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«Io non sono d’accordo», l’orgoglio dell’ultimo marinaio

Dalle puntate precedenti

La nave “HP Pozzuoli” naviga verso l’isolotto, i 160 marinai oramai rassegnati all’infausto destino sono incapaci di reagire a qualsiasi ordine giunto dagli uffici del nord.
Può un solo uomo cambiare le sorti già segnate?
Forse no, però un solo uomo può decidere secondo i propri principi e vivere con dignità anche le vicende più drammatiche.

Puntata1: Hp Pozzuoli affonda, colpita dal fuoco amico
Puntata2: HP Pozzuoli, il giorno della decisione
Puntata3: fatti non foste a viver come bruti?

L’ordine inderogabile

«Entro due settimane, dovete affondare la nave “HP Pozzuoli”».
Il comando giunto dagli uffici del nord è perentorio, scolpito nero su bianco.

Il dispaccio è nelle robuste mani del fedele marinaio, liberato dai suoi stessi carcerieri dopo l’ammutinamento, la ribellione figlia della paura che ora porta la nave “HP Pozzuoli” verso l’inesorabile destino.

«Giunti sull’isolotto, centoventi vi si stabiliranno mentre i seguenti quaranta saranno prelevati per tornere nella capitale» continua il messaggio.
Seguono nomi e cognomi dei prescelti, strappati al mare e trasferiti sulla terraferma.

La rotta controllata dagli uffici del nord

“HP Pozzuoli” viaggia in acque tranquille, la tempesta appare lontana.
Nessun marinaio presiede il ponte di comando, la nave è guidata a distanza e la rotta stabilita dai lontani uffici del nord.

I 160 uomini, attanagliati dal panico, smarriscono qualsiasi forma di opposizione, paralizzati dall’incertezza del futuro sono oramai ridotti ad automi inermi.

La quiete apparente nasconde l’inganno, la fine di”HP Pozzuoli” e dei 160 professionisti è prossima ed accettata con rassegnazione crescente.
L’ineluttabile fato potrà essere modificato?

«Burattini, siamo burattini nelle mani dei superiori» è la pacata riflessione del fedele marinaio.

principi e dignità, l'orgoglio dell'ultimo marinaio

L’orgoglio dell’ultimo marinaio

L’uomo è solo sul ponte della nave, l’isolotto è visibile ad occhio nudo.

«Ci ordinano di affondare le nostre vite, tradire i principi nei quali crediamo. Come possiamo accettare? Cosa siamo diventati?» riflette mentre il sole tramonta alle sue spalle.

«Non lottiamo più, ci siamo arresi, abbiamo perso, siamo divisi e rassegnati. Gli uffici del nord hanno vinto, la partita è finita!» le voci degli automi riunitosi in spontanee assemblee si alza da ogni angolo della nave.

Il fedele marinaio guarda il foglio di carta che ancora conserva tra le robuste mani tipiche di chi ha sempre navigato.
Con rabbia strappa il dispaccio e riduce il messaggio in mille innocui coriandoli portati via dal vento.
«IO NON SONO D’ACCORDO» urla a denti stretti con l’ultima goccia di orgoglio.

HP Pozzuoli, siamo ai titoli di coda

HP Pozzuoli in CIGS, l’e-mail ufficiale

Venerdi undici settembre, ore venti.
La comunicazione era nell’aria ma leggere nero su bianco le parole «CIGS», «Pozzuoli» e «tutti i lavoratori saranno sospesi» è un colpo difficile da metabolizzare.

L’e-mail sancisce ufficialmente la fine di un’epoca: HP Pozzuoli chiude, la totalità dei 159 lavoratori andrà in CIGS.

Il piano di ristrutturazione prevede il passaggio di quaranta colleghi tra le sedi HP di Roma e Pomezia, i rimanenti centoventi in Maticmind.

Come in un film

Leggo, resto sbigottito.

Siamo difronte ad un bivio, chi resterà in HP (pochi) e chi andrà via (la maggioranza), ognuno con i propri pensieri e paure, tutti amareggiati e preoccupati.

Ripenso ai diciotto anni spesi prima in EDS e poi in HP e come in un film scorrono i mille volti dei colleghi: avevo ventotto anni quando fui assunto, a breve ne compirò quarantacinque.

Un film durato diciotto anni, un pezzo di vita cancellato da una e-mail, mille scene tagliate senza una vera ragione, una pellicola spezzata dalla censura americana (nonostante gli incassi sempre eccellenti).

Come in un film, in HP Pozzuoli scorrono i titoli di coda

Scorrono i titoli di coda

Il film della sede di HP girato a Pozzuoli è alle battute finali,  i titoli di coda scorrono lenti con una scia di malinconia.
La struggente colonna sonora di Ennio Morricone è perfetta per l’epilogo senza l’happy-end.

Il futuro: un cortometraggio o un thriller?

Come ogni dramma che si rispetti, la sceneggiatura prevede la sofferenza fino all’ultimo fotogramma: il sottoscritto – insieme ai rimanenti centoventi – dovrà scegliere se girare il cortometraggio in Maticmind oppure provare il thriller della CIGS.

In ogni caso, il film HP Pozzuoli non prevede sequel.

Dal dentista, il tweet perfetto

La sala d’attesa, luogo di pentimento

Con trepidazione crescente, attendo la convocazione.
Lo smartphone è morto, non c’è campo.

Giocherello con Whatsapp, guardo le foto dei contatti e leggo lo stato.
Mio cugino cita una frase storica di Nelson Mandela: «un vincitore è solo un sognatore che non si è mai arreso», un’amica ricorda il fascino della lettura: «un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso» (Daniel Pennac).
La fantasia e la tecnologia, un binomio vincente.

La sala d’attesa è vuota, il prossimo condannato sarà il sottoscritto.
La pausa forzata sprona, l’ambiente invita a riflettere.

Dal dentista, l'attesa genera il tweet perfetto

Le riviste del secolo scorso

Depongo il cellulare.
Dal tavolino posto vicino le poltrone, estraggo una rivista dal mazzo.

Elisabetta Gregoraci incinta beccata dal paparazzo mentre è in posa sullo yacht di famiglia, Belen mostra le grazie al mondo con la dovuta timidezza, una donna confessa di essere l’ennesima miracolata di Padre Pio, una ex pornostar illustra la sua nuova vita da suora di clausura.

Perché i dottori non si abbonano a riviste intelligenti?
E per quale mistero le sale d’attese sono zeppe di giornali del secolo scorso?

La tortura ha un prezzo (alto)

Tocca a me.
Percorro il corridoio illuminato dai neon bianchi, la giovane segretaria con un cenno gentile mi invita ad entrare nella sala delle torture.
Varco la soglia, la porta si chiude, restiamo solo io ed il crudele dentista.

Il piccolo «mostro» sarà debellato in trenta minuti, la carie non può nulla contro le armi appuntite del torturatore.
«Operazione conclusa con successo, nulla di grave, ci vediamo fra un anno» sentenzia l’odontoiatra col sorriso di chi sa il fatto suo.

Passo alla cassa, il funerale al piccolo «mostro» costa caro.
Torturato e felice scappo via desideroso di addentare una zuppa di lenticchie (meglio non rischiare).

Il tweet perfetto

Un tweet generato dall’estenuante attesa sintetizza per i posteri (pazienti) l’emozione del momento.

Best Shore, come licenziare un italiano ed assumere tre indiani

Analizzo gli avvenimenti degli ultimi due mesi, i sessanta giorni che hanno stravolto la mia vita e quella dei 160 colleghi HP Pozzuoli (con relative famiglie).

Best Shore: un italiano vale tre indiani

L’annuncio della chiusura irrevocabile della sede napoletana avvenuta lo scorso 7 luglio per «ristrutturazione», segue una strategia industriale diffusa: il best shore.

HP utilizza il best shore: tre lavoratori indiani al costo di un lavoratore italiano

HP utilizza il best shore: tre lavoratori indiani al costo di un lavoratore italiano

L’emorragia dei bilanci (vera o presunta) oggi si combatte con la delocalizzazione (nel nostro caso, delocalizzazione informatica): in Italia il costo del lavoro è alto? Si sposta la produzione industriale nei paesi emergenti.

Il principio vale per i beni materiali (la costruzione di un auto) come per le risorse dematerializzate (la scrittura del software).

Il manager di Palo Alto – sede del quartier generale della Hewlett Packard – calcola: tre informatici indiani costano quanto un informatico italiano.

Best Shore, dov’è l’etica e la professionalità?

Tre lavoratori al prezzo di uno, è la globalizzazione bellezza!

La ricetta è  fin troppo facile: a parità di budget, triplico il team di lavoro e partecipo alle gare di appalto con offerte al ribasso.

Segue lo tsunami occupazionale: un altro pezzo di Italia chiude i battenti ed insieme alle catene di montaggio, call center e cervelli fugge oltre le Alpi con il beneplacito delle Istituzioni (nazionali e locali).

E la qualità del lavoro? L’assistenza? La soddisfazione del cliente?
Gli investimenti al Sud? Il rilancio del Mezzogiorno?
Spente le telecamere, a nessuno interessa il tema.
L’unico, inderogabile dio al quale obbedire è il cinico foglio excel del manager americano.

Mille sacrifici, zero risultati

Venticinque giorni di sciopero, sacrifici economici, due incontri al Ministero dello Sviluppo Economico, le promesse del Ministro Guidi, l’impegno della Regione Campania, l’appoggio del Sindaco di Napoli De Magistris e del primo cittadino di Pozzuoli Figliolia, la campagna mediatica per sensibilizzare l’opinione pubblica non sono serviti a nulla: HP continua la sua «missione esternalizzatrice».

Il punto sulla trattativa

HP Pozzuoli a breve chiuderà.
Noi, 161 dipendenti, valutiamo le seguenti tre opzioni:

  • alcuni fortunati resteranno in HP presso altra sede
  • i rimanenti verranno trasferiti in Matic Mind (piccola società IT)
  • chi rifiuterà il suddetto salto nel buio, cadrà nel pozzo della CIGS

La trattativa tra sindacati ed azienda continua, i dubbi si moltiplicano, l’assenza di criteri trasparenti genera entropia.

Per nostra fortuna abbiamo la pistola della CIGS puntata sulla tempia: vuoi vedere che tale minaccia «faciliterà» la decisione impossibile?

HP – Matic Mind, la risposta è nella poesia

Matic Mind, la selva oscura

«Nel mezzo del cammin della mia vita, mi ritrovai in Matic Mind, ché la diritta via dell’HP era smarrita».

Questo nobile verso dantesco (ispirato al primo canto dell’Inferno), potrebbe essere l’incipit della prossima storia scritta per noi, i 160 informatici di Pozzuoli trasferiti dalla multinazionale americana verso la selva oscura.

Matic Mind, la selva oscura

Oltre la siepe c’è l’Infinito

Eppure, nonostante le mille difficoltà leopardiane, affermiamo con orgoglio «sempre caro mi fu quest’ermo ufficio».

L’ostacolo appare insormontabile, i silenzi altrui ci scaraventano oltre la siepe costretti ad immaginare un futuro al di là di HP ove «tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il licenziamento m’è dolce in questo mare».

Ed è subito precariato

«Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole:
ed è subito sera».

I tre ermetici versi di Salvatore Quasimodo bene rappresentano il mio attuale stato d’animo: solitudine, gioia e dolore, precarietà della vita.

Col permesso dell’autore, non mi resta che aggiornare la poesia (risalente agli anni trenta dello scorso secolo) ai nostrani temi di stretta attualità:

«Ognuno sta solo in HP
trafitto da una mail:
ed è subito Matic Mind»

fatti non foste a viver come bruti?

Dalle puntate precedenti

Il fedele marinaio è vittima di un ammutinamento.
I suoi compagni di viaggio, stanchi e sconfitti, accettano l’invito degli uffici del nord e decidono di attraccare sul piccolo isolotto nonostante siano coscienti della trappola che li attende.
Al fedele marinaio, allontanato nella sua cabina, non resta che trovare la risposta tra i libri …

Puntata1: Hp Pozzuoli affonda, colpita dal fuoco amico
Puntata2: HP Pozzuoli, il giorno della decisione

L’ammutinamento

Il fedele marinaio se l’aspettava, l’ammutinamento – come il tradimento – è parte della Storia.

I 160 uomini della malridotta nave “HP Pozzuoli” cedono alla tentazione delle sirene.
Il piccolo isolotto è a portata di naso, la sicura terraferma attrae i lavoratori oramai stanchi, professionisti prima traditi e poi abbandonati dai loro stessi comandanti.

La debolezza prevale e contro la volontà del marinaio, leader fino a ieri, la nave inverte la rotta e dirige le esili speranze verso l’apparente salvezza.

«Vogliamo vedere quali opportunità offre quest’isola», «meglio un pezzo di deserto che il buio e la tempesta», «se continuiamo, affonderemo», urlano dal ponte dell’imbarcazione ridotto ad un’assemblea pubblica.

Il fedele marinaio, emarginato dal gruppo e prigioniero nella sua cabina, riflette.
Perché i suoi colleghi credono alle illusorie promesse provenienti dai ricchi uffici del nord? Fingono di poter ancora scegliere quale futuro costruire oppure sono rassegnati per un destino segnato?

fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza

Inferno – Canto XXVI

L’uomo, amareggiato, cerca le risposte nella Storia perché il tempo scorre, la scienza si evolve ma la debolezza dell’animo umano è la medesima nei secoli.

Legge e rilegge il canto XXVI dell’Inferno, tra le righe della Divina Commedia trova le parole per incoraggiare i suoi compagni di viaggio a non perdersi d’animo e a proseguire la rotta …

“O frati”, dissi “che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia

de’ nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”.

Scrive delle brevi note su un fogli di carta che fa scivolare sotto la porta della sua cabina-prigione.

“O fratelli”, dissi, “che avete raggiunto l’estremità occidentale in mezzo a centomila pericoli, in questo poco tempo di vita sensibile che ancora ci rimane, non vogliate negare la conoscenza seguendo la direzione del sole della parte del mondo disabitato.
Riflettete sulla vostra origine: non siete stati creati per vivere come delle bestie ma per conseguire virtù morale ed estendere il vostro sapere”.
Con questo breve discorso resi i miei compagni così desiderosi di mettersi in viaggio che a stento dopo sarei riuscito a fermarli; e rivolta verso Oriente la poppa della nostra nave, trasformammo i remi in ali per quella folle impresa …

Il fedele marinaio crede nel coraggio, nel rischio e nella sete di conoscenza perché in ogni uomo vive un piccolo, grande Ulisse.

Elogio dell’imperfezione, di Rita Levi di Montalcini (recensione)

La donna e la scienziata

“Elogio dell’imperfezione” rispecchia fedelmente la vita di Rita Levi di Montalcini e può essere diviso in due parti: le pagine dedicata alla donna e quelle rivolte alla scienziata.

Le prime sono sincere, entusiasmanti, emozionanti, le seconde dense di passione, sacrifici, rinunce, successi.

La narrazione parte dai primi anni del novecento, attraversa i momenti tragici affrontati tra le due guerre con l’avvento del nazismo e termina con la fine del secolo.
Cento anni di incredibili aneddoti che evidenziano la caparbietà della scienziata intenta a studiare sotto i bombardamenti, un amore verso la ricerca che la porterà al premio Nobel nel 1986 ma l’impedirà di costruire una famiglia (lei stessa afferma di non desiderare il ruolo di moglie e madre).

Rita Levi di Montalcini

Lo stile

La scrittura della Montalcini è impeccabile: elegante, raffinata, accademica, umile.
I primi capitoli scorrono via veloci incentrati soprattutto sulle vicende familiari.
Le difficoltà emergono quando la Montalcini descrive gli studi sull’NGF (Nerve growth factor) con termini spesso incomprensibili, considerazioni, conclusioni e citazioni indecifrabili per noi comuni mortali.

Elogio dell’imperfezione

Il titolo racchiude perfettamente il contenuto del libro: l’imperfezione è il motore dell’evoluzione.
La natura, per correggere i difetti, si migliora.
Affascinante.

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La caccia

La caccia è aperta

Un pericoloso informatico si aggira tra gli uffici di HP Pozzuoli, l’unica sede della multinazionale americana presente in Campania.

Convocati i migliori tagliatori di teste del settore, autorizzati a sterminare – con ogni mezzo – i pochi tecnici altamente specializzati sopravvissuti negli ultimi dieci anni di crisi.

La caccia è aperta, la preda non avrà scampo.

La caccia ed il condannato innocente

La forza del licenziato

Braccato, sanguinante, disperato.
L’informatico HP Pozzuoli è solo, abbandonato dai suoi simili e da chi dovrebbe tutelare la specie, non accetta l’infausto destino: è già un condannato a morte.

Ma come tutti i condannati, il «mostro» non ha più ha nulla da perdere.

Quale grave minaccia può spaventare un futuro licenziato?
Un «andrai in cassa integrazione» non smuove una sopracciglia, «trasferimento a Cuneo» provoca un impercettibile movimento del labbro superiore destro, «ti aspetta il jobs act» suscita uno sbadiglio annoiato.

Un uomo già morto non può essere ammazzato due volte, è questo il segreto.

La condanna di un innocente

I tagliatori di teste operano con armi potenti e munizioni illimitate, in breve isoleranno la preda per far terra bruciata intorno alla tana.

Secondo i piani, la resa è prossima.

L’esperienza insegna: attenzione agli ultimi giorni di vita del licenziato.
Pur di non cadere in trappola, la disperazione potrebbe portare il fuggitivo ad un ultimo gesto insensato.

Nulla viene lasciato al caso, ogni dettaglio è studiato nei minimi particolari, l’obiettivo deve essere raggiunto, non sono previsti slittamenti e concessioni, la trattativa è indice di debolezza.

Alla preda viene concessa un’unica attenuante: è innocente.

Una informazione considerata ininfluente, la caccia continua fino allo sterminio totale della specie presente a Pozzuoli.


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HP Pozzuoli, il giorno della decisione

Prefazione

La prima puntata Hp Pozzuoli affonda, colpita dal fuoco amico evidenzia la fedeltà del marinaio ed il cinismo del comandante: il sottoposto crede nel suo lavoro, ai Generali interessa solo salvare la merce e rispettare gli ordini ricevuti.

Si tratta di un articolo di pura fantasia, una metafora per raccontare la chiusura della sede HP Pozzuoli, vicenda tristemente reale.

All’autore l’idea della storia immaginaria piace perché richiede uno sforzo creativo, la fatica necessaria per definire un proprio stile riconoscibile (e, si spera, apprezzato) dal Lettore.
Continuerò su questa strada.

La ripresa

«Signore, la falla è riparata!» annuncia il fedele marinaio con entusiasmo.
Dopo tre settimane di silenzio radio obbligato, la comunicazione è miracolosamente ripristinata.

«Come cavolo avete resistito?» rispondono esterrefatti dagli uffici del nord.
«Con tutto il rispetto signore, credo che sottovalutiate le nostre competenze e forse ignorate il nostro lavoro» replica il marinaio.
«La nave “HP Pozzuoli” è tornata a navigare, la squadra ha compiuto un mezzo miracolo e, nonostante il tradimento, i 160 continuano a compiere il proprio dovere. Signore, dovreste vedere per capire» spiega il coraggioso marinaio con l’orgoglio ritrovato.

HP Pozzuoli torna a navigare

HP Pozzuoli torna a navigare

L’uomo è sul ponte, la nave malridotta è in balia del mare, l’equipaggio all’estremo delle forze.

«Signore, chiediamo di tornare a Pozzuoli» chiede con decisione.
«Escluso marinaio, Pozzuoli non esiste più. Continuate a navigare» ribattono dagli uffici del nord.

Il marinaio osserva l’orizzonte, il cielo è denso di nuvole nere, violenti fulmini precipitano in acqua mentre rombi di tuoni si udono in lontananza.
«Signore, a breve affonderemo e lei lo sa. Ci aiuti» chiede il marinaio con un filo di voce.

La proposta

«Sui nostri radar è indicata un’isola, gli strumenti segnalano clima sereno, natura amica, fiumi puliti, vegetazione sicura. Luogo perfetto, attraccate» ordinano dagli uffici del nord.

Il fedele marinaio, armato di binocolo, scruta l’orizzonte e dopo un’attenta osservazione individua il pezzo di terra in prossimità della tempesta.

«Signore, è un isolotto molto piccolo. Possono sopravvivere al massimo una quarantina  …» osserva stupito il marinaio.
«Quarantotto per la precisione» confermano dagli uffici del nord «ma abbiamo inviato una scialuppa per prelevare subito trenta persone. Marinaio, tu salirai su quella scialuppa insieme ai migliori. Seleziona tu …» sibillano dagli uffici del nord.

HP Pozzuoli e la decisione impossibile

HP Pozzuoli e la decisione impossibile

La decisione

Il destino della nave “HP Pozzuoli” è ad un bivio: fermarsi sull’isolotto e salvare – per un tempo ristretto – una parte dell’equipaggio oppure evitare questa ulteriore umiliazione?
E come scegliere i trenta da far salire sulla scialuppa di salvataggio inviata dagli uffici del nord? E a questi fortunati, quale sorte toccherà?

L’uomo guarda i 160 marinai con i quali ha condiviso gli ultimi vent’anni della sua vita: nonostante sia ben presente la ferita provocata dal siluro-amico, continuano a lavorare con la solita professionalità.

«Signore, con tutti il rispetto, credo che lei non sia un vero marinaio e immagino che non abbia mai messo piede su una nave» afferma tutto d’un fiato l’uomo.

La nave “Hp Pozzuoli” supera il piccolo isolotto fantasma, ora procede verso l’orizzonte incerto.

Il marinaio chiude la comunicazione radio, raggiunge sul ponte gli altri 160 marinai e si prepara.
Li attende una tempesta mai affrontata e dopo, riflette il marinaio, nulla sarà più come prima.

Contro la pornografia mediatica

Sky dice no alla pornografia mediatica

Apprezzo la scelta editoriale di Sky: non trasmettere il video dei due giornalisti uccisi in diretta tv da un ex collega (analogamente alle atrocità dell’ISIS).

Alison and Adam i due giornalisti uccisi in diretta tv

Alison and Adam i due giornalisti uccisi in diretta tv

Il tg delle venti è un contenitore degli orrori quotidiani che si consumano nel mondo, meriterebbe il bollino rosso per la tutela dei minori, proprio come accade per i film adatti ad un pubblico adulto.

I servizi mostrano dettagli raccapriccianti per attirare l’attenzione degli spettatori oramai assuefatti ad ogni tipo di visione a qualsiasi ora del giorno.

Rifletto su un particolare: l’esecuzione mafiosa di un malvivente appartenente ad un altro clan oramai occupa lo spazio minimo di un trafiletto di giornale, quasi fosse normale ammazzare una persona perché rivale.

La mia scelta: non guardo il video

Così decido di non guardare dallo spioncino della serratura, evito la trappola della tragica realtà presentata come un film d’azione, dieci secondi di choc e poi il successivo servizio sul concorso dei cani a Riccione.

La pornografia mediatica merita la censura, ognuno di noi stabilissce se rigettare l’informazione-spazzatura oppure premiare il diritto di cronaca corretto.

A voi il telecomando.

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Il primo licenziamento non si scorda mai

Il licenziamento non è una tragedia
(per gli altri)

«Mario, stai sereno. Vedrai che in qualche modo tutto si aggiusta».
Tutto si aggiusta, e come?

«Tranquillo, dopo il peggio giunge sempre il meglio».
Davvero? Quindi basta attendere?

«Il licenziamento è un’opportunità, pensa positivo!».
Rifletterò, grazie per la dritta.

Licenziamento, le chiacchiere da spiaggia

Quest’anno, in spiaggia, ho fatto il pieno di consigli.
L’argomento bollente – mio malgrado – è il sottoscritto e la chiusura della sede HP Pozzuoli che, guarda caso, coincide proprio con il mio luogo di lavoro.

Il «mostro» è troppo grande per non buttarlo fuori e chiunque incontro diviene il mio inconsapevole confessore.

«Scusami, non vorrei sembrare monotematico ma la questione lavoro mi assilla» aggiungo per giustificare le mie ripetute osservazioni.

«Figurati Mario, anche io al tuo posto sarei preoccupato, anzi tu sei fin troppo calmo» e mentre ricevo una pacca consolatoria sulla spalla, il mio interlocutore occasionale continua con un interessante «ma che ne pensi del Napoli di quest’anno?».

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Le scuse

Un minuto, sessanta secondi, è il tempo medio dell’ascoltatore estivo.
Siamo sulla battigia, la zona dove le onde del mare si infrangono, i bimbi scavano le gallerie in cerca di acqua e costruiscono fantastiche costruzioni.

Cala il silenzio, oggi il calcio non è in cima ai miei pensieri.

«Vado a fare un tuffo, a dopo», la diplomazia interrompe un inizio di imbarazzo.

Chiedo venia a chi in vacanza ha sopportato le mie lagne lavorative.
Comprendete lo sfogo, dopotutto si tratta del mio primo licenziamento.

il mio primo licenziamento


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Perché non vivo a Milano (nonostante #hpemergency)

Milano, città generosa

Nel produttivo meccanismo lombardo, c’è un’opportunità per tutti.
Il gigantesco congegno gira senza mai incepparsi da più di cinquant’anni e sostiene l’intera economia del Nord.

Chiunque giunga a Milano – i campani, pugliesi e calabresi di ieri o gli egiziani, siriani, filippini di oggi – può contribuire a tener vivo il sistema.

Potrà insediarsi in un anello infinitesimale del congegno, essere un nuovo bullone in una serie di bulloni invisibili oppure ampliare l’insieme inventandosi nuove funzionalità.

Dipende dalle proprie potenzialità e capacità, Milano è pronta ad inserire il volenteroso nel sincronismo perfetto.

Milano al settimo posto, Napoli al novantaseiesimo

La pagella finale stilata dal Sole 24Ore per il 2014 premia Milano con un lodevole settimo posto.
Nella classifica annuale che misura la qualità della vita, il capoluogo lombardo è la prima tra le grandi metropoli italiane (precede Roma di cinque posti).

I numeri bocciano il Sud e Napoli: nonostante guadagni undici posizioni rispetto all’anno precedente, la nostra città resta nei bassifondi con il desolante novantasei appiccicato sul Vesuvio.

Perché non vivo a Milano (per ora)

Perché non vivo a Milano (per ora)

La qualità della (mia) vita

Lo scorso luglio pernotto a Milano per un paio di giorni.
Mancavo dal capoluogo lombardo dal lontano 2004 (allora ero uno dei tanti pendolari: mi fermavo dal lunedì al venerdì per rientrare a Napoli nel weekend e ripartire ad inizio settimana).

A distanza di dieci anni, trovo la città più accogliente ed organizzata.

L’efficienza dei trasporti pubblici è – se possibile – migliorata, la puntualità della metropolitana e degli autobus, la pulizia delle strade, gli eventi per l’EXPO sono aspetti positivi di un quotidiano buon funzionamento della macchina lombarda.

Una metropoli italiana al pari delle più grandi capitali europee, ne sono convinto.

Bastano questi parametri per valutare la qualità della vita?

No.
Io a Napoli vivo bene, nonostante il 96, numero scarlatto.

Finché potrò lavorare nella mia caotica città, contribuirò a migliorare il disordinato meccanismo partenopeo che, seppure non risulta efficiente come l’orologio milanese, conta sulla generosità, volontà, tenacia, dignità e talento di un popolo abituato ad affrontare le avversità da sempre.

Dateci solo la possibilità di restare a Napoli, fermate #hpemergency.

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