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Tag: arte (Page 3 of 4)

Villa Floridiana, vince la bellezza

Villa Floridiana, vince il panorama!

La burocrazia malata nulla può contro la bellezza della Villa Floridiana di Napoli.

Su, dalle vette del Vomero, il panorama è finalmente libero dalla cancellate che – per quanti anni? – mortificavano l’accesso totale alla spettacolare vista.

Dal mitologico Castel dell’Ovo alla collina di Posilippo, con il blu intenso del mare a completare la cartolina.
In lontananza, il profilo di Capri ricorda una sirena distesa sulle onde.

Fotografo ma lo scatto non rende cotanta magnificenza.

Villa Floridiana di Napoli, panorama mozzafiato ma negato a metà dalla burocrazia malata

Villa Floridiana, vittima della burocrazia

Gli alberi imprigionati dall’inefficienza della pubblica amministrazione, il verde sottratto ai cittadini per volgari bieche politiche.
La Villa Floridiana è l’ennesima vittima di un paese ingessato in eterno conflitto con se stesso.

Quando l’intero parco pubblico sarà restituito alla città?
A chi tocca intervenire per mettere in sicurezza il verde pubblico?
Al Comune? Alla Sopraintendeza?
Perché a Napoli è cosi faticoso godere di un po’ di sana normalità?
Mistero della fede.

A pagare i litigi tra istituzioni, ovviamente, la collettività.

Stavolta, però, voglio andare oltre.

La bellezza contro i «mostri»

E’ una bella e calda domenica di febbraio, il luogo non merita volgari polemiche.

Sposto lo zoom dalle squallide cancellate con i desolanti cartelli di «accesso vietato» e punto lo sguardo verso il mare.

Il fascino della Villa Floridiana annienta i soliti «mostri» nostrani.
Per oggi, vince la bellezza.

Villa Floridiana di Napoli, panorama mozzafiato ma negato a metà dalla burocrazia malata


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Steve McCurry al PAN di Napoli. Io c’ero [FOTO]

Steve McCurry, la ragazza afgana

Era destino, l’ audioguida stringe i tempi e spinge l’attenzione del sottoscritto sulla foto numero 37: la ragazza afgana.
La giovane, immortalata da Steve McCurry nel 1984, suo malgrado, diviene l’icona dei conflitti afgani.

Sono alla mostra dedicata al maestro della fotografia al PAN di Napoli ed invece di pigiare 47, sbaglio tasto ed ascolto – dalla voce dell’autore – come è nato lo scatto che poi finirà sulla copertina del National Geographic.

«Sono contento perché la foto ha migliorato la vita di questa ragazza» spiega McCurry.
Parliamo dello scatto che ha regalato la notorietà mondiale al fotografo di Philadelphia.

La ragazza afgana al PAN di Napoli, lo scatto che ha reso celebre Steve McCurry

La ragazza afgana 17 anni dopo

La storia è nota: Steve McCurry ritorna in quel villaggio di profughi dimenticato da Dio per ritrovare la ragazza afgana.
Dopo 17 anni, 

La ragazza afgana di Steve McCurry

La ragazza afgana di Steve McCurry 17 anni dopo

Povertà e ricchezza, la potenza di uno scatto

Lui, il ricco occidentale chiuso al sicuro nel taxi in direzione dell’hotel.
Fuori, sotto la pioggia, la mamma ed il bimbo sotto i colpi del monsone chiedono l’elemosina per sopravvivere.

Il finestrino dell’auto divide i due mondi.

Secondo McCurry, questa immagine, è l’icona della ricchezza e della povertà.

La povertà e la ricchezza, la foto di Steve McCurry al PAN di Napoli

Le mie foto … alle foto di Steve McCurry

La mostra al PAN è magnifica.
Gli scatti di McCurry raccolgono quaranta anni di storie straordinarie, accendono il riflettore negli angoli sperduti della Birmania, nei monasteri Shaolin, tra le tendopoli dei rifugiati di una guerra dimenticata da Dio.

A voi le mie foto … alle foto del Maestro McCurry.

I colori del murales di Bagnoli

Murales di Bagnoli, se non ci fosse?

Se il muro non fosse dipinto con i colori della fantasia sarebbe un’opera anonima.
Si ridurrebbe all’ennesima parete amorfa mangiata dai fantasmi dell’Italsider.

Perché a Bagnoli, prigioniera da sempre del «mostro» siderurgico per antonomasia, la vivacità dei murales rappresenta una boccata d’aria fresca.

Come accade a Materdei, anche il disegno all’entrata della stazione della cumana di Bagnoli, strappa un sorriso.

Anzi,una meritata fotografia.

I colori del murales di Bagnoli

Scuola e lavoro

Conosco bene Bagnoli.
Una manciata d’anni fa, a pochi passi dal murales, frequentavo le scuole superiori.
Mi licenziai dall’allora VIII ITIS (oggi Augusto Righi) con un immeritato voto (il tempo ha rimediato all’ingiustizia).

Negli anni duemila tornai per lavoro: la sede dell’HP – la multinazionale americana per la quale  operavo – a pochi chilometri dal murales (le drammatiche vicende HP conservate nell’ebook gratuito «Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli»).

Io e Bagnoli, legati da un filo rosso

Un lungo filo rosso lega il sottoscritto a Bagnoli.

Dieci anni con la testa nel monitor a scrivere software e scovare bug.
Dieci anni significano mille pause-pranzo consumate (con estrema soddisfazione) nelle pizzerie del quartiere.

Un filo rosso fumante, saporito che non spezzerò mai 🙂

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L’arte sostituisce la bonifica

In attesa della bonifica dell’intera area sempre promessa e mai realizzata, i murales contrastano la polvere sputata dal «mostro» che, come una sentinella malata, sovrasta il quartiere.

Le matite colorate contro l’inefficienza della politica (locale e nazionale).
L’arte contro il degrado (urbano e morale).
I murales contro l’ex Italsider.

Finché c’è colore, c’è speranza.


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Il murales di Materdei, l’arte contro il degrado

A Materdei i murales per resistere

Osservo il murales di Materdei, tra Vomero e centro storico, rapito.
Muoversi in bici per Napoli regala scoperte inattese.

Un clacson cafone riporta i nobili pensieri tra lo smog ed il traffico della città.
Parcheggio alla fermata dell’autobus, prendo lo smartphone e scatto.
Le foto, però, non rendono l’idea della maestosità dell’opera.

Il murale di Materdei, l'arte contro il degrado (palazzo ex OPG, l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani)

I murales, una forma d’arte

Giro sul web e mi imbatto nel gruppo Materdei. per R_esistere ci vuole pure la bellezza.
Lo slogan rallegra l’anima:

Allora. .. resistere alla crisi … resistere è anche esistere … e a noi ci piace la bellezza ….
… e a noi che abitiamo Materdei ci piace colorata e poetica

Un invito per il sottoscritto a girare per il quartiere ed immortalare gli altri murales che, senza dubbio, sono una forma d’arte.

Se non ci fosse l’arte

La controprova è immediata: se il disegno non ricoprisse la facciata dell’ex OPG – l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani – l’edificio risulterebbe uno dei tanti anonimi palazzi della città.

Il gigante verde dalla bocca aperta, invece, è un tassello d’arte moderna, una forma di bellezza contro il degrado urbano.

Perché la Cultura è la prima arma contro ogni «mostro».
Come Materdei insegna.

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La modella perfetta

Alla ricerca dello scatto perfetto

La mia nuova modella renderebbe felice qualsiasi fotografo, esperto e non.
E la fortuna, oggi, bacia il sottoscritto.

Immobile, per intere ore, in posa naturale attende lo scatto perfetto.
Nessuna protesta.
Mai un movimento brusco.
Una professionista della posizione, anche la più scomoda.

Ferma, disinteressata, paziente, libera.

Una modella impassibile

La modella non mostra particolari ritrosie: si concede con la medesima indifferenza – quasi non avvertisse la presenza dello smartphone puntato sul naso (ma ce l’ha un naso?) – sia da un centimetro che da lontano.

Calma, osserva il sottoscritto, quasi sdegnata per gli scatti che le concedo.

La sua impassibilità mi infastidisce.
Convinto della mia arte, cerco approvazione.
Invece, la musa ispiratrice, snobba il mondo che la circonda ed in particolare il sottoscritto.

Si limita ad avanzare lentamente verso chissà quale meta.
«Non capisci nulla di foto» le sbatto in faccia l’amara verità, vendetta tipica di chi ama senza essere corrisposto.

Licenzio la lumachina e vado via offeso.

La lumachina, la modella perfetta


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Contro lo smog, il disegno di Maria Pia

Smog, il «mostro» invisibile è tra noi

Il «mostro» è invisibile.
La sua sinistra presenza si annuncia con sintomi evidenti: prima la vampata di calore, poi la puzza, segue un senso di disgusto nauseabondo.

Lo smog, la cappa di fumo nero che attanaglia le nostre città e rende l’aria irrespirabile.
Colpisce tutti, senza distinzione di colore e razza, età e posizione sociale.

La difesa di un ciclista napoletano

D’avanti a me – esponente dell’esiguo esercito di ciclisti napoletani – una moto riscalda il motore pronta per lo sprint.
Al suo fianco, il pilota di un vecchio furgone prepara la partenza con la stessa concentrazione di Lewis Hamilton.

L’orchestra di motori rombanti suona la triste musica, la nuvola di inquinamento copre pedoni, auto, moto e ciclisti.

Fermo al semaforo, attendo diligente il via, percepisco l’attacco.
La mascherina antismog funge da scudo impenetrabile, sotto assedio non perdo la calma: con un’agile mossa felina sposto la mia e-bike sul marciapiede limitrofo.
Se non posso sconfiggere il «mostro», preferisco una ritirata strategica.

Scatta il verde,

I tubi di scappamento sparano velenosi colpi neri ed i pesanti dinosauri fuggono via, la nube tossica si dissolve, la strada è libera, torna la calma apparente.
Pedalo e riparto, la sfida continua.

L’opera di Maria Pia

Giunto in ufficio, trovo il ritratto: autrice Maria Pia.
La mia collega è un’artista: ispirata dalle bici, quella del sottoscritto – neofita della pedalata – e le due ruote di Angela, la vera esperta del settore, immortala i mezzi in sosta.

Il quadro colorato ispira aria pulita, natura e musica rilassante.
L’opera è la perfetta risposta ai tubi di scappamento grigi e sporchi che infestano le nostre città.

Grazie Maria Pia, era la giusta boccata d’ossigeno che cercavo 🙂

Lotta allo smog: le bici secondo Maria Pia


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Al MADRE di Napoli, dove l’arte è provocazione

MADRE, opere per stupire

Una piccola statua col volto immerso in una montagna di stracci.

Posta nei pressi di un cassonetto della spazzatura, provoca una reazione indignata del netturbino di turno: l’operatore raccoglie perplesso l’intero mucchio e lo getta nel camion dell’immondizia.
Salta sullo scalino posto dietro l’automezzo, con un cenno collaudato invita il collega a proseguire il giro.
Mentre il grosso e rumoroso camion raggiunge il successivo cassonetto da svuotare, il netturbino impreca contro l’incivile di turno.

L’operatore ecologico non immagina che trattasi della Venere degli stracci, opera installata al MADRE di Napoli, il Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina.

La Venre degli stracci, opera al MADRE di Napoli

La Venre degli stracci, opera al MADRE di Napoli

La provocazione dell’artista

«L’artista vuole provocare, indignare per far riflettere e sbalordire lo spettatore» sono le uniche spiegazioni che gli addetti del museo mi svelano durante la visita.

Il tour al MADRE prosegue, ogni collezione suscita la medesima domanda: di che tipo di ARTE si tratta?

Un enorme tappeto nero? Il baratro dell’essere umano.
Una statua orientale ripresa da una telecamera e mentre la guardo basito osservo me stesso nel televisore.

MADRE, una statua ripresa da una telecamera che riprende chi osserva

MADRE, una statua ripresa da una telecamera che riprende chi osserva

La parola alle immagini

Descrivere le sensazioni alla vista di teschi illuminati, un manichino privo di braccia sospeso su un’altalena, un labirinto bianco o una stanza colorata è superfluo.

Ognuno interpreta a suo modo ciò che osserva.

Vado via sbigottito, mentre passeggio con le immagini ancora scolpite nella mente, rifletto sullo spettacolo al quale ho assistito.
Proprio ciò che l’artista aspira: far riflettere.

Io, pendolare felice

Addio stress da guida

Per il sottoscritto, il 2016 porta una salubre novità: al lavoro con i mezzi pubblici!

Considero l’opportunità una vera rivoluzione culturale.

Dopo svariati anni, lascio l’auto in garage e viaggio in metropolitana.
Felice di non impestare l’aria cittadina con i gas di scarico, scendo a piazza Garibaldi – finalmente la stazione centrale con un nuovo e moderno restyling – e passeggio per circa tre chilometri.

Raggiungo il Centro Direzionale di Napoli, la nuova sede di lavoro, soddisfatto.

Il lungo giorno degli scatoloni è alle spalle ed appartengono al passato anche il traffico impazzito, gli ingorghi folli, le anarchiche code agli incroci, l’ingiusto pedaggio della tangenziale partenopea, lo stress da parcheggio.

Io, pendolare felice

Io, pendolare felice

Ad un anno dalla scomparsa, le musiche di Pino Daniele si diffondono tra le stazioni dell’arte e mi accompagnano lungo il nuovo viaggio quotidiano.

Certamente in futuro affronterò giornate complicate tra scioperi e ritardi ma per ora mi godo il sonno dell’auto e la passeggiata pre-ufficio.
Da oggi sono un pendolare felice.

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Al castello di Baia: l’arte è più bella se gratuita?

Museo Archeologico dei Campi Flegrei

Il Museo Archeologico dei Campi Flegrei merita una visita.
Meglio se gratuita.
Come la scorsa domenica, primo weekend di dicembre.

Non mi resta che aggregarmi al gruppo, partenza ore 10,30 dall’ingresso del castello di Baia.

Il viaggio nell’antico impero romano dura cinquanta, intensi minuti.
Osservo antichi reperti risalenti a più di duemila anni fa che ricostruiscono la vita di Pozzuoli; l’antica colonia ricca di storia.

Castello di Baia: se l'arte è gratuita, è più bella?

Castello di Baia: se l’arte è gratuita, è più bella?

La prima domenica del mese l’arte è gratuita

Statue pescate in mare, resti trovati nelle masserie della zona flegrea.
Ascoltare gli aneddoti ed i destini di quegli uomini vissuti prima di Cristo è affascinante.

Merito della guida, davvero brava.
Merito dell’omaggio offerto dal Ministro dei Beni Culturali.

La magnifica zona flegrea

Dopo il tour, fotografo lo spettacolare panorama apprezzabile dal castello.
In questa limpida domenica di dicembre, la spiaggia del faro mostra colori straordinari.

Un post-it mentale da riprendere in primavera, la tentazione di un bagno in queste acque supera la fatica della scarpinata.

La spiaggia del faro di Baia, sotto il castello

La spiaggia del faro di Baia, sotto il castello

Baia, Bacoli, Monte di Procida, Procida … dal terrazzo del castello immortalo il magnifico paesaggio.

Il magnifico panorama dal castello di Baia

Il magnifico panorama dal castello di Baia

Scendo soddisfatto ed incrocio un nuovo esercito di visitatori pronti per una nuova visita.

E’ chiaro: l’arte gratuita piace 🙂

«Cucina QB, l’Anti-manuale di cucina» (recensione di un ebook gratuito)

In cucina vince il «quanto basta»

Scritto con ironia e leggerezza,Cucina QB. L’anti-manuale di cucina è un invito alla sperimentazione culinaria.
Rispettare analiticamente le quantità stabilite nelle ricette?
La cucina è il nostro mondo e – almeno a casa nostra – decidiamo noi le regole!

Difatti, lo stesso piatto preparato da due persone diverse avrà un sapore ed un significato differente perché cucinare è un’arte e come tale è libera espressione dell’individuo.

Pagina dopo pagina, con stile brioso, l’autore smantella i rigidi teoremi gastronomici fondati sulla precisione e dogmi inossidabili («il vino bianco va servito freddo») e rafforza il concetto elastico e personale del «QB», il quanto basta.

Le ricette prevedono una dose numerica?
La cucina è esperienza, test, ricerca: la giusta quantità sarà discrezione del cuoco … quanto basta appunto!

Un ebook gratuito con cento ricette

Dopo i primi capitoli sui concetti generali della «teoria del QB», l’autore – celato dietro la sigla CM (una fantomatica e divertente «Commissione Magagne») – sprona il lettore ad indossare il grembiule e gettarsi tra i fornelli.

La cucina è sperimentazione!

Cucinare per se stessi e per gli altri, col gusto dell’esploratore indomito, mettersi alla prova, sbagliare, provare e riprovare perchè ogni piccolo fallimento sarà un’esperienza utile per il piatto successivo.

Il menù parte con fantasiosi antipasti, poi i primi piatti (noti e non), consigli sui piatti unici, contorni e seconde pietanze fino al caffè col dessert.

Ricette di facile applicazione, forse elementari per gli esperti del settore ma certamente fonte di spunti interessanti  da tener presente nelle cene con ospiti (graditi e non).

Lettura apprezzata e consigliata (evidenzio il download gratuito)

Scarica gratis Cucina QB. L’anti-manuale di cucina da Amazon

 

Napoli, quel magnifico mosaico di via Salvator Rosa

Il murales di Salvator Rosa

Il murales a via Salvator Rosa (nei pressi dell’omonima stazione della metropolitana napoletana) sovrasta la parete del palazzo.

Quante volte l’ho osservato con curiosità?

Scruto e cerco di carpire il messaggio: una maestosa divinità femminile seminuda con un piccolo omuncolo come cappello.
Quale misterioso significato cela?
L’arte non va spiegata razionalmente, mi basta recepire l’emozione che suscita il quadro.

L’autore: Ernesto Tatafiore

Pensavo ad un’opera di importanza minore, invece, dopo la pubblicazione della foto nella simpatica e preparata community di Google+ Napoli image Naples, dai commenti degli utenti scopro che trattasi di un mosaico in vetricolor realizzato nel 2000 dell’artista Ernesto Tatafiore.

Viva il web, viva la cultura.
A voi lo scatto.

Salvator Rosa, Napoli: mosaico di Ernesto Tatafiore


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Se il reperto romano di Napoli fosse a Stoccolma?

Quante città presentano reperti romani in mostra per strada?

E’ la domanda che mi pongo ogni volta che attraverso via Salvator Rosa, nei pressi della omonima stazione della metropolitana di Napoli.
Credo davvero poche godono delle risorse artistiche del capoluogo campano (e dintorni).
Monumenti posti agli ingressi – e all’interno – delle stazioni, il biglietto di benvenuto di una città d’arte che si rispetti.

Poi, passato lo stupore per la visione dei resti di un antico ponte romano risalente ad un’altra epoca subentra la seconda, sconfortante domanda:

quante città non valorizzano i propri monumenti?

 

Napoli ed il reperto romano abbandonato

Purtroppo, anche questo quesito presenta la medesima risposta: sono poche le città nel mondo capace di trascurare i propri siti archeologici come noi napoletani (o forse, italiani?).

Basta osservare il monumento di Salvator Rosa: circondato dall’incuria, resiste alle intemperie ed alle pallonate dei ragazzi impegnati in estenuanti partite di calcio davanti la metropolitana.

Tra avanzi di pizze e bottiglie di birre, l’arco romano sembra chiedersi: ma che ci faccio quì abbandonato al mio crudele destino?

E se fosse stato costruito a Stoccolma?

Vivrebbe al calduccio protetto in un elegante (e costoso) museo visitato da migliaia di turisti con audio-guida, sala filmati per minuziose spiegazioni, prenotazioni on-line con sconto comitive e marketing sull’antica Roma.

Sono sicuro che se potesse esprimersi, l’antico monumento romano di via Salvator Rosa chiederebbe asilo politico alla Norvegia.


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