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Abbandono: in aMore vince chi fugge? [Domande perBeni]

Il senso di abbandono di Penelope69

“Gentile Beni, da qualche mese l’amore della mia vita mi ha lasciato.
Lo vedo sempre in giro con una vecchia signora.
In amore vince chi fugge, ma mi manca.
Dammi un consiglio”
Penelope69

In aMORE vince chi abbandona?

Antonio P. Beni risponde

Gentile Penelope69,
comprendo, dalle tue parole, che l’amore per questo uomo è ancora forte, intenso e persistente.
Come quando mastichi una gomma alla menta e subito dopo bevi di un fiato una bibita fredda e gassata.
Oppure come quando un brufolo spunta nella zona calda del tuo sedere.

In amore vince chi fugge, ma se il tuo uomo è scappato per una vecchia signora, tra l’altro lentamente, forse devi porti una domanda diversa.

“Posso continuare a ghiacciarmi il cervello per uno che mi abbandona per una vecchia?”

Io non ho nulla contro le vecchie.
Sono anche iscritto all’associazione “Anziani? Perchè no? Finalità diverse per gente che prende la pensione sulle nostre spalle…”
Ho la tessera numero 3, sono tra i più anziani.

Se vuoi riconquistare il tuo uomo devi battere la vecchia signora.
Come?
Prova  a seguire i miei 3 consigli:

  1. Fatti trovare sul cofano della sua auto nuda con un fiocco rosa che copre la tua parte più intima e quando lo incontri dici, usando l’accento emiliano “Scarta il tuo regalo, questo non è riciclato, nè usato sicuro… tutta roba fresca”
  2. Compra dieci gattini e lasciali vicino alla sua porta, appena spunta fuori la vecchia signora scatta una foto, poi pubblicala su Faccebook scrivendo: La vecchia cerca una micia nuova …
  3. Incrocia il tuo ex per caso accompagnata da un bel uomo alto, capace non solo con la testa, che si muova bene e che magari sia più giovane.
    Un ventiduenne dovrebbe essere l’ideale.

Se poi non dovessi riconquistarlo, preferendo la triste vita con la vecchia signora, potrai sempre spassartela con il bel giovane bevendo latte, o Milk per dirla in inglese …

Chi è Antonio P. Beni, esperto in aMORE

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    Grotte di Seiano, panorama mozzafiato [FOTO]

    Grotte di Seiano, 800 metri dopo …

    Lunedi 19 settembre

    Quindici minuti, è il tempo necessario per attraversare la Grotta di Seiano, la galleria che da Coroglio porta ai piedi della collina di Posillipo.

    Meno di ottocento metri e ci lasciamo alle spalle l’ex Italsider, il «mostro» di Bagnoli.
    Meno di ottocento metri per giungere nel magnifico parco archeologico -ambientale di Posillipo o del Pausilypon, tra il vallone della Gaiola e la baia di Trentaremi.

    Usciti dalla grotta, ci aspetta un panorama mozzafiato, impossibile (per il sottoscritto) da descrivere.

    Panorama dalle Grotte di Seiano, Napoli

    Procida, Ischia e Capri: il trio delle meraviglie

    La pioggia della notte spazza via la foschia, i colori sono vivi e la visuale perfetta.

    Alla nostra sinistra, dopo la baia di Trentaremi, la zona flegrea, Capo Miseno, Procida ed Ischia sono in mostra per uno scatto perfetto.

    Dopo la Gaiola, Capri è in posa: la vanesia signora distesa nel mare attende solo di essere immortalata.

    Capri dalla Gaiola, Grotte di Seiano

    La galleria fotografica

    Le parole sono superflue, il luogo è un concentrato di storia e natura unici nel loro genere.
    A voi Lettori la mia testimonianza.


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    Antonio P. Beni, esperto in aMORE (con la “a” minuscola)

    «Domande perBeni»

    Conosco Antonio P. Beni dal primo cambio di pannolini: è mio cugino.
    E’ un tipo silenzioso, non ama apparire in prima serata e, come tutti gli scrittori, preferisce il libro alla televisione.

    Nonostante la sua giovane età, la Vita (con la «V» maiuscola) l’ha triturato nello sbattitore dei destini tormentati ed oggi è un uomo migliore.

    Dopo innumerevoli tentativi, finalmente Antonio P. Beni esce dal tunnel ed accetta di tornare in sella: curerà la rubrica «Domande perBeni».

    Una rara immagine di Antonio P. Beni, esperto in aMORE (con la "a" minuscola)

    Esperto in aMore, (con la «a» minuscola)

    Il giovane scrittore risponderà alle e-mail inviate dai Lettori sul tema dellì’aMORE, quello con la «a» minuscola.

    L’aMORE degli sconfitti, l’aMORE di chi è abbandonato, l’aMORE di colui che cerca di capire ma non comprende e necessita dell’aiuto di «chi le ha viste tutte».

    Il sentimento che muove il mondo da sempre, il mistero dell’Umanità raccontato dalle vostre domande e svelato dalle argute – a volte inspiegabili – risposte del Beni.

    Chi è Antonio P. Beni

    (dal suo blog ufficiale)

    Antonio P Beni nasce improvvisamente più di  quarant’anni fa nel centro del mediterraneo.

    Di lui conosciamo solo la sua biografia estratta, grazie al sapiente uso del laser, da un pool di esperti di chimica del gelato.

    Ricco di famiglia, con i suoi dieci fratelli e quindici sorelle fonda il partito «genitori: fatevi una pizza».

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    La sua prima opera: «Le cose degli Altri»

    Dieci anni fa a Roma trovammo una copia clandestina della sua prima raccolta di racconti «Di Beni in meglio» ma come per le statue del Modigliani, molti pensarono che fosse un falso.
    Altri che fosse un falsario.

    Ad ogni modo, questi racconti descrivono chiaramente il carattere di Beni, ma non le caratteristiche psicosomatiche.

    Alcuni anni fa un certo Umberto diede Eco al primo romanzo di Beni «Le cose degli altri».
    Grazie a questa critica molti giornali parlarono dell’avvento del nuovo Messia e in terza pagina anche di Beni.

    Oggi Beni , dopo un letargo di soli dieci mesi in una tomba etrusca, torna su faCCebook per fissare un punto preciso nella storia della letteratura mondiale.

    Quale che sia speriamo di trovarlo presto
    Almeno prima che la pubblicità termini …

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      Scuola ecomostro di Napoli, ripresi i lavori?

      CAPALC/2, la conferma del Sindaco

      Dalla pagina facebook del sindaco metropolitano Luigi De Magisitis giunge la conferma:

      […] per quello che riguarda Napoli si è sbloccata la vicenda annosa ex Capalc, cioè il progetto di riqualificazione dell’area compresa tra via Terracina, via Nuova Agnano e via vecchia Agnano mediante il recupero, completamento ed adeguamento del complesso la cui costruzione è iniziata addirittura nel 1976 […]

      Scuola eomostro CAPALC/2, ripresi i lavori (dopo 40 anni il cantiere è ancora aperto!)

      Cantiere aperto (da 40 anni)

      Sabato 17 settembre 2016
      Sosto l’auto all’ingresso del cantiere CAPALC/2, pigio sul bottone delle quattro frecce ed osservo felice l’impalcatura circondare la scuola.

      L’ecomostro da quaranta anni divora soldi pubblici ed ingrassa per l’inefficienza della malapolitica, si è finalmente arreso?

      Scruto l’ingresso sbarrato da un vecchio catenaccio arrugginito, l’immancabile cartello per i malintenzionati: «Personale al completo».
      Gli automobilisti – indifferenti ad un simile scempio – guardano il sottoscritto fotografare il «mostro»: ai loro occhi assuefatti, l’anomalia sono io?

      Dall’interno non giungono segnali di vita: nessun lavoratore, le ruspe ferme, le betoniere spente.
      Forse il sabato il cantiere resta chiuso?

      Totale assenza di informazioni

      Mi chiedo: nei pressi di un’opera pubblica, non deve essere esposto un cartello con le informazioni di inizio/fine lavoro, la ditta vincitrice dell’appalto, il responsabile dell’opera?

      Fuori la megastruttura di via Terracina, invece, l’unico manifesto presenta una dicitura omertosa, mangiata dalle intemperie.
      Leggo un mezzo titolo:

      AREA PROGETTAZIONE E MANUTENZIONE EDILIZIA SCOLASTICA COMPLESSO SITO IN VIA TERRACINA EX CAPALC/2

      Nient’altro.

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      Quando la fine?

      La grancassa mediatica scatenata dalle molteplici denunce (tra cui il post del sottoscritto Napoli, la scuola ecomostro ripreso dalla rubrica RiFatto de Il Fatto Quotidiano) è servita per non gettare lo scandalo nel dimenticatoio.

      Un riflettore sempre acceso su questa ennesima vergogna nazionale.

      Occorre continuare a vigilare, i dubbi restano, il mistero non è ancora svelato: quando sarà consegnata la scuola alla città?

      RiFatto de Il Fatto Quotidiano pubblica la mia foto della scuola ecomostro di Bagnoli

      Il cantiere risorto

      Quest’anno, nel 2016, la scuola ecomostro “CAPALC/2” festeggia il triste primato: 40 anni di lavori e l’opera non è ancora terminata.

      Sarà la volta buona?
      Pensiamo positivo (ma occhi aperti).


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      Napoli, i miei primi 1000 KM. In bici

      1000 KM, primo traguardo

      Il millesimo chilometro scatta a Materdei mentre supero di gran carriera il gigante verde dalla bocca spalancata.

      La pedalata scivola veloce, la gamba allenata non teme più la salita che all’esordio spaventava.

      Guardo il numero a tre zeri.
      Inspiro soddisfatto.

      I miei primi 1000KM. In bici. A Napoli

      Nonostante tutto, 1000 KM!

      Una boccata di puro smog invade il sottoscritto, coraggioso ciclista napoletano.
      Davanti, un ingorgo blocca la strada: l’enorme autobus pubblico sbuffa fumo nero maleodorante.
      Non può procedere, un auto parcheggiato in doppia fila impedisce il passaggio.

      Pochi istante e la coda di mezzi bloccati cresce a dismisura.
      Un esercito di automobili, lo sciame impazzito di motorini, qualche bicicletta: ognuno cerca una via di fuga per saltare l’ostacolo.

      L’orchestra di clacson inizia il concerto di protesta.
      Dopo pochi minuti di ordinaria follia metropolitana, la strada miracolosamente torna libera.

      Lascio sfogare i «mostri» urbani.
      Osservo ancora il display: 1000 KM!

      Quanto non ho inquinato

      Il conto è servito:

      • con un litro di diesel/benzina, percorro 15 km. in città
      • per 1000 KM servono (più o meno) 67 litri di carburante

      Sottraggo all’inquinamento cittadino 67 litri di idrocarburi, una piccola e grande quantità di smog non generato.
      Non partecipo al concerto dei rumori assordanti prodotto dal milione di veicoli che strombazzano per Napoli.
      Non occupo spazio prezioso tra i pendolari schiacciati come sardine in metropolitana o negli autobus.
      Fornisco l’esempio: l’alternativa esiste.

      Una piccola goccia nell’oceano?
      Però una goccia pulita.

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      1000 km. di casa-lavoro

      La bici (a pedalata assistita) come mezzo di trasporto.
      Le due ruote per raggiungere il luogo di lavoro.

      Napoli non è ancora una città per ciclisti, le difficoltà sono evidenti ed i pericoli ti minacciano ad ogni pedalata.

      Eppure pedalo.
      In città.
      A Napoli.

      E con un pizzico di volontà, puoi pedalare anche tu.
      Basta iniziare, poi non ti fermi più.

      Ci vediamo tra 1000 km.

      Fotogrammi deii miei primi 1000 KM in bici


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      I colori del murales di Bagnoli

      Murales di Bagnoli, se non ci fosse?

      Se il muro non fosse dipinto con i colori della fantasia sarebbe un’opera anonima.
      Si ridurrebbe all’ennesima parete amorfa mangiata dai fantasmi dell’Italsider.

      Perché a Bagnoli, prigioniera da sempre del «mostro» siderurgico per antonomasia, la vivacità dei murales rappresenta una boccata d’aria fresca.

      Come accade a Materdei, anche il disegno all’entrata della stazione della cumana di Bagnoli, strappa un sorriso.

      Anzi,una meritata fotografia.

      I colori del murales di Bagnoli

      Scuola e lavoro

      Conosco bene Bagnoli.
      Una manciata d’anni fa, a pochi passi dal murales, frequentavo le scuole superiori.
      Mi licenziai dall’allora VIII ITIS (oggi Augusto Righi) con un immeritato voto (il tempo ha rimediato all’ingiustizia).

      Negli anni duemila tornai per lavoro: la sede dell’HP – la multinazionale americana per la quale  operavo – a pochi chilometri dal murales (le drammatiche vicende HP conservate nell’ebook gratuito «Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli»).

      Io e Bagnoli, legati da un filo rosso

      Un lungo filo rosso lega il sottoscritto a Bagnoli.

      Dieci anni con la testa nel monitor a scrivere software e scovare bug.
      Dieci anni significano mille pause-pranzo consumate (con estrema soddisfazione) nelle pizzerie del quartiere.

      Un filo rosso fumante, saporito che non spezzerò mai 🙂

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      L’arte sostituisce la bonifica

      In attesa della bonifica dell’intera area sempre promessa e mai realizzata, i murales contrastano la polvere sputata dal «mostro» che, come una sentinella malata, sovrasta il quartiere.

      Le matite colorate contro l’inefficienza della politica (locale e nazionale).
      L’arte contro il degrado (urbano e morale).
      I murales contro l’ex Italsider.

      Finché c’è colore, c’è speranza.


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      Il peso della farfalla, di Erri De Luca (recensione)

      Erri De Luca, l’amore per la montagna

      Il peso della farfalla conferma la passione di Erri De Luca per la montagna.
      L’avventura ad alta quota scivola via lentamente: l’azione è minima, il racconto molto introspettivo per descrivere i pensieri di un vecchio bracconiere stanco ed il re dei camosci, esemplare unico, rispettato dal branco e giunto ormai al tramonto del suo regno.

      Odori, profumi, panorami: il vero protagonista del breve romanzo resta comunque la montagna e le sue mille atmosfere magiche.

      Fino all’inesorabile incontro scandito delle ultime, drammatiche righe.
      Il finale amaro, atteso, scontato lascia comunque una riflessione per il Lettore: l’uomo e la Natura potranno mai convivere?

      Recensione di "Il peso della farfallla", di Erri De Luca

      Perché (non) leggerlo

      Erri De Luca è un autore che sto scoprendo negli ultimi tempi, l’ammetto.
      Apprezzo il dibattito sui temi ambientali e le riflessioni che scaturiscono dai suoi romanzi.
      Non impazzisco per il ritmo a volte troppo lento: si susseguono le pagine ma la trama resta ferma.

      Continuerò a leggere i suoi romanzi.
      Erri De Luca, personaggio profondo.
      Da approfondire.

       

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      L’intervista dell’anno: I want you!

      L’aforisma

      ognuno ha una storia da raccontare, basta porgli le giuste domande

      (Mario Monfrecola)

      Concordo con l’autore.

      Io, giornalista per gioco (e passione)

      Il piacere di ascoltare le storie altrui è il motore che spinge il sottoscritto ad intervistare chiunque abbia voglia di rispondere alle domande di un finto giornalista.

      Ok, l’ammetto:

      • adoro giocare al giornalista
      • sono un ottimo uditore
      • cerco persone da intervistare ed il prossimo puoi essere proprio TU!

      Io, giornalista per gioco, voglio TE per l'intervista dell'anno!

      Come avviene l’intervista

      Ci incontriamo (se possibile) per una conversazione informale, ascolto la storia, memorizzo i particolari, scatto due o tre fotografie al prescelto.

      Indosso i panni del Lettore Curioso e stilo dieci domande non banali (o almeno ci provo) che ognuno di noi vorrebbe porre.

      Dieci domande, un punto di vista inedito con un un solo obiettivo: accendere il riflettore sull’intervistato per far conoscere al pubblico una nuova, interessante storia.

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      AAA voglio TE per l’intervista!

      Le buone intenzioni non bastano. la categoria delle interviste di faCCebook scarseggia di «mostri».

      E mi dispiace perché – sono sicuro – ognuno di Voi, amici Lettori, ha delle risposte interessanti dentro sé stesso.

      Bastano le opportune domande e la giusta dose di autoironia: perché se ti prendi troppo sul serio, ti escludi da solo.

      Bando alle ciance, contattami subito (scegli tu il canale social o l’email nella colonna a destra del post)

      Un clic per la TUA intervista 🙂


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      Andrea Petringolo, il mondo visto da dietro il bancone. Del suo bar

      Andrea Petringolo, al di là del bancone

      Andrea Petringolo è il proprietario del EL CAFESINO, il bar che ogni mattina accoglie e ricarica gli impiegati dell’isola G7, al Centro Direzionale di Napoli.

      Senza il caffè di Andrea, la macchina lavorativa non va in moto.

      Da dietro al bancone del suo elegante locale, Andrea osserva l’esercito di lavoratori sorseggiare la bevanda (rigorosamente servita in tazzine bollenti), dibattere con ardore sui temi di attualità, filosofeggiare sulla Vita, sognare un futuro migliore … fino al fatidico «andiamo?» che spezza i viaggi e riporta gli impiegati alla dura realtà.

      Tra i tanti frequentatori, c’è il sottoscritto.

      Andrea Petringolo e lo staff de EL CAFESINO (Centro Direzionale di Napoli, isola G7)

      Il bancone del bar, lo spartiacque

      I ruoli sono netti, separati da un confine preciso: il bancone del bar.

      Da un lato: i clienti.
      Sulla sponda opposta: il barista.

      Noi, in sosta per una breve pausa, pronti a riprendere il perenne movimento.
      Lui – insieme alla moglie e le cordiali collaboratrici – professionista del ristoro ed attento osservatore del frenetico mondo oltre la frontiera.

      Il medesimo schema si ripete in mille altri bar della penisola: nei pressi di un ufficio, un altro Andrea Petringolo serve il buon caffè, registra i soliti discorsi dei clienti, interviene se coinvolto, ascolta lo sfogo del malcapitato di turno, sorride ed incoraggia, congeda i clienti con un caloroso «arrivederci».

      L’intervista

      D: Andrea, ogni giorno, da dietro al bancone, contempli l’esercito di impiegati bere il caffè, discutere, salutare, fuggire. Che esseri strani siamo diventati?
      R: osservo una generazione frenetica, non ci godiamo nemmeno la pausa caffè.
      Vi scruto mentre ordinate, impazienti già alla cassa.
      Scalpitate, il tempo è tiranno, sempre di corsa, vittime dei ritmi forsennati, bere il caffè e scappare … fino alla successiva pausa.

      D: intere giornate trascorse al di là del confine: Andrea, il bancone del tuo bar – la linea tra il tuo mondo ed il nostro – ti rende prigioniero?
      R: mi piace il mio lavoro, anche se qualche volta desidero evadere, vivo bene dietro al bancone. Amo viaggiare ma non mi sento prigioniero del mio locale.
      A volte penso che conoscere i miei clienti è come un viaggio, dopotutto ogni persona è un pianeta da scoprire.

      Il mondo dietro al bancone

      D: raccontaci il tuo mondo, il mondo dietro al bancone
      R: al di qua del confine, c’è un mondo con ritmi opposti ai “vostri”. Salto dietro al bancone alle 6.30 ed esco verso le 18,30. L’ora di punta è la mattina verso le otto e l’ora di pranzo.
      Notate che il mondo dietro al bancone è in fermento quando voi altri vi fermate. Direi che siamo sincronizzati, come una squadra che fa i turni: voi finite e noi iniziamo pronti ad accogliervi, poi tornate al lavoro e noi impegnati a riordinare il locale. Verso le sedici cala un un po’ pace e finalmente tiriamo un sospiro di sollievo.

      D: dietro al bancone, quanti siete ?
      R: il numero è variabile, dai quattro ai sei abitanti, metà uomini e l’altra metà donne. Nel nostro, a differenza del mondo reale, rispettiamo le quote rosa.
      Sottolineo che le mie giovani collaboratrici sono aiutanti preziose e fondamentali e senza di loro la vita dietro al bancone sarebbe impossibile.
      A volte litighiamo – anche dietro al bancone la convivenza è difficile! –  con l’unico obiettivo di ottenere il massimo per la soddisfazione dei clienti.

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      Quella volta del folle con la pistola …

      D: dal tuo punto di vista privilegiato, studi il viavai continuo di uomini e donne sempre di corsa: storie particolari da raccontare?
      R: lo scorso luglio un folle con pistola diffuse il terrore al Centro Direzionale. Le persone spaventate dai recenti attentati pensarono subito al peggio.
      Per fortuna si trattò solo di un disperato che fu disarmato ed arrestato dalla Polizia. Oggi basta un nonnulla per generare panico.
      Comunque, anche noi da dietro al bancone, vivemmo la tensione del momento.

      D: Andrea, il barista – come ogni lavoro al contatto col pubblico – deve saper relazionarsi con chiunque: è questa la maggior virtù di chi vive dietro il bancone?
      R: cerco sempre la soddisfazione del clienti perchè il prodotto offerto è curato in ogni minimo dettaglio.
      Ad esempio, per il compleanno o eventi speciali, decoriamo i cappuccini ed i caffè con il disegno di un cuore o uno smile. Sono gli auguri personalizzati di chi vive da dietro al bancone!
      A volte devo avere anche molta pazienza soprattutto con i clienti tifosi della Juventus! Ci prendiamo in giro con simpatia e sempre in amicizia.

      El Cafesino, Centro Direzionale di Napoli, isola G7

      L’augurio di Andrea

      D: Andrea, quando sei tu il  cliente in un altro bar, scruti il bancone del tuo collega: quali dettagli distinguono un buon bar da un locale qualsiasi?
      R: il primo particolare è l’igiene. La pulizia del bancone e la professionalità del collega sono l’indice della qualità del bar e quindi del caffè.
      Poi, un caffè può piacere o meno a secondo del gusto (chi preferisce caffè stretto, chi macchiato, altri lungo).
      Comunque, non tutti i banconi sono uguali!

      D: chiudiamo questa breve chiacchierata con un ultimo messaggio: come la sentinella del faro osserva il mare, tu da dietro  al tuo bancone guardi le nostre vite. Forza, invia un messaggio al resto del mondo!
      R: ho inaugurato il locale il 7 gennaio, lo stesso giorno che arrivaste voi di Maticmind al CDN. Una fortunata coincidenza vero?
      Ci stiamo conoscendo giorno dopo giorno …
      Auguro a tutti una situazione personale e lavorativa al top!
      Per andare sempre avanti nella vita.
      Magari insieme, sorseggiando con calma un buon caffè.

      Ringrazio Andrea Petringolo per l’intervista.
      Se capitate all’isola G7 del Centro Direzionale di Napoli, recatevi al EL CAFESINO.
      Vi attende il buon aroma del caffè napoletano ed Andrea  pronto ad accogliervi.
      Dietro al suo bancone, come sempre.


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      Opal (Lux Vol. 3) di Jennifer L. Armentrout (recensione)

      Lux volume 3, puntata 4

      La quarta busta di patatine fritte non delude la fame dei fans.
      Perché se sei giunto fino a Opal (Lux Vol. 3) conosci a memoria l’affascinante mondo sognato dall’instancabile Jennifer L. Armentrout tra alieni dalle
      sembianze umane (dovendo scegliere, gli extraterrestri decidono per l’aspetto di fotomodelle e playboy) e l’eterna dilemma dell’accettazione del diverso.

      Il volume tre è in realtà la quarta puntata della serie (colpa/merito del prequel Shadows Lux Vol. 0, la puntata zero) ed è incentrata sulla storia d’amore tra Daemon e Katy.

      Le lettura vola via con la stessa velocità dei Luxiani ed appena assaggiata la prima pagina non potrai più smettere.
      Proprio come le patatine.

      Opal (Lux Vol. 3) di Jennifer L. Armentrout (recensione)

      Per i fan più incalliti: danger!

      Opal (Lux Vol. 3) non svela i mille misteri aperti.
      Anzi, la scrittrice gioca sporco ed accentua il voler narrare una saga.

      Il racconto è transitorio e si basa su un solo grande evento: un episodio con meno azione dei precedenti (non ricordo nessuna battaglia epica contro gli odiosi Arum) ma con più smancerie tra innamorati.

      Il grande mistero

      Resta un dubbio amletico anche per il più convinto tra i fans: la mamma di Katy è cieca?

      Capisco la stanchezza per i turni da infermiera ma come può ignorare le battaglie intergalattiche che avvengono in casa, la scomparsa degli amici della figlia e mille altre stranezze tra le quattro mura domestiche?

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      Attenti all’olio delle patatine sulle dita

      Attenzione: a fine libro resterete con le dita sporche d’olio ed un grosso punto interrogativo sulla testa.
      Avrete ingurgitato troppe patatine in poco tempo.

      Un consiglio: prendetevi un periodo di pausa dagli appiccicosi alieni.
      Dopo aver digerito, sotto con la prossima busta di patatine.

      Acquista il libro su Amazon!


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      Landing page: benvenuto alle Hawaii

      L’atterraggio

      Immagina di atterrare alle Hawaii, il viaggio dei tuoi sogni.
      L’aereo scende dolcemente lungo la pista d’atterraggio.
      Con delicatezza le ruote toccano terra mentre la velocità del velivolo diminuisce finché l’aeroplano si ferma con la dolcezza di una carezza.

      Pochi minuti, sgranchisci le ossa.
      Finalmente libero da quella stretta prigione, recuperi il bagaglio a mano, esci dall’aeroplano, raggiungi l’uscita pronto a scoprire il nuovo mondo.

      Una gentile signorina hawaiana in costume e ghirlanda di fiori ti accoglie con un sorriso ammiccante: «Aloha su faCCebook, li blog dei mostri!».

      Con l’entusiasmo contagioso, ti spiega dove sei.
      Tu, affascinato, ascolti estasiato.

      La landig page, ben atterrato alle Hawaii!

      Che cos’è la landing page

      La landing page di faCCebook è online.
      Sentivo il bisogno di dotare la mia casa digitale di un’elegante porta d’ingresso, una pagina per sintetizzare il mostro-pensiero e racchiudesse in un solo punto tutte le info utili.

      Il gradito ospite, con un solo sguardo, intuirà subito chi siamo e quale sia l’obiettivo del blog ufficiale dei «mostri».

      Sul web troverete innumerevoli definizioni di landig page: per il sottoscritto è l’ingresso al sito (non la homepage!), la pagina di benvenuto capace di attirare l’attenzione del visitatore e tramutare l’emozione del momento – il vero motore di ogni scelta – in un clic significativo.

      Una pista d’atterraggio, appunto, che conduce il viaggiatore al nuovo mondo col sogno segreto di convertire la visita in un’azione (chiedere ai siti di e-commerce).

      La landing page non è la homepage

      La landing page può coincidere con la homepage di un sito ma, in generale, non accade quasi mai (sarebbe uno spreco).

      Pensiamo ai colossi dell’informazione del web: la landing page viene perlopiù utilizzata per sparare un banner pubblicitario prima di giungere alle notizie principali.

      Nel caso del blog trovo utile preparare il Lettore ed una breve introduzione sugli argomenti trattati è un buon biglietto da visita.
      Come nel nostro caso.

      A proposito.
      Ben atterrato alle Hawaii 🙂


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      Il murales di Materdei, l’arte contro il degrado

      A Materdei i murales per resistere

      Osservo il murales di Materdei, tra Vomero e centro storico, rapito.
      Muoversi in bici per Napoli regala scoperte inattese.

      Un clacson cafone riporta i nobili pensieri tra lo smog ed il traffico della città.
      Parcheggio alla fermata dell’autobus, prendo lo smartphone e scatto.
      Le foto, però, non rendono l’idea della maestosità dell’opera.

      Il murale di Materdei, l'arte contro il degrado (palazzo ex OPG, l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani)

      I murales, una forma d’arte

      Giro sul web e mi imbatto nel gruppo Materdei. per R_esistere ci vuole pure la bellezza.
      Lo slogan rallegra l’anima:

      Allora. .. resistere alla crisi … resistere è anche esistere … e a noi ci piace la bellezza ….
      … e a noi che abitiamo Materdei ci piace colorata e poetica

      Un invito per il sottoscritto a girare per il quartiere ed immortalare gli altri murales che, senza dubbio, sono una forma d’arte.

      Se non ci fosse l’arte

      La controprova è immediata: se il disegno non ricoprisse la facciata dell’ex OPG – l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani – l’edificio risulterebbe uno dei tanti anonimi palazzi della città.

      Il gigante verde dalla bocca aperta, invece, è un tassello d’arte moderna, una forma di bellezza contro il degrado urbano.

      Perché la Cultura è la prima arma contro ogni «mostro».
      Come Materdei insegna.

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