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Tag: attesa

Ogni maledetto San Valentino [DomandePerBeni]

Ogni maledetto 14 02

“Esimio Dr. Beni,
ardo di passione, mi consumo nell’illusione di incontrare il mio unico grande amore.
Non ricordo neppure quando mandai per la prima volta l’invito per uscire insieme, ogni maledetto San Valentino aspetto nel luogo dell’incontro la sua apparizione.
Nulla, ed ora che si sta avvicinando il nostro ennesimo appuntamento mi domando: verrà?”
Riflessi_n

San Valentino, l'attesa è il vero amore

Antonio P. Beni risponde

Gentile signorina,
è da quanto scrissi la prima versione di Godot che persone come lei mi fanno ricordare quando scrissi la prima versione di Godot.

Il suo problema per San Valentino è comune come la muffa dietro il mobile in cucina, non sai di averla finchè non cambi arredamento.
Il cuore è così, non sai di averlo finchè non te lo trapiantano in una scimmia, o viceversa.

La meraviglia dell’attesa

La mia teoria, sviluppata in anni di osservazione di coppie di innamorati, è che l’attesa è qualcosa di meraviglioso.

Dopo che scontai cinque anni al penitenziario di Fox River per assurde accuse di voyeurismo, purtroppo nessuno credette che osservavo coppie di innamorati per la scienza, riuscii a pubblicare su Scientific American il mio trattato “Speriamo che duri. L’attesa del tram come rappresentazione inespressa dell’amore atteso a San Valentino”

Nel mio geniale trattato scientifico, dimostrai che le persone non vogliono che il tram arrivi.
Loro vogliono attenderlo, desiderarlo, invocarlo, ma mai possederlo obliterando il biglietto.
Questo perché l’uomo è nato per avere paura.
La paura salva l’uomo dal pericolo e il pericolo è nella natura.

Mi spiego con un esempio che usai alla prima lezione di Semantica del Divino Amore, presso la gloriosa Fondazione Brass.

L’uomo che crede in Dio.
Lo venera, lo invoca, lo desidera, lo vuole, un po’ quasi come per il tram ma, attenzione questo è il punto chiave, non lo vuole!
Se l’uomo volesse Dio morirebbe per averlo!
Invece no, si ostina ad aggrapparsi alla vita.
Fa di tutto per non morire!
Non c’e’ coerenza!
Vuole Dio, lo ama e non vuole stare con Lui?!

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San Valentino, la festa degli innamorati
(in attesa)

Aspetta il tuo amore a San Valentino ma spera che non venga, perché ogni maledetto San Valentino potrai essere una delle poche che veramente festeggerà l’amore.
Del resto definiamo l’amore come una dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone, volta ad assicurare reciproca felicità, o la soddisfazione sul piano sessuale, senza pensare che la sua massima elevazione è nella Sua attesa.

Chi è Antonio P. Beni, esperto in aMORE

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    Caos calmo, di Sandro Veronesi – la recensione

    Caos calmo, la recensione

    Passeggiare lungo un campo minato col rischio, in ogni istante, di saltare per aria.
    E’ la sensazione provata durante la lettura di «Caos calmo» il libro del bravo Sandro Veronesi che, pagina dopo pagina, trattiene l’esplosione di dolore in una bottiglia chiusa ermeticamente.

    Eppure, al rigo successivo, il tappo sembra non riuscire a contenere l’infinita disperazione per il lutto familiare che ha colpito padre e figlia ed è pronto a disintegrarsi in un boato liberatorio.

    Ma il botto non avviene ed è rimandato al nuovo capitolo.

    L’intera lettura è un’attesa – a volte angosciante, spesso stupefacente: l’attesa del dolore, l’attesa liberatoria, l’attesa del lutto, l’attesa della rinascita.

    Un’attesa emozionante.

    Caos calmo, di Sandro Veronesi - la recensione

    Sandro Veronesi, lo stile

    Lunghe frasi prive di punti costringono il lettore a digerire estenuanti periodi tutti d’un fiato.
    La lettura – in alcuni frangenti – avviene in apnea e non resta che sperare nel punto per mettere fine allo sforzo.
    L’attesa liberatoria anche per il lettore?

    Un piccolo appunto: avrei fatto volentieri a meno di alcuni paragrafi per l’uso di piccole volgarità gratuite che non rendono giustizia ad un libro, in generale, lineare e pulito.

    La trama

    Pietro è un uomo di successo, con un ottimo lavoro, una donna che lo ama, una figlia di dieci anni.
    Ma un giorno, mentre al mare salva la vita di una sconosciuta, è colpito da un tremendo lutto familiare.
    Pietro si rifugia nella sua auto, parcheggiata davanti alla scuola della figlia, ed in attesa del dolore osserva il mondo con una calma incomprensibile per i suoi cari …

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    Arte moderna o lo scarabocchio di un bimbo dell’asilo?

    La piccola parete bianca è interamente occupata da un quadro, suppongo di arte moderna.

    Sono in una sala d’attesa (per la comprensione di questo post, risultano superflui ulteriori dettagli) ed aspetto il mio turno con calma olimpica.
    Oltre a me, una mamma chatta con lo sguardo perso nello smartphone ed il figlioletto (sei, sette anni) fisicamente presente ma con la mente trasferito nella dimensione spazio-temporale del videogames baby-sitter.

    In pratica, sono solo e qualsiasi tentativo di comunicazione con i due alieni risulta vano.

    Mi resta una sola distrazione: osservare il quadro che ho difronte, proprio sopra la testa dei due esseri viventi con protesi tecnologica innestata.

    arte moderna o disegno astratto di un bimbo dell'asilo?

    Scruto con attenzione, intravedo strumenti musicali volanti, un tamburo magico, atmosfere da tribù africana e stregonerie varie …
    Stringo le meningi, aggrotto la fronte ma proprio non riesco a sciogliere il mistero.

    Questo dipinto è arte?

    La mia ignoranza suggerisce altro, forse un concetto troppo osceno per essere reso pubblico ma sono in ballo e continuo a ballare.
    A me, l’accrocchio di colori, le forme irregolari e le posizioni irrazionali delle figure ricordano uno scarabocchio partorito dall’irriducibile fantasia di un bimbo dell’asilo.

    Ce l’ho fatta, ho sputato il rospo!

    «Mamma devo fare pipì» brontola il pargoletto spezzando le congetture filosofiche trasmesse dalla visione dell’opera.
    La donna ed figlio si allontanano, lei continua a chattare mentre il bimbo cammina con la testa china sulla console.

    Approfitto della solitudine e fotografo il «mostro».
    A voi la sentenza.

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