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Se la pausa pranzo è con vista mare [FOTO]

Bagnoli, tra rilancio e dura realtà

Che meraviglia trascorrere la pausa pranzo con vista mare.
Seduto in un piccolo ristorante di Bagnoli, osservo i deboli raggi del sole di novembre farsi strada tra i nuvoloni autunnali e cadere all’orizzonte.

Nel piatto l’insalatona “fantasia” mi invita a nozze, al tavolo siamo in tre, dibattiamo di svariati temi, come ogni giorno degli ultimi diciotto anni.

Poco distante, percepisco ancora i fantasmi dell’Italsider mentre la cocente ferita di Città della Scienza non è ancora guarita.

Bagnoli sembra un pendolo in perenne oscillazione tra il  rilancio turistico, le bonifiche del territorio e le possibilità potenziali ma mai realizzate.

Pozzuoli e la magnifica zona flegrea

Alla nostra destra, il lungomare giunge fino a Pozzuoli per proseguire verso l’amata zona flegrea.
In lontananza l’imponente castello di Baia fa da sentinella al promontorio di capo Miseno.

Un quadro perfetto, non vi è dubbio.

Termino l’insalata, termina il relax.
Batterie ricaricate, è giunto il momento di rientrare.

La pausa pranzo, relax e riflessioni

«Offro io», un caffè al bar è obbligatorio.

Rifletto su ciò che questa zona potrebbe offrire, sulle mancate opportunità, l’incapacità cronica di sfruttare un territorio così affascinante per scopi turistici.

La giornata è limpida, la pioggia sta ripulendo il cielo, il panorama merita uno scatto, il mio profilo Instagram ringrazia.

Non tutti i lavoratori trascorrono una pausa pranzo con vista mare in un luogo così seducente.
Buon per me.

Sorrido mentre rientro in ufficio 🙂

Una magnifica pausa pranzo a Bagnoli con vista mare!

Come ridurre i rifiuti usa e getta (in plastica)

«Mario, ti andrebbe un mezzo tea?».
Sono le undici di una qualsiasi mattinata lavorativa e da due ore sono concentrato con lo sguardo immerso nel monitor. Nella foresta di righe di codice sparse per la Rete, i bug spuntano come funghi e minacciano le malridotte autostrade digitali italiane. A me tocca riparare queste infide buche (nessuna medaglia, è il mio lavoro).

La pausa del dipendente-modello si consuma nell’agorà dell’ufficio: il distributore di bevande, la macchinetta del caffè, lo sgancia-merendine-avvelenate.

Osservo i miei colleghi: riuniti in piccoli fedeli gruppi, digitano il codice sulla bottoniera del bar automatico, richiedono la sbobba, il «mostro» sputa il liquido da bere in quel maledetto bicchiere di plastica che, dopo un minuto di sorseggi svogliati ed una mezza chiacchiera sul tempo, con un gesto distratto finisce nella montagna indistruttibile di rifiuti di plastica presenti nel cestino stracolmo.

La montagna di rifiuti usa e getta

E’ il trionfo dell’usa-e-getta, il regno degli scarti superflui, la condanna dell’ambiente, l’eutanasia delle regole intelligenti del vivere comune.

Per combattere questa impari eco-battaglia, mi sono attrezzato con due elementari armi: una borraccia stile ciclista da riempire ogni mattina con acqua corrente e riusare ogni giorno per i prossimi anni ed una tazza “Mind the gap” acquistata anni addietro a Londra come souvenir.

Invece di attendere le conseguenze positive del trattato di Kyoto e le importanti decisioni dei grandi della Terra riuniti in summit negli alberghi a sei stelle, il sottoscritto – da subito – preferisce compiere piccoli gesti quotidiani di indubbia importanza. Perché se i cento dipendenti di un qualsiasi ufficio seguissero il mio (modesto) esempio, ogni benedetto giorno eviteremmo di diffondere nell’ambiente innumerevoli bottiglie e bicchieri di plastica, immondizia da smaltire e materiale indigesto per il nostro obeso Pianeta.

Perché è fondamentale differenziare ma è ancora meglio non produrre alcun tipo di rifiuto.

Le mie armi contro i rifiuti usa e getta, per combattere l'abuso di plastica

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