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Tag: arte (Page 4 of 4)

Arte moderna o lo scarabocchio di un bimbo dell’asilo?

La piccola parete bianca è interamente occupata da un quadro, suppongo di arte moderna.

Sono in una sala d’attesa (per la comprensione di questo post, risultano superflui ulteriori dettagli) ed aspetto il mio turno con calma olimpica.
Oltre a me, una mamma chatta con lo sguardo perso nello smartphone ed il figlioletto (sei, sette anni) fisicamente presente ma con la mente trasferito nella dimensione spazio-temporale del videogames baby-sitter.

In pratica, sono solo e qualsiasi tentativo di comunicazione con i due alieni risulta vano.

Mi resta una sola distrazione: osservare il quadro che ho difronte, proprio sopra la testa dei due esseri viventi con protesi tecnologica innestata.

arte moderna o disegno astratto di un bimbo dell'asilo?

Scruto con attenzione, intravedo strumenti musicali volanti, un tamburo magico, atmosfere da tribù africana e stregonerie varie …
Stringo le meningi, aggrotto la fronte ma proprio non riesco a sciogliere il mistero.

Questo dipinto è arte?

La mia ignoranza suggerisce altro, forse un concetto troppo osceno per essere reso pubblico ma sono in ballo e continuo a ballare.
A me, l’accrocchio di colori, le forme irregolari e le posizioni irrazionali delle figure ricordano uno scarabocchio partorito dall’irriducibile fantasia di un bimbo dell’asilo.

Ce l’ho fatta, ho sputato il rospo!

«Mamma devo fare pipì» brontola il pargoletto spezzando le congetture filosofiche trasmesse dalla visione dell’opera.
La donna ed figlio si allontanano, lei continua a chattare mentre il bimbo cammina con la testa china sulla console.

Approfitto della solitudine e fotografo il «mostro».
A voi la sentenza.

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Un pomeriggio al Museo (folgorato da Atlante)

Sabato pomeriggio ore sedici, ricevo il laconico messaggio: «Mario, scusami arrivo fra mezz’ora».
Perfetto: all’appuntamento col mio amico ritardatario giungo con quindici minuti di anticipo e così la matematica mi condanna ad un lungo ozio (attendere è la punizione inflitta ai puntuali).

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Alle mie spalle troneggia l’entrata del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

All’ingresso del palazzo seicentesco che «può vantare il più ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte e manufatti archeologici in Italia» (fonte) tra un gruppetto di pargoletti entusiasti intravedo un volto noto: un’amica-mamma accompagna il figlioletto ad una caccia al tesoro organizzata da una associazione culturale «per far scoprire l’arte ai bimbi».

«Come stai? Che fai quì? Ciao piccolino … vi accompagno con piacere» approfitto e varco la soglia spazio-temporale per catapultarmi nell’antica Grecia.
Sbigottito dall’imponente salone della Meridiana, carico di meraviglia seguo – insieme alla chiassosa comitiva di bambini dalle mille domande, genitori incuriositi ed una guida attenta – il gomitolo di lana di Arianna, dobbiamo uscire dal labirinto e trovare Teseo.

Dura un attimo ma accade: resto da solo nel magico salone della Meridiana.

I bimbi inseguono il filo e si dileguano in una stanza limitrofa, l’esercito di turisti armati di macchine fotografiche dall’obiettivo chilometrico svaniscono ed il silenzio assoluto cala nella grande sala, l’incanto ed il fascino di questo luogo leggendario – venti metri d’altezza per cinquanta di lunghezza – con affreschi e quadri dal valore inestimabile si impossessa della mia mente.

Leggo stupefatto: «scultura ellenistica in marmo databile al II secolo d.C.»

Un veloce calcolo illumina la mente: al mio fianco, c’é una statua che risale a quasi 1900 anni addietro, cioè creata tra l’anno 101 e 200?
L’animo del reporter prende il sopravvento su un possibile inizio di crisi di Stendhal, deglutisco, inspiro, respiro, afferro il ridicolo smartphone e scatto la foto.
A voi il «mostro», il magnifico Atlante del Farnese.

Museo Archeologico Nazionale di Napoli: l'Atlante del Farnese

PS: questo post è dedicato al mio amico ritardatario ed alla fortuna di tramutare l’attesa in una stupenda visita 🙂

Link utili:
sito ufficiale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli
salone della Meridiana
Atlante Farnese


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Napoli senza la camorra in due foto

Ho vissuto per un’ora in una Napoli liberata dall’asfissiante morsa della camorra, la cappa di morte (metaforica e non) che schiaccia la città da troppo tempo.

E’ successo sabato mattina sul lungomare liberato.

Il sottoscritto è – ahimè – sprovvisto di un qualsiasi talento artistico: sogno la pittura, non ambisco alla scultura, ammiro il musicista ed invidio lo scrittore.
L’arte ha il compito di descrivere la società attraverso le opere e dopotutto anche la fotografia – la volontà di un umile gregario con l’uso della tecnologia spicciola – è un valido strumento per raccontare la realtà che mi circonda senza troppe pretese.

Dunque rimedio all’incapacità di descrivere Napoli epurata dalla camorra con queste due foto.

Napoli senza camorra

Venti gradi – eppure è novembre! – passeggio beato sul largo marciapiede lindo e pinto ed osservo le barche a vela navigare nel mare calmo del golfo sotto l’ombra del Vesuvio.
Castel dell’Ovo, il secolare custode della città, è la star più fotografata dai tanti turisti estasiati mentre napoletani orgogliosi si godono questo angolo di paradiso cittadino sgombrato dallo smog e delle auto.
Ciclisti sudati – dal sole e non dalla pedalata – apprezzano la pista a loro dedicata con vista Capri, alcuni ragazzi girano incuriositi intorno al punto di bike sharing mentre i genitori controllano le scorribande dei pargoletti liberi di correre tra la villa comunale e la strada svuotata dai veicoli.
Non mancano i selfie dei fidanzatini con le isole a far da cornice: una splendida giornata per marinare la scuola, non vi è dubbio.

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La presenza discreta delle forze dell’ordine rende sicuro questo meraviglioso kilometro di striscia azzurra.

Un salotto blindato lontano mille miglia dai problemi caotici della metropoli campana, trasformato da enorme parcheggio abusivo in un luogo ordinato e restituito ai fasti del passato.

Vorrei illudermi che la forza delle immagini trasmetta anche a te, amico Lettore, l’atmosfera di positività che questo primaverile sabato mattina di novembre ha inculcato al sottoscritto: tranquillità, calma, silenzio, il mare blu come il cielo, il lento scorrere del tempo, l’attesa del pescatore, la gioia dei bambini, la serenità delle famiglie, la passeggiata, le bellezze naturali della città, l’assenza di lotte fratricide, la normalità ritrovata.

I due quadri digitali di questo post rappresentano Napoli ripulita dalla camorra: una fantastica illusione oppure una possibilità concreta se il modello «lungomare liberato» venisse applicato a tutti gli altri quartieri della città?

Napoli senza la camorra


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Il trucco c’è (e si vede)

Il trucco dell’indiano volante

L’uomo orientale sospeso a mezz’aria ha un età indefinita.
Non saprei stabilire nemmeno la nazionalità, il colore della pelle ed i tratti somatici consigliano «Asia e dintorni» ma tant’è: la folla di increduli e distratti spettatori subito l’etichetta «l’indiano».

Via Toledo, strada storica di Napoli dove la fiumana umana di consumatori non-consumatori passeggia tra bar, sfogliatelle, caffè ed una catena di negozi perlopiù vuoti.

Gli artisti di strada intrattengono il pubblico per pochi centesimi: c’è l’uomo-statua dipinto di bianco e perennemente fermo, la donna-sfinge bloccata nella sua bellezza, i maddonarri con le strabilianti opere da marciapiede, ambulanti per ogni target, i senegalesi armati di tamburi e maestri di danze tribali, gruppi di musica classica, folk e rock ed infine loro, gli indiani volanti.

L'indiano voltante, il trucco c'è e si vede

Il trucco è davanti agli occhi di tutti

Misteriosamente fermo a mezzo metro d’altezza, appoggiato ad un palo bloccato sul tappeto nero, il povero mago con l’espressione concentrata ed il volto privo di particolari sforzi fisici e mentali, è una maschera imperturbabile.

La folla osserva stupita alla ricerca del dettaglio che sveli il segreto orientale, bimbi ed adulti si pongono lo stesso ingenuo quesito: «quale è il trucco?»

Eppure il trucco è davanti gli occhi di tutti, grande quanto un palazzo si manifesta in tutta la sua crudezza ed ha un nome ben preciso: indifferenza.

Assuefatti ad ogni forma di spettacolo, chi desidera strappare l’attenzione e quattro spiccioli, inventa esibizioni sempre più stupefacenti. 
E a noi, passanti superficiali abituati al veloce zapping televisivo, risulta ovvio trattare quell’uomo come un fenomeno da baraccone dimenticando che dietro il trucco c’è una persona, un mondo, un universo.

La prossima occasione compirò un’azione rivoluzionaria, abbatterò il muro del silenzio, spezzerò le ali del destino con una semplice ed umana domanda: «ehi, come ti chiami?».
Forse strapperò un sorriso sul volto contrito dell’indiano volante.


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Ho adottato una buca killer (la gioia di un genitore napoletano)

Buche artistiche

Sul sito Mypotholes, i due fotografi Davide Luciano e Claudia Ficca lanciano la provocazione: le buche stradali sono ovunque ed oramai vengono accettate come elemento normale del contesto urbano, quindi meglio trasformare l’irritazione in divertimento ed arte.
Ecco allora che le voragini di Montreal, New York, Toronto e Los Angeles diventano un set fotografico (imperdibile la galleria di scatti dei due artisti canadesi).

Io, invece, dalla mia esperienza napoletana, vado oltre.

Mypotholes-L'arte delle buche stradali

Imprinting

Gli esperti sono d’accordo: il delinquente di oggi ha sicuramente trascorso un’infanzia difficile.
Difatti, i primi anni di vita rappresentano il periodo critico per ogni essere umano e l’apprendimento e l’esempio ricevuto dal bimbo in tenera età costituiranno l’imprinting per il resto dell’intera esistenza.
E’ dimostrato: chiunque venga trascurato crescerà meno bene di chi, al contrario, è seguito affettuosamente certo delle tenere, amorevoli sicurezze familiari.

La nuova, rivoluzionaria teoria (di origine partenopea) applica lo stesso (razionale) ragionamento alle buche stradali.

L’adozione del «mostro»

Dopo ogni acquazzone, le vie cittadine puntualmente si trasformano in strade-colabrodo.
Nascono come piccoli fossi, poi – per colpa dell’indifferenza di tutti noi – crescono indisturbati attingendo alle risorse naturali: il vento e la pioggia autunnale alimentano il neonato come una mamma attenta allatterebbe il suo poppante.
L’asfalto dissestato è il suo habitat naturale, l’humus ideale per lo sviluppo in lunghezza e larghezza. Grazie al disinteresse istituzionale, il fosso si fortifica e conquista metri preziosi divenendo ben presto una voragine.
Il «mostro», nonostante cerchi di attirare l’attenzione provocando danni (soprattutto di notte) agli automobilisti insensibili, resta abbandonato al suo triste destino. Vive e cresce nella solitudine assoluta e come ogni essere rifiutato diventa sempre più cattivo.

Ma, come spesso accade, dove latita l’organizzazione dello Stato emerge la bontà del singolo: per spezzare questo circolo vizioso ho adottato una buca.
E’ nata da qualche giorno dopo l’ennesimo diluvio e vive vicino al mio ufficio.
A ben guardarla esprime tenerezza, colma d’acqua si mimetizza, credo sia timida e non voglia disturbare ma le auto infieriscono senza pietà investendola di continuo. Lei, innocente, si difende da sola priva delle tutele che – come ogni altro bimbo – meriterebbe.

Comunque reagisce bene, spinta dalla voglia di vivere non demorde.

Questa mattina sono andata a salutarla, era in perfetta forma, la pioggia di stanotte l’ha rinvigorita.
Purtroppo non la vedrò per l’intero week-end ma sono certo che lunedì, quando tornerò al lavoro, la troverò sempre al suo posto, magari maturata e pronta per presentarmi la compagna della sua vita, una nuova piccola voragine con la quale metter su famiglia.

Non girate la faccia dall’altra parte, le voragini sono ovunque e le gioie dell’adozione indescrivibili: amici Lettori, siate anche voi generosi.

Galleria di volti a Montecalvario, il metrò dell’arte di Napoli

Montecalvario, stazione Toledo

Domenica mattina, in giro per Napoli, visito la nuova uscita di Montecalvario, stazione Toledo del MetroNapoli, la famosa metropolitana che ha innovato il concetto di spostamento in città.

Ogni fermata un museo da visitare, i viaggiatori si ritrovano in un ambiente unico ricco di opere d’arte antiche e moderne.

Stazione Toledo, Montecalvario

Il metrò dell’arte di Napoli

Nel mio precedente post, MetroNapoli, viaggio nelle stazioni-museo ho descritto la coreografica successione di Fibonacci a piazza Vanvitelli, osservato le vecchie cinquecento FIAT ospitate a Salvator Rosa, la stazione “Pink”, fotografato i volti famosi di Materdei, letto le divine citazioni presenti a Dante e immortalato il blu di Toledo, la mia stazione preferita. Il viaggio terminava tra i colori giovanili dell’Università.

Montecalvario, foto di Oliviero Toscani

Oggi, invece, è possibile continuare e scoprire le nuove installazioni di Oliviero Toscani che accompagnano il pendolare da Toledo fino ai quartieri spagnoli, nel centro storico della città.

Mi limito a pubblicare gli scatti così come il mio modesto smartphone li ha catturati: la bellezza e la fantasia delle immagini non necessitano di ulteriori dettagli.
Dopotutto, siamo pur sempre in una stazione della metropolitana.

Whatsapp ed il meritato rinnovo (annuale)

Il mea culpa

Chi è coerente scagli la prima pietra.
Io non lo sono e difatti, se necessario, cambio idea senza rancore.

L’ennesimo spunto proviene dal tanto discusso Whatsapp, il famoso programma per smartphone che – di fatto – manda in pensione i vecchi e cari (nel senso di costosi) sms.

Il Lettore affezionato mi rinfaccerà: «ma come, ne avevi cantate di cotte&crude su Whatsapp!
La prigione dei dati personali, l’app senza spina dorsale, il mistero del prezzo del rinnovo da scoprire dopo un anno (forse) … »

E’ vero: la Rete non dimentica e le mie passate dichiarazioni possono essere usate contro di me. Basta cercare “whatsapp” nel sito ed i vecchi post emergeranno dalle viscere della Rete condannandomi senza appello.

Prima di darmi del voltagabbana, però, in mia difesa aggiungo candido: sono un informatico!

Whatsapp, un meritato rinnovo (annuale)

Perchè rinnovo Whatsapp

Sviluppare software non è forse un esempio di arte moderna?
Far comunicare milioni di persone a costo zero in modo semplice e funzionale non è un’azione da elogiare ed incoraggiare?

Quando la tecnologia va veramente incontro al consumatore di massa perché é l’utente stesso a decretarne il successo o il fallimento, gli autori (artisti) vanno meritatamente premiati e l’unico strumento che noi fruitori abbiamo per ringraziare Brian Acton e Jan Koum, i due ex programmatori Yahoo! creatori dell’app, è pagare loro i 70centesimi richiesti.

Il merito va riconosciuto

Come il sottoscritto e gli altri milioni di persone sparsi per il globo: spiccioli per ogni singola persona, una ricca “medaglia” per i due giovanotti americani.

L’idea della correttezza del pagamento risulta ancora più forte se si pensa alle tante alternative disponibili: da LINE a WeChat giusto per citare le ultime novità addirittura pubblicizzate in televisione con testimonial d’eccezione (Lionel Messi per WeChat).

Eppure il successo di Whatsapp persiste.
A buon diritto aggiungo io, almeno per un anno poi alla prossima scadenza valuterò.

Nell’era di Internet, 365 giorni è una promessa di fedeltà che si concede per pochi, validi motivi … poi tutto torna nuovamente in discussione, anche l’efficienza (attuale) di Whatsapp.


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