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Tag: amicizia (Page 1 of 5)

Tutto sarà perfetto, di Lorenzo Marone: un romanzo «che non vorresti mai terminare» [RECENSIONE]

Tutto sarà perfetto: storia di ricordi e ritorni

Tutto sarà perfetto del bravo Lorenzo Marone è un romanzo da mare (e di mare).
Da leggere sotto l’ombrellone mentre con lo sguardo ti perdi nel blu e all’orizzonte scruti quella piccola isola dove il tempo sembra fermarsi.

E proprio su quel lembo di terra, la  vita smarrita di Andrea – immaturo fotografo quarantenne – in un imprevedibile week end,  cambia: riemergono quelle giornate trascorse sulla spiaggia, il colore dei limoni, l’odore della salsedine sulla pelle, i ricordi dell’infanzia sfuggita.

Per ritrovare ciò che (da lontano) sembrava definitivamente cancellato.

"Tutto sarà perfetto" di Lorenzo Marone: la mia recensione

Tutto sarà perfetto: letto in tre giorni

Letto in tre giorni (di mare),  il romanzo scorre via veloce tra il presente (i dialoghi serrati tra Andrea il ribelle e il padre, il rigido Comandante) e continui flashback.

Con delicatezza, Lorenzo Marone affronta il difficile rapporto genitori/figlio, l’amore incontrastato di una mamma troppo sensibile, la solitudine dell’isola, la forza delle le proprie origini.

Tutto sarà perfetto rientra di diritto nella categoria di libri che «non vorresti mai terminare».
Perché, ad ogni rilettura, come in un viaggio temporale, ti ritrovi tra le viuzze di Corricella, con i piedi nel freddo mare di Procida, guardi incantato Vivara al tramonto, torni bambino protetto dal dolce abbraccio di tua mamma.

Storia emozionante?
Sì.

E, dopo l’ultimo rigo, resti un po’ confuso, come quando parte un tuo vecchio amico.
Sei felice per lui ma sei anche triste perché non vorresti mai lasciarlo andar via.

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Quando intervistai Lorenzo Marone

Incontro Lorenzo Marone alla Feltrinelli di Napoli per la presentazione del libro Magari domani resto.
Siamo nel febbraio del 2017 e lo scrittore non è ancora noto al grande pubblico nazionale.

Qualche settimana prima, l’avevo contattato via e-mail e lui, gentile, risponde alle mie domande per un’intervista esclusiva!

Alla Feltrinelli, la piccola sala è gremita.
Appena lo scrittore varca l’uscio, con un atto di coraggio anticipo tutti e mi presento per la foto-ricordo.
Ma – come tutti i timidi – tentenno.
L’artista viene subito agganciato dal Tg3 Regionale e  risucchiato dai fans, amici e addetti ai lavori.

Perdo la mia occasione.
Ne seguiranno altre, ne sono certo.

Vero Lorenzo? 🙂

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Quel maledetto, ultimo 33esimo piano [FOTO]

33esimo piano, perchè?

Cosa diavolo pensavo di trovare su quel maledetto 33esimo piano?

La setta dei poeti estinti?
Una riunione degli scrittori anonimi contro la sindrome della pagina bianca?
Il Sindaco col comitato di accoglienza?

Forse, un angolo di città con una prospettiva diversa?
Una visuale ispiratrice?

La vista dal 33esimo piano di un grattacielo del Centro Direzionale di Napoli

In cima alla torre del Centro Direionale

Desidero raggiungere quel maledetto ultimo piano da anni.
Il richiamo degli ascensori volanti è forte: «prima o poi salgo in cima» mi ripeto ogni volta che passeggio nei viali del Centro Direzionale di Napoli.

Pigio il bottone con curiosità.

Chiuso nella ermetica cabina, scruto il display scorrere veloce.
1, 2, …, 17, … 26 … …. 33!
Il bip sancisce la fine dell’ascesa.

Le porte dell’ascensore si spalancano e, prudente, sbarco lassù in cima, dove mai ero giunto prima!

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La delusione di quel maledetto 33esimo piano

Un alveare di uffici.
Impiegati alienati nascosti dietro ai monitor, chiusi in piccole prigioni come in qualsiasi altro ufficio del mondo.

Guadagno le prime finestre.

Fotografo nell’indifferenza generale.

Armato di smartphone, punto il panorama ma gli scatti sono filtrati dai vetri delle finestre sigillate.
La visuale non è diretta.
La presenza della barriera alimenta la delusione.

La vista dal 33esimo piano di un grattacielo del Centro Direzionale di Napoli

Ritorno alla realtà

Ritorno sui miei passi.
33 … 26  …  … ….  17 … 2 … 1
Il bip sancisce la fine della discesa.

Raggiungo l’uscita.

Alzo lo sguardo, con la mano proteggo la vista mentre un raggio di sole taglia quel maledetto 33esimo piano.

«Che diavolo mi aspettavo di trovare?» rimugino disilluso.
Qualsiasi cosa cercassi, non l’ho trovata.


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«Vi spiego perché BetLeague è unico», parola di Luca Monfrecola [INTERVISTA]

BetLeague,  l’idea che ti cambia la vita?

Luca è l’ideatore di BetLeague, il nuovo gioco (gratuito) di sfide tra appassionati di calcio.

Al sottoscritto interessa carpire quel momento magico nel quale scatta la scintilla, quell’istante che illumina il cervello e compare l’idea che ti cambia la vita.

O, se non te la cambia, almeno ti appassiona.
E tu ci credi talmente tanto da dedicare tempo e risorse.

Luca Monfrecola, l'ideatore di BetLeague, il nuovo gioco di sfide tra appassionati di calcio

BetLeague, tra FantaCalcio e TotoAmici

D: Luca, BetLeague era nei meandri del tuo cervello forse da sempre.
Da dove nasce quella scintilla magica che trasforma un pensiero di una notte in un progetto concreto e di successo?
R: Ciao Mario, probabilmente si, era da anni che girava questa idea nella mia testa.
Preferivo giocare al TotoAmici piuttosto che al fantacalcio ma di quest’ultimo gioco mi affascinava la componente “sfida 1 vs 1” che al TotoAmici mancava.
Dal canto suo, però, il TotoAmici era più veloce, snello e immediato … e così è nato BetLeague, precisamente in una domenica pomeriggio di circa cinque anni fa.

D: Quando hai visto la tua creatura online, quali sentimenti hai provato?
Più emozionato per l’inizio di una avventura o preoccupato di un possibile insuccesso?
R: Ho provato una grande gioia.
Le difficoltà in questi cinque anni sono state tante quindi, aggiungerei, anche una piccola liberazione e soddisfazione personale.
La caparbietà premia.
Sicuramente più emozionato, allegro ed euforico: vedere il bicchiere mezzo pieno è nella mia indole.
Anche se ammetto che controllo i dati, il trend, le prestazioni della piattaforma più di una volta al giorno 🙂

D: Ideare un gioco ed interessare il pubblico è azione complessa.
Quali le differenze con gli altri giochi sportivi già online?
R: Credo che BetLeague abbia dalla sua un aspetto fondamentale che al giorno d’oggi conta molto: la velocità della giocata.
Per giocare infatti bastano pochi secondi 😉

BetLeague, il nuovo gioco online per gli appassionati di calcio

BetLeague, come giocare (e vincere)

D: Se dovessi convincere un utente a partecipare, come descriveresti la maggiore peculiarità che rende BetLeague unico nel suo genere?
R: BetLeague fa incontrare due scommettitori in un’emozionante sfida 1 contro 1, senza dover passare dai bookmaker.

D: Dalle faq leggo poche semplici regole.
Spiegaci in tre step come iscriversi e partecipare ad una lega.
R: Giusto Mario, poche e semplici regole:

  • ti registri sul sito
  • scegli una o al massimo cinque leghe a cui partecipare in funzione delle competizioni che preferisci
  • piazzi i tuoi pronostici: se ne indovini più del tuo avversario, conquisti 3 punti in classifica

BetLeague, il nuovo gioco online per gli appassionati di calcio

Questioni di leghe: pubbliche o private?

D: Io, nuovo iscritto, come scelgo la lega alla quale partecipare?
Meglio una lega pubblica o privata?
R: La scelta della lega avviene principalmente in funzione su quali competizioni vuoi giocare: Serie A, Premier League, Champions League ed Europa League.
Una lega privata ti offre la possibilità di scegliere tu contro chi vuoi giocare.
Infatti, solo i giocatori che tu inviterai potranno parteciparvi – mentre, la lega pubblica, è aperta a tutti e puoi conoscere nuovi amici.

D: Luca, siete online dall’inizio del campionato di SerieA.
Quali le reazioni riscontrate dagli utenti? I giocatori partecipano?
Ci puoi raccontare qualche aneddoto divertente?
R: Noto una grande partecipazione.
Gli utenti sentono in modo sana la sfida e la competizione.
I nostri giocatori sono sia social che appassionati di calcio, un bel mix!
Un aneddoto divertente?
Ad esempio, un utente (lungimirante?) mi ha chiesto se sarà possibile – in un futuro prossimo – scommettere anche sul vincitore di talent in tv!

BetLeague, il nuovo gioco online per sfidare gli amici appassionati di calcio

BetLeague, tre trucchi per vincere!

D: Tu sei esperto di BetLeague: bisbiglia in un orecchio dell’ultimo utente registrato tre trucchi da seguire per vincere la lega.
R: Ecco tre consigli pratici da applicare già quando piazzi la prossima bolletta:

  • consultare le statistiche delle squadre (tra non molto sarà online anche un’area dedicata)
  • seguire il cuore, ma soprattutto l’istinto nelle piazzate dell’ultimo istante
  • e, in particolar modo, per vincere i premi consiglio di partecipare a 5 leghe giocando su tutte le competizioni

D: Sei sul blog dei «mostri»: su BetLeague ce ne sono?
R: Ovvio, sono ovunque 🙂
Forse il più temibile è il tempo.
Bisogna essere bravi a tenere sempre alta la tensione degli utenti e stupirli continuamente.

D: Luca, nello sport la vittoria è uno dei possibili risultati.
Come la sconfitta.
L’importante è provarci!
Lancia un messaggio nella bottiglia, il mondo ti ascolta.
R: Mi piace moltissimo quel detto che cita: l’importante non è cosa trovi alla fine del tuo viaggio, ma quello che provi mentre viaggi.
E’ esattamente così.
L’importante è viaggiare.
E provarci, sempre. 🙂

Come giocare (gratis) su BetLeague

Ti è piaciuta questa intervista e vuoi provare BetLeague?
E’ gratis e basta un clic per registrarsi: GIOCA SUBITO


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Nextdoor, Il social network del tuo quartiere: come funziona (e perchè usarlo)

Nextdoor, io ci sono

Resto stupito.
La discussione sull’extracomunitario spazzino suscita un dibattito con opinioni contrastanti.

Nel mio quartiere alcuni approvano, altri bocciano.
La pulizia della strada da parte di ragazzi di colore, divide gli animi.
Anche su Nextdoor.

Nextdoor, Il social network di quartiere: come funziona (e perchè usarlo)

Nextdoor, perchè registrarsi

Dopo un paio di settimane, la bacheca presenta perlopiù post di negozi e palestre.

Eppure, Nextdoor nasce con uno scopo più alto della semplice (ed ovvia) pubblicità: mettere in contatto i cittadini dello stesso quartiere per affrontare e risolvere problematiche concrete.

E’ interessante notare che – a differenza di facebook – Nextdoor collega le persone non attraverso la famosa richiesta di amicizia bensì tramite la posizione.

Questa importante peculiarità rende diverso il social network: il legame tra me e gli altri utenti registrati non è la conoscenza diretta.
Però ho la certezza di interagire solo con coloro che abitano nelle strade limitrofe.

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Passeremo dalla tastiera alla realtà?

Al momento della registrazione, viene richiesto l’indirizzo.
In molti consigliano di non inserire il numero civico: concordo.
Va bene fidarsi e partecipare però un minimo di tutela non guasta.

Altra difficoltà è passare dalla frenetica attività da tastiera all’operatività reale.
Che, poi, è il fine ultimo di questa nuova arma web.

Chi riuscirà nell’impresa, troverà Nextdoor un importante strumento per migliorare il proprio quartiere.
Chi, al contrario, resterà dietro al monitor a sparare critiche e demolire le buone intenzioni altrui, presto abbandonerà il social network di quartiere.

A noi la scelta.


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E se andassi al teatro in bici?

La svolta in città: far la spesa in bici

Con l’occhio sinistro controllo la e-bike, col destro parlo con la commessa.
In bilico sulle scale della libreria, non ho il coraggio di lasciare la bici.
Nonostante l’abbia incatenata ad un palo, temo che all’uscita dal negozio, avrò un libro in più ed una bici in meno.

Per i ciclisti, a Napoli manca tutto: dalla agognata pista ciclabile ad un ovvio parcheggio dove sostare (in sicurezza) il proprio mezzo a due ruote.

Un vero sistema di mobilità alternativa permette, a chi ama pedalare in città, di raggiungere il supermercato, parcheggiare la bici (con la certezza di ritrovarla al ritorno), far la spesa e continuare gli spostamenti.
Andare alla posta, recarsi al cinema, visitare un museo.

Senza auto.

Usare la bici in città per far la spesa, andare al teatro ... quando accadrà a Napoli?

Foto: in un piccolo centro della Toscana …

Ad oggi, utilizzo la e-bike per il solo tragitto casa-lavoro / lavoro-casa.
Desidero il salto di qualità ma il contesto cittadino opprime l’iniziativa.
Troppe insidie: la difficoltà nel trovare un posto sicuro dove lasciare l’amata bici è l’ostacolo principale da superare.

Sembra una banalità, invece, è un problema reale.

Ad esempio, quando partecipai alla riunione con il Sindaco De Magistris a palazzo San Giacomo, nei pressi di piazza Municipio, trovai un solo garage disposto ad accettare la bici.
Dopo tre ore di sosta, pagai la tariffa di una moto!
(per la cronaca: 7€ se la memoria non mi inganna)

Eppure, basta spostarsi di qualche Regione, per verificare come – altrove – la bici sia un normale mezzo di trasporto di uso quotidiano.

La foto l’ho scattata questa estate in un piccolo centro della Toscana.
Turisti e cittadini si spostano, raggiungono i lidi, pranzano al ristorante pedalando.

Fuori ogni locale, le rastrelliere.

Per incentivare l’uso delle due ruote, facilitarne l’uso, convincere gli indecisi, dimostrare che, in un sistema organizzato, spostarsi in bici conviene (a tutti).

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Primo passo: parcheggiare la bici

La richiesta del sottoscritto: permettere ai ciclisti metropolitani l’utilizzo della bici per muoversi in città.

Come?
Installiamo le rastrelliere nei vari angoli di Napoli.

Fuori gli uffici postali, lungo le strade dello shopping, nei musei, cinema e teatri, nei cortili delle scuole (poi, un giorno non troppo lontano, anche nei pressi delle stazioni della metropolitana).
Partiamo dalle zone a traffico limitato, più facili da controllare.

Permettere di parcheggiare – in sicurezza – è l’inizio per incentivare l’uso della bici ogni giorno.

Una richiesta semplice e di immediata efficacia.
Attendiamo risposte – anzi, rastrelliere.


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Manila, di Enrica Orlando: storia di «mostri» e di speranza [RECENSIONE]

Manila, libro estremo 

Manila, di Enrica Orlando, è una storia ricca di «mostri».
I peggiori.
I «mostri» ai qual non puoi sfuggire.
Perché ti perseguitano da dentro.

Un libro duro da leggere.
Conversazioni spietate che spiazzano per crudezza e degrado (morale e fisico dei personaggi ).
La disperazione porta ad azioni disumane e la brava Enrica Orlando, con uno stile asciutto (e spesso volgare), sbatte in faccia al Lettore il lato più oscuro dell’animo umano.

Quello che vorremmo dimenticare ed, invece, è solo celato dietro l’angolo di ogni coscienza.

Manila, di Enrica Orlando, la mia recensione

Manila, quante volte sei morta?

Manila suscita sentimenti opposti: la detesti quando si autodistrugge, sorridi per l’ironia con la quale affronta i drammi del destino, entreresti nelle pagine del libro pur di aiutarla.
Infine, l’ abbracceresti per augurarle un po’ di meritata felicità.

Personaggi estremi, contesto fatiscente, legge della sopravvivenza, periferie sporche ed abbandonate.
Cancellazione di ogni briciola di umanità.
Come in una guerra.
E l’inevitabile caduta negli inferi.

Eppure, anche nel buio più assoluto, nei peggiori inferni metropolitani, la forza della vita trova e si aggrappa a quella mano tesa, pronta ad aiutarti.

Manila non lascia indifferenti.
E, per un’artista, è il miglior complimento. 
Per questo va letto.

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Dopo il sogno nel cuore, l’anno sabbatico

Comandante, dove sei?

Osservo la “N” azzurra con nostalgia.
L’immagine sulla borsa poggiata sul pedalò riapre ferite (sportive) non ancora rimarginate.

Ne è trascorso di tempo dalla fine dell’ultima SerieA ma il sottoscritto prova ancora delusione per l’amaro epilogo.
Continuo a rivivere quei momenti: dove abbiamo sbagliato?
E incredulo chiedo; perchè?
L’assenza di una risposta convincente mi lascia nel limbo dell’incertezza.

Come l’abbandono di un amico senza una plausibile spiegazione.
Già, un caro vecchio amico con il quale cresci, ti confronti, provi emozioni e poi sparisce senza nemmeno una telefonata.
Il vuoto che non puoi colmare con la logica di un ragionamento.

Osservo la “N” azzurra in una domenica qualsiasi, in riva al mare.
Con lo sguardo raggiungo l’orizzonte e la domanda dell’io-tifoso riemerge prepotente: perchè il nostro Comandante non guida il Napoli campione d’Italia?

 
Avevo un sogno nel cuore

Confermare Sarri, l’unico rimedio?

Chiodo schiaccia chiodo, è una regola falsa.
Il nuovo allenatore Ancelotti non cancella la malinconia per la storia appena terminata.

Il nostro epico Comandante, fautore di emozioni e bellezza calcistica mai vista prima, resta impresso nella mente dello scrivente.

La grande ingiustizia poteva essere riparata solo con la permanenza di Maurizio Sarri alla guida sel suo (nostro) seducente Napoli.
Avrei preferito mille volte la conferma dell’uomo con la tuta a qualsiasi altro nome, anche risonante.

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Per ritrovare la passione perduta

Troppe delusione tutte insieme: via il Comandante, via (forse) il Capitano.

E così, dopo l’ultimo campionato avvelenato, decido: prendo una pausa dal calcio.

La decisione ponderata è suffragata da mille validi motivi.
Ne elenco alcuni:

  • amo il fair play e nel calcio non esiste il fari play
  • amo la sana competizione ed il calcio è competizione scorretta
  • amo la trasparenza e nel calcio la trasparenza è stata cancellata
  • amo la riconoscenza e nel calcio la riconoscenza è surclassata dal soldi
  • amo la fedeltà ma nel calcio vincono i mercenari
  • amo la correttezza e lealtà ma nel calcio il risultato conta più di tutto.

Amo lo sport ma il calcio non è più uno sport.

Stanco e privo di passione, oggi necessito di ripulire la mente dalle gioie regalate dal Comandante.
Un reset emozionale.
Perché cotante emozioni sono impossibili da ripetere.

Quel feeling squadra-tifosi che ci ha spinto ad un metro dalla vetta, quell’atmosfera magica di un sogno prossimo alla realizzazione.

Prendo atto: il sogno nel cuore si è infranto contro l’ingiustizia del calcio malato, deluso parto per il mio anno sabbatico.

Per ritrovare la passione perduta.
E, per riconoscenza al Comandante.


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Francesco, l’uomo che mi salvò la vita. Per due volte.

Quegli eroi silenziosi

La vicenda narrata è vera.
Francesco, invece, è un nome di pura fantasia utilizzato in questo post per tutelare l’anonimato del mio salvatore.

Francesco, come tutti gli eroi invisibili, vive dietro le quinte e non ama le luci della ribalta.
Opera in modo silenzioso, compie il suo dovere senza mai un lamento ed, in alcuni casi, compie gesta straordinarie.
Per dileguarsi, subito dopo, tra le ombre dell’anonimato.

Al sottoscritto, cronista per caso, il dovere di riportare due episodi nei quali Francesco è protagonista.
Grazie al suo intervento, lo scrivente può (ancora) raccontare la vicenda ai posteri.

Francesco e gli eroi invisibili: l'uomo che mi salvò la via per due volte

Il primo salvataggio

Bloccato nel bagno dell’ufficio, guardo sconsolato le pareti della gabbia.
La serratura inceppata, giro e rigiro ma la porta non si apre.

Osservo il rotolo di carta igienica attaccato al muro, con un gesto meccanico abbasso il coperchio della tazza del water.
L’igiene va perseguito, anche nei momenti di emergenza.

Lo spazio ristretto annebbia le idee.
La claustrofobia ben presto scende nel piccolo loculo.
Come posso uscire?
Passato i minuti e nessuna voce amica intercetta i rumorosi tentativi di evasione.

Rassegnato, mi accomodo sul water-sedia.

«C’è qualcuno chiuso nel bagno?»
Quanto tempo sarà passato?
Un minuto ? Mezz’ora?

La voce di Francesco riaccende la speranza.

Con un cacciavite, il mio salvatore forza la serratura del bagno-prigione e dopo pochi minuti sono un uomo libero.

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Il secondo salvataggio

Esco dall’ascensore e la reception – stranamente – è al buio.
Il portiere è andato via, ha staccato la luce, chiuso le porte d’ingresso/uscita del palazzo (scoprirò poi di aver preso l’ultima corsa che riporta l’ascensore al piano terra prima dello stop programmato fino alla mattina successiva).

Le cinque e mezza del pomeriggio, quasi tutti i colleghi sono andati via.
Stavolta il sottoscritto è prigioniero nella sala d’ingresso del palazzo dove risiede l’ufficio.

Mi muovo come un leone in gabbia.
Pigio il bottone per richiamare l’ascensore.
Nessuna risposta.
Il cellulare – ovviamente – non ha campo.
Tutto tace.

Guardo intorno, il luogo familiare attraversato ogni giorno, ora è ostile.
Perplesso, rovisto dietro il bancone del custode.
Non trovo attrezzi utili per la fuga.

Dalla vetrata, osservo lo spazio vuoto davanti l’ingresso.
Nessuna anima viva.
Silenzio assoluto.
La serata cala rapidamente mentre resto prigioniero nella reception bloccata.

«Che ci fai là dentro?»
Quanto tempo sarà passato?
Un minuto ? Mezz’ora?

Qualche telefonata, l’attesa, il recupero delle chiavi e ritrovo l’agognata libertà.

A distanza di quattro anni dal primo salvataggio, è sempre Francesco a tirarmi fuori dai guai per la seconda volta.

Il lavoro oscuro degli eroi invisibili

Chi è Francesco?
Francesco esiste per davvero, lavora nel mio ufficio ma non è un collega.
E’ il tuttofare: ripara ciò che si rompe, coordina la logistica, consegna i pacchi, sposta i computer …
Se desiderate conoscerlo – e se lo trovate libero da impegni – chiedete in giro, lo conoscono tutti.

A distanza di anni, ringrazio Francesco con questo post.
A lui – e tutti gli eroi invisibili che non saranno mai premiati con una medaglia pubblica – la mia riconoscenza.

Francesco, senza il tuo prezioso intervento, per il sottoscritto, il mondo sarebbe una vera prigione 🙂


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Noi, i ragazzi di ieri (riflessioni di un adulto di oggi)

Da bimbi a adulti, la differenza è: scegliere

Mano nella mano, da piccolo seguivo mio padre.
I genitori, la nostra guida.

Toccava a loro decidere per noi – almeno fino all’età della formazione.

Oggi, da adulto, posso decidere.

Decidere significa scegliere.
Scegliere è il mio potere, il nostro potere.

Perché la società dipende dalla mia scelta, dalla tua scelta, dalla scelta di ogni singolo adulto.

In bici al lavoro, scegliere per migliorare la collettività

Decidere per contrastare l’egoismo

Decido di recarmi in ufficio in bici anziché in auto.
E’ una scelta convinta perché credo nella mobilità alternativa, credo nell’esempio diretto, credo che anche il più grande tra gli oceani sia composto da milioni di singole gocce.
Andare in bici implica un tubo si scappamento spento in più, un pendolare in meno tra metropolitane affollate ed autobus intasati.
Ed un ciclista metropolitano felice in giro per Napoli.

Ogni scelta comporta una conseguenza per se stesso e per la collettività.
Risulta spontaneo decidere per una convenienza personale, quasi sempre dettata dall’egoismo che contraddistingue l’essere umano.

Resto colpito, invece, da chi sceglie per andare incontro al prossimo.

Sono l’eccezione, però esistono.

Persone disponibili, generose, solidali, capaci di indossare i vestiti dell’altro per comprenderne le difficoltà – grandi o piccole che siano.
Ascoltare, aiutare.

Un collega che ti presta un libro, un amico ben disposto ad ascoltare un tuo sfogo, un conoscente capace di stupirti con una telefonata, uno sconosciuto che ti soccorre mentre l’auto è ferma a bordo strada, un politico che fa la scelta giusta.

Tocca a noi, i ragazzi di ieri, in metropolitana cedere il posto ad una donna, in ufficio evidenziare i meriti del collega, trasmettere serenità alla famiglia, aiutare gli amici.
Piccoli gesti di cavalleria e quotidiana generosità per cambiare il nostro mondo.

Perché noi siamo gli adulti di oggi e possiamo scegliere.


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La mia laurea, ventuno anni dopo (ed un consiglio per i giovani)

19 marzo 1997, io dottore in Matematica

La macchina del tempo corre dietro di ventun’anni: 19 marzo 1997, al giorno della mia laurea.

A scanso di equivoci, confermo la scelta altre mille volte (anzi, altre enne volte con n numero naturale).
Perché alla facoltà di Matematica di Napoli, da matricola sono divenuto dottore, ho trovato gli amici di sempre, sono partito per catapultarmi nel mondo del lavoro.

A distanza di ventun’anni, con l’occhio adulto, oggi guardo indietro col sorriso sulle labbra per affermare che quell’intervallo, nonostante le difficoltà che allora apparivano insormontabili, fu un periodo felice e privo dei reali problemi (che la vita mi riserverà qualche anno dopo).

Perché per laurearti, devi possedere la passione per lo studio, una famiglia che ti permetta di dedicare tutte le energie all’obiettivo, un gruppo di compagni pronto ad aiutarsi.

E io, tutte queste opportunità, le ebbi.

La mia laurea ventuno anni dopo, 19 marzo 1997

Perché scelsi la facoltà di Matematica?

Non feci troppi calcoli, la Matematica mi appassionava.
Spinto dalla professoressa dell’Istituto Tecnico che frequentavo, scelsi.

Guidato dal mio istinto, la voglia di studiare e la passione per i numeri, fecero il resto.
Non riflettei mai sui futuri sbocchi occupazionali, forse nemmeno immaginavo le difficoltà del mondo del lavoro.

Meglio così.
La scelta fu priva di calcoli, nonostante mi iscrivessi alla facoltà di Matematica 🙂

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Università si, Università no

Consiglierei ad un giovane di iscriversi all’Università?
Si.

Per lavorare c’è sempre tempo, conviene dedicare le migliori energie della giovinezza per assorbire cultura, formare la propria personalità, confrontarsi con persone diverse, vivere esperienze umane che ti aiuteranno a diventare l’uomo di domani.

Con la consapevolezza che raggiungerai la meta solo se la materia ti appassiona.

Dunque, bando alle statistiche sul titolo con maggiori opportunità lavorative, ascoltiamo i consigli del professori della maturità e sotto con lo studio.

Se poi hai la fortuna di trovare (o creare) un ambiente ideale come fu il mio dipartimento “Renato Caccioppoli”, allora conserverai un ricordo meraviglioso dell’Università

Anche dopo (solo) ventuno anni.


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Galleria Umberto, l’albero di Natale che ci costringe a reagire

Galleria Umberto, in visita ad un amico

Visito l’albero di Natale in Galleria Umberto di Napoli come se andassi a trovare un vecchio amico vittima di un sopruso.

Anzi, di soprusi multipli.

Perché l’albero di Natale è stato rapito (e poi ritrovato, dalle Forze dell’Ordine, abbandonato in un vicolo dei quartieri spagnoli).
Ripristinato, viene abbattuto.
Rimessosi in sesto dal vile colpo, vandalizzato.

Ma, come tutti gli arbusti coraggiosi, il vecchio amico ha la scorza dura e torna – ancora una volta! – al posto che gli compete: al centro della Galleria Umberto di Napoli.

L'albero di Natale in Galleria Umberto di Napoli, l'amico ritrovato

Perché colpire un amico indifeso?

Quale astruso pensiero passa per la mente di chi rapisce, abbatte e colpisce un albero di Natale?

Con la massima immaginazione possibile, non trovo una risposta valida.
Delinquenza fine a se stessa?

Baby gang in azione durante la notte, con il solo scopo di distruggere tutto ciò che rende Napoli una città normale?

Forse è la normalità che spaventa questi giovani «mostri»?

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La sua sopravvivenza ci obbliga a reagire

Non sono il solo a fotografare l’amico coraggioso.

L’albero di Natale martoriato suscita emozioni contrastanti: indignazione per la viltà dei maltrattamenti, rabbia per l’impunità dei delinquenti, incredulità per l’incapacità di difenderlo.

In molti lo osserviamo, stupiti del perché subisce continue vessazioni.
Se fosse possibile, lo abbraccerei per rassicurarlo.

Ma, il nostro amico, nonostante le ferite inflitte da un manipolo di idioti, è vivo.
La sua lotta per sopravvivere, obbliga la società civile a non girare il viso dall’altra parte.

Così, ogni volta che viene pugnalato, ci sprona a reagire.
E reagire, è la migliore arma contro la quotidiana assuefazione ai «mostri».


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Capodimonte di sera con BeTime, un granello di cultura per bloccare la routine [FOTO]

Il museo di Capodimonte di sera

Una serata al museo, la passeggiata nel weekend … i nostri eventi sono granellini di sabbia che inceppano il grande meccanismo della routine. La cultura per spezzare il monotono meccanismo casa-lavoro-casa […]

Il sottoscritto ed Osvaldo – segretario di BeTime, l’Università del tempo libero – concordano: desideriamo fermare il trita-tempo, occorre agire contro la routine che trasforma le nostre giornate in sbiadite fotocopie tutte uguali.

Aderire agli eventi organizzati dalla nostra associazione culturale, ci aiuta ad affrontare le settimane (lavorative) con maggior entusiasmo.

La visita al museo di Capodimonte è la testimonianza perfetta: serata magnifica in un luogo magico, tra i capolavori di Caravaggio e Tiziano e le mille storie celate dietro ogni opera d’arte.

Un piccolo, importante granellino di cultura per inceppare la mastodontica macchina del tempo.

Il museo di Capodimonte di sera, una magnifica visita con BeTime

Capodimonte di sera, con BeTime e Le Capere

L’evento è organizzato in collaborazione con Le capere, donne che raccontano Napoli.

Rifletto: puoi visitare il museo di Capodimonte dodici volte l’anno ed ogni volta scopri un itinerario insolito, una storia mai ascoltata prima, un’opera che ti colpisce.
Perchè il museo di Capodimonte è meraviglioso – ancora di più in questa calda serata di settembre.

Al sottoscritto, ospite attento, non resta che ascoltare la narrazione della capera, guida professionale ed entusiasta.

E scattare foto, per Voi amici Lettori 🙂

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Capodimonte di sera, la galleria fotografica


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