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Noi, i ragazzi di ieri (riflessioni di un adulto di oggi)

Da bimbi a adulti, la differenza è: scegliere

Mano nella mano, da piccolo seguivo mio padre.
I genitori, la nostra guida.

Toccava a loro decidere per noi – almeno fino all’età della formazione.

Oggi, da adulto, posso decidere.

Decidere significa scegliere.
Scegliere è il mio potere, il nostro potere.

Perché la società dipende dalla mia scelta, dalla tua scelta, dalla scelta di ogni singolo adulto.

In bici al lavoro, scegliere per migliorare la collettività

Decidere per contrastare l’egoismo

Decido di recarmi in ufficio in bici anziché in auto.
E’ una scelta convinta perché credo nella mobilità alternativa, credo nell’esempio diretto, credo che anche il più grande tra gli oceani sia composto da milioni di singole gocce.
Andare in bici implica un tubo si scappamento spento in più, un pendolare in meno tra metropolitane affollate ed autobus intasati.
Ed un ciclista metropolitano felice in giro per Napoli.

Ogni scelta comporta una conseguenza per se stesso e per la collettività.
Risulta spontaneo decidere per una convenienza personale, quasi sempre dettata dall’egoismo che contraddistingue l’essere umano.

Resto colpito, invece, da chi sceglie per andare incontro al prossimo.

Sono l’eccezione, però esistono.

Persone disponibili, generose, solidali, capaci di indossare i vestiti dell’altro per comprenderne le difficoltà – grandi o piccole che siano.
Ascoltare, aiutare.

Un collega che ti presta un libro, un amico ben disposto ad ascoltare un tuo sfogo, un conoscente capace di stupirti con una telefonata, uno sconosciuto che ti soccorre mentre l’auto è ferma a bordo strada, un politico che fa la scelta giusta.

Tocca a noi, i ragazzi di ieri, in metropolitana cedere il posto ad una donna, in ufficio evidenziare i meriti del collega, trasmettere serenità alla famiglia, aiutare gli amici.
Piccoli gesti di cavalleria e quotidiana generosità per cambiare il nostro mondo.

Perché noi siamo gli adulti di oggi e possiamo scegliere.


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Perché ho cambiato la foto del profilo (e perché dovresti cambiarla anche tu)

Il segreto della mia nuova foto del profilo

La nuova foto del profilo?
Sono in redazione, pronto a correre (in bici) per una nuova inchiesta on the road

Svelo il segreto celato dietro la nuova foto ufficiale presente su tutti i miei canali social.

Studioso e uomo d’azione, i due aspetti che – da sempre – caratterizzano la lotta contro i «mostri» di ogni natura, colore, razza.
Il computer sempre connesso, lo smartphone carico per ricevere le soffiate del prossimo scoop, l’impermeabile per ogni stagione, la e-bike parcheggiata per gli eco-spostamenti cittadini.

Lo scatto di Luigi Borrone, il fotografo che ferma il tempo, ha il merito di sintetizzare, in una immagine, i concetti principali nel quale crede il sottoscritto.

La mia nuova foto del profilo

Nuova foto, facebook brucia lo scoop

Le 5 regole pratiche per scegliere l’immagine del profilo sono sempre valide.
Dunque – visto che le ho enunciate – le rispetto.

Commetto un solo, imperdonabile errore: facebook mi ruba lo scoop.

Desideravo un annuncio nello stile Ferrari quando in diretta web, togliendo il velo. per la prima volta si scopre nell’intero globo la nuova monoposto.

Invece, appena modifico l’immagine del profilo facebook, l’impertinente social network – nonostante dalla mia bacheca cancelli subito il messaggio dell’annuncio del cambio foto – pubblicizza l’evento a tutti i miei “amici”.

I successivi “Mi piace” (pochi, per fortuna) bruciano lo scoop.

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Ora tocca a te

L’inverno è alle spalle, di acqua sotto i ponti ne è passata e tu non sei più la stessa persona di un anno fa.
Fuori il sole è alto, la temperatura raggiunge i trenta gradi ma, nella foto del profilo Whatsapp, indossi ancora un pesante ed anacronistico cappotto.

E’ giunta l’ora del cambio di stagione, anche per la tua immagine social.

Una foto recente porta nuovo entusiasmo.

Aggiornati, poi passa in redazione.
Troverai il sottoscritto al computer, con lo smartphone carico e la e-bike pronta per correre verso un nuovo scoop.

Proprio come nella nuova foto del profilo 🙂


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«La casa in riva al lago», l’importanza del passato secondo Ella Carey [RECENSIONE]

La casa in riva al lago, romanzo di evasione

La casa in riva al lago, di Ella Carey, rientra nella categoria dei libri “non vedo l’ora di vedere come va a finire”.

Tra passato e presente, l’autrice ricostruisce una storia d’amore iniziata nella Germania nazista e mai finita.
Vicende in bianco e nero che, con l’escamotage dell’alternanza dei capitoli, saltano dal 1930 ai giorni nostri, conquistando da subito l’attenzione del Lettore.

Sembra di leggere due storie parallele che, prima o poi, si intersecano.
Nel mentre, l’attesa è ben ripagata da una trama stimolante, con continui flashback ed una narrazione intrigante.

Ella Carey, autrice di "la casa in riva al lago"

Perché leggere «La casa in riva al lago»

Lettura di pura evasione con accenni a concetti profondi: perchè il popolo tedesco fu ammaliato da Adolf Hitler?

Una possibile risposta è legata al destino di Max – il personaggio intorno al quale ruota il libro – giovane rampollo di una famiglia benestante nella Germania scossa dai primi fermenti nazisti.

Toccherà ad Anna, la giovane nipote di Max, scoprire il misterioso segreto legato al passato del nonno.

E, pagina dopo pagina, come in una lunga passeggiata rilassante tra i boschi della Berlino di un tempo, tra le euforie dei balli parigini del novecento e la caotica San Francisco di oggi, giungiamo all’atteso finale.

Chiudiamo il libro col sorriso sulle labbra.
La casa in riva al lago, di Ella Carey, compie in pieno il suo dovere: rilassare il Lettore con una storia leggera, ben scritta, piacevole, soddisfacente.

Come richiesto ad un buon romanzo d’evasione.

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Iene metropolitane in azione: strisce pedonali occupate [FOTO]

Iene metropolitane, chi sono

Nella giungla metropolitana vivono bestie feroci, ratti usciti dalle fogne, avvoltoi pronti a colpire gli indifesi.

E poi ci sono loro, le iene.

Ogni santo giorno, dalla sella della e-bike, quante ne vedo.
Mentre pedalo, nel tragitto casa-lavoro-casa, osservo questi esseri abietti calpestare i diritti delle persone perbene.

Con gesti subdoli, attaccano, rubano, tornano nelle loro tane.
Sono ovunque, «mostri» perfettamente mimetizzati con l’arredo urbano, impossibili da catturare.

Compiono piccoli e grandi illegalità, sotto l’occhio inerme delle forze dell’ordine, spesso spettatori impotenti, a volte controllori distratti.

Si alimentano del loro insano egoismo: azzannano il prossimo pur di raggiungere il proprio scopo personale, non rispettano nessuna regola del vivere comune.

Parcheggiare sulle strisce pedonali: azione vile ed incivile delle iene metropolitane

Iene metropolitane occupano le strisce pedonali

Mi soffermo su una tipica azione delle iene metropolitane: parcheggiare l’auto sulle strisce pedonali.

Con disinvoltura, senza vergogna.

Colpevoli di un gesto vile (oltre che illegale), incuranti delle Leggi, questi ignobili fermano la macchina proprio davanti la pedana per accedere al marciapiede.

Per la rabbia dei diversamente abili, delle mamme con le carrozzine, anziani col carrello portaspesa, semplici pedoni.

Il gesto meschino potrebbe apparire meno grave rispetto agli abnormi problemi di Napoli, invece è indice di una maleducazione diffusa che misura l’alto grado di inciviltà raggiunto.

Quante volte registriamo questa scena meschina?
Troppe.

Parcheggiare sulle strisce pedonali non è «normale», è una classica azione impunita della nostra realtà – da sanzionare, da correggere.

Parcheggiare sulle strisce pedonali: azione vile ed incivile delle iene metropolitane

Iene metropolitane, come sconfiggerle

Le iene metropolitane formano un branco numeroso: il parcheggiatore abusivo, il cittadino che getta la spazzatura la mattina prima di recarsi al lavoro, gli incivili di ogni ordine e grado, l’assenteista, il truffatore del cartellino, il camorrista, …

Sembra un esercito imbattibile.
Invece, la ricetta per sterminare questi «mostri», esiste.

Agiamo in prima persona con l’esempio positivo, imponiamo la nostra legalità nelle piccole, grandi azioni che ci ruotano intorno.

Io voglio provarci.
Se siamo in tanti, le iene metropolitane non avranno da cibarsi.
E così come sono nate, si estingueranno.


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Bookcrossing in ufficio, una semplice idea per leggere libri (gratis)

Bookcrossing in ufficio, è già realtà!

«Il Diario di una schiappa? Mio figlio li ha letti tutti, ora è cresciuto, li abbiamo sulla mensola a prendere polvere, se vuoi te li porto».

In ufficio la scintilla nasce per caso, tra una chiacchierata innocente ed una mezza richiesta rivolta a Paola – lettrice seriale e persona disponibile.
Detto fatto: il nostro bookcrossing è realtà!

I primi volumi colorati dell’autore statunitense Jeff Kinney distribuiti a colleghe e colleghi, prima stupefatti e poi sorridenti.
Con una promessa: «a fine lettura, riporta il libro in ufficio».

Pronti per una nuovo prestito.

Bookcrossing in ufficio, una semplice idea per leggere libri gratis

I tre punti del successo

L’ufficio è l’ambiente ideale per il bookcrossing per ovvi motivi:

  • l’ambiente è circoscritto
  • le persone sono fidate

Due elementi fondamentali per essere sicuri di consegnare il libro a chi è veramente interessato.
E – particolare non trascurabile – in ogni caso, con la certezza di recuperare il volume.

Inoltre, la condivisione aiuta a condividere: se il sottoscritto è il primo a mettere a disposizione un proprio libro, fornisce l’esempio diretto a colui che lo riceve.
E, come tutti i casi di successo insegnano, colui che riceve il libro gratis, a sua volta, sarà invogliato a prestare.

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Bookcrossing in ufficio: dove possiamo arrivare?

Più rifletto, più mi convinco della bontà dell’idea!

Volo con la fantasia … addirittura, il successo del bookcrossing in ufficio potrebbe portare ad un’evoluzione inattesa: la creazione di una libreria aziendale!

Si!

Una libreria dove ogni impiegato può depositare un qualsiasi libro – dal manuale tecnico al romanzo –  un regalo da condividere con gli altri colleghi.

Chi desidera leggere quel determinato volume, compila una semplice scheda col nome e la data del prestito, preleva  il libro e, al suo posto, lascia la scheda informativa per comunicare agli altri la presenza di quel titolo e chi e quando lo ha prelevato.

Potrebbe davvero funzionare!
Se ampliamo l’idea, creiamo in tutti gli uffici d’Italia un piccolo spazio dedicato alla lettura gratis.

Ne parlerò con i miei colleghi, scruterò le reazioni ed il loro entusiasmo.

Il Diario di una schiappa ha iniziato il viaggio itinerante (e gratuito).
Ora, tocca convincere gli altri libri impolverati e abbandonati sulle nostre mensole: fermi sono sprecati, il loro posto è tra le mani di un nuovo lettore.

Ci proviamo?


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Francolise e Valogno: due storie speciali da conoscere [VIDEO]

Fracolise e Valogno, esempi di coraggio

Francolise e Valogno sono due granelli di sabbia sulla cartina della Campania.
Ma, le due micro-realtà in provincia di Caserta, raccontano storie speciali.

Che vale la pena conoscere.

Perché questi piccoli centri, grazie alla determinazione di alcune persone, rappresentano un importante baluardo contro il degrado.

A Francolise, il Gruppo Archeologico Falerno-Caleno, richiede alle autorità competenti l’affidamento della villa romana di San Rocco.

Il Gruppo Archeologico Falerno Caleno, conduce una intensa attività di valorizzazione e fruizione della villa romana in località San Rocco (Francolise)

A Valogno, il prof. Giovanni Casale fa rinascere il borgo dimenticato tramite l’arte.

Il sottoscritto, alla villa romanda di Francolise, cerca i migliori punti per le riprese

Se ragionassimo al contrario?

Per comprendere l’importanza dei volontari di Francolise e del vulcanico professore di Valogno, ragiono al contrario: se non fossero intervenuti, questi due luoghi, oggi, cosa sarebbero?

L’incuria e l’indifferenza avrebbero mangiato i resti della magnifica villa romana di Francolise.
Il borgo di Valogno sarebbe disabitato e prossimo a divenire un paese fantasma.

Invece, con l’azione diretta di queste donne e uomini, a Francolise è possibile visitare gli importati scavi romani, a Valogno passeggiare per il borgo in compagnia degli ottantanove abitanti, osservare i quarantacinque murales che ornano il paese, partecipare al pranzo condiviso organizzato dalla signora Dora – la moglie del professore Giovanni.

I murales di Valogno

Francolise e Valogno, l’arte contro il degrado

L’arte contro il degrado, Francolise e Valogno confermano l’idea vincente: la cultura e l’esempio diretto sono le migliori armi per fermare il degrado (morale e non).

Il sottoscritto registra in tre minuti di videoclip l’entusiasmo dei volontari di Francolise e gli ideali del professore di Valogno.

Grazie a BeTime, l’Università del tempo libero, sono felice di aver scoperto due angoli nascosti della nostra Campania dove, i soliti «mostri», stavolta, sono stati respinti.

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Il video


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«Fontana del Tritone, i miei ricordi da bambino e il degrado di oggi», la denuncia di Patrizio [FOTO]

«La fontana del Tritone o fontana delle Paparelle, a via Foria, vicino piazza Cavour»

D: Patrizio, raccontami di quando eri bambino e giocavi nei giardini della Fontana del Tritone.
R: Io sono un “ragazzo del ‘67”, quindi i miei ricordi spensierati legati alla fontana sono immersi nei lontani anni ’70, quando andavo alle elementari alla Andrea Angiulli a Piazza Mario Pagano, poco distante dai giardinetti di Piazza Cavour.
E così accadeva spesso che, nei mesi primaverili, dopo essere uscito da scuola, mio nonno mi portasse a giocare proprio nei pressi della fontana del Tritone.
Lì, insieme a lui, mi divertivo a dar da mangiare alle famose “paperelle” che a quei tempi vivevano proprio nelle acque che sgorgavano dalla brocca in mano al giovane tritone.
La fontana è infatti detta dai napoletani anche fontana delle Paparelle, un nome che anni fa richiamava la tranquillità delle belle giornate di sole che ancora oggi bacia quell’angolo di via Foria.
Poi, fin quando mio fratello di due anni più grande di me era alle elementari, restavo a fare passaggi con lui col mitico Super Santos, mentre mio nonno leggeva il suo giornale da pensionato nell’attesa dell’ora di pranzo.
Il sabato, invece, era festa grande.
Mio padre aveva la possibilità di venire a prenderci a scuola ed ecco che con le bici andavamo proprio in quei giardinetti a pedalare liberi intorno alla fontana … bei tempi.

Il degrado regna intorno alla Fontana del Tritone, vicino piazza Cavour

«La fontana era un luogo di giochi e di ritrovo»

D: La fontana ed i giardini, erano un luogo di aggregazione per voi del quartiere?
R: Come ho spiegato prima, andavamo lì proprio perché era piacevole.
Mio nonno andava per passare un paio d’ore tranquille, a volte in compagnia di qualche amico pensionato come lui, ma spesso c’erano altri bambini con cui fare amicizia o semplicemente ci si andava per godere un po’ di quella frescura che la fontana ci dava senza chiedere nulla in cambio se non la nostra benevola compagnia.
Lì vicino, tra un chiosco di acquafrescaio e l’edicola dei giornali, potevi passare quel tempo in amicizia ed allegria.

I giardini nei pressi della Fontana del Tritone

«Oggi, al posto di nipotini e nonni, ci sono mendicanti e barboni»

D: La Fontana del Tritone, da quanto tempo verte in queste condizioni di degrado?
R: La fontana di fine ‘800 ha visto nei secoli alti e bassi ma ormai sono anni che non getta più in aria il suo allegro zampillo d’acqua.
Senza esagerare, credo che l’ultima volta, sarà stata circa una quindicina d’anni fa.
Le “paparelle” sono scomparse forse anche da prima.
Spesso, ci passavo negli anni dell’università quando prendevo la metro e la scorgevo nello stato pietoso di degrado in cui già si trovava, cercando di ricordarmela quando invece era al suo massimo splendore.
In verità, in occasione della realizzazione della Fermata Museo della Linea 1 della Metropolitana, ho sperato che la situazione migliorasse, in quanto fu risistemata tutta la zona circostante con marciapiedi nuovi, aiuole fiorite, nuove istallazioni che ricordano il vicino Museo e la fontana che riprese miracolosamente a zampillare.
Purtroppo, con grande dolore, ho invece dovuto ancora una volta constatare che la fontana è stata nuovamente abbandonata all’incuria e gli abitanti del luogo ormai ci passano davanti frettolosamente ed in modo distratto.
Tutt’intorno, al posto di nipotini e nonni, sono comparsi mendicanti e barboni, i cosiddetti invisibili che si sono impossessati di quei luoghi rendendoli ancor più insicuri e malsani di quando a Napoli non c’erano le fogne.
Certo non è con questi ultimi che me la prendo, ma vedere la piazza ridotta ad un dormitorio a cielo aperto, beh, fa un certo effetto.

Il degrado regna intorno alla Fontana del Tritone, vicino piazza Cavour

«E’ inutile, tanto siamo a Napoli»

D: Il degrado urbano spinge il degrado morale: con l’abbandono, l’assenza di manutenzione e sporcizia, noti anche un maggiore disinteresse da parte dei cittadini?
Un ambiente pulito ed ordinato, aiuta l’educazione.
Concordi Patrizio?
R: E come non essere d’accordo con te, Mario.
Certo, il cittadino in questo modo non viene affatto responsabilizzato.
Chi può, invece di aiutare, fugge.
E’ più facile farsi scivolare addosso i problemi, scansarli, che affrontarli.
E’ più facile andar via dando la colpa agli altri, alle istituzioni, alle associazioni, ecc …, che muoversi in prima linea.
Ma il disinteresse scaturisce anche dalla delusione di aver dato fiducia alle persone sbagliate.
A chi ha promesso di migliorare e invece – come al solito – ha poi dimenticato.

D: Le persone sono assuefatte a cotanto squallore o – come te – reagiscono?
D: Purtroppo non vedo molte persone reagire, forse perché Napoli è schiacciata da così tanti problemi che prende sopravvento la rassegnazione.
E’ brutto, ma spesso senti dire: ”E’ inutile, tanto siamo a Napoli” e invece, proprio perché siamo a Napoli e siamo nati in questa meravigliosa città, bisogna reagire, denunciare e, se possibile, fare qualcosa per migliorare.

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«Ridiamo vita all’albergo dei poveri!»

D: Patrizio, le tue foto su Facebook alimentano la discussione: da una parte i disperati che necessitano di un riparo, dall’altra le ragione dei cittadini.
Quale soluzione proponi?
R: So di non avere elementi sufficienti per lanciare la mia proposta.
Chissà quanti vorrebbero farci chissà che cosa con quella che è la mia idea.
La mia soluzione consiste nel dare nuovamente il significato corretto al nome che porta quel monumento che si trova a Piazza Carlo III a tutti noto come l’albergo dei poveri.
Nel 1749, Ferdinando Fuga, fu chiamato a Napoli nell’ambito del programma di rinnovamento edilizio del nuovo Re Carlo III di Borbone, con l’incarico di progettare il gigantesco Albergo dei Poveri rivolto ad accogliere le masse di poveri del Regno.
Ebbene, perché non rendere di nuovo possibile tale piano?

La ringhiera della fontana del Tritone usata per stendere le coperte

Proprio vicino la metro di piazza Cavour …

A conferma delle parole di Patrizio sul totale degrado che regna sovrano intorno alla fontana del Tritone, aggiungo la mia esperienza.

Giungo a via Foria, parcheggio la bici ed inizio a scattare le foto presenti nel post.
Una famiglia di turisti sbuca dalla stazione di Cavour della Linea1, a pochi passi dal monumento abbandonato.

Si guardano intorno, forse cercano la giusta direzione per il vicino (e meraviglioso) Museo Nazionale.

Uno dei tanti mendicanti che vive intorno alla fontana, incurante del mondo che lo circonda, decide di svuotare la vescica in un angolo semi nascosto, forse la toilette personale?

Evacua mentre il sottoscritto scatta le foto, i turisti osservano dove sono capitati, i pendolari corrono, i pochi bimbi giocano.

La fontana, oltre ad essere un punto di ritrovo per il quartiere, dovrebbe essere il biglietto da visita per i migliaia di turisti che, ogni giorno, raggiungono il MANN.

Qualcuno interverrà per ripristinare la normalità perduta?
 

Piazza Cavour, la fermata della metropolitana affaccia proprio sulla fontana del Tritone


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«Fotografo per catturare le emozioni», Luigi Borrone e la ricerca dell’attimo perfetto [INTERVISTA]

Luigi Borrone, fotografo per passione

Stavolta tocca a Luigi Borrone, fotografo per passione.

Perché l’ispirazione è il terzo occhio del fotografo – professionista o semplice appassionato che sia – e Luigi possiede la scintilla.

Luigi, definisci l’ispirazione.

L’ispirazione non esiste, o meglio, non è un qualcosa di tangibile che si può avere a comando: viene quando vuole e se ne va quando vuole, soprattutto senza mai avvisare.
Può rivelarsi come uno stato di entusiasmo, un impulso improvviso di eccitazione che fa scattare la creazione dell’opera, nel nostro caso fa scattare la fotocamera e riesce a fermare l’attimo per incastonarlo nell’immagine.

Luigi Borrone, il fotografo che ferma il tempo

«Cerco quell’attimo perfetto»

D: Luigi, nei tuoi scatti, immortali angoli nascosti di Napoli e della zona flegrea da un punto di vista originale, il tuo.
Catturi l’istante in una foto.
Da dove nasce quel momento unico che ti obbliga a fermare il tempo e catturare l’emozione?
R: Ho sempre voluto fotografare, anche da piccolo.
Mi piaceva molto e mi piace tutt’ora avere la testimonianza di ciò che vedo e, attraverso la foto, ricordo le emozioni che ho provato in quel momento.
Mi diverto moltissimo a ricercare l’attimo perfetto da fotografare, catturare il momento in cui io e i miei amici ridiamo oppure catturare un pezzo della città che amo per portarlo sempre con me.

Uno scatto denso di ispirazione di Luigi Borrone

«Dopo gli attentati di Parigi, la mia foto di successo»

D: L’ispirazione si può allenare oppure è un dono naturale?
R: Capire e carpire l’attimo in cui scattare è uno stato d’animo che risiede dentro il fotografo e, per ritrovare gli stimoli giusti, occorre sempre esercizio costante, mettersi continuamente in relazione con questo fantomatico attimo.
E fermarlo.
Per regalarlo all’eternità attraverso lo scatto.

D: Luigi, ricordi la tua prima foto di successo?
Lo scatto che ha sancito la voglia di condividere le tue pubblicazioni?
R: La foto dopo gli attentati a Parigi.
Pensai quanti amici e concittadini erano per lavoro e quante persone lasciavano la propria città per trovare fortuna altrove.
Invece, per un gesto folle, hanno trovato la morte.
Per essergli vicino, presi i due simboli delle città e scattai una foto.
La mia città, Pozzuoli, e quella dove i miei concittadini avevano trovato il terrore, Parigi con la torre Effeil.
Con grande sorpresa, la ritrovai twittata dal sindaco di Pozzuoli.
E su Facebbok con oltre 3000 like.

Luigi Borrone, i canali social 

D: Luigi, prima di chiudere, condivido una riflessione di Paola – nostra comune amica: chi scrive (nel tuo caso, chi fotografa) lo fa per se stesso o per gli altri?
R: Cito il grande Daniel Pennac:

Ho fatto delle foto.
Ho fotografato invece di parlare.
Ho fotografato per non dimenticare.
Per non smettere di guardare.

Poi, per me, come già ti dissi, vale sempre il concetto: la foto è l’unico strumento per fermare il tempo.

Luigi Borrone è su facebook, twitter e instagram

A Luigi il mio sincero ringraziamento per l’interessante intervista che ci ha rilasciato.
Per chi volesse seguirlo, segnalo la fanpage ufficiale Luigi Borrone – Fotografo Per Passione, il profilo twitter ed i canale Instagram.


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«La casa sopra i portici», Carlo Verdone si racconta (per davvero) [RECENSIONE]

«La casa sopra i portici», un libro di Carlo Verdone

Leggo La casa sopra i portici con la netta sensazione di ascoltare la voce di Carlo Verdone narrare le vicende descritte nel libro.

Tra le righe, emerge quel modo d’essere  visto mille volte nei suoi film – ad esempio, il tipico gesto spazientito di Verdone che allarga le braccia per protestare e poi accetta bonariamente la richiesta assurda del momento. 

Puntalizzo: La casa sopra i portici non è una autobiografia.
E’, piuttosto, un sentito saluto alla casa dove è vissuta la famiglia Verdone e dove Carlo lascia il periodo più felice della sua vita: l’infanzia e l’adolescenza.

La casa sopra i portici, un libro di Carlo Verdone

Perché leggere «La casa sopra i portici»

Se hai amato Bianco, Rosso e Verdone ed hai riso (amaro) con Furio, ti incuriosirà conoscere lo zio pedante e logorroico che ha ispirato il famoso personaggio.

Perché il libro, oltre a raccontare l’amore smisurato di Carlo per i genitori, rivela anche mille piccoli segreti professionali.

Le paure del giovane attore, gli esordi, i grandi volti del cinema che da sempre frequentano il salotto di casa (il padre Mario è stato un importante critico cinematografico ed uomo di cultura), il rapporto con la famiglia De Sica (la sorella Silvia è la moglie di Christian), la timidezza del primo amore, il rapporto con l’altro sesso, l’incontro con Alberto Sordi, le telefonate surreali con Federico Fellini

Furio, il celebre personaggio di Bianco, rosso e Verdone ispirato da uno zio

Il libro, un tributo all’infanzia di Verdone

La casa sopra i portici non ha nessuna pretesa letteraria, è un libro di pura evasione che ci ricorda una Roma (e una Italia) che, oggi, non esiste più.

L’attore ha il merito di raccontare con la spontaneità che lo contraddistingue, aspetti della propria vita privata – alcuni celebri, molti inediti – con leggerezza (alcuni episodi risultano davvero esileranti).

L’ultima pagina è il ciak finale di un film ben riuscito.
Dal libro, risultano chiare le emozioni di Carlo Verdone, per un’infanzia felice, in una famiglia ricca d’amore, in una casa speciale: la casa sopra i portici.

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Calcio, la sfida impossibile tra il Golia Bianconero e il piccolo Davide Azzurro

Il calcio è del gigante Golia?

Per noi spettatori, quale è il divertimento nel seguire un campionato con il vincitore già assegnato?

Mentre scrivo, il Golia Inglese potrebbe aver già tagliato il traguardo.
Al Golia Tedesco e Francese, manca un metro.
Il Golia Spagnolo ha un margine significativo sugli avversari, impotenti attori di un film dal finale scontato.

In tutta l’Europa calcistica, contro lo strapotere del gigante Golia, resiste solo il piccolo Davide Azzurro.

Lui, giovane ed impertinente, se ne frega dello strapotere del Golia Bianconero e tiene viva la sfida.

Il calcio europeo senza mordente: solo il Napoli tiene vivo il campionato italiano

Calcio, si gioca per il secondo posto?

Il microscopico Davide Azzurro ha un indiscutibile merito: tiene col fiato sospeso il gigante abituato a comandare.

Il piccolo eroe, non possiede la potenza dell’avversario, però è veloce.
Non conosce i trucchi del mestiere ma ha l’entusiasmo dei giusti.
Combatte con mezzi rudimentali, ma non ha nulla da perdere.

E, come tutti i paladini, il nostro Davide Azzurro è l’orgoglio del suo popolo.

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Davide Azzurro vs Golia Bianconero

Un battuto d’ali ed il campionato termina.

Ma, nonostante manchi davvero poco, la sfida italiana tra il gigante bianconero ed il minuscolo eroe azzurro, è l’unico finale ancora da scrivere.
In tutta Europa.

Sfida ancora in gioco grazie all’intraprendenza del nostro piccolo, coraggioso Davide Azzurro.

Il gigante Golia è certo della vittoria, la mano del piccolo Davide Azzurro trema.
La paura annebbia la vista, la pressione piega le gambe.

Giunti al momento fatidico, i dubbi assalgono l’inesperto.
La stanchezza diviene un macigno, la missione è troppo grande per il piccolo Davide Azzurro?

Ma, quando tutto sembra perso, Davide Azzurro lancia l’ultimo colpo.

Perché attraverso i suoi occhi, un milioni di occhi azzurri incrociano lo sguardo del Golia bianconero. 
Un coro di un milioni di voci azzurre rimbomba nella mente del piccolo eroe:
«vai Davide, provaci! Noi siamo con te!»

La fionda lancia l’ultimo colpo.
Il proiettile vola dal basso verso l’alto disegnando una perfetta parabola.

Non sapremo come finirà finchè la botta non colpirà la fronte del gigante bianconero, sorpreso da tanta audacia.

Però di una cosa siamo certi: Davide Azzurro ha reso l’esito della sfida impossibile, incerto fino alla fine.

Ed era proprio ciò che il milione di occhi azzurri chiedeva e desiderava.
Grazie piccolo, coraggioso Davide Azzurro.
Siamo tutti con te.


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Tre domande (assurde) al parcheggiatore abusivo

Come si diventa parcheggiatore abusivo?

L’attività (commerciale), immagino si erediti.
Il papà, lo zio ma anche la mamma.

Credo sia la spiegazione (folle) più plausibile: sei diventato parcheggiatore abusivo perché in famiglia c’è già chi opera nel settore?

Concepire una strada diversa, risulta difficile.

L’esempio, il movente.
Sarebbe interessante una statistica: su cento parcheggiatori abusivi, quanti hanno un parente già parcheggiatore abusivo?

Inventarsi il mestiere dal nulla, in questo ambito spietato, non lo reputo plausibile.
Per diventare guarda-macchina, in Italia, devi conoscere oppure possedere la giusta raccomandazione.

Chi meglio di mamma o papà?

Napoli e l'assuefazione al parcheggiatore abusivo

Perchè si diventa parcheggiatore abusivo?

Un giovane disoccupato, per mandare avanti la famiglia, fa necessità virtù.
La società civile non gli garantisce un lavoro normale, dunque, per sopravvivere, organizza la sua attività imprenditoriale.

Che trattasi di estorsione ai danni di cittadini onesti, poi, al giovane disoccupato, nulla interessa.

A Napoli, il guarda-macchina è un lavoro antico, accettato come normale da molti, contrastato con azioni eclatanti dalle forze dell’ordine ma, vista la realtà dei fatti, con risultati mediocri.

Il fenomeno è duro a morire ed il sinistro personaggio è parte integrante del decoro urbano.

Perché si diventa (e si tollera) il parcheggiatore abusivo?
Per non spingere queste persone verso lidi più pericolose: un guarda-macchina in più, un possibile delinquente in meno.

L’alibi è servito.

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Parcheggiatore abusivo, quando sparirai?

Ai tempi del contrabbando di sigaretta, valeva la medesima equazione impossibile: tolleriamo i contrabbandieri di bionde per non trasformarli in futuri assassini.

Un mantenimento della quiete pubblica opinabile, una stato sociale basato sull’assurdo.

Eppure, il fenomeno del contrabbando di sigarette, si è spento.
Merito di qualche legge speciale?

Perché contro la piaga quotidiana del parcheggiatore abusivo, non si agisce con la medesima determinazione?

Un paese normale, può definirsi tale se fuori ad un cinema, al teatro, in pizzeria o al Pronto Soccorso, ti attende puntuale un tizio che ti minaccia per estirparti due euro? (spesso sotto lo sguardo indifferente/impotente dei Vigili Urbani)

Vorrei porre queste domande al diretto interessato.
Sarei curioso di ascoltare il suo pensiero.

Io non ne conosco nessuno, li osservo ogni giorno mentre mi reco in ufficio in sella alla e-bike.
Operano alla luce del sole, con sfrontatezza, certi di non essere puniti, in ogni angolo della città.

Prima o poi, intervisterò uno di questi «mostri» metropolitani.


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Via Orsi, se i lavori per la fibra distruggono la strada [FOTO]

Via Orsi e quel cantiere incompiuto

A chi tocca ripristinare l’asfalto di via Orsi?
Perché prima dei lavori per la fibra, la trafficata arteria del Vomero – collega piazza Medaglie d’Oro con l’Arenella – era una strada in condizioni normali.

Poi, un giorno (febbraio), mentre passeggio, noto il cantiere, il restringimento della carreggiata, il traffico in tilt, l’inizio dei lavori, gli operai intenti a scavare, la rottura del manto stradale.

«Attendo la fine» ed annoto un post-it mentale per vedere come terminerà la vicenda.

Ora, a lavori conclusi, mi rimprovero di non aver aver letto le informazioni sul perché si rompeva una strada in buone condizioni, quale società operava e per conto di chi.

Oggi del cantiere non vi è più traccia.
L’opera è terminata.

Restano, però, le tracce evidenti del cantiere: via Orsi presenta una ferita lunga una trentina di metri, proprio nel punto dove gli operai scavavano.

Via Orsi dopo i lavori: da strada in condizioni normali a strada dissestata. Ora a chi tocca ripristinare l'asfalto?
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Via Orsi, a chi tocca ripristinare l’asfalto?

La pioggia completa il disfacimento.
Così, via Orsi passa da condizioni normali a strada da riparare.

Ma il suo destino è diverso dalle strade colabrodo dove si aprono voragini dopo i temporali.

In questo caso, la rottura dell’asfalto è opera di una società privata. 
Dunque, è un loro dovere ripristinare le condizioni per una corretta viabilità.

Perchè nessuno controlla lo stato della strada dopo la fine dei lavori?
A chi tocca intervenire ora?
Il Comune agirà con azioni legali?

Via Orsi dopo i lavori: da strada in condizioni normali a strada dissestata. Ora a chi tocca ripristinare l'asfalto?

Le foto? Inviate al Sindaco

Invio queste fotografie al Sindaco ed al Comune di Napoli.
Attendo ottimista delle risposte.

Nel mentre, aggiungo un nuovo post-it mentale.
Tornerò a via Orsi. e vedrò le strada ripristinata?

Via Orsi dopo i lavori: da strada in condizioni normali a strada dissestata. Ora a chi tocca ripristinare l'asfalto?
Via Orsi dopo i lavori: da strada in condizioni normali a strada dissestata. Ora a chi tocca ripristinare l'asfalto?


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