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Tag: berlusconi (Page 2 of 3)

Il rimpasto? Chiedete a mia suocera

Cavolo, il cavolo!

Il solo odore mi provocava l’orticaria e difronte a quella visione fumante scappavo.

Difatti, fino al ventunesimo secolo, nessuno può affermare – a meno di non essere tacciato come uno spudorato mentitore – di aver visto in cucina contemporaneamente me e l’ortaggio più nutriente al mondo.

Anche mia mamma era rassegnata ed a mezzogiorno si imponeva una scelta dicotomica: io oppure il piatto di pasta e cavoli?

Il merito di mia suocera

Il tempo trascorre inesorabile e le posizioni giovanili, in genere rigide e prive di compromessi, si ammorbidiscono.

La mente diviene flessibile e ciò che in passato appariva un nemico, un bel giorno, si trasforma in un elemento positivo.

Il merito è di mia suocera, devo riconoscerlo.

Il rimpasto di mia suocera

Cavolo, l’amore ritrovato

Da sopraffina cuoca quale ella è, al pranzo di un giorno qualsiasi mi propose un succulento pasticcio ricoperto di formaggio.
Il profumo mi conquistò subito, l’aspetto invitava all’assaggio ed il magico mix di sapori, pasta e aromi soddisfò appieno le mie papille gustative.

Da quel momento amai il cavolo.

Il segreto di quella ricetta fu mischiare i sapori, evidenziare il buono e nascondere ciò che non affascina.
L’odiato cavolo era presente ma dietro una coperta di aromi, il timballo conteneva sempre gli stessi ingredienti ma combinati in modo che – dall’esterno – non era più possibile scindere il cavolo dal formaggio.

Rimpasto, la specialità italiana

«Come si chiama questa ricetta?» chiesi appagato a mia suocera  mentre col fazzoletto mi pulivo la bocca ancora piena dipasticcio.
«E’ un rimpasto di cavoli e formaggio ma se non ti piace il termine puoi anche chiamarlo gattò» replico la mamma di mia moglie.

Modificare nome senza alterare i contenuti per trasformare il vecchio in nuovo, scambiare l’ordine degli ingredienti conservando sempre gli stessi elementi: anche questa è una virtù tutta italiana.


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Matteo, il figlio (politico) di Silvio

Renzi e Berlusconi, differenti (ma non troppo)

Le differenze tra il giovane Renzi e lo stagionato Berlusconi sono meno profonde di quanto si possa immaginare.

Il primo rappresenta la sinistra ma di sinistra in lui non sono presenti tracce significative, il secondo invece è l’icona della destra ma la destra stessa lo ha disconosciuto.
Eppure sono i leader dei rispettivi schieramenti.

Complimenti reciproci

Si rispettano e l’uno dice dell’altro: «é un grande comunicatore».
Sia il Cavaliere che il Sindaco padroneggiano i concetti sui quali si fonda la società dell’immagine (i contenuti non interessano quasi a nessuno) e sono consci dell’importanza di come si proclami senza preoccuparsi di cosa si affermi.

Di fatto, sono circondati dai maghi del marketing moderno ed usano i media secondo le migliori peculiarità: il navigato Silvio preferisce la sicurezza della televisione mentre l’esagitato Matteo irrompe tramite Internet spopolando nei social network più famosi (vedi Twitter, Google+ e Facebook).

Matteo, il figlio (politico) di Silvio: perché Berlusconi e Renzi sono più simili che diversi

Berlusconi e Renzi, uomini-partito

Il fiorentino ed il milanese, inoltre, rappresentano la personalizzazione della politica: sono i boss dei due raggruppamenti ed il successo dipende – in toto – dalle loro facce.

Cosa sarebbe oggi il PD senza il rottamatore?
Un partito di dinosauri.

Che visibilità avrebbe Forza Italia senza Berlusconi?
Meno che zero.

Lo stesso discorso vale per i partitelli satellite che ruotano intorno ai due colossi della politica italiana.

Renzi e Berlusconi, distanti per l’anagrafe ma vicini per personalità mi ispirano un pensiero nefasto: da giovane Silvio era egocentrico come Matteo e Matteo, in terza età, sarà petulante come Silvio.
La storia, spesso,ha un beffardo senso dell’umorismo.


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Francesca Pascale, la donna più felice del mondo

La gioia di Francesca Pascale

Gli affetti più intimi si stringono intorno al Cavaliere, il lutto (della democrazia) è un dolore profondo da superare per chiunque, figuriamoci per un uomo segnato da mille vicende (giudiziarie).

Mentre l’intera famiglia Berlusconi piange il decadimento, c’è una persona che dietro le quinte sorride.

Lontana dai riflettori, Francesca Pascale – la fidanza ufficiale dell’ex senatore – è gioiosa.

Certo, davanti alle telecamere negherà sempre intenta a recitare la parte della vedova triste ma, nel privato, è una donna felice: finalmente potrà avere il suo uomo a casa per l’intera giornata.

Francesca Pascale, la sentinella del Cavaliere

Rumors da Arcore …

La ragazza sognava da tempo questo momento ed oggi è pronta a ricevere il suo compagno con le dovute attenzioni.

Rumors da Arcore confermano radicali cambiamenti nell’appartamento della coppia: sostituiti gli infissi con robuste cancellate, gli interni riverniciati con un asettico grigio, il parquet rimpiazzato da un pavimento ideale per trattene lo sporco, il lampadario eliminato a favore di una piantana.

Rafforzate le misure di sicurezza, nessuno potrà entrare (ma soprattutto uscire) dalla casa senza il permesso della questura: la privacy presenta un conto salato da scontare.

Il Cavaliere finalmente pensionato libero

Licenziato dalla scena politica italiana ed internazionale, il Cavaliere oggi è un uomo privo di impegni.

Un pensionato certamente fortunato, pronto a godersi il meritato soggiorno, finalmente libero dai doveri potrà dedicarsi ai  lavori (forzati) di casa, giocare a Monopoli e a Subbuteo e la sera – in vestaglia e con la borsa dell’acqua calda – sul divano davanti la TV sintonizzata sui canali Mediaset lasciarsi abbracciare da Morfeo in un lungo sonno reso ancora più piacevole dal pigiama Valentino a strisce bianche e nere.

Al suo fianco, come una sentinella, vigilerà Francesca Pascale.
La ragazza ha promesso: non renderà il loro prossimo matrimonio una prigionia, l’Amore (almeno quello vero) va oltre ogni gabbia.


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L’assistenza (reciproca)

Perché Berlusconi ha ragione

Stavolta il buon vecchio Silvio Berlusconi ha ragione: Giorgio Napolitano, in modo spontaneo, dovrebbe concedergli la «grazia». 

Perché il Cavaliere – da politico navigato quale é – conosce bene i meccanismi che regolano il “transatlantico” di Montecitorio (di cui è stato più volte un generoso capitano).

Quando c’è da favorire un amico, non è necessario chiedere: il vero compagno anticipa la richiesta di soccorso onde evitare inutili imbarazzi, ti viene in aiuto, risolve il problema in modo disinteressato senza far pesare all’altro eventuali difficoltà.

L’azione risulta ancora più nobile perché non pretesa, il gesto maggiormente apprezzato.

Berlusconi e Napolitano, la fine di un'amicizia?

La regola non scritta

E quante volte Berlusconi ha aiutato – senza chiedere mai nulla in cambio – i suoi prodi e fedeli complici?
Addirittura si è spinto oltre: in un momento di estremo altruismo, ha regalato dei soldi ad esponenti del partito che – in quel periodo – lo osteggiavano pubblicamente.

E’ evidente, nel fatato mondo politico italiano, l’assistenza reciproca non richiesta è una consuetudine.

La storia degli ultimi vent’anni è ricca di esempi: ricordo il Ministro degli Interni Scajola dimettersi per una donazione ricevuta a sua insaputa da un estraneo per favorire l’acquisto di una casa nei pressi del Colosseo. 

Certo, siamo daccordo, lasciare il Viminale (sempre del governo Berlusconi) fu un eccesso di zelo … ma non tutti comprendono il magnanimo sentimento della carità, è più producente gridare allo scandalo (col rischio di cadere nell’ovvietà).

L’amarezza del Cavaliere

Il Cavaliere oggi è amareggiato, il patto (non scritto) è stato stracciato dal Presidente della Repubblica ed il Paese è sull’orlo di una crisi di nervi. 

Io stesso sento l’obbligo morale di intervenire, devo fermare il tradimento in atto: a nome di tutti gli onesti cittadini italiani chiedo a Napolitano di firmare la «grazia» per Berlusconi.

L’amicizia, dopotutto, è un tesoro da preservare – ad ogni costo.


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Il perdono di Berlusconi

Berlusconi, la pugnalata di Alfano …

Sono deluso: in questo mondo colmo di cattiveria speravo che almeno l’amicizia resistesse come un ultimo, robusto baluardo. Invece anche questo sano principio è crollato.

L’ultima dimostrazione?
La violenta pugnalata sferrata da Angelino Alfano al buon Silvio Berlusconi.

Lui, sempre circondato dai compagni d’infanzia (da Fedele Confalonieri ad Adriano Galliani), uomo esageratamente generoso (con le estranee come con le abituali frequentatrici della sua dimora), talmente buono da apparire credulone agli occhi dei magistrati, il Salvatore disinteressato della politica italiana viene tradito da chi gli è più vicino nel momento di massima debolezza.

Con la ferita alla schiena ancora sanguinante per il colpo mollato dal vicepremier, mentre il povero Cavaliere tenta faticosamente di rialzarsi, segue il fendente mortale di Renato Schifani.

Berlusconi: il perdono è dei forti

… ed l tradimento di Schifani

Anche il Presidente del Senato lo rinnega senza nessuna pietà cancellando in un attimo l’eterna riconoscenza verso colui che l’ha cresciuto e difeso sotto l’ala protettrice del potere.

L’inganno appare ancora più grave poiché ideato a mente fredda, proprio in casa dell’illuso Berlusconi intento a difendersi dagli attacchi dei nemici di sempre (almeno questo fronte è chiaro) sotto la minaccia eloquente di divenire il prossimo ospite delle patrie galere.

Chi ha assistito al tradimento, però, racconta di un gesto al limite della follia umana.

Il Cavaliere – nella sua infinita e celestiale nobiltà d’animo – ancora sofferente per le due coltellate, guarda in faccia i suoi assassini politici e – col solito sorriso a trentadue denti – pronuncia poche, semplici parole già entrate nella storia: «vi scagiono perché la colpa non è vostra bensì dei magistrati comunisti. io vi perdono!».

Se questa leggenda verrà confermata, alle prossime elezioni, oltre al doveroso appoggio della Santa Sede ed il voto del partito dell’amore, Berlusconi avrà anche il mio devoto sostegno (morale).


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La Legge di Precarietà

Il senso dell’umorismo (nero)

Se non fosse una questione tragica, potrei anche sorridere.
Invece, le decisioni del Governo riguardano noi cittadini e dunque i paradossi politici più che ilarità mi destano preoccupazione.

Devo anche riconoscere, comunque, ai nostri uomini di Stato un sottile senso dell’umorismo, un’ironia subliminale, un humor nero conseguenza delle situazioni kafkiane di cui è vittima il Bel paese.

Perché ogni questione, anche la più semplice, se inserita in un sistema dominato dall’anarchia – per un conseguente effetto domino – diviene una matassa senza né capo né coda impossibile da sbrogliare.

L’ispirazione di questa amara riflessione nasce dal nome utilizzato per la madre di tutte le leggi, la maestosa «Legge di Stabilità».

La legge di stabilita ed il paradosso politico

Definizione di stabilità

Lascio agli esperti la discussione sul contenuto, io mi limito ad osservare la ridicolaggine del nome.
Dal dizionario giunge la delucidazione sul significato di stabilità:

che permane nel tempo, che non subisce variazioni SIN durevole, costante, definitivo.

Ebbene, cosa c’è di stabile oggi in Italia?
Ovviamente nulla.
Il prossimo futuro si prevede forse stabile?
Ovviamente no.

PD + PDL

Se, infine, penso ai due maggiori partiti che costituiscono il Governo la zuppa è completa.

Il PDL spaccato tra falchi e colombe, i giorni pari minaccia di far cadere l’esecutivo (cioè se stesso) ed intimorisce i suoi ministri mentre i giorni dispari litiga con gli alleati delle “larghe intese” e denigra la magistratura, cioè parte dello Stato. 

Il PD, d’altronde, è costantemente diviso su ogni questione etica (e non), lacerato dalle faide interne non esprime nessuna idea innovativa, snella, veloce, moderna. Un gruppo dirigenziale preistorico, l’icona della burocrazia in attesa perenne di un vero leader, evento miracoloso senza una fine certa.

Due partiti nei quali la provvisorietà è all’ordine del giorno sono chiamati a promulgare la «Legge di Stabilità», una barzelletta migliore non la poteva immaginare nemmeno il compianto Totò.

Dunque, per non burlare la nazione, prima di un qualsiasi sciopero, critica e divisione sulle norme previste invito i sindacati e le parti sociali ad essere uniti sulla mia proposta: cambiamo il nome del decreto, dal beffardo «Legge di Stabilità» in un più realistico e serio «Legge di Precarietà».


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La favoletta dei lavoratori dipendenti

Lavoratori dipendenti, l’aumento!

La notizia di oggi non mi lascia indifferente, anzi mi provoca un brivido (freddo) lungo la schiena.

La Legge di Stabilità varata dal Governo Letta prevede, per noi lavoratori dipendenti, un aumento in busta paga che va da un minimo di tre (3) ad un massimo di quattordici (14) euro al mese.

Non è fantastico?

… l’aumento (da 3€ a 14€) però dal 2014

Nemmeno un inguaribile sognatore come il sottoscritto poteva immaginare tanto grasso che cola ma per esperienza sono diffidente verso questa classe politica onesta, equa ma a volte – per troppa generosità – sperperona. 

E difatti, a ben leggere tra le righe, emerge l’inghippo: il malloppo non sarà subito disponibile ma andrà ad ingrassare il cedolino a partire dal 2014.

A questa piccola doccia fredda segue l’ennesima buona novella: i 14€ sono addirittura netti! (e non lordi come insinuano i soliti detrattori pessimisti).

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«La ripresa è vicina»

Sull’onda dell’entusiasmo galoppante, anche il Ministro dell’Economia partecipa alla festa: «confermo: la ripresa in Italia arriverà entro fine anno» dichiara eccitato.

D’altronde la Matematica non è un’opinione e quella vecchia volpe di Saccomanni è pronta a salire sul carro dei vincitori: a gennaio i consumi torneranno a correre, la crisi economica ha le ore contate, gli investimenti voleranno ed i 14€ al mese porteranno (secondo le stime degli esperti) un milione di nuovi posti di lavoro più indotto (però su questo dato manca la conferma del Premier).

Basta solo non perdere la testa e gestire con sagacia questo piccolo, grande capitale: 14€ x 12 mesi = 168€ all’anno.

Non so voi, cari Lettori, ma io inizio da subito a progettare lo shopping2014 prima che giunga l’infausta smentita e distrugga l’ennesima favoletta scritta per noi, gli eroici e laboriosi lavoratori dipendenti.

Lavoratori dipendenti: aumento diI 14€ al mese?


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Tra l’indulto di ieri e di oggi, il quesito (ingenuo) resta irrisolto

L’indulto non è la soluzione

Nel luglio 2006 l’allora Ministro della Giustizia Clemente Mastella promuoveva l’indulto (governo Prodi).

A distanza di sette anni ritorna la stessa (discutibile) soluzione e le motivazioni di oggi sono le medesime di ieri: «le carceri italiane non sono degne di un paese civile», «il Parlamento deve risolvere il dramma del sovraffollamento», «condizione umiliante e violazione dei princìpi sul trattamento umano dei detenuti» …

Negli ultimi sette anni, quanti nuovi penitenziari sono stati realizzati? L'indulto è la soluzione?

La lettera del Presidente della Repubblica

La denuncia è corretta ma incompleta.
La lettera del Presidente della Repubblica al Parlamento sulla questione carceraria, infatti, è monca della dovuta premessa: vista l’incapacità della classe politica italiana, la totale inefficienza dello Stato, l’inettitudine di chi ci governa nel riuscire a programmare un progetto a lungo termine (in qualsiasi campo), l’improvvisazione dei decreti legge a secondo delle emotività del momento, il tirare a campare come modus operandi … in pratica l’assenza totale di una classe dirigente degna di questo nome … occorre svuotare le patrie galere.

I reati (non) gravi

Al mancato mea culpa poi si aggiunge l’inevitabile (beffarda) giustificazione: «la clemenza non è prevista per reati gravi».

L’onesto cittadino rientra a casa e trova l’abitazione svuotata e violentata da un topo d’appartamento: è un reato grave?
Il lavoratore che si spacca la schiena per guadagnarsi da vivere non trova più l’automobile: è un reato grave?
L’eco-delinquente incendia pneumatici nella martoriata Terra dei Fuochi: è un reato ambientale grave?

Zero nuove carceri?

E dunque, come rispondere al quesito dell’italiano medio se – ingenuamente – si domanda interdetto: negli ultimi sette anni, quanti nuovi penitenziari sono stati realizzati?
Zero è una risposta realistica oppure sono io pessimista?


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La risposta è tra la gente (comune)

Voci di popolo

Le voci della strada descrivono meglio di un telegiornale la realtà odierna.
Basta passeggiare per la città per carpire il mondo di oggi, gli stati d’animo delle persone comuni e le mode del momento.

Cammino, incrocio l’altro e negli istanti di intersezione delle nostre vite ascolto frammenti di discorsi, particelle di sfoghi, briciole di esistenze.

Poi il tizio a passo veloce svanisce tra la folla subito sostituito da un altro anonimo individuo.
Nuove parole urlate al vento, frasi incomplete per disegnare parti del mondo che vivono dietro ogni essere umano.

Bisogna però prestare la giusta attenzione.

Voci di popolo: perché la risposta è tra la gente (comune)

Lasciarsi su facebook

Tra il fiume di pendolari mattutini che scorre nei tunnel del metrò, capto lo sfogo di una giovane ragazza: «mi sono appena lasciata e difatti su facebook ho messo nessuna relazione» urla al cellulare mentre tenta di aprire un varco tra la ressa della stazione.

La generazione social vive mischiando realtà virtuale e vita privata: il confine è ormai depennato e probabilmente il suo ex (eterno) amore scoprirà di essere tornato single perché non è più tra gli “amici” di lei.

I politici sono tutti ladri

Il battito di un occhio ed afferro il più gettonato tra i luoghi comuni: «Berlusconi si trova bene in Parlamento perché sono tutti ladri!» sentenzia un tale mentre corre verso la biglietteria con un altro sconosciuto che annuisce pacchiano.

Giunge il sospirato treno, in breve la mandria dei pendolari riempe le carrozze-bestiame.
Compressi come sardine, per restare in equilibrio non è necessario nemmeno mantenersi alle maniglie: la schiena dell’uno appoggiata a quella dell’altro a formare un unico, voluminoso corpo compatto autogestito.

Dal fondo si alza una protesta: «il biglietto aumenta ma il servizio fa sempre schifo» sentenzia un uomo in vena di polemiche.
A parlare è uno dei pochi fortunati che viaggia seduto.

Non tutti i frammenti captati sono esempi di buon senso.


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PD-PDL, la nuova guerra dei Roses «per il bene del Paese»

PD-PDL, sposati da vent’anni

Litigano da più di vent’anni ma continuano a restare insieme.
Lui è arrogante, lei è permalosa, impossibile trovare un punto comune.

Lui ama la libertà anarchica tipica di chi vive senza regole, lei è petulante, boriosa e autolesionista. 
Insieme sono capaci di distruggere qualunque cosa/persona incontrino sul loro tortuoso cammino, eppure convivono sotto lo stesso tetto.

Chi li conosce, ammette sconsolato: «sono il diavolo e l’acquasanta» e come tutti gli estremi si scontrano e si attraggono.

La diversità apparentemente palese è in realtà meno evidente di quanto appaia e dopo le urla pubbliche segue un’appassionata riappacificazione privata.

La guerra dei Roses (The War of the Roses, 1989)

Finti litigi, vere alleanze

La «guerra dei vent’anni» sfocia in lunghe e profonde crisi ma lui&lei trovano sempre un armistizio e «per il bene dei figli» evitano traumatiche separazioni.

La coabitazione forzata continua per interessi superiori e convenienza reciproca non certo per Amore.
D’altronde, gli adulti ragionevoli sono consci che a volte è necessario mettere da parte i sentimenti – o peggio ancora gli irrealizzabili ideali  – per necessità anche se sono convinti di poter vivere meglio l’uno senza l’altro, due entità egocentriche e fortemente individualiste che si sacrificano «in modo responsabile».

La separazione?
E’ un pensiero ricorrente ma è anche rischioso: nessuno vuole abbandonare la dimora ed i privilegi costruiti faticosamente nel tempo.

Va bene odiarsi ma con la sicurezza del tetto domestico.


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Sentenza Mediaset, i servizi sociali minacciano: «dateci il Presidente spazzino»

La pena del Cavaliere

Il senatore Silvio Berlusconi, rinchiuso nella fortezza di Arcore, medita sull’inquietante interrogativo che ogni italiano per bene oggi si pone: come espiare la condanna per la sentenza Mediaset?
(i delinquenti si darebbero alla fuga ma non è il caso del Cavaliere, è ovvio).

La reclusione è da escludere: la prigionia dell’ex Premier accenderebbe il riflettore mediatico sul dramma-carceri, una seccatura che meglio fingere non esistere.
D’altronde, lo staff marketing di Forza Italia sconsiglia gli arresti domiciliari: l’isolamento non gioverebbe all’immagine del leader.

Il silenzio, l’assenza di polemiche, l’impossibilità di sparare dichiarazioni senza senso e la privazioni della diretta tv, rischierebbero di far cadere nel dimenticatoio lo showman politico.

Non c’è altra possibilità: Sivlio Berlusconi sceglierà di essere affidato ai servizi sociali.
Ma quale ingrato compito utile per la collettività può svolgere un uomo sulla soglia degli ottant’anni?

La proposta del sottoscritto

Io un’idea ce l’ho e lo spunto emerse durante quella sporca estate napoletana del 2008.
L’allora Primo Ministro – sempre lui – per affrontare l’ennesima nauseabonda emergenza rifiuti, si trasformò nel Presidente spazzino.

Ve lo ricordate?
Scopa in mano, un sorridente ed ottimista Berlusconi raccoglie qualche cartaccia buttata sull’improvvisato set televisivo di piazza del Plebiscito invitando gli spettatori ad una corretta raccolta differenziata.

Sentenza Mediaset, i servizi sociali minacciano: «dateci il Presidente spazzino»

Dov’è il vero spazzino?

Nel mio quartiere lo spazzino è una figura mitologica, quando si materializza viene puntualmente assalito da cittadini indignati con le solite, inutili domande senza risposta.

La scena è sempre la stessa: un gruppo di persone accerchia il netturbino indifeso, una voce incavolata urla il primo quesito complesso quanto il mistero sull’esistenza di forme di vita extraterrestri: «paghiamo fior di quattrini per avere delle strade così sporche?».

Segue la domanda del secolo «perché non viene a spazzare i marciapiedi ogni santo giorno?»

Il povero uomo – un anziano operatore ecologico dal volto affranto – si scusa: «sono solo, gli altri colleghi sono in malattia e non c’è personale disponibile».

La pietà per l’onesto lavoratore placa gli animi, un grido di speranza si alza dal gruppo: «quando tornerà?». 
L’ingenuo netturbino ammette sconsolato: «non lo so, quando mi mandano …», si fa largo tra la folla e continua il suo onesto compito.

Se da metà settembre i servizi sociali di Napoli potranno contare su un nuovo addetto, affidate il Presidente-spazzino al nostro povero netturbino.
Un aiuto se lo merita.


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Processo Mediaset: AAA cercasi carcere per Berlusconi

Le conseguenze del processo Mediaset

La paura per una eventuale condanna a Silvio Berlusconi – imputato al processo Mediaset – pervade il mondo politico.
Tutti a chiedersi stupiti: «veramente il Cavaliere andrà in prigione?».
Bisogna essere previdenti, occorre guardare avanti e chiedersi austeri: quale penitenziario può ospitare l’ex Premier?

Le polemiche tra i direttori delle carceri già impazzano: avere tra i detenuti una star del calibro del Cavaliere può far saltare il già precario equilibrio presenti nelle patrie galere.

La sua sola presenza porterebbe alla ribalta il problema delle carceri sovraffollate, l’inferno segreto di chi vive tra le sbarre, l’impossibilità del recupero sociale del recluso, la tragedia dei suicidi … insomma, i «soliti» drammi ai quali nessuno fornisce risposte e soluzioni (a partire dalle Istituzioni, ovviamente).

La situazione delle carceri è insostenibile

Dal carcere di San Vittore fanno sapere: «al nostro concittadino vorremmo offrire il massimo confort ma le celle-suite sono già tutte occupate dai dirigenti della regione Lombardia, il Cavaliere vada altrove». 

La capitale non è da meno, voci ufficiali ribattono convinti; «approfittiamo dell’estate per i lavori di manutenzione della struttura di Regina Coeli. Al momento siamo chiusi ma riapriamo a settembre».  

Rispondono i matematici di Poggioreale: «da noi, in ogni cella, vivono dieci detenuti. Se ne cediamo una intera solo al Cavaliere come merita, gli altri nove dove li mettiamo?». 

Dalla casa circondariale di Palermo, il famigerato Ucciardone, replicano stizziti: «Cuffaro e gli ex politici della DC occupano già la metà dell’intero edificio. Se ci date pure Berlusconi e poi in futuro Dell’Utri, ci chiameranno Parlamento2 e non ci sta bene».

La soluzione giunge da Pozzuoli

La discussione attraversa l’intero stivale, si susseguono attacchi e provocazioni, il Ministro della Giustizia minaccia le dimissioni «se entro le prossime ore non si trova una soluzione da paese civile quale noi siamo» afferma inviperito.

Dalla generosa Pozzuoli giunge finalmente un’apertura: «la nostra Casa Circondariale sarà felice di ospitare l’illustre galeotto. Nei nostri archivi non mancano nomi celebri, Sophia Loren potrà confermare la bontà del programma di riabilitazione della nostra galera».

Sembra che il Cavaliere abbia già accettato l’invito giunto del carcere femminile napoletano.


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