Tra Eco e Fallaci sbuca Luciano Esposito
Luciano, partiamo dalla fine.
Quali emozioni ti suscita l’immagine di Abbi fortuna e dormi sugli sugli scaffali delle librerie?
R: Chi l’avrebbe mai detto. Non posso negare che vedere esposto il mio romanzo in libreria, tra Umberto Eco e la Fallaci, mi ha fatto un certo effetto.
Per carità, lungi da me qualsiasi tipo di accostamento, è solo questione di iniziali di cognome.
Luciano Esposito è un amico di famiglia.
Gioviale, disponibile, ospitale.
Pochi sospettano che, dietro quel sorriso bonario, si cela l’animo sensibile dello scrittore.
«Chiunque ha una storia da raccontare, basta porgli le giuste domande» è la scintilla per le interviste del sottoscritto a personaggi perlopiù sconosciuti al grande pubblico.
Oggi tocca al novello scrittore, il tipo di personaggio sul quale amo accendere il riflettore.
Per scoprire un possibile talento, per ascoltare e conoscere il mondo di una persona che ha realizzato un’opera immortale: un libro.
L’intervista
D: Luciano, perché un bel giorno senti l’esigenza di raccontare una storia che, forse avevi dentro da sempre, e pubblichi Abbi fortuna e dormi, il tuo primo libro?
R: Mi è sempre piaciuto raccontare storie. Era mia intenzione lasciare sul comò dei miei figli un romanzo scritto dal padre. La pubblicazione è stata conseguenza di un evento fortuito, devo tutto all’incontro con la prof.ssa Ermelinda Federico (persona eccezionale recentemente scomparsa) che ha trovato un editore (Robin Edizioni) disposto a pubblicare il mio manoscritto.
D: dunque, che significa scrivere? Trovi valida la teoria: «più leggo, più scrivo, più leggo»
R: Scrivere vuol dire mettersi in gioco per raccontare e, inevitabilmente raccontarsi. E’ un atto creativo che ha il potere di trasformare la realtà, oltre ad essere un modo indiretto per parlare con qualcuno e sentirsi meno soli, anche se spesso quel qualcuno sei tu.
Scrivere è linfa vitale.
Trovo che la teoria «più leggo, più scrivo, più leggo» funzioni alla perfezione, anche se, ultimamente «più scrivo».
D: Puoi anticiparci qualcosa della trama del tuo romanzo?
R: Premetto che non è un romanzo autobiografico.
Tutto comincia con un viaggio in treno.
Stefano è un architetto con un unico grande amore, Barbara, che però l’ha lasciato. Un giorno incontra Cleo, una ragazza tanto bella quanto misteriosa; lei è la donna dei suoi sogni e diventerà l’unica ragione per continuare a esistere.
Quando un’altra donna inaspettatamente entrerà a far parte del suo cuore, Stefano affronterà l’esperienza travagliata di una doppia relazione.
Si possono amare due persone contemporaneamente?
L’esito finale, per nulla scontato, arriverà dopo un lungo tragitto interiore costellato di domande che troveranno sorprendenti risposte.
Nando Vitali, il maestro e l’amico
D: La stesura dell’opera, ti ha prosciugato ogni energia oppure volavi sull’onda dell’entusiasmo? Quali i momenti di difficoltà? Mai affrontata la «crisi della pagina bianca»?
R: Mi ci sono volute parecchie energie per volare sull’onda lunga di un entusiasmo sempre più crescente. Avevo la trama bene in mente fin dall’inizio ma ho dovuto lavorare non poco per chiudere la storia come volevo.
La difficoltà più grande che ho incontrato è stata dare coerenza e scorrevolezza alla narrazione per oltre trecento pagine. Problematiche tante, tutte superate grazie al sostegno professionale dello scrittore Nando Vitali, mio maestro e amico, senza il suo contributo il mio romanzo non sarebbe così riuscito.
Non ho mai affrontato la crisi della pagina bianca, quando decido di sedermi davanti al PC lo faccio per scrivere.
D: Come immagini i tuoi Lettori? Sei curioso di carpire la loro espressione quando, col volto immerso nelle pagine del tuo libro, leggono le parole uscite da dentro la tua anima?
Sorrideranno? Rifletteranno? Si emozioneranno?
R: Nel mondo dei miei lettori c’è di tutto: amici, amici di amici, parenti, persone conosciute, persone sconosciute e persone che forse non conoscerò mai.
Abbi fortuna e dormi è una storia trasversale, rivolta a lettori di ogni età, leggibile anche dai più giovani per la scorrevolezza significativa del testo.
Spesse volte mi chiedo quale sia l’espressione dei miei lettori mentre leggono i diversi passaggi, sono sicuro che sorrideranno, rifletteranno e si emozioneranno.
La scuola e la prof.ssa di Italiano
D: La fan page ufficiale di Abbi fortuna e dormi è ricca di commenti e foto.
I veri amici sono rari. sei felice di tanto affetto e stima oppure temi di deluderli?
R: La paura di deludere qualcuno è sempre dietro l’angolo, devo dire, però, che i complimenti e i giudizi positivi ricevuti fino ad ora mi hanno riempito di gioia e mi hanno dato un grande slancio per continuare a scrivere.
D: Luciano, torniamo sui banchi di scuola: che tipo era il tuo professore di italiano? Ha contribuito a modellare la scrittore di oggi oppure la formazione scolastica pensi sia solo nozionistica e non produce vera cultura?
R: Cominciamo col ricordare che la mia professoressa di italiano, alle superiori, era una bella donna. Spesso durante l’interrogazione si distraeva guardando fuori dalla finestra con occhi assenti ed io me ne accorgevo, allora, per allungare il brodo, cominciavo a raccontarle di tutto, da Pinocchio a Biancaneve, l’importante era non interrompere l’esposizione.
Alla fine me ne tornavo al banco con un bel voto. Giuro!
Anche se la scuola mi ha formato infondendomi le nozioni base, la passione per la scrittura è nata in età matura.
Scrivere deve essere un atto libero, non un’imposizione.
Povertà di spirito: il «mostro» da sconfiggere
D: Se avessi la possibilità – anche temporale – quale scrittore vorresti incontrare?
R: Mi piacerebbe incontrare George Orwell, per chiedergli come ha fatto a prevedere eventi futuri.
Il suo 1984 (scritto nel 1948) è straordinariamente avveniristico.
Stupefacente.
D: Chi consideri i tuoi «maestri» di penna?
R: Tutti gli autori che ho letto, e il mio maestro Nando Vitali, ovviamente.
D: ultimo libro letto?
R: Il suonatore di pietre, di Sergio Saggese.
D: Luciano, domanda d’obbligo: quali sono i peggiori «mostri» affrontati?
Convieni che una delle armi più potente per sconfiggerli sia la cultura?
R: Credo che il mostro più grande di tutti sia la povertà.
Povertà, non solo intesa come condizione di chi si trova ad avere un limitato accesso a beni e servizi d’importanza primaria.
Sto parlando di un altro genere di povertà, per certi aspetti ancora più grave: la povertà di spirito, che spesso equivale a ignoranza.
È un po’ come un cane che si morde la coda, l’ignoranza genera povertà che genera ignoranza (la peggiore delle povertà).
Se vogliamo fare un esempio, l’ignoranza è anche la principale causa di un’infinità di guerre. Non a caso, le zone del mondo teatri di conflitti sanguinosi coincidono con quelle dove è maggiormente diffuso l’analfabetismo.
In altre parole, l’ignoranza rende succubi nei confronti di chi ne sa di più.
La crescita culturale è l’unica vera possibilità di riscatto e di liberazione per l’umanità.
D: Luciano, l’intervista termina con una riflessione libera.
A te il messaggio da lanciare nell’oceano sconfinato della Rete.
R: Se avete voglia di sognare e di passare qualche ora spensierata, di sorridere, riflettere ed emozionarvi, leggete Abbi fortuna e dormi.
E se l’avete già letto, rileggetelo!
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