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Tag: crisi economica (Page 1 of 2)

Lo strano caso del vu cumprà (croato)

Il primo vu cumprà proveniente dalla Croazia?

«Compri qualcosa?» chiede il giovane vu cumprà.
«No grazie, non mi serve nulla. Scusami, da dove vieni?» ribatto curioso.

Agosto bollente, da sotto l’ombrellone osservo il pianeta-spiaggia con le sue mille contraddizioni.

Quando un vu cumprà si ferma per proporre le varie cianfrusaglie, instauro un colloquio col malcapitato per comprendere quale infausto destino abbia colpito questa persona e come sia finito su una spiaggia a macinare chilometri sotto il sole per vendere prodotti inutili pur di sopravvivere.

Stavolta, lo sventurato è un ragazzo bianco, non italiano.

«Vengo dalla Croazia» risponde l’ambulante.

Un vu cumprà qualsiasi: da dove provengono questi malcapitati?

La relazione tra prodotti e nazionalità

Da uno studio statistico non ufficiale effettuato dal sottoscritto su un campione casuale, ho compreso esistere una relazione tra nazionalità del vu cumprà e prodotto venduto:

  • africani: cd musicali e dvd di film, cappelli, teli da mare ma anche elefantini portafortuna e strumenti musicali vari (vedi tamburi), costumi femminili
  • bengalesi: ricariche dei cellulari (power bank) e cover per gli smartphone, cianfrusaglie varie (palloni, aquiloni ma anche occhiali da sole, gadget del momento – vedi spinner)
  • arabi: specializzati in bigiotteria – anelli, collane, bracciali di ogni prezzo, colore e qualità
  • campani: cocco fresco, taralli, bibite, pizzette ma anche calzini (fantasmini) ed accendini

Del vu cumprà croato – fino ad oggi – nessuna traccia.

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«La Croazia? Inguaiata come l’Italia»

«Ma l’economia della Croazia è in crisi?» domando sorpreso al mio interlocutore.
«La Croazia è inguaiata come l’Italia» taglia corto il vu cumprà mentre va via sconfortato.

Resto interdetto.

Sta di fatto che da quel giorno, dall’esercito di ambulanti passati dal mio ombrellone, di altri venditori croati nemmeno l’ombra.

In questo agosto bollente, registro un episodio inedito: credo al giovane croato disperato oppure diffido delle sue affermazioni?

Indeciso, indagherò 🙁


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Nuvola di Fantozzi, l’evoluzione

Nuvola di Fantozzi, ieri

Osservazione di un lavoratore degli anni duemila: dopo la crisi economica e l’indispensabile riforma Fornero, la nuvola di Fantozzi raggiunge la maturazione massima.

La teoria appurata dal dipendente-modello nella sua eterna carriera – oramai solo gli highlander aspirano al traguardo finale –  risulta (come l’impiegato cinquantenne) obsoleta:

*** TEORIA SUPERATA ***

il sole brilla dal lunedì mattina al venerdì pomeriggio.
Prevista pioggia nel week end

Nuvola di Fantozzi, oggi

Il meteo impazzito costringe gli esperti del settore, per non esporsi alla solita doccia gelata, ad assegnare nomignoli ai temporali e rifugiarsi nell‘instabilità, termine tecnico che cela l’incapacità previsionale dei più moderni modelli aeronautici.

E così la tradizionale e burlona nuvola di Fantozzi, pronta a rovinare i week end degli impiegati di ieri, oggi è incattivita: piccole e fastidiose piogge cadono nella pausa pranzo del dipendente per rovinare l’ambita mezz’ora d’aria.

L'evoluzione della nuvola di Fantozzi

La pioggia? Durante la pausa pranzo

Anche oggi osservo il piccolo, minaccioso «mostro» avanzare proprio alle ore tredici, il momento tanto agognato dall’esercito dei lavoratori.

Una boccata d’aria per ossigenare il cervello.
Una caffè per ricaricare le batterie ed affrontare il pomeriggio.

Sono pronto.
La nuvola di Fantozzi, geneticamente modificata, non mi fermerà.

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Le tartarughe tornano sempre, di Enzo G. Napolillo (recensione)

Lampedusa, l’amore tra Salvatore e Giulia

Se ami il mare e desideri leggere una storia che intrecci il dramma dei migranti con l’amore, sei nel libro giusto.

Perché Lampedusa può essere una prigione per chi ci nasce e la terra promessa per chi sogna una vita diversa da guerra e violenza.
Dipende dal destino quale prospettiva ti regala.

Salvatore è nato e vive nella piccola isola siciliana.
Giulia trascorre ogni estate nella casa dei genitori, nativi di Lampedusa ed emigrati a Milano per inseguire lavoro e successo.

Tra loro l’amore, le vacanze troppo brevi, il distacco, la distanza, sentimenti difficili da vivere, l’attesa per la prossima estate, lettere rosa con promesse infinite.

Le tartarughe tornano sempre, di Enzo G. Napolillo

L’assuefazione al dramma dei migranti

Una mattina in spiaggia, la visione di un barcone stracolmo di uomini, donne e bambini – persone diamine! –  in balia delle onde segnerà la vita dei due giovani.

Quell’immagine al quale il mondo intero ben presto si assueferà, sconvolge le coscienze di Salvatore e Giulia unendo le loro anime con un filo invisibile.
Per sempre.

Perché leggere il romanzo di Enzo G. Napolillo

Le tartarughe tornano sempre di Enzo G. Napolillo è fresco come un tuffo nel mare blu di Lampedusa.
Attuale, ci ricorda che i migranti sono persone e come tali meritano la nostra attenzione.
Persone, non dati statistici o “casi” da risolvere.

Un romanzo ed una denuncia raccontata attraverso gli occhi di due personaggi che ricorderemo nel tempo, Giulia e Salvatore.

Perché leggere «Le tartarughe tornano sempre»?
Perché emoziona.

Acquista Le tartarughe tornano sempre su Amazon!

 

HP mi licenzia (insieme ai miei 160 colleghi)

HP, la squadra

Non avevo dubbi, il cellulare squilla ed al terzo bip risponde:
«France’, scusami lo so che sei in ferie ma sono costretto a disturbarti» spiego timidamente.
«Figurati Mario, un attimo … ecco … non ci crederai ma sono in piscina … cioè con le braccia sul bordo ed il resto in acqua … così anche se parlo con te, mi godo la vacanza … dimmi tutto rompiscatole» replica con la solita voce tranquillizzante che ascolto da dieci anni ogni santo giorno lavorativo.
«Dunque, abbiamo un problema, all’improvviso un vecchio software si è inceppato …»

HP Pozzuoli: il giorno del volontariato ... nemmeno un mese fa

HP Pozzuoli: il giorno del volontariato … nemmeno un mese fa

HP, la pugnalata

Se la Ferrari – logo globale – trasferisse 161 meccanici altamente specializzati da Maranello in piccole officine prive delle dovute rassicurazioni, l’opinione pubblica come reagirebbe?
E’ ciò che sta accadendo in HP Pozzuoli, la sede napoletana della famosa multinazionale americana.

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HP abbandona la Campania?

L’HP intende trasferire me e 130 miei colleghi – ingegneri del software, matematici, fisici, laureati in economia – presso la sconosciuta MaticMind con un pericoloso salto nel buio per noi lavoratori campani.

Trasferimento individuale di 131 tecnici altamente specializzati che preclude un possibile licenziamento e la chiusura del sito di Pozzuoli (con trasferimento dei rimanenti 30 presso la sede romana).

Con questa mossa, HP abbandona definitivamente la Campania, regione già funestata dalla piaga della disoccupazione.

HP chiude la sede di Pozzuoli e licenzia 161 dipendenti (tra cui me!)

Manifestazione fuori la sede di via Antiniana 2/a contro la chiusura di HP Pozzuoli

HP, via Antiniana 2/a Pozzuoli (Napoli)

La nostra sede è a via Antiniana 2/a, tra Agnano e Pozzuoli.
Stampa, televisione, web magazine, blogger, politici veniteci a trovare.

Scoprirete una eccellenza campana, donne ed uomini che, con passione, percorrono le autostrade digitali del Paese, costruiscono ponti innovativi tra enti Pubblici, risolvono il problema del segretario della scuola sulla Sila e creano nuovi strumenti tecnologici per la centralissima filiale di e-commerce a Milano.

Lavoriamo da vent’anni nell’Information Technology, siamo informatici, il futuro è nostro e rischiamo di essere licenziati dalla società nella quale abbiamo creduto, investito il nostro tempo, le nostre energie, la nostra vita.

HP, é il nostro lavoro

Anche stavolta non ho dubbi, il cellulare squilla ed al terzo bip risponde:
«France’, ti disturbo? Sei ancora in piscina?» chiedo ironico.
«Ciao Mario, alle nove e mezza di sera la piscina è chiusa. Ceniamo» risponde sarcastica.
«Chiedo venia. Volevo solo aggiornarti: tutto ok, abbiamo risolto, grazie mille della tua disponibilità. Stiamo spegnendo, andiamo tutti a casa. Scusami con tuo marito e salutami i piccoli».
«Figurati Mario, è il nostro lavoro. Salutami tutti e rilassatevi».

Già, Francesca ha ragione: é il nostro lavoro.


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Napoli, se la vigilessa è in borghese …

I bimbi e la maestrina

Stamane resto bloccato in uno dei tanti incroci trafficati di Napoli.
A poche centinaia di metri, c’è il sospirato ingresso per la tangenziale.
Manca poco alla liberazione.

Una gentile signorina vestita con jeans, giubbotto e visiera è ferma al centro strada e combatte contro il fiume di auto che giungono da ogni direzione.

L’osservo con curiosità: alta, snella, con la coda di cavallo che sporge dal cappello, priva di agitazione, in un movimento sincronizzato – se non fosse per il contesto urbano, direi addirittura con eleganza – muove le braccia impartendo precisi ordini agli automobilisti indisciplinati.

Sembra quasi una maestrina delle scuole elementari e noi, fermi in una lunga fila al semaforo, i suoi obbedienti alunni in attesa di un’indicazione.

Con la mano destra impugna una sbiadita paletta della polizia municipale e con la sinistra regge un gruppo di fogli.
E’ una vigilessa.

La vigilessa senza divisa

E in estate?

Senza divisa, casacca o un segno distintivo.
La vigilessa si riconosce esclusivamente per la presenza della paletta d’ordinanza.
E per l’impegno eroico (aggiungo io).

D’accordo, i tagli delle risorse sono la realtà con la quale i Comuni devono combattere ogni giorno.
Però mi chiedo: possibile che non ci siano i soldi nemmeno per la divisa dei vigili urbani?

Attendiamo l’estate, probabilmente osserveremo le vigilesse controllare il traffico in costume.
Per la gioia di noi automobilisti indisciplinati.

[SCOOP] Perché ho rifiutato l’invito di Claudia Schiffer

L’ordine

«Mario, scendere subito!».
Claudia Schiffer non smette di martirizzare l’incolpevole citofono.
Immagino la scena e sorrido: fuori al portone del palazzo, la giovane top model germanica perde le staffe e con l’indice destro – snello, alto e biondo – martella il bottone del frastornato campanello.

E’ chiaro, la diva non è abituata ad attendere e non tollera chiedere.
A lei, prima donna capricciosa, gli uomini cadono umilmente ai piedi e tutto le è concesso.

Claudia Schiffer, il nuovo spot Opel a Napoli?

Il gran rifiuto

«Ehi non urlare, quì abitano persone civili e le tue grida isteriche sono fuori luogo» ribatto dalla finestra conservando un invidiabile self control.
Riempio un secchio con acqua gelata e sistemo la faccenda: una doccia inattesa affonda le invettive della dea teutonica.
«Vai a casa e non tornare più» sentenzio appagato.

La Schiffer mi guarda prima esterrefatta e poi esplode: dagli occhi di ghiaccio partono fulmini e saette mentre minaccia: «è una tedesca! è una tedesca!».
Con l’indice accusatorio ancora puntato verso la finestra del sottoscritto, apre lo sportello della sua lussuosa Opel e mentre sbraita il ritornello sgomma via insieme alla sua eleganza (bagnata).
L’intero condominio assiste allo spettacolo unico, irripetibile e gratuito: il pubblico stupito, applaude divertito.

Il prezzo da pagare

La scena dura sessanta secondi, un film di un minuto, il cortometraggio mai girato che io, ideatore di un innovativo filone pubblicitario, propongo all’importante colosso automobilistico che ha scelto come testimonial proprio la Schiffer, esageratamente impeccabile per essere vera.

La disordinata location napoletana distante mille miglia dalla realtà di Rüsselsheim (sede della Opel), l’imperfezione del sottoscritto, il rifiuto dell’uomo qualunque, la vittoria del mortale contro la divinità del nord, la fuga della regina umiliata hanno un prezzo: diecimila euro e cedo il geniale brevetto alla General Motors (il gruppo statunitense proprietario della Opel).

Vista la crisi economica, sono disposto anche ad uscire con la Schiffer e rivedere la cifra.
Dopotutto, io non sono un tedesco.

Amicizia dopo gli «anta», i 10 motivi del fallimento

L’amore non ha età, l’amicizia

La cinica conclusione non è il risultato di una ricerca della prestigiosa Australian National University ma del sottoscritto, uomo meno titolato dei professoroni americani ma di animo più sensibile.

Dopo un battito di ciglia conto quante nuove, vere amicizie ho instaurato negli ultimi dieci anni: basta una mano, per essere sinceri non necessito nemmeno di alzare le cinque dita, anzi – se rifletto meglio – la mano la posso rimettere in tasca senza indugi.

Il totale è pronto, la verità è lampante, l’algebra non mente, il numero è inconfutabile: una (stima per eccesso).

Dieci motivi per distruggere un'amicizia

I 10 motivi del fallimento

Perché?
Ho identificato ben dieci validi motivi utilizzati (dagli altri) come alibi ma da me miserabilmente denunciati in questo post:

1 – l’età: dopo i gli “anta”, siamo meno disponibili nei confronti del prossimo

2 – il tempo: gli impegni sono pressanti e non possiamo perdere minuti preziosi

3 – il lavoro: riempe le giornate e la sera siamo distrutti per poterci dedicare agli altri

4 – i soldi: la crisi economica impazza e le spese incalzano, meglio evitare sprechi

5 – i social network: inviamo messaggi di auguri via facebook invece di telefonare o addirittura incontrarci di persona

6 – egocentrismo: ci poniamo al centro dell’Universo e non siamo più disposti ad ascoltare il vicino

7 – lo stato sociale: si frequenta lo stesso target per comodità (famiglie con famiglie e single con single) senza selezionare (i figli cercano i loro amici)

8 – conservazione della specie: meglio le vecchie amicizie, sono più sicure e meno stressanti

9 – TO DO

10 – TO DO

Le otto voci sopra citate sono le giustificazioni più comuni registrate negli ultimi anni: a voi – cari Lettori – le due scuse mancanti.

Il «mostro» è ora smascherato.


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Quella piccola, lunga fila di eroi

Come sentirsi un cittadino migliore

Alle 8.15 di questa calda mattina d’agosto sono numero sette.
All’arrivo, la sala d’attesa già brulica ed il personale – professionale come sempre – invita a compilare il modulo ed attendere sereni il proprio turno.

Sono stupito, proprio non me l’aspettavo.
D’accordo, la crisi economica morde i polpacci delle malconce famiglie italiane e le sudate vacanze sono ridotte ad un mordi-e-fuggi ma immaginare sei persone prima di me va oltre la più ottimistica utopia estiva.

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Ospedale Pascale, felice della coda!

Per ingannare l’attesa, un tizio legge distrattamente una vecchia rivista presa a caso da un mucchio di giornali posti sul tavolino nel corridoio d’avanti l’ufficio, un giovane affonda il viso nel display del suo smartphone di ultima generazione e mentre rifletto che, per la prima volta in vita mia, sono felice di essere in coda, un uomo racconta a questo casuale gruppetto di eroi di essere pensionato da tre mesi! («nonostante la riforma Fornero» aggiunge astioso).

«Espositoooo …» chiamano dalla stanza.
Il pensionato si alza, saluta e con un sorriso orgoglioso raggiunge la dottoressa.
Sono al centro trasfusionale dell’ospedale Pascale di Napoli per compiere il mio dovere, essere d’aiuto per chi necessita, sentirmi un cittadino migliore, controllare lo stato della mia salute e sono il numero sette.

Prima di me, c’è una fila di sei eroi sconosciuti, sei donatori di sangue.

Ospedale Pascale, la donazione di sangue, eroi sconosciuti


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TassaMundial, la tassa dei veri contribuenti della Nazionale di Calcio

La Nazionale di Calcio per il bene del Paese

Il Premier twitta l’annuncio ufficiale alle 3,12 di questa notte: «è pronta la #TassaMundial: unirà il paese e si pagherà ogni 4anni».

A Palazzo Chigi non si dorme mai, la crisi economica morde i polpacci degli italiani ed il Governo lancia l’economia-fantasia.

Per «il bene del Paese» si chiede uno sforzo ai milioni di contribuenti-tifosi e, dopo una lunga trattativa con i Sindacati e le opposizioni, a poche ore dall’inizio della più importante manifestazione di calcio si è finalmente raggiunto l’accordo.

L’aliquota dipenderà dai risultati della nostra nazionale: si parte da un equo 20% «valido per tutti i cittadini che durante il Mondiale brasiliano risiedono sul territorio nazionale» (approvato un emendamento della Lega per estendere l’imposta anche agli extracomunitari ed i clandestini) ma, citando direttamente le parole del Premier «l’aliquota scende di 3punti per ogni vittoria della Nazionale, 1punto per il pareggio, 0 per una malaugurata sconfitta. In caso di superamento del turno è previsto un bonus di 5punti».

Tassamundial, la tassa dei veri tifosi della nazionale di calcio

Il tweet del Premier

Gli esperti prevedono che, se la Nazionale raggiungesse la finalissima, l’italiano medio pagherebbe ben volentieri l’imposta sul reddito ed i sondaggi a favore del Governo schizzerebbero alle stelle.

Con un tweet delle 4.18 di questa mattina, il Premier evidenzia:

«saranno esclusi i lavoratori a nero e gli evasori fiscali. A loro il Governo non riconosce lo status di tifoso-DOP».

L’anatema ha già scatenato le proteste del Vaticano che parla di «discriminazioni nei confronti degli sfruttati».
Su questa dichiarazione il PD si è spaccato, il PDL invita a non strumentalizzare le sentenze della magistratura mentre il M5S lancia un referendum on-line.
Quelli del centro attendono gli eventi e nel mentre invitano tutti ad abbassare i toni nel rispetto delle Istituzioni.

Il Premier enfatizza il risultato e con un selfie delle 6,11 – con l’ottimismo che lo contraddistingue – esplode in un gioioso: «Forza Italia!»


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Di troppo lavoro …

L’entropia aumenta sempre

Periodi nei quali il lavoro scarseggia si alternano a giorni con troppi compiti e non bastano ventotto ore per completare tutte le attività.
E’ il mestiere dell’informatico, il mio lavoro.

Forse lo stesso destino tocca a tutti i dipendenti del globo?
Forse la siccità che si alterna alle inondazioni (metaforiche, per fortuna) sono le dinamiche di ogni ufficio?
Forse il lavoro oggigiorno è ingovernabile?
Misteri senza soluzioni evidenti.

Però una verità l’ho capita e trova conferma nei principi della fisica: l’entropia nell’Universo (lavorativo) aumenta sempre.

Emergenza lavoro

Il merito del singolo

Perché se l’Italia (oppure il mondo?) procede – mai in linea retta ma piuttosto col passo alternante del gambero – il merito dei piccoli progressi non è dell’organizzazione bensì della buona volontà del singolo.

Dove latita la pianificazione e le strutture mostrano buchi e carenze, si avanza grazie all’operato dell’impiegato zelante.
E’ il trionfo dell’iniziativa personale rispetto alla programmazione istituzionale, è la buona volontà che muove il paese – a dispetto della cronica carenza di fondi, risorse e l’assenza di una leadership carismatica.

La quotidiana domanda del lavoratore dipendente

E così, dopo una stressante giornata chiusa in ufficio, mentre le stagioni si alternano ed il mondo continua la sua folle corsa, giunge la sera con l’inesorabile domanda che balena tra i miei mille pensieri: «oggi, oltre a lavorare, ho investito una parte di tempo per me stesso? Mi sono dedicato ad un hobby? Ho seguito una mia passione? Sono soddisfatto?»

Non voglio mica affermare di appartenere all’esercito di impiegati zelanti che muovono il Paese ma, in questo periodo, sono travolto dal lavoro e – mio malgrado – devo rinunciare ai miei interessi per spendere le ventiquattro ore a disposizione solo per produrre. 

Mi sento un robot, imprigionato tra le mura dell’ufficio come un leone in gabbia e l’essere monotematico riduce le mie riflessioni ad un’unica, grande tavolozza piatta di un sol colore: un mesto grigio.

Attendo la fine dell’emergenza-lavoro, resisto e non mi lamento.
Mai.

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E lo stress avanza

Però mentre scrivo codice sorgente, progetto pagine web fantasmagoriche e medito algoritmi spaziali, un dubbio mi assilla: il millepiedi ha davvero mille piedi?
Non so quanto resisterò ancora, forse dovrei andare in ferie prima che sia troppo tardi.


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«Psyco», svelato il vero significato del capolavoro di Hitchcock

1960, l’idea geniale di Alfred Hitchcock 

La cronaca dei nostri giorni è zeppa di notizie che descrivono le più fantasiose e mostruose truffe ai danni della collettività: imbrogli a discapito delle compagnie assicurative, infinite frodi contro lo Stato, rimborsi fantasma (elettorali e non), estorsioni di ogni tipo, falsi invalidi, finti poveri, evasori fiscali a gogo.
Di tutto di più insomma.

Eppure l’inganno è una pratica antica come il mondo ed al mio occhio (miope) non poteva sfuggire l’idea che ha dato origine alla maggioranza delle moderne truffe: essa risale al 1960 e fu illustrata nientemeno che da Alfred Hitchcock nel film Psyco.

Psyco, la mamma di tutte le truffe

Il vero significato di Psyco

Il capolavoro di Hitchcock turbò le platee del tempo divenendo un film cult (mitica la scena de teschio della madre seduta sulla sedia girevole).
Ebbene, dopo più di cinquant’anni vi svelerò il vero significato di questo film.

Norman Bates non era pazzo bensì astuto, un vero truffatore al pari dei moderni imbroglioni.
Egli conservava in soffitta il cadavere della mamma impagliata come un uccello per continuare a ritirare la pensione anche dopo la sua morte.

Temendo un controllo degli ispettori del fisco, travolto dal panico di perdere i soldi della pensione della madre ed avendo il mutuo del motel da estinguere, il povero Norman – già provato dalla forte crisi economica che non portava nuovi clienti – si lascia travolgere dalla paura e perde il controllo.
Da qui il dramma.

Psyco, un film precursore

Visto con gli occhi di oggi, il capolavoro del regista inglese rappresenta una forte denuncia contro l’arroganza delle banche e l’esasperazione del sistema socio-economico attuale.
Hitchcock è stato un precursore anche in questo.
Geniale.


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Convinzioni

Le antipatiche, solite dichiarazioni

La politica è accusata di essere distante dalla realtà.
Come i monarchi di un tempo, di fatto i nostri amati governanti non carpiscono le reali esigenze dei sudditi, anonimi individui da ascoltare solo in prossimità delle elezioni. Numeri, sondaggi, exit poll, preferenze, ballottaggio, voti, nomine, cariche, ministeri: il cerchio si chiude e ritorna la siderale lontananza tra il centro del potere ed il cittadino medio.

A comportamenti fastidiosi seguono inevitabilmente dichiarazioni antipatiche.

Prendiamo in esame l’ultima affermazione del Premier in trasferta negli Emirati Arabi: «La crisi è finita, tornate ad investire in Italia».

Il quesito di Letta e le sue convinzioni sulla crisi

Le domande di Mario Rossi

Il nostro buon Enrico Letta viaggia con gli autobus sempre in ritardo?
La mattina raggiunge Palazzo Chigi in metropolitana insieme ai pendolari depressi chiusi in carrozze come sardine?
E’ conscio di quanto costi un litro di latte?
Si pone lo stesso quesito esistenziale di tutti gli automobilisti? (perché al primo temporale in Arabia Saudita il prezzo della benzina schizza e poi impiega settimane per calare – se cala?)
E’ normale che l’RC auto costi più dell’auto?
Se nessuna azienda propone un contratto a tempo indeterminato e le banche non rilasciano mutui, un neoassunto potrà mai acquistare una casa?
Domani sono certo di non trovare il cartello “Chiuso” fuori il mio ufficio oppure la lettera di licenziamento nella cassetta postale?

Forse sono io il pessimista, devo ricordarmelo: «la crisi è finita».

Economia ferma: convinzioni o pessimismo?

Eppure, nell’ultimo periodo, i biglietti dei mezzi pubblici aumentano come anche i pedaggi autostradali, nessun mio conoscente ha comprato una macchina nuova (e nemmeno usata), in molti perdono il lavoro e tanti amici sono in cassa integrazione.

Nel mio quartiere, svariati negozi chiudono bottega e mio cugino da due mesi combatte per ottenere il sospirato prestito.
I prezzi degli immobili calano ma, almeno nelle mie cerchie, nessuno ha la possibilità di fare l’affare o comprare a buon prezzo.

Tutti sintomi di un’economia ferma.

Detto questo, oggi mi sento anche io un sognatore ed urlo al Lettore indignato: «calma ragazzo, non sempre ciò che appare è come sembra, se lo desideri ardentemente e ci credi, la crisi è finita».
Se poi non hai veramente un centesimo, che dirti?
Il problema è tuo.


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