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Se i grattacieli non sono poi così alti

Lo smarrimento dei primi giorni

Con gli occhi dell’adulto, i grattacieli del Centro Direzionale non appaiono poi così alti.
Eppure, ricordo lo sconforto del primo giorno: l’arcipelago di isole, un labirinto dai mille ingressi tutti eguali.

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Dove è il nuovo ufficio?

Al terzo giro intorno alla stessa edicola, il dubbio è certezza: mi sono perso ancora.
Seguo le indicazioni sparate tutte d’un fiato dal gentile venditore – procedi diritto fino al secondo incrocio a sinistra mantieni la destra sei arrivato – invece dopo dieci minuti sono ancora di fronte al medesimo giornalaio.

Mi guardo intorno sconsolato, nessuna insegna, poche indicazioni mangiate dalle intemperie.

I grattacieli del Centro Direzionale di Napoli non sono poi così alti

Come l’Edenlandia

Da piccolo, emozionato, varcavo l’ingresso dell’Edenlandia e tutto appariva enorme.
Con la meraviglia negli occhi, alzavo lo sguardo al cielo per ammirare la vetta delle irraggiungibili montagne russe.

Lo stupore è svanito con il trascorrere del tempo: più crescevo e più il parco giochi si restringeva intorno a me.

Centro Direzionale, sessanta giorni dopo

Dopo due mesi nella nuova sede di lavoro, il Centro Direzionale è fin troppo piccolo.
La passeggiata lungo i soliti viali, l’uomo vitruviano di Leonardo, la chiesa, i negozi, il palazzo di Giustizia, la galleria commerciale, le torri dell’ENEL.

Uno schema semplice e lineare: i grattacieli disegnano due linee parallele.
Come ho fatto a non orientarmi fin da subito?

Una prigione ben organizzata con i mille ristorantini dove consumare il pranzo ed una serie di bar per il caffè napoletano doc.

L’esercito dei lavoratori sfrutta l’ora d’aria: un fiume di persone che si sposta tra le isole per la migrazione intelligente, sgranchirsi le gambe, un incontro inatteso con un vecchio amico («lavori anche tu qui?»), chi tenta la fortuna al superenalotto e poi tutti insieme negli uffici di pertinenza.

Alle prime ore del pomeriggio, i soliti viali tornano deserti.

Ricordi futuri

Consumo la pausa passeggiando con le mani nel giubbotto.
A marzo l’inverno presenta il conto: folate di vento gelido tagliano il viso come rasoi, il cielo nuvoloso promette tempesta.

Un profumo familiare interrompe gli ultimi pensieri.

Proviene dal bar adiacente.
Mi volto, attirato da un ricordo magico.
Torno bambino, all’Edenlandia, mentre assaporo la graffa e lo zucchero lava il viso innocente.

Le vedo: graffe ancora fumanti.
Sorrido.

Guardo i grattacieli del Centro Direzionale.
Sono davvero alti come appaiono?
Forse.

Dipende da come li guardiamo.
Come il nostro futuro.


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«Operazione Penelope», di Raffaele Cantone (recensione)

Gli articoli di Raffaele Cantone

Operazione Penelope, di Raffaele Cantone, è una raccolta di articoli incentrati sulla camorra, le relazioni pericolose tra criminalità organizzata e pezzi di Istituzioni, politica e malaffare.
Una denuncia forte e convinta contro la «zona grigia», lo strato di società dove l’illegalità si mischia con affari e cittadini qualunque.

Il libro di Raffaele Cantone evidenzia l’evoluzione (storica) della camorra napoletana, da criminalità del sud Italia fino alla diffusione nazionale e poi globale.

Scritto da chi ha combattuto (e sconfitto) in prima persona il famigerato clan dei Casalesi, il testo è una fotografia spietata degli ultimi decenni.
Racconta le vicende dei clan attraverso l’emergenza (infinita) dei rifiuti campani, il ruolo di Nicola Cosentino sottosegretario e coordinatore di uno dei primi partiti in Italia, le vittime innocenti, la forza di donne ed uomini (famosi o sconosciuti ai media) chi hanno detto «no», i patti scellerati tra i camorristi ed i vertici politici nazionali.

Anche se le vicende narrate si fermano intorno al 2012, il testo è denso di significati tutt’ora attuali.

La recensione di «Operazione Penelope», di Raffaele Cantone

Lo sfogo del magistrato

Troppo spesso, quando i risultati ottenuti nella lotto alle mafie vengono azzerati da eventi successivi o da scelte, anche legislative, non coerenti con gli obiettivi dichiarati pubblicamente, si ha come l’impressione di avere a che fare con qualcosa di simile alla tela di Penelope raccontata da Omero nell’Odissea, tessuta di giorno e disfatta di notte, così che la mattina dopo bisogna ricominciare tutto da capo senza mai vedere la fine dell’impresa.

Per Roberto Saviano e Silvio Berlusconi

Netta la posizione di Cantone nei confronti di Roberto Saviano ed in generale degli intellettuali: sono voci da difendere.

Per non lasciare soli magistrati, forze dell’ordine e cittadini onesti e continuando a scrivere e parlare di convivenze e malaffare che l’illegalità potrà essere definitivamente sconfitta.

Il libro termina con una lettera ironica rivolta all’allora Presidente del Consiglio.

Da leggere per comprendere appieno il messaggio di Cantone: la battaglia alla camorra – sempre sottovalutata dallo Stato – si vince prima di tutto con l’integrità morale della politica e dei singoli cittadini.

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Giuseppe Martinelli (sei anni) deve tornare a casa

Formia, il tragico incidente

Giuseppe ha sei anni.
La vita gli ha riservato un destino infame: quel maledetto 19 agosto del 2014, a Formia viene travolto da un furgoncino che viaggia ad alta velocità.
Da allora, il piccolo Giuseppe è paralizzato in un letto d’ospedale e non respira autonomamente.

Non conosco la famiglia Martinelli né tanto meno la dinamica del drammatico incidente ma non credo sia importante soffermarsi sui particolari.
Di fronte a tanto dolore, abbiamo il dovere morale di scrollarci dall’anima l’indifferenza perpetua.

Abituati ai drammi quotidiani trasmessi in diretta tv, ci assuefiamo anche alle lacrime mai versate di un bimbo innocente.
L’indignazione dura il tempo di un clic, fino al post successivo – magari un’immagine divertente cattura il nostro sguardo spento.

Giuseppe Martinelli deve tornare a casa!

La richiesta della famiglia: portare a casa Giuseppe

Possiamo aiutare il piccolo Giuseppe?
Sì.

Come?
Con un clic.

Chiediamo al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Repubblica Italiana ed al Presidente Regione Campania Assistenza Specialistica ventiquattro ore al giorno per salvare la vita al piccolo Giuseppe.
A casa sua.

La petizione on-line

La forza della Rete dipende dalla spinta di ognuno di noi, dal singolo clic, dalla sensibilità personale.

Firmiamo la petizione on-line #GiuseppeTornaaCasa.

Crediamoci.

«L’acustica perfetta», di Daria Bignardi (recensione)

Daria Bignardi, scrittrice coinvolgente

La brava Bignardi scava nella coscienza di Arno.
Lei, donna, descrive magnificamente lo stato d’animo di un uomo costretto a guardarsi dentro.

Con uno stile avvincente, L’acustica perfetta procede verso il finale inatteso che lascia al Lettore una sensazione di sbalordimento.

Un libro profondo, mai banale.
Una trama apparentemente leggera che, dopo aver digerito, risale per presentarsi con tutta la sua amarezza.

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La trama

Può la fuga improvvisa della persona amata innescare un processo di crescita?
Succede ad Arno, felicemente sposato con Sara.
Tre figli, un lavoro – la musica, la sua passione – ed una vita appagante.
Almeno a lui così appare.

Invece, un mattino, il risveglio crudele: Sara scompare e lascia solo un biglietto …
Arno non si arrende, inizierà una lunga ricerca che lo porterà indietro nel tempo per conoscere aspetti ignoti della donna che ama.
Forse il presente non è così perfetto come appare ai suoi occhi?

Daria Bignardi, autrice del bel libro «L'acustica perfetta»

Perché leggerlo

Come un sasso nello stagno, L’acustica perfetta costringe il Lettore – come Arno, il protagonista – a riflettere.

E’ giusto mettere in discussione scelte cementate dall’amore – o presunto tale?
Ha senso ragionare, con gli occhi di oggi, sulle azioni passate?
Essere sempre presenti per l’amata moglie e gli adorati figli, basta per definirsi un buon marito ed un papà modello?

Domande difficili con riposte che potrebbero sconvolgere l’esistenza di chiunque.

La Bignardi sembra ricordarci che l’amore ha mille sfumature.
Nessuna scontata.

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Io napoletano innocente, vittima di un esperimento segreto?

Il triangolo delle Bermude? E’ a Napoli

Attesa prevista: quasi venti minuti.
GiraNapoli spara cifre a caso: l’autobus passa fra dodici minuti, dopo un refresh sul display dello smartphone compare uno stupefacente sedici, poi un nuovo tentativo e la sentenza: «dato non disponibile».

L’elefantiaco mezzo pubblico scompare dai radar, risucchiato dal traffico cittadino non fornisce più posizione e tempi.

Il mistero del triangolo delle Bermude è a Napoli, e noi cittadini di serieB in attesa di notizie che non giungeranno mai, non resta che pregare.

Alla fermata dell’autobus, la piccola folla radunatosi intorno al sottoscritto – nominato speaker ufficiale a furor di popolo – chiede spazientita: «quant pass sto benedett?».

Curare lo spirito e la forma fisica

Dopo trenta minuti di speranza, mantenere la calma è difficile.
A noi napoletani la pazienza non manca: inspirare e espirare, placare l’istinto distruttivo e ritrovare l’equilibrio psico-fisico.

Non resisto oltre, cedo.
«Vado a piedi» annuncio alla platea rumorosa.

Lascio alle spalle il brusio.
Distinguo chiaramente le due fazioni, i rassegnati ed i reazionari: i primi attendono il miracolo, i secondi reagiscono.

Inizio a camminare verso la fermata successiva.
Percorro il primo chilometro.
Interrogo l’app per curiosità più che convinzione: l’autobus è svanito dai satelliti ANM.

Mi sento in forma, continuo a passeggiare.
Passo dopo passo, scarico il malumore e ritrovo fiducia.

L’esperimento segreto

Sono sicuro: in qualche stanza buia del Comune si pianifica un progetto classificato TOP SECRET.

Il concetto è chiaro: la privazione, se non ammazza, rende più forte.

Gli autobus pubblici sono uno dei tanti elementi: l’attesa estenuante e la mancanza di informazioni sicure tempra lo spirito, la reazione e la passeggiata combattono l’obesità ed aiutano il cuore.

Il parcheggiatore abusivo?
Un incentivo a lasciare l’auto a casa o distante dal cinema utile a verificare il livello di passività del napoletano.

L’emergenza rifiuti?
Un test per comprendere il grado di assuefazione alla anormalità.

Un’unica, spietata regia a favore della salute del cittadino partenopeo.

I primi esiti: il napoletano reagisce bene

I primi risultati sono incoraggianti.
La resistenza del napoletano è superiore alla media nazionale e – caratteristica sviluppata negli anni di disservizi continui – si adatta in ogni altro luogo senza difficoltà alcuna.

Io stesso traggo notevoli benefici dall’inefficienza del trasporto pubblico: cammino di fermata in fermata e dimagrisco, m’abbronzo in estate e mi tonifico d’inverno, la resistenza aumenta di mese in mese.

Preso dall’entusiasmo, al prossimo ritardo della metropolitana proseguirò lungo i binari e  – da giugno – proverò la traversata a nuoto del golfo con destinazione Procida (per settembre, conto di giungere a Capri senza sostare per Ischia).

L’esperimento funziona.
Parola di una cavia napoletana.

Io napoletano innocente, vittima di un esperimento segreto su Napoli?

Io napoletano innocente, vittima di un esperimento segreto su Napoli?


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Il fascino dell’isola (vista dalla terraferma)

L’isola vista dalla terraferma

«Bella Capri! Appena possible torno per un weekend!» sospiro mentre da Pozzuoli osservo l’isola.

Il vento spazza via le nuvole, il panorama è limpido, la visuale nitida.
Capri sembra una donna distesa, affascinante.
Già, affascinante osservata con i piedi saldi sul continente, con la possibilità di girare le spalle e fuggire via dove desidero.

Auto, metropolitana, treno ed aereo sono – in teoria – disponibili.
Spazio infinito, nessun confine fisico limita la mia libertà.
Scatto la foto, «proprio bella Capri!».

Gli isolani come vivono sull'isola?

La vita sull’isola

Come sarà l’inverno su un’isola?
A quale velocità scorrono le giornate a Procida, un fazzoletto di terra raccolto in un palmo di mano?
Col maltempo ed i collegamenti sospesi, quale sensazione pervade un luogo immerso nel mare?

La realtà, poi, si capovolge con la bella stagione.
L’invasione dei turisti – pendolari e non – sconvolge gli equilibri e porta nuova linfa vitale.
Per un paio di mesi il caos travolge l’isola per poi far posto di nuovo al silenzio assoluto.

Come nel libro di Enzo G. Napolillo

Penso alla vita di Salvatore, il protagonista del bel libro di Enzo G. Napolillo,
Le tartarughe tornano sempre ambientato a Lampedusa.

Perché Lampedusa può essere una prigione per chi ci nasce e la terra promessa per chi sogna una vita diversa da guerra e violenza.
Dipende dal destino quale prospettiva ti regala.

Forse la citazione vale per tutti i luoghi?

Per quanto tempo resisti?

Chi nasce su un’isola, fin da piccolo, si abitua ai ritmi dell’oasi.
Prigione o Paradiso?
Dipende dalla prospettiva (personale) con la quale osservi il mondo.

Per il sottoscritto – cittadino metropolitano – trascorrere la vacanza in un luogo isolato è un piacere: niente affollamento, zero stress, calma e relax.
Il piacere è totale perché terminata la settimana di ferie, torno a casa a respirare boccate di sano smog, passeggiare per la città, ritrovare i miei piccoli, grandi «mostri» di sempre.

Riuscirei a vivere su un’isola?

Mentre rifletto, immagino che dal belvedere di Capri – proprio nello stesso istante – un isolano guarda Napoli, punta con lo smartphone la costa e scatta una foto.
Perplesso, si domanda: «come riescono a vivere in città?».


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Perché conviene essere un pendolare lumaca

Il film che si ripete ogni giorno (feriale)

Location: stazione centrale di Napoli.
Cast: migliaia di individui.

Trama
Un giorno feriale qualsiasi.
Spezzo la catena, rompo la routine e con uno sforzo mentale liberatorio mi fermo al centro della nuova galleria Piazza Garibaldi.

Alzo lo sguardo al cielo, stupito osservo un enorme stormo di uccelli virare compatto in una traiettoria serpentina per poi allontanarsi in un unico blocco.

Perso nella mia corsa quotidiana, un simile spettacolo della natura – fino ad oggi – non l’avevo mai carpito.

Il percorso scandito dal tempo

L’esercito dei pendolari continua indifferente la folle corsa, treni che non prevedono fermate intermedie.
Alcuni automi sfrecciano a pochi centimetri, mi urtano e continuano il viaggio isolati nelle cuffiette e nei loro pensieri.

«Correre! Arrivare il prima possibile!», il flusso umano sembra obbedire ad ordini perentori diffusi dagli altoparlanti della stazione sotto forma di note musicali.

Come soldatini ubbidienti, i robot schizzano via indisturbati, una folla unisona che ogni giorno si ritrova agli stessi orari, con le medesime abitudini, con i minuti contati.

Al rientro, le stesse dinamiche ripetute in direzioni opposte.
Sempre con l’occhio attento sull’orologio-padrone.

La lumaca, sentinella del tempo nella stazione centrale di Napoli

La lumaca, sentinella del tempo nella stazione centrale di Napoli

La lumaca

L’abnorme lumaca verde, ferma nella galleria Piazza Garibaldi, contrasta con forza l’andirivieni continuo dei pendolari in fuga.
Immobile, osserva il flusso umano in perenne movimento.

Col distacco dei giusti, chiede: «perché correte?»
La riflessione, però, resta inascoltata di fronte all’indifferenza dei passanti.
«Rallentate!», urla la sentinella del tempo che scappa via.

Ma i pendolari non possono frenare, devono proseguire.

Altre piccole lumache colorate lentamente si arrampicano lungo le travi e – piano piano – raggiungono il tetto trasparente per osservare gli stormi di uccelli.

Avanzano senza stress, in cerca della libertà che i pendolari sembrano aver smarrito nei meandri della stazione.


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Centro Direzionale di Napoli, la fontana malata

Centro Direzionale, dov’è la manutenzione?

«La manutenzione è affidata alla Napoli Servizi» conferma un addetto della GE.SE.CE.DI, la società che cura la sicurezza del Centro Direzionale di Napoli, ad una mia domanda davanti il triste spettacolo della fontana divenuta una piccola discarica e non più funzionante.

La fontana al Centro Direzionale di Napoli, icona dell'assenza di manutenzione

La fontana al Centro Direzionale di Napoli, icona dell’assenza di manutenzione

I compiti della Napoli Servizi

La notizia trova conferma sul post Il Comune di Napoli per il Centro Direzionale:

A partire dal mese di novembre 2015 il Comune di Napoli prenderà in carico la gestione delle aree pubbliche e delle aree private ad uso pubblico poste a livello pedonale (Piano Zero) e delle opere infrastrutturali di sua proprietà del Centro Direzionale per il tramite delle sue partecipate ASIA e NAPOLI SERVIZI.

Scarico la brochure con i dettagli della iniziativa e nella sezione dedicata alle opere edili e leggo i compiti della Napoli Servizi:

SERVIZIO DI MANUTENZIONE ORDINARIA DELLE OPERE EDILI
(su segnalazione del servizio SAT delta Municipalta)
Sarà svolto presso i viali pubblici del Centro Direzionale di Napoli.

LE ATTIVITA’ CHE SVOLGEREMO
• Sistemazioni di piccoli tratti di pavimentazione sconnessa
• Sistemazione di muretti di proprietà pubblica
• Controllo efficienza ed eventuale disostruzione di pozzetti e griglie di acque bianche

L’editoriale di Vivere il Centro Direzionale

Paola Magliocchetti, nell’editoriale di febbraio di Vivere il Centro Direzionale, affronta il problema del degrado crescente nell’area.

Oggi scopriamo che la manutenzione della fontana – come la pulizia di aiuole e monumenti – non rientra nei compiti della Napoli Servizi.

Lo scaricabarile è servito, i burocrati strofinano soddisfatti le mani, gli ingranaggi arrugginiti della macchina pubblica si inceppano definitivamente.

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Il rimpallo delle responsabilità

Sindaco, Comune, ASIA, Napoli Servizi, enti associati e partecipate varie: inizia il ping-pong delle responsabilità.

A chi tocca ripulire il monumento abbandonato?
A tutti e a nessuno?
Misteri della burocrazia italiana.

Nel mentre, io non mi assuefo.
Attendo fiducioso la guarigione della fontana malata.


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Che cos’è la frequenza di rimbalzo, perché è importante e come migliorarla?

Che cos’è la frequenza di rimbalzo?

La frequenza di rimbalzo indica la percentuale di visitatori che, dopo aver visitato una pagina, esce dal sito.

Il dato è fornito da Google Analytics.
Il Grande Fratello è installato sotto i pavimenti, dietro le pareti, nascosto sul soffitto di faCCebook.eu.

In ogni angolo della mia piccola casetta digitale, si nasconde un sensore pronto a carpire ogni sospiro del visitatore per trasformarlo in un numero che misura un’azione.

Ad esempio, leggere un desolante 75% come frequenza di rimbalzo media, significa che tre utenti su quattro giunti sull’articolo del giorno di faCCebook.eu, a fine lettura, non visitano un’altra pagina del sito ma scappano veloci verso altri lidi.

Succede quando il post è raggiunto da un link diretto via social oppure se l’argomento viene trovato mediante un motore di ricerca.

Da Facebook o Google con un unico salto l’ospite raggiunge il salottino, prende ciò che gli interessa e subito dopo abbandona la casa digitale senza curiosare nelle altre stanze.
E la frequenza di rimbalzo sale …

Il tempo medio della visita: due minuti

Altra domanda esistenziale: quanto tempo dura la visita del navigatore?
La durata della sessione media di Google Analytics misura i minuti spesi dall’ospite nella casetta digitale.

Incrociare la frequenza di rimbalzo con la durata della sessione media svela importanti dettagli e conferma il comportamento mordi e fuggi della maggior parte degli utenti (mondiali).

Rifletto mentre studio Google Analytics e mi soffermo sulla frequenza di rimbalzo!

Rifletto mentre studio Google Analytics e mi soffermo sulla frequenza di rimbalzo!

La delusione del padrone di casa

Come ti sentiresti se nove ospiti su dieci, una volta giunti nella tua amata casetta, dopo due minuti scappassero via?

Eppure ti sei preparato al meglio per ricevere i visitatori, sei convinto di aver curato ogni dettaglio, reso l’ambiente confortevole ed accogliente.
Come spiegare il motivo della fuga e prolungare il soggiorno degli ospiti?

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Come ridurre la frequenza di rimbalzo?

Il quesito è motivo di studio giornaliero da parte di sedicenti esperti e non presenta soluzioni certe.
Valgono i soliti consigli:

  • pubblicare contenuti di qualità
    (emozionare, coinvolgere, risolvere, informare sono le leggi base di ogni post di successo che invoglia il Lettore a tornare)
  • fidelizzare, il principio d’oro del marketing
    (sii presente su tutti i canali social e cura la newsletter)
  • inserire link ad altre pagine interne
    (senza esagerare, le eccessive autocitazioni infastidirebbero chiunque, anche Napoleone Bonaparte)
  • link ai post collegati
    (Potrebbe interessarti anche …) da aggiungere a fine articolo quando l’ospite è più generoso e propenso a leggere un nuovo contenuto – soprattutto se divertente

Il valore del clic di fine articolo

Il clic di fine articolo vale oro e va utilizzato con intelligenza.
Se il Lettore giunge all’ultimo rigo del nostro post, sarà coinvolto positivamente dal contenuto dell’articolo e propenso ad un’azione emotiva.

Sfruttiamo il momento di debolezza!
Proponiamo un’azione che legherà il Lettore al nostro sito per invitarlo a tornare.
Ad esempio, io mi gioco la carta della registrazione alla newsletter 🙂


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Approfitta

Un babà (bianconero) indigesto

Da Torino mi inviano un babà bianconero, un boccone amaro difficile da digerire.

Un babà bianconero indigesto

Pubblico lo scherzo, ringrazio il mio amico per il dolce pensiero, sorrido ed attendo tempi migliori: prima o poi, il babà tornerà napoletano 🙂

Dagli XFiles: forza Napoli, noi ci crediamo!

XFiles, l’augurio di Mulder e Scully

Fox Mulder e Dana Scully tifano Napoli.
E’ quanto emerge dal sito ufficiale degli XFiles a poche ore dal big match con la Juventus.

Con una nota ufficiale, i due agenti speciali dell’FBI che da anni combattono per svelare la verità sugli alieni, incitano gli azzurri con la passione di due tifosi qualsiasi.

Fox Mulder e Dana Scully, gli eroi degli XFiles tifosi del Napoli

Fox Mulder e Dana Scully, gli eroi degli XFiles tifosi del Napoli

I want to believe

Per l’uomo capace di fornire spiegazioni impossibili a fenomeni a dir poco soprannaturali, stavolta non c’è nessun mistero: la superiorità del Ciuccio è schiacciante!
La piccola zebra – anche da un punto di vista scientifico – non ha possibilità alcuna.

Lei, rapita dal fascino di Higuain, lancia in un promessa-choc:  se il Pipita bucherà la rete di Buffon, nella prossima serie la vedremo con i capelli (oggi rossi) dipinti d’azzurro!

Stasera, insieme a tutta la città, anche loro saranno incollati alla pay-tv: come noi, ci credono!


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Ed il Vesuvio nascose la testa (per la vergogna)

La foto

Il Vesuvio, per la vergogna suscitata dai ripetuti cori beceri che coinvolgono il suo altisonante nome contro Napoli, nasconde la testa tra le nuvole.

Ed il Vesuvio nascose la testa (per la vergogna?)

Ed il Vesuvio nascose la testa (per la vergogna?)

Cultura vs razzismo

In attesa di quell’importante giorno quando la cultura cancellerà definitivamente il razzismo ed il pregiudizio, non mi resta che attestare come il «mostro» sia ancora vivo e forte.
Nella testa dell’ignorante.


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