: Si, ho fatto una segnalazione alla polizia locale per dei pali della segnaletica caduti a terra.

D: Credi nella foto denuncia oppure utilizzi il tuo canale solo per informare ed intrattenere?
R: Le mie foto riportano tutti gli avvenimenti che ci circondano.
Dalla denuncia all’evento, al ricordo.

Luigi Borrone, fotografo per passione

Travolto da twitter, instagram e facebook

D: Il tuo rapporto con i social?
R: Sono stato travolto dall’era dei social media.
Mi trovate su Instagram, twitter oppure la fanpage facebook.

D: Luigi, il messaggio finale da lanciare nell’oceano della Rete.
A te la parola!
R: Sono onorato dell’intervista, spero che mie foto trasmettano qualcosa.
Posso solo dire che la passione non assaggia, divora.
E ogni volta che scatto una foto seguo la mia filosofia: se nel mirino vedi una persona, lascia perdere.
E’ il suo pensiero che devi ritrarre.
Sperando di riuscirci.


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Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani: i motivi del fallimento

Zero sostenitori: effetto domino KO

Installare dei dispenser fai da te gratuiti lungo le strade del mio quartiere per invitare i padroni dei cani a raccogliere gli escrementi dei loro amici a quattro zampe, è risultato inutile.

L’iniziativa (del sottoscritto) fallisce miseramente, i marciapiedi infestati dalle deiezioni canine sono la sporca testimonianza.

Il motivo principale?
Non è scattato l’effetto domino sognato.

Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

L’assuefazione dei commercianti

I gesti vandalici erano previsti, l’indifferenza dei cittadini pure.

Auspicavo il coinvolgimento dei commercianti, le prime sentinelle dei marciapiedi infestati e delle saracinesche bagnate.

Invece, nulla.

La maggior parte ha assistito senza agire, pochi gli entusiasti dell’idea, quasi tutti rassegnati al «solito finale»: furti, distruzione, menefreghismo.

Ovvio.
Napoli non è Stoccolma ed in Italia il bene comune è un concetto astratto.
Ma speravo in un passo in avanti.
Sognavo una reazione contro la rassegnazione dilagante ed un tentativo di cambiare un destino già scritto.

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Perché non imitare un piccolo gesto positivo?

Per tre mesi controllo ogni singola installazione: la mattina, prima di recarmi al lavoro ed il pomeriggio al rientro dall’ufficio, in bici – come una ronda – giro il quartiere per verificare lo stato di tutti i dispenser.

Con lo zaino del pronto intervento, sostituisco quelli vandalizzati, ricarico i distributori vuoti, rimetto in sesto l’installazione danneggiata, parlo con i negozianti, chiedo di controllare durante la giornata il buon andamento dell’iniziativa, li coinvolgo – a parole – nella piccola, grande rivoluzione cittadina.

Senza mai chiedere un centesimo, convinto che l’esempio in prima persona possa scuotere l’assuefazione altrui.

Cosa sarebbe successo se …

Sogno l’effetto domino: il primo distributore del sottoscritto mette in moto il secondo acquistato dal salumiere che incoraggia il macellaio che invita il fioraio …

L’effetto domino parte, si innesca, poi si alimenta dei risultati raggiunti, infine diventa normalità: ogni commerciante gestisce il dispenser fuori al proprio negozio, una piccola spesa mensile per migliorare il decoro urbano della strada.

Lo schema, applicato agli altri quartieri, stravolge le abitudini dei cittadini e dell’intera città!

Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

Con 5€, 140 sacchetti più dispenser

Il progetto dispenser è giunto al capolinea.
Lungo la strada, sono spariti i piccoli distributori di sacchetti gratuiti per raccogliere le deiezioni dei cani in soccorso al padrone distratto.

Perché il costo del progetto, seppur irrisorio, cade totalmente sul sottoscritto.
Perché, nonostante l’impegno e l’esempio, non è scattata la scintilla.

Non è il «solito finale» prospettato dai qualunquisti del «te l’avevo detto».
Piuttosto, una pausa per studiare nuove iniziative.

E per verificare se, qualche commerciante zelante o cittadino sensibile, si accorgerà dell’assenza di quei piccoli, colorati, educati e rivoluzionari dispenser gratuiti.


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Perché leggere la tragica storia di Michele Bovenzi raccontata da Lorenzo Izzo

Michele Bovenzi, il post di Lorenzo Izzo

La storia è raccontata da Lorenzo Izzo nel post Il tragico destino di Michele Bovenzi.

[…] All’ombra di una quercia, Michele prese una bomba di mortaio, ansioso di ricavarne la polvere da sparo.
Avendo a portata di mano una pietra calcarea, iniziò a percuotere l’ordigno. Non conoscendo, però, la tecnica dello Stavolone per evitare l‘innesco, la bomba gli esplose tra le gambe […]

Il mio amico, storico per passione, ha l’indubbio merito di riportare alle cronache un episodio dimenticato dalla stessa comunità di Calvi Risorta – piccolo paese in provincia di Caserta – dove è avvenuta la drammatica vicenda nel 1944.

Michele Bovenzi, il suo tragico destino raccontato da Lorenzo Izzo

I 3 motivi del successo

Evidenzio i tre aspetti che rendono il post di Lorenzo un articolo di successo:

  • la vicenda suscita rabbia perché ingiusta: la lettura emoziona
    (esempio perfetto di storytelling, l’arte del narrare)
  • la notizia locale è emblematica: può essere narrata in mille altre guerre
    (da glocal a global)
  • l’articolo ci sbatte in faccia l’assurdità di ogni conflitto per ricordare
    (il blog di Lorenzo, documenta)

Riuscire ad indignare il Lettore, capacità di rivedere la storia in mille altri contesti, far riflettere: gli ingredienti di successo dello storytelling, «l’arte del narrare», sono presenti nella drammatica vicenda del piccolo Michele Bovenzi.

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Il ricordo di Michele Bovenzi contro ogni guerra

Dai bombardamenti sulla piccola Calvi Risorta durante la seconda guerra mondiale alle immagini terrificanti di Aleppo (ma non solo), la storia ripresenta i suoi «mostri» peggiori.

E dunque, il tragico destino di Michele Bovenzi, rappresenta una potente denuncia contro la guerra.
Perché ci ricorda la follia dei conflitti, in ogni luogo (e tempo) essi avvengano e chiunque ricerchi e documenti tali orrori, merita il nostro sostegno e plauso.

Grazie a Lorenzo, da oggi il ricordo di Michele Bovenzi, non cadrà nel pozzo nero dell’oblio.


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Quale il miglior orario per pubblicare un post? [SONDAGGIO]

Come studiare il miglior orario?

La domanda perseguita l’editore web: a che ora pubblicare il post?

La giusta risposta?
Svelerebbe uno dei mille misteri della Rete.

Il sottoscritto – informatico di professione, matematico per formazione, statistico per passione – da sempre attento ai dati di Google Analytics (leggendarie, le battaglie per contrastare la frequenza di rimbalzo) e studioso degli insight facebook della fanpage ufficiale di faCCebook.eunon ha ancora stabilito la miglior fascia orario per ottenere la massima attenzione dei Lettori.

Quale è il miglior orario per pubblicare un post?

Come Gianni Morandi? Dalle 12.30 alle 14.00

La fanpage di Gianni Morandi è un caso emblematico: in questo istante, «Piace a 2.503.748 persone».
Per un (finto) improvvisato che finge di non conoscere il mondo dei social, con uno stile familiare (costruito ad arte) la pagina del cantante ha superato i due milioni e mezzo di fans!

Complimenti ai veri curatori dello spazio facebook.

Se non ricordo male, il team della fanpage di Morandi consigliava di pubblicare i post tra le 12,30 e le 14.00 (messaggio condiviso per errore da Morandi e poi smentito dallo stesso cantante).

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Il miglior orario secondo faCCebook.eu

Il sottoscritto preferisce due fasce orarie:

  • dalle 12.30 alle 14,00 (come il Morandi)
  • la sera, dalle 19.45 alle 20.30

Nel primo caso, il post – se reputato interessante- guadagna in condivisioni e salta di bacheca in bacheca.
La fascia oraria 12.30 – 14.00, in caso di successo, garantisce lunga vita al post.

Nella fascia serale, invece, la curva a campana post pubblicazione, cresce con un’impennata veloce e raggiunge picchi massimi ma muore altrettanto velocemente per l’avvicinarsi della notte.

In caso di contenuti non interessanti, nessuna stregoneria ci salverà: in questa (triste) evenienza, il comportamento non dipende dall’orario, trionfa l’indifferenza.

A proposito.
Tu, amico Lettore, a quale orario preferisci ricevere l post di faCCebook?

Con un semplice clic, contribuisci a svelare il mistero del web?

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Stranezze napoletane

Una famiglia … in scooter

Il bimbo avrà avuto nove anni: in piedi, davanti, con le mani impugna il manubrio.
Col vento tra i capelli, si gode il viaggio in prima fila.

Segue il padre – il pilota dello scooter – sicuro, deciso, abituato alla sua anormalità.
Inchiodato alla sella della moto, con i piedi bloccati sull’asfalto bollente, mantiene in equilibrio veicolo e famiglia.
L’adulto è il secondo passeggero.

La bimba, immagino la piccola sorellina, minuta, biondina, delicata.
Seduta dietro l’enorme papà, aggrappata al suo idolo, viaggia come una valigia incastrata.
E’ la terza passeggera.

La mamma chiude la fila,
Poggiata sullo spigolo della sella, in bilico dietro la figlia, funge da tappo onde evitare cadute inattese.
Come in tutte le famiglie che si rispettino, la donna è il perno che unisce – anzi, mantiene – i rapporti tra padre e figli.
E’ la quarta passeggera.

Un ultimo dettaglio: i quattro passeggeri sullo scooter, viaggiano tutti senza casco.

Io, ciclista napoletano contro le stranezze napoletane

Strano a chi?

«Papàààà» il bimbo indica il sottoscritto con lo stupore negli occhi mentre, con la manina, strattona la camicia del genitore.

Fermi al semaforo, vicini ma lontani, ci scrutiamo sospettosi.

Io, ciclista metropolitano, in sella alla e-bike, chiuso nella maschera antismog e protetto dal casco.
L’intera famigliola, libera e strafottente, in viaggio sullo scooter.

Siamo esseri appartenenti a razze diverse?

L’incontro tra alieni dura meno di due minuti, in attesa del verde liberatorio.

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Illegalità quanto diffusa?

Evidenzio un aspetto contro i (pericolosi) luoghi comuni: la famiglia sulle quattro ruote è l’eccezione.

Intorno a noi, tanti altri motociclisti fermi al semaforo, dotati di casco, rispettosi delle regole.

Comunque sia, anche se un caso isolato, la famiglia in sella allo scooter rappresenta un pezzo del contraddittorio mosaico napoletano.

Chi fermerà l’allegra famigliola?

Scatta il verde.
«C’amma fa»» sembra sbuffare il capofamiglia al figlio.

L’espressione per spiegare al bimbo: «porta pazienza, di gente strana nella vita ne incontrerai tanta».

Polizia, carabinieri e vigili: qualcuno avrà il buon senso di fermare l’allegra combriccola?

L’uomo accelera, una nuvola di fumo nero misura lo sforzo dello scooter per partire e la famigliola scompare nel traffico cittadino.
Quanta strada percorreranno prima di essere bloccati dai tutori della Legge?

«Piccolo, un giorno capirai» farfuglio fiero di aver mostrato al bambino una possibile alternativa al suo mondo anormale.

Il tempo sarà galantuomo, ne sono certo.


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