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Tag: cultura (Page 15 of 17)

Napoli, ed un pallone finì sull’antico ponte romano

Come é giunto un pallone (in particolare, il sempiterno Super Santos) su un antico reperto romano a via Salvator Rosa nei pressi della stazione della metropolitana?
Conseguenze di una partita di calcio con troppo agonismo?

‘accordo, non siamo a Stoccolma ma il mistero napoletano resta.

Napoli, un pallone sul monumento

Carnevale tra i vicoli di Napoli

Napoli, Carnevale tra i vicoli

Montesanto, Napoli

Italiano per un giorno

L’inizio

Giunto in ufficio, passo il distintivo nel lettore magnetico che, dopo un attimo, autorizza l’accesso nello spazio aperto.
Raggiungo la solita postazione ed accendo il calcolatore.
Inserisco il nome utente e la parola d’ordine ed entro – anche oggi! – nella rete aziendale.
Lentamente Finestre fa il suo spettacolare ingresso, compaiono le prime iconcine sulla scrivania digitale.
Sono pronto per una nuova, intensa giornata lavorativa.

I due colossi

Apro il programma di posta per leggere i messaggi elettronici, ambasciatori di novità non sempre piacevoli (i tempi sono quelli che sono).
Immagino la felicità di Guglielmo Cancelli: tutte le mattina, negli uffici pubblici e privati, un elaboratore si attiva ed utilizza il suo sistema operativo.
Anche i soci di Stefano Lavori non si lamentano: la Mela è in ogni tasca di milioni di utenti fedeli a Cupertino.

La riunione

Ore dieci: il direttore convoca gli impiegati per una riunione.
I vertici sono cambiati: c’è da illustrare la nuova organizzazione aziendale.
Vengono mostrate una serie impressionante di diapositive, chi è del campo ammetterà senza esitazione che Potenza del Punto è un prodotto eccezionale per visualizzare in modo elegante informazioni noiose o, nel migliore dei casi, inutili.
L’incontro termina con il beneaugurante invito dell’amato superiore: «la mia segretaria vi ha appena inviato un messaggio elettronico con allegato un documento Parola, leggetelo con attenzione. E’ presente una sintesi dei dati, aprite anche l’archivio di Eccellere. Grazie a tutti per l’attenzione».
Sveglio il collega alla mia sinistra che oramai russa e l’invito alla macchinetta del caffè per una pausa ristoratrice.

La sfida

Dopo pranzo, consulto le ultime novità tramite la Rete Mondiale.
Accedo al libro delle facce e depenno duecentocinque amici (o presunti tali) dai restanti duemila e passa, mi disconnetto disgustato e lancio un cinguettio di centoquaranta caratteri ai miei seguaci: «io, italiano per un giorno: quale è il vero significato dei termini in corsivo di questo post?».

La sfida tricolore è lanciata.
Viva la lingua italiana.

italiano per un giorno


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Funny Girl, di Nick Hornby (recensione)

Nick è cresciuto

Il single in cerca di avventure, il tifoso appassionato ed il fanatico di musica hanno ceduto il posto a Barbara, una giovane e sensuale ragazza degli anni cinquanta che vive in un paesino vicino Londra.
Barbara detesta la piccola realtà dove è cresciuta e, a differenze delle sue coetanee, non aspira a lavorare nei grandi magazzini e sposare un gentiluomo – meglio se benestante.
Sogna la carriera cinematografica: con tutte le sue forze, vuole divenire un’attrice comica.

Attraverso gli occhi di Barbara, Nick ci porterà in un lungo viaggio, dagli anni sessanta fino ai giorni nostri tra serie TV, sit-com inglesi, i leggendari studi della BBC, attori, sceneggiatori, vita privata e (vana) gloria.

Nick Hornby, funny girl (recensione)

Trama (troppo) rassicurante

La storia è raccontata con uno stile pulito e lineare, un libro col bollino verde (da trasformare in un possibile film «per tutta la famiglia»?).

Leggere Funny girl equivale a percorrere una kilometrica autostrada dritta sprovvista di discese e salite, un percorso privo di intoppi, buche e curve pericolose.
Pagina dopo pagina, si macinano metri senza particolari sussulti emotivi (è un bene o un male?), un viaggio riposante indice di una trama rassicurante che guadagnerà la fiducia del lettore con delicatezza aggiungendo nuovi dettagli alla vita di Barbara, a volte pezzi di carriera oppure informazioni personali.

Gli uomini che ruotano intorno alla giovane star costituiscono un quadro esilarante, tra voglia di successo, la prima ed ingenua popolarità televisiva, desiderio di affrontare temi più delicati della semplice comicità e l’aspirazione ad infrangere i tabù di una società in via di emancipazione frenati dalla censura ottusa.

Giunti alla meta, il viaggio termina con un dolce finale privo dei fuochi d’artificio – in linea con l’intera storia.
Lettura consigliata a chi ama la pura evasione.

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Una posizione scomoda (recensione)

Divertente (e non è poco!)

Leggere un libro e ridere non è questione trascurabile.
Soprattutto se necessiti di evadere e desideri rilassarti, senza pretendere personaggi troppo profondi e dialoghi impegnativi.

Una posizione scomoda (recensione)

Una posizione scomoda: la trama

E così, Fabio sogna la regia di film d’autore ma le bollette ridimensionano le sue aspirazioni: per necessità economiche, il mondo del porno accoglierà questo giovane e talentuoso sceneggiatore insoddisfatto della volgare quotidianità tra titoli surreali e gag esilaranti ma tenace nel cercare l’occasione che gli cambierà la vita.

Da leggere perché ogni pagina è densa di ironia, i surreali titoli delle pellicole hard sono una garanzia di divertimento e poi il finale appagherà chi – per forza – cerca un significato in una storia.

Una posizione scomoda di Francesco Muzzopappa ha il merito di trasmette la giusta dose di buon umore.
E non è poco.

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Sei un cittadino assuefatto?

Contro l’assuefazione

Le piccole, grandi brutture quotidiane ti appaiono normali oppure hai ancora la forza di scandalizzarti difronte a ciò normale non è?

Essere assuefatto o cittadino normale?

Il test: sei un cittadino indifferente?

Leggi le successive affermazioni e, se la maggioranza delle tue risposte sono presenti nella parte sinistra della tabella, fermati immediatamente e rifletti.

Rischi seriamente di divenire un «mostro», un uomo insensibile ed incapace di reagire, un essere indifferente che accetta la degenerazione culturale con assuefazione crescente.

Perché contrastare l’illegalità, opporsi al qualunquismo generale, denunciare chi non compie il proprio dovere, meravigliarsi per la sporcizia presente su un marciapiede, protestare contro chi danneggia il bene collettivo è indice di energia positiva, è la volontà a non arrendersi.
Agire in prima persona, inoltre, stimola l’imitazione e genera un effetto domino di azioni positive.

E tu, sei ancora un cittadino normale?

Hai la forza di stupirti oppure la tua coscienza dorme il sonno dei passivi?
Al test l’amara sentenza.

Assefuatto

 

Normale

wow la strada è pulita –> questa strada è sporca, è scandaloso!
incredibile, il treno è giunto in orario –> che rabbia, ancora una volta il treno è in ritardo!
a quel tizio è caduta una carta mentre guidava, che distratto –> quel tizio ha lanciato una carta dal finestrino dell’auto, che incivile
la raccolta differenziata è inutile, i rifiuti li gettano poi tutti insieme –> plastica, vetro, carta ed umido: ognuno nel suo contenitore
ho prenotato la visita con una lista d’attesa di sette mesi. Attenderò –> sette mesi per una visita? Ma siamo pazzi! Pretendo di parlare con il responsabile, SUBITO!
chiedo ad un amico il favore così evito problemi –> è un mio diritto ricevere adeguata assistenza e non sto ricevendo nessun favore!
in Italia non funziona nulla, mi adeguo alla realtà –> miglioro il mondo agendo in prima persona, l’esempio positivo genera imitazioni positive


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Napoli, un gabbiano vola su San Martino

L’idea del gabbiano è condivisibile: visitare dall’alto la Certosa ed il Museo di San Martino di Napoli ha sicuramente un fascino speciale.

E così il volatile, spinto dall’innato spirito di avventura, abbandona la costa e sconfina tra i meandri della città.

Al sottoscritto, osservatore divertito, non resta che tirar fuori lo smartphone, pigiare l’otturatore e catturare il nostro novello Jonathan.

Dopotutto, la curiosità è il motore dell’evoluzione.
Anche se sei un giovane, inesperto gabbiano metropolitano.

Napoli, un gabbiano vola su San Martino

Se il reperto romano di Napoli fosse a Stoccolma?

Quante città presentano reperti romani in mostra per strada?

E’ la domanda che mi pongo ogni volta che attraverso via Salvator Rosa, nei pressi della omonima stazione della metropolitana di Napoli.
Credo davvero poche godono delle risorse artistiche del capoluogo campano (e dintorni).
Monumenti posti agli ingressi – e all’interno – delle stazioni, il biglietto di benvenuto di una città d’arte che si rispetti.

Poi, passato lo stupore per la visione dei resti di un antico ponte romano risalente ad un’altra epoca subentra la seconda, sconfortante domanda:

quante città non valorizzano i propri monumenti?

 

Napoli ed il reperto romano abbandonato

Purtroppo, anche questo quesito presenta la medesima risposta: sono poche le città nel mondo capace di trascurare i propri siti archeologici come noi napoletani (o forse, italiani?).

Basta osservare il monumento di Salvator Rosa: circondato dall’incuria, resiste alle intemperie ed alle pallonate dei ragazzi impegnati in estenuanti partite di calcio davanti la metropolitana.

Tra avanzi di pizze e bottiglie di birre, l’arco romano sembra chiedersi: ma che ci faccio quì abbandonato al mio crudele destino?

E se fosse stato costruito a Stoccolma?

Vivrebbe al calduccio protetto in un elegante (e costoso) museo visitato da migliaia di turisti con audio-guida, sala filmati per minuziose spiegazioni, prenotazioni on-line con sconto comitive e marketing sull’antica Roma.

Sono sicuro che se potesse esprimersi, l’antico monumento romano di via Salvator Rosa chiederebbe asilo politico alla Norvegia.


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Arte moderna o lo scarabocchio di un bimbo dell’asilo?

La piccola parete bianca è interamente occupata da un quadro, suppongo di arte moderna.

Sono in una sala d’attesa (per la comprensione di questo post, risultano superflui ulteriori dettagli) ed aspetto il mio turno con calma olimpica.
Oltre a me, una mamma chatta con lo sguardo perso nello smartphone ed il figlioletto (sei, sette anni) fisicamente presente ma con la mente trasferito nella dimensione spazio-temporale del videogames baby-sitter.

In pratica, sono solo e qualsiasi tentativo di comunicazione con i due alieni risulta vano.

Mi resta una sola distrazione: osservare il quadro che ho difronte, proprio sopra la testa dei due esseri viventi con protesi tecnologica innestata.

arte moderna o disegno astratto di un bimbo dell'asilo?

Scruto con attenzione, intravedo strumenti musicali volanti, un tamburo magico, atmosfere da tribù africana e stregonerie varie …
Stringo le meningi, aggrotto la fronte ma proprio non riesco a sciogliere il mistero.

Questo dipinto è arte?

La mia ignoranza suggerisce altro, forse un concetto troppo osceno per essere reso pubblico ma sono in ballo e continuo a ballare.
A me, l’accrocchio di colori, le forme irregolari e le posizioni irrazionali delle figure ricordano uno scarabocchio partorito dall’irriducibile fantasia di un bimbo dell’asilo.

Ce l’ho fatta, ho sputato il rospo!

«Mamma devo fare pipì» brontola il pargoletto spezzando le congetture filosofiche trasmesse dalla visione dell’opera.
La donna ed figlio si allontanano, lei continua a chattare mentre il bimbo cammina con la testa china sulla console.

Approfitto della solitudine e fotografo il «mostro».
A voi la sentenza.

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L’Italietta e quell’indistruttibile zona grigia

n un locale elegante e chic …

Immagina di entrare in un ristorante elegantissimo, accolto da un cameriere gentile ed accogliente.
Immagina di essere ricevuto da una giovane e raffinata hostess di sala che ti invita ad accomodare e scegliere le pietanze da un menù prelibato.

Atmosfera signorile, ambiente chic, in una parola: locale perfetto.

A metà serata, mentre gusti una ricercata ricetta francese e conversi amabilmente con gli altri distinti commensali, irrompe la polizia.

L'Italia e la maledetta zona grigia

Un blitz delle teste di cuoio crea scompiglio

Il panico dilaga nella sala, i gas lacrimogeni completano il dramma.

Le forze dell’ordine sparano vari colpi in aria, finalmente il fumo si dilata e cala il silenzio: scattano gli arresti, il cameriere gentile, l’hostess di sala, l’esperto chef ed il ricco proprietario del ristorante in manette, portati fuori come i peggiori criminali e ripresi dalle telecamere di mezzo mondo in diretta tv.

La notizia su tutti i giornali

Il giorno dopo, sconvolto, leggo sul giornale: «la polizia sgomina un’intera famiglia mafiosa. 
I malavitosi riciclavano danaro sporco tramite un lussuoso ristorante in centro città frequentato abitualmente da noti politici e calciatori di fama.
Durante l’irruzione, tra gli ospiti a cena, era presente anche il famoso webmonster Mario Monfrecola, nemico giurato dei mostri in tutte le forme e colore».

Quante volte abbiamo letto simili notizie?

La parte sana della società civile mischiata con il malaffare, l’economia legale alimentata da capitali mafiosi, la delinquenza che si rifà il trucco e si (ri)presenta pulita con i complimenti delle istituzioni.

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E’ la cosiddetta zona grigia

La fascia di società italiana caratterizzata da tutte quelle persone che – contemporaneamente – compiono azioni illegali e chiedono giustizia, l’insieme di cittadini che vivono quotidianamente borderline, al confine tra legalità e piccole e grandi imbrogli.

Gente che non esita a chiedere “un piacere personale” al camorrista eppure si indigna se un politico viene arrestato per corruzione, uomini dai comportamenti pubblici irreprensibile e con gli scheletri (privati) negli armadi.

I doveri della politica (e del cittadino)

E’ compito della politica ripulire questa zona franca, in primis eliminando dai partiti personaggi ambigui che mentre parlano di lotta alla mafia strizzano l’occhio ai clan della malavita in cerca di voti (sporchi di sangue innocente).

E’ un dovere del cittadino, invece, marcare una distinzione netta tra legalità e delinquenza, rifiutare ogni logica truffaldina ed arrendevole del «così va il mondo».

Il tempo è scaduto, la zona grigia – alimentata dalla corruzione, dal malaffare e dalle convivenze pericolose – deve essere annientata.

Ne saremo capaci?


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Dentro il Kindle (perché l’ho spaccato in due)

Un raptus incontrollato e colpisco con veemenza, senza pietà.
L’istante successivo – come in un film al rallentatore – cade inerme sul tavolo della cucina in una pozzanghera rossa (per la cronaca, un costoso Lacryma Christi) e si apre in due.
Nonostante sia sotto choc, fotografo il defunto per mostrare al mondo intero il cuore del «mostro».

Oggi – a tre giorni dal delitto – sono conscio: l’alternativa esiste e la violenza non può essere giustificata.

Non sono comunque pentito.

Il gesto inconsulto, inaspettato per un individuo riflessivo come il sottoscritto, è la conseguenza di una crisi che dura da tempo.
Da qualche giorno, infatti, quando ci incontriamo – soprattutto in tarda serata – l’amato non risponde più alle mie richieste, l’immagine stampata priva di un’espressione significativa evidenzia palesemente un malessere.

Lo sguardo congelato è il segno visibile di una rottura ipocritamente ignorata.

Non posso rimproverarmi nulla, l’ho sollecito in mille modi diversi, cento tentativi andati a vuoto, uso anche le manieri forti (il «reset» come consigliano in questi casi sul web).
Ai miei input mai un cenno, un’apertura, una possibilità di ripartire.
Buio totale.

Impotente, chiedo assistenza via internet e l’appello è raccolto da sedicenti esperti indiani.
Rassicurato, gli orientali propongono varie soluzioni. Le provo tutte ma dopo un’ora di inutili esperimenti ancora buio pesto.
Sempre la stessa immagine indelebile a schernire la mia intelligenza.
Mi informano che il termine tecnico è «frozen» – congelato appunto – ma, al momento, non esiste una spiegazione plausibile e nel mondo si sono verificati tanti altri casi simili al mio.
Mal comune mezzo gaudio – anche in India.

Rassegnato ammetto: dopo due anni, è finita.

Quando il kindle è frozen

Perso nello sconforto, l’istinto «animale» prevale sulla ragione ed apro in due il Kindle.
Desidero curiosare e scoprire cosa c’è dietro – anzi dentro – il reader di Amazon.

Osservo i circuiti stampati ed i grigi componenti elettronici.
Resto deluso.
Da queste piste digitali nasce la magia della lettura?
Peccato, avrei sperato in qualcosa in più di una serie di numeri e norme da seguire per lo smaltimento del prodotto.
La chiave di tutto è ancora una volta da ricercare in uno scontato “Made in China”?

Dopo pochi giorni dal funerale, acquisto di un nuovo Kindle.
Lunga vita agli e-book.

Quando il kindle è frozen

Inside the Kindle

Un pomeriggio al Museo (folgorato da Atlante)

Sabato pomeriggio ore sedici, ricevo il laconico messaggio: «Mario, scusami arrivo fra mezz’ora».
Perfetto: all’appuntamento col mio amico ritardatario giungo con quindici minuti di anticipo e così la matematica mi condanna ad un lungo ozio (attendere è la punizione inflitta ai puntuali).

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Alle mie spalle troneggia l’entrata del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

All’ingresso del palazzo seicentesco che «può vantare il più ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte e manufatti archeologici in Italia» (fonte) tra un gruppetto di pargoletti entusiasti intravedo un volto noto: un’amica-mamma accompagna il figlioletto ad una caccia al tesoro organizzata da una associazione culturale «per far scoprire l’arte ai bimbi».

«Come stai? Che fai quì? Ciao piccolino … vi accompagno con piacere» approfitto e varco la soglia spazio-temporale per catapultarmi nell’antica Grecia.
Sbigottito dall’imponente salone della Meridiana, carico di meraviglia seguo – insieme alla chiassosa comitiva di bambini dalle mille domande, genitori incuriositi ed una guida attenta – il gomitolo di lana di Arianna, dobbiamo uscire dal labirinto e trovare Teseo.

Dura un attimo ma accade: resto da solo nel magico salone della Meridiana.

I bimbi inseguono il filo e si dileguano in una stanza limitrofa, l’esercito di turisti armati di macchine fotografiche dall’obiettivo chilometrico svaniscono ed il silenzio assoluto cala nella grande sala, l’incanto ed il fascino di questo luogo leggendario – venti metri d’altezza per cinquanta di lunghezza – con affreschi e quadri dal valore inestimabile si impossessa della mia mente.

Leggo stupefatto: «scultura ellenistica in marmo databile al II secolo d.C.»

Un veloce calcolo illumina la mente: al mio fianco, c’é una statua che risale a quasi 1900 anni addietro, cioè creata tra l’anno 101 e 200?
L’animo del reporter prende il sopravvento su un possibile inizio di crisi di Stendhal, deglutisco, inspiro, respiro, afferro il ridicolo smartphone e scatto la foto.
A voi il «mostro», il magnifico Atlante del Farnese.

Museo Archeologico Nazionale di Napoli: l'Atlante del Farnese

PS: questo post è dedicato al mio amico ritardatario ed alla fortuna di tramutare l’attesa in una stupenda visita 🙂

Link utili:
sito ufficiale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli
salone della Meridiana
Atlante Farnese


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