Il professore di Fisica
Ricordo perfettamente il professore di Fisica alle scuole superiori quando – a voce bassa e sicura – spiegava le leggi del la dinamica ed in classe calava un silenzio tombale.
Con la mano ferma, impugnava il gesso come una penna stilografica e con la scrittura elegante tracciava grafici precisi e formule sognanti.
A fine lezione, la lavagna appariva perfetta come un quadro di Leonardo.
Eppure sono trascorsi più di venti anni e per il sottoscritto, che dimentica anche la cena della sera prima, è un evento su cui riflettere.
La meritocrazia secondo gli studenti
Penso nessun preside gli abbia mai assegnato un premio, allora la meritocrazia nella scuola era un concetto sconosciuto né tantomeno previsto da innovatrici riforme del Governo.
Il carisma, il nostro professore, ogni giorno lo confermava sul campo: gli altri docenti lo stimavano mentre noi – i suoi alunni – lo temevamo per quella brutalità (oggi incomprensibile) ai limiti della crudeltà, lo apprezzavamo per le lezioni impeccabili ed eravamo stimolati dalle interrogazioni pseudo-universitarie.
Un uomo che – oltre alla materia – ci ha insegnato a vivere (e sopravvivere, soprattutto quando col dito sadico scorreva la lista dei nomi per scegliere la vittima da sacrificare davanti alla classe, il suo pubblico – momenti di vero terrore mentre in aula calava il gelo).
Ricordo il professore di Fisica perché era semplicemente il migliore, anzi era il migliore secondo noi giovani studenti dell’Istituto Tecnico.
In effetti, la meritocrazia nella scuola è sempre esistita, basta chiedere agli interessati: gli studenti.