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Tag: cultura (Page 16 of 17)

Napoli senza la camorra in due foto

Ho vissuto per un’ora in una Napoli liberata dall’asfissiante morsa della camorra, la cappa di morte (metaforica e non) che schiaccia la città da troppo tempo.

E’ successo sabato mattina sul lungomare liberato.

Il sottoscritto è – ahimè – sprovvisto di un qualsiasi talento artistico: sogno la pittura, non ambisco alla scultura, ammiro il musicista ed invidio lo scrittore.
L’arte ha il compito di descrivere la società attraverso le opere e dopotutto anche la fotografia – la volontà di un umile gregario con l’uso della tecnologia spicciola – è un valido strumento per raccontare la realtà che mi circonda senza troppe pretese.

Dunque rimedio all’incapacità di descrivere Napoli epurata dalla camorra con queste due foto.

Napoli senza camorra

Venti gradi – eppure è novembre! – passeggio beato sul largo marciapiede lindo e pinto ed osservo le barche a vela navigare nel mare calmo del golfo sotto l’ombra del Vesuvio.
Castel dell’Ovo, il secolare custode della città, è la star più fotografata dai tanti turisti estasiati mentre napoletani orgogliosi si godono questo angolo di paradiso cittadino sgombrato dallo smog e delle auto.
Ciclisti sudati – dal sole e non dalla pedalata – apprezzano la pista a loro dedicata con vista Capri, alcuni ragazzi girano incuriositi intorno al punto di bike sharing mentre i genitori controllano le scorribande dei pargoletti liberi di correre tra la villa comunale e la strada svuotata dai veicoli.
Non mancano i selfie dei fidanzatini con le isole a far da cornice: una splendida giornata per marinare la scuola, non vi è dubbio.

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La presenza discreta delle forze dell’ordine rende sicuro questo meraviglioso kilometro di striscia azzurra.

Un salotto blindato lontano mille miglia dai problemi caotici della metropoli campana, trasformato da enorme parcheggio abusivo in un luogo ordinato e restituito ai fasti del passato.

Vorrei illudermi che la forza delle immagini trasmetta anche a te, amico Lettore, l’atmosfera di positività che questo primaverile sabato mattina di novembre ha inculcato al sottoscritto: tranquillità, calma, silenzio, il mare blu come il cielo, il lento scorrere del tempo, l’attesa del pescatore, la gioia dei bambini, la serenità delle famiglie, la passeggiata, le bellezze naturali della città, l’assenza di lotte fratricide, la normalità ritrovata.

I due quadri digitali di questo post rappresentano Napoli ripulita dalla camorra: una fantastica illusione oppure una possibilità concreta se il modello «lungomare liberato» venisse applicato a tutti gli altri quartieri della città?

Napoli senza la camorra


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Napoli, il bimbo e l’assuefazione al parcheggiatore abusivo

«Mamma, perché hai dato i soldi al signore?».

Il bimbo, attraverso i suoi occhi puliti, osserva il mondo e non comprende il gesto naturale della donna.

A Napoli, pagare un tizio perché – senza il nostro consenso – guarda l’auto è un’azione di ordinaria quotidianità.

Siamo fuori ad un importante supermercato ed all’ingresso del parcheggio per i clienti (sosta libera) staziona l’uomo. Stupisce, soprattutto, il comportamento di chi giunge: alla vista del posteggiatore illegale, gli automobilisti rallentano, abbassano il finestrino della loro vettura e regalano spontaneamente la mancia al parcheggiatore abusivo senza che lui chieda nulla.

Il «mostro» si limita ad incassare.

Il falso dipendente non è certamente autorizzato dalla direzione del piccolo centro commerciale (ma nemmeno denunciato e mandato via), siede sotto un ombrellone e «lavora» durante tutto l’anno alla luce del sole.
Sfrutta la rassegnazione di chi, ogni giorno, è abituato alle piccole e grandi ingiustizie metropolitane, cittadini sconfitti dalla maleducazione collettiva, persone oneste vittime di delinquenti più o meno organizzati, la cultura della sopraffazione dilaga laddove lo Stato latita.

Completo la spesa e vado via – ovviamente non verso il tributo al malfattore.
Il «mostro» mi osserva indifferente, è conscio che il rifiuto è l’eccezione e non avanza diritti.

La mamma, colta di sorpresa dal quesito elementare del figlio, si chiude in un colpevole silenzio.

«Andiamo» balbetta mentre spinge il bimbo dentro il negozio affollato di gente apatica che ha rinunciato a combattere. Per molti – ma non per tutti – la presenza di un individuo che (non) guarda l’auto in sosta è ormai normale, un elemento dell’arredo urbano napoletano da accettare come l’alternarsi delle quattro stagioni.

Esiste un «mostro» invisibile pericoloso quanto un «mostro» in carne ed ossa: l’assuefazione.
Per fortuna è sconosciuto ai bimbi: aiutiamoli a crescere con il giusto esempio, ogni giorno e nelle piccole e grandi azioni.

Napoli e l'assuefazione al parcheggiatore abusivo


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Un caffè con Maria Carmela Micciché, la scrittrice delle storie perdute

Chi è Maria Carmela Miccichè?
Non lo so.
Non la conosco personalmente, l’incontrai nel cyberspazio in un tempo ed un luogo indefinito e link dopo link l’ho apprezzata attraverso i suoi appassionati scritti.
Ignorare chi sia rafforza l’idea positiva che ho dei suoi racconti (brevi e non) e delle sue poesie; mi sento come il coach in «The Voice», il reality-show ove i giudici ascoltano le esibizioni dei concorrenti concentrando la loro attenzione soltanto sulla loro voce senza vederli.
D: Maria Carmela, cosa significa scrivere?
MCM: scrivere è comunicare, uno dei mezzi per comunicare, a volte con se stessi a volte per dire cose che non sapevamo di voler dire, sicuramente rimane un canale che unisce qualcosa dentro di noi con l’esterno.

D: a che età hai sentito la necessità di porre nero su bianco i tuoi pensieri? E dopo aver stilato un racconto/poesia, nel rileggere provi una sensazione di piacere o di frustrazione? Ad esempio, a me capita quando non riesco ad imprimere sul foglio i concetti che ho in mente ma, ovviamente, è una questione soggettiva.
MCM: a otto anni scrissi un poesia molto lunga “Il paesello molto bello” dove immaginavo questo paese con le case, le piazze, la gente. Il giorno dopo portai a scuola il foglietto di quaderno dove avevo scritto la mia poesia. La maestra lesse e mi fece giurare che fosse mia. Ero un po’ confusa, per me era stato un gioco, una cosa che avevo fatto senza tante pretese, fu molto imbarazzante. Giurai davanti alla maestra e a tutta la classe e a quel punto mi resi conto che era meglio tenere per me ciò che immaginavo. In effetti andò che continuai a scrivere, la maestra veniva a sbirciare e poi mandava i miei quaderni alle altre maestre. Non mi sono mai fermata, ho sempre avuto il bisogno, desiderio, voglia di appoggiare su qualcosa ciò che mi passa per la testa… e ne passano cose…
Scrivo sempre di getto non sapendo mai a priori cosa racconterò, quindi posso dire di essere sempre la prima lettrice di me stessa e in genere mi piace ciò che leggo 🙂

D: da dove attingi l’ispirazione per le tue storie? Quali generi preferisci raccontare?
MCM: l’ispirazione arriva da dove vuole, un foglio bianco è già un invito a metterci su qualcosa. Le foto, amo le foto che dicono tante cose e a volte trovo delle foto che invece seguono le mie parole, non lo so come accade, di conseguenza anche il genere varia, a volte segue il mio stato d’animo a volte vedo una foto o succede qualcosa e il foglio si riempie di altre cose.

Maria Carmela Micciche, il sito ufficiale

D: quali sono le doti necessarie per chi ama scrivere? Io sono un assertore della teoria: «più leggo più scrivo più leggo»
MCM: questa è una domanda difficile e quindi alle domande difficili è sempre meglio rispondere sinceramente: non ne ho la più pallida idea. Io ho sempre letto e sempre scritto, scrivevo le recite scolastiche inventando tutto di sana pianta e poi facevo la regista dirigendo i miei compagni e leggevo “La storia dei partiti politici” o “Carrie” insomma di tutto un po’. Credo che l’unica dote veramente necessaria è avere delle storie dentro da raccontare e le storie dentro nascono dall’osservare ciò che succede fuori. Ho scritto una poesia su questo, forse non è molto elegante citare se stessi ma credo possa spiegare ciò che voglio dire: Le storie delle cose perdute

D: come immagini i tuoi Lettori? Sei curiosa di carpire la loro espressione quando, col volto immerso nelle pagine del tuo sito, leggono le parole uscite da dentro la tua anima? Sorrideranno? Rifletteranno? Si emozioneranno?
MCM: curiosissima, vorrei conoscerli uno per uno e osservarli mentre leggono ogni rigo. Vorrei vedere l’espressione del viso e capire come le mie parole sono arrivate. Non è per, come dicono a Napoli “atteggiarmi”, per darmi l’aria della scrittrice, realmente non mi sento una scrittrice, ma mi piacerebbe sul serio incontrare ogni persona che legge ciò che scrivo e commentare con lei ogni cosa, credo sia la cosa più elettrizzante e affascinante che possa capitare.

D: se avessi la possibilità – anche temporale – quale scrittore vorresti incontrare? Chi condideri i tuoi «maestri» letterali?
MCM: ogni volta che prendo in mano un libro penso alla magia che lo ha reso libro. L’immaginazione che c’è dentro, la ricerca, la scelta di tante cose. Avrei voluto scrivere come Ken Follett perchè è uno scrittore che già al secondo rigo ti prende per il colletto e ti trascina fino all’ultima pagina e scrive sempre cose diverse, non è mai monotono. Comunque come dicevo prima ho letto di tutto un po’ ed è raro che un libro non mi piaccia totalmente, beh… a volte si ma succede raramente, per cui da quello che considero uno dei più geniali, Pirandello, a quello che magari ho letto per caso e di cui non ricordo il nome, lo so che faccio una pessima figura ma questa è, la cosa che mi “prende” di più è quando le parole riescono a portarmi dentro alle pagine, vorrei essere sempre in grado di fare questo.

D: Maria Carmela, che ricordo hai della scuola e del tuo professore di italiano? Ha contribuito a modellare la scrittrice che sei oggi oppure la formazione scolastica pensi sia solo nozionistica e non produce vera cultura?
MCM: questa domanda mi fa sorridere perchè mi riporta indietro ai banchi di scuola. Io ho frequentato il Liceo Scientifico del mio paese, adoravo la mia scuola e ricordo sempre con piacere il tempo trascorso con i compagni di classe e con i professori, le manifestazioni, erano gli anni ‘70 e ‘80, la scuola era un fermento di idee e cambiamenti. In terza liceo litigai con il mio prof d’italiano che mi assegnò il sei politico per tutto l’anno, il voto dei temi era sempre lo stesso: forma corretta, fuori tema 6. L’anno successivo arrivò un anziano professore che ascoltavo con la stessa dedizione di come all’epoca ascoltavo i Pink Floyd, adoravo le sue spiegazioni e il mio voto per tutto l’anno fu 9, ma non era questione di voto, non sono mai stata attaccata ai voti ma a quanto mi piacesse partecipare alle discussioni. Se la devo dire tutta la prima persona che credette alla mia “dote” di mettere i pensieri su dei fogli fu il mio parroco don Corrado Carpenzano. Ogni domenica veniva dato gratis, poi con un contributo di cento lire, il Notiziario, un giornalino della parrocchia dove ogni gruppo scriveva l’ordine del giorno delle varie riunioni, le comunicazioni di servizio, gli orari delle varie funzioni eccetera. iI venerdì lo ciclostilavamo a mano. Io avevo più o meno 13 anni e scrivevo ciò che discutevamo nel gruppo ragazzi e un giorno il parroco mi disse: “Mi piace come scrivi, dalla settimana prossima avrai una rubrica tutta tua dove potrai scrivere quello che vuoi” Ricordo come mi batteva il cuore quando vidi per la prima volta le mie parole stampate, era un’emozione, ed è sempre così.

Il caffè di Marek, la pagina facebook di Maria Carmela Micciché

D: tra i tuoi tanti racconti, a quale sei più affezionata? Segnala anche una tua poesia alla quale sei particolarmente legata.
MCM: Elena e i fiori di sale rimane il racconto al quale sono più legata. Per le poesie Un semplice pomeriggio d’autunno o Phasor e tante altre che sento mie nel senso intimo.

D: sei un’autrice molto produttiva oppure scrivi col contagocce? Hai mai distrutto una tua opera oppure consideri ogni racconto degno di essere pubblicato e saranno poi i Lettori a giudicare?
MCM: per quanto riguarda la quantità delle cose che scrivo non dipende da me, nel senso non programmo nulla, a volte mi sveglio nel cuore della notte con un’idea e fino a quando non diventa storia sta lì a darmi fastidio, a volte ci sono giorni che sono presa da altre cose e non riesco a scrivere nulla, dipende.  Ogni cosa che scrivo per me è importante, anche quella che sembra ordinaria, nel momento che prende forma per me diventa parte di me, è ovvio che alcune sono, come dire, più coinvolgenti e altre meno ma non ho mai distrutto nulla volontariamente, poi c’è da dire che essendo diversamente ordinata alcune cose le ho perse, rimaste chissà dove, scritte di vecchi quaderni… da quando ho il sito e la pagina ufficiale ho fatto dei passi avanti.

D: come tuo affezionato fan, ti confido che amo la sezione Buonbelgiorno mentre, tra i «brevi racconti» mi suscita emozioni positive Gli occhiali. Da dove nasce questa storia bella proprio per la sua semplicità?
MCM: Buonbelgiorno nasce per caso, ogni giorno mettevo qualcosa sulla pagina ufficiale Il caffè di Marek per dare il benvenuto a chi passava dal mio caffè virtuale, è divertente trovare uno spunto ogni giorno. Mi sono accorta che alcuni erano davvero originali così li ho raccolti in una sezione a parte. Gli occhiali è di fattura semplice, nel senso che siamo fatti in un determinato modo, chi si lamenta per ogni cosa, chi si adatta a ogni cosa e chi riesce a trovare una magia ogni giorno, è il modo di guardare il mondo. Non ci sono occhiali che possiamo indossare per essere diversi, possiamo solo essere consapevoli e spostarci in modo da vedere il mondo da un angolo diverso.

D: da poco mi sono avvicinato ai libri di Tiziano Terzani e nella sua biografica viene riportata la seguente citazione: «ormai mi incuriosisce di più morire. Mi dispiace solo che non potrò scriverne». Che ne pensi? Può la passione per la scrittura essere più forte di ogni altro sentimento?
MCM: la passione per definizione è qualcosa che va oltre il razionale modo di vivere quella situazione. Non so come funziona per gli scrittori veri, se riescono a essere programmati o sono divorati dal fuoco della creatività. Io come hai capito scrivo quando posso, come posso, a volte dopo un giorno di lavoro e famiglia mi metto davanti al computer e faccio le quattro del mattino senza cenni di stanchezza, presa dalla storia che sto scrivendo. A volte scrivo in ufficio mentre la gente esce ed entra, mentre suona il telefono, mentre organizzo il pranzo ma io non sono una vera scrittrice e per fortuna non faccio testo 🙂

D:  ultimi tre libri letti? E cosa stai leggendo ora?
MCM: Delitti e Misteri del passato – Sei casi da RIS di Luciano Garofano Giorgio Gruppioni e Silvano Vinceti – Mondo senza fine di Ken Follett – Una notte di luna piena per l’ispettore Dalgliesh di P. D. James – La mennulara di Simonetta Agnello Hornby. Adesso ho preso: Il libro segreto di Shakespeare

D:  Maria Carmela, a proposito di libri: quando fornirai alle stampe il tuo primo volume? Ti senti pronta oppure pensi sia un passo troppo impegnativo? Ma non sono proprio i sogni a contribuire all’evoluzione dell’individuo? Che permettono quel passo che razionalmente non intraprenderemo mai?
MCM: quando? Ci penso da un po’, avrei anche il materiale pronto ma l’editoria è un percorso strano. Intanto un mio racconto “Il pezzetto d’America sotto al cuscino” è tra i finalisti al concorso della città di Sortino. La premiazione dei tre racconti vincitori avverrà il 3 Ottobre all’interno della mostra dell’editoria, vediamo che succede. Io continuo a sognare di vedere un mio libro in libreria ma il sogno più grande è quello di incontrare i miei lettori.

Maria Carmela, avrei voluto porti altre cento domande ma non posso abusare della tua disponibilità.
Coltiva il tuo talento

Un grazie da tutti noi, i tuoi Lettori.

MCM: spero di non essere stata tediosa o prolissa in tal caso chiedo scusa, se invece avete letto tutto fino a qua… bravi vi devo un caffè, napoletano ovviamente.

Grazie
Maria Carmela Micciché

PS: è doverosa una precisazione da parte dell’autore di questa intervista: non ho mai guardato un reality-show nè tantomeno un minuto di «The Voice»


Maria Carmela Micciche, la scrittrice delle storie perdute

Napoli, il «mostro» non è Rafa Benitez

Un paio di sconfitte ed il nostro intelligente allenatore già traballa, il Rafa Benitez mago di coppa, il profeta del calcio moderno stimato in tutta Europa ora siede su una panchina instabile.
Perché i tifosi giudicano dai risultati e bastano novanta minuti per trasformare l’idolo in bidone. Alla squadra del cuore non è concesso perdere – in molti casi, nemmeno pareggiare – se non vinci sei secondo e la domenica sera la classifica di serieA si erge a giudice supremo per emettere la sentenza inappellabile: se non sei primo, hai fallito.

E’ la cultura dello sport inquinato dai soldi e spacchettato della televisione,  lo sport dove il fair-play è una regola scritta nel manuale ma invisibile sui campi, lo sport dove non è contemplata la possibilità che il tuo avversario sia più forte di te e meriti di vincere, lo sport dove a fine partita non ci si complimenta con l’avversario e non si torna mai negli spogliatoi abbracciati mentre dagli spalti dello stadio cadono applausi per tutti gli atleti, vinti e sconfitti.

«Non è un dramma» è la stupefacente affermazione dell’allenatore del Napoli dopo lo zero ad uno in casa col Chievo.

Benitez, la sconfitta del Napoli non è un dramma

Ed ha ragione don Raffaè: perdere una partita alla seconda giornata di campionato è un dato insignificante ed essere sconfitti alla terza partita di campionato resta ancora un dato insignificante.

Ma chi comprende questo elementare concetto?

I vertici del club preoccupati solo del profitto? Gli sponsor in cerca di nuovi testimonial da mercificare? Il tifoso fanatico drogato di risultati? La pay-tv legata agli indici di ascolto e alla pubblicità?

E allora, osservare il Napoli in fondo alla classifica non mi preoccupa.
Mi preoccupa, invece, l’isterismo legato ai risultati, il dramma di certi tifosi – i veri «mostri» di questa vicenda (sportiva).

[FOTO] Cronaca (non ufficiale) del Milleculure di Napoli con De Magistris, Oliva, Rosolino ed il Presidente del CONI Malagò (più il sottoscritto)

Il sindaco De Magistris è in gran forma, nel suo abito blu nonostante un’afa asfissiante. Malagò, invece, si spoglia della giacca e mostra senza imbarazzi la camicia bianca zuppa di sudore. «So’ partito da Roma co a pioggia» catturo lo sfogo del Presidente del CONI.

Mi ritrovo nella coda di giornalisti, sportivi e personaggi più o meno famosi mio malgrado, guancia a guancia con le Istituzioni. Giunto alla Mostra d’Oltremare di Napoli per trascorrere un pomeriggio di riposo, vengo travolto dagli eventi: c’è il villaggio dello Sport e della Cultura organizzato dall’Associazione Milleculure e si attendono le autorità per l’inaugurazione ufficiale.

Sento odore di scoop, lo smartphone è già caldo, non resta che seguire i VIP, aguzzare la vista, allungare le orecchie e scattare foto.

Milleculure di Napoli, le foto dell'evento

Massimiliano Rosolino è sempre amato, riscuote successo e ogni metro paga dazio ai fan con la foto ricordo. Il maestro di judo – un suo amico? – lo apostrofa: «Rosolì, si o chiù bell!». Mi faccio avanti, lo saluto e gli pongo la domanda del secolo: «Massimiliano a che età hai iniziato a nuotare?» – e lui, con l’apatia di chi ha ascoltato questa idiozia un milione di volte – «boh, a cinque anni forse».

E’ la stampa bellezza!

massimilaino rosolino, campione di nuoto

Si accendono le telecamere ed il primo cittadino partenopeo sfida il massimo dirigente dello sport italiano prima a subbuteo («che è, napoli juve sta partita?» scherza) e poi duettano a scherma. Quando la televisione lo richiede, parte una nuova gag: Malagò atterra con una mossa di judo il giovane allievo della palestra Maddaloni, poi sale sul ring con Patrizio Oliva («oggi non ce facciamo mancà niente» commenta sardonico), assiste al sollevamento pesi di un bimbo («se non ce la fai, ripeti l’esercizio» consiglia saggiamente).

Pacche sulle spalle, baci e abbracci a tutti gli esponenti dei cosiddetti sport minori («questa è casa mia» afferma incoraggiante)

Finalmente il tour termina, resta la dichiarazione da rendere alla stampa di mezzo mondo (e al sottoscritto) e la foto di gruppo per i posteri.

De MAgistris, Patrizio Oliva, Massimiliano Roslino, Malagò Presidente del CONI

In attesa dei soliti servizi precotti, pubblico – in anteprima mondiale – le foto (non) ufficiali dell’evento.

Non sono un Pirata, sono un Lettore (di ebook)

L’ebook di Tiziano Terzani a 11€

Quest’estate, in spiaggia, spopolavano i libri di Tiziano Terzani.
Forse per una banale coincidenza oppure per l’effetto passaparola, sta di fatto che sotto gli ombrelloni del lido becco due amici leggere le storie del medesimo autore: «La fine è il mio inizio»«Un indovino mi disse».

Ammetto l’ignoranza: io non conosco lo scrittore Terzani e – a dirla tutta – sono all’oscuro anche della sua carriera come giornalista.

Decido di rimediare e corro su Amazon per acquistare i due ebook: «La fine è il mio inizio» è proposto ad un prezzo sbalorditivo di 10.99€ mentre «Un indovino mi disse» ad un più accettabile – ma sempre esagerato – costo di 6,99€ (i prezzi nel tempo potrebbero cambiare).

Perplesso, mi chiedo: come può un ebook essere così esoso?

Ebook e cartaceo: medesimo prezzo

Parliamo di un prodotto digitale: un documento dematerializzato, non spreca la carta cioè non distrugge gli alberi, non prevede la consegna nelle librerie e salta tutti gli anelli della filiera produttore-consumatore.

L’importo, quindi, non dovrebbe risentire degli incrementi applicati da ogni componente della distribuzione.

E allora perché i due ebook sopracitati sono venduti con lo stesso prezzo delle versioni cartacee?

Mistero dell’editoria italiana.

E’ facile essere un Pirata

Navigo sul web ed (orologio alla mano) impiego due minuti per trovare gratuitamente i due ebook in formato pdf, pronti da convertire ed essere copiati sul mio Kindle Paperwhite
.
Due minuti, centoventi secondi per risparmiare (illegalmente) circa 18€.

Eppure, questa malsana idea non sarebbe mai balenata se il prezzo degli ebook fosse stato accettabile.


Intendo una cifra ragionevole, non certo gli improponibili 10.99€ ma nemmeno gli 0,99€ di un’offerta lampo.
Ad esempio, un equilibrato 2,99€ che accontenti tutti, dal produttore allo scrittore ed infine anche l’indifeso consumatore.

Come sconfiggere la pirateria

Mentre i grandi esperti del settore discutono e non trovano mai un accordo intelligente, oggi l’unica arma utilizzata per combattere il download illegale resta la repressione con il blocco del sito irregolare ad opera della polizia postale – un ago in un pagliaio.

Al contrario, non si vuole comprendere che una politica giusta dei prezzi spingerebbe gli utenti ad acquistare presso gli store ufficiali – con la qualità e gli indubbi vantaggi garantiti dal marchio.

Dopotutto, il mastodontico «mostro» della pirateria in Rete ingrassa e si alimenta anche per l’ignoranza e l’ingordigia umana.

La polizia di Londra blocca un sito: in pochi minuti, il PIrata ne troverà un altro ...

Io, Dylan e quell’incontro prima del Comicon

Dylan Dog, un mio fedele Lettore

«Ciao Dylan, dal vivo sembri più vecchio».
«Entra Mario, non iniziare con le tue ironie… mi basta Groucho».

Un abbraccio e sono dentro la casa dell’Indagatore dell’incubo.
E’ la prima volta che giungo a Craven Road 7 eppure è tutto così familiare ed accogliente, riconosco ogni angolo di quest’appartamento visitato mille volte attraverso gli albi di Bonelli.

Dylan si accomoda sulla solita poltrona con i palmi delle mani uniti – un gesto d’attesa per ascoltare il cliente (quasi sempre la cliente).

Il mio amico Dylan

Lo show di Groucho

«Dunque, che ci fai a Londra? Devi cacciare un fantasma dalla cucina?».
«… mmm …. no, ma potrebbe essere questo il motivo per cui ho il frigo sempre vuoto».
«Sono più di trent”anni che ti conosco e continui a non prenderti mai sul serio. Groucho, un bicchiere d’acqua per Mario».

L’assistente di Dylan compare con un tempismo degno di un attore teatrale ed inizia lo show.

«Capo, non esistono i bicchieri d’acqua. Magari ti porto un bicchiere di vetro con dentro l’acqua. Ciao Mario, sempre allegro eh? Vedo che hai cambiato look, anzi non hai proprio un look. Bene, d’altronde cos’è la moda? Chiedetelo a me che di modelle me ne intendo»
«Groucho! Non sprecare righe, lo sai che i post di Mario sono sempre brevi per non stancare il Lettore con parole ridondanti».
«Dylan, sono orgoglioso di saperti tra i miei seguaci. Troppo onore».
«Leggo tutti i tuoi articoli, mi sono anche registrato sulla fan page ufficiale».
«I tempi cambiano anche per te allora, magari hai pure uno smartphone?»

L’ammissione

«Giuda ballerino, lo spazio a nostra disposizione è quasi terminato e non mi hai ancora comunicato il motivo della tua visita».
«Hai ragione Dylan, non è una confessione facile ma non posso più tenermi dentro questo segreto: manco dal  Comicon di Napoli da anni, ammetto la mia colpa».

In casa cala il gelo, Dylan inizia a suonare il clarinetto (o almeno, visto il risultato, ci prova).
Le note de “Il trillo del diavolo” viaggiano tra i nostri ricordi, le mille avventure condivise, le battaglie contro i «mostri» o presunti tali.
Poi, Dylan mi licenzia con poche semplici parole.

« … mmm … caro vecchio Mario, ed ora pretendi da me l’assoluzione?».

Comicon, le copertine raccolte

Restiamo in silenzio ancora qualche minuto, poi aggiungo:
«Dylan, pubblico e condivido le copertine che i disegnatori ai Comicon passati mi hanno regalato?».
«Va bene, mi sembra un buon finale per questa storia» conferma l’Indagatore dell’Incubo.

Qualche giorno dopo il mio viaggio a Londra rileggo questo post  ma – come quei pensieri affascinanti di sera che svaniscono la mattina successiva – non sono più sicuro che sia andata proprio così.
Però mi piace immaginarlo.

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Io mangio con don Raffaé

Benitez, il buongustaio

Avrei potuto scrivere questo post dopo le due trionfali bastonate del Ciuccio alla Zebra ma sarebbe stato come segnare a porta vuota, troppo banale.
Invece l’elogio al godereccio Rafa Benitez lo pubblico dopo il digiuno di Parma e l’inevitabile pioggia di polpette sul nostro pacioccone Mister.

Sarà per quella faccia a forma di torta ripiena, il fisico sedentario indice dell’amore per la buona cucina, il sorriso beffardo di chi è a dieta perenne ma ha appena rubato un cucchiaio di Nutella, quell’aria furba da buongustaio impertinente … a me lo spagnolo piace.

Benitez ed il Napoli: salsiccia e friarielli

Perché una vera squadra assomiglia al suo allenatore ed il Napoli e don Raffaé sono come la salsiccia con i friarielli, una ricetta perfetta.

Un gioco pepato e mai insipido, a tratti dolce ma sempre spettacolare con l’inevitabile peccato di ingordigia che spinge gli azzurri a commettere errori grossolani.
Ma Hamsik e compagni garantiscono l’abbuffata: i gol (fatti e subiti) si sfornano come pizze calde, lo show segue un menù delicato ed appagante e sotto l’attenta direzione dello chef di sala che prende appunti, registra gli ingredienti ed incita i suoi ragazzi, gli avversari vengono cotti a puntino.

Al novantesimo don Raffaé, inzuppato di sudore come un babà al rum, si presenta sazio davanti le telecamere.

Con le guance rosso fragola risponde alle perfide domande dei giornalisti avari di scoop e con l’intelligenza tipica di colui che viaggia ed apprezza la cultura dei popoli, respinge le provinciali osservazioni nostrane e ci ricorda che il calcio è un gioco: a volte si vince, spesso si perde ma l’importante non è il risultato bensì conservare la propria identità.

Sempre.
Indipendentemente da chi hai dall’altra parte del campo.

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Uno spaghetto per Benitez

E allora mi spingo oltre ed invito ufficialmente Benitez a casa mia per un pranzo napoletano.
Non rimarrà deluso perché io la penso come lui: la bellezza del calcio è nella sua semplicità, come un piatto di spaghetti al pomodoro.

Con Rafa Benitez insieme a pranzo?


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21 marzo 2014, Giornata Mondiale sulla sindrome di Down

Tutti hanno diritto ad essere felici

Oggi 21 marzo ricorre una occasione particolare, la Giornata Mondiale sulla sindrome di Down, che ha l’obiettivo di diffondere una nuova cultura della diversità e una maggior conoscenza delle persone con la sindrome.
Riporto il contenuto di una e-mail che ho ricevuto, le immagini raccontano meglio di mille parole il significato di questo evento.

21 marzo 2014, Giornata Mondiale sulla sindrome di Down

Da un video di Luca Lucini

In vista dell’occasione CoorDown (coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di DOWN) promuove #DearFutureMom, una campagna internazionale sul diritto alla felicità e al benessere delle persone con sindrome di Down.

Come raccontare al meglio questa iniziativa?
Ci ha pensato la agenzia di comunicazione Ogilvy, con un video di Luca Lucini, apprezzato autore cinematografico e pubblicitario, che è riuscito con un trattamento di grande sensibilità a cogliere le aspirazioni e le grandi potenzialità dei ragazzi e delle ragazze che hanno partecipato.

Un emozionante messaggio di 15 ragazzi con la sindrome di Down ad una futura mamma


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Gramellini vs Severgnini, di chi è il post?

Il Buongiorno vs l’homo italicus

La questione è semplice: è il nome dello scrittore che decreta il successo del post oppure è il contenuto del post che suscita dibattiti ed effetti virali via web?

Prendiamo il Buongiorno di Massimo Gramellini: è letto da migliaia di naviganti e giù valanghe di commenti.
In pratica, un blog di successo che “fa opinione”.
Chi, d’altronde, non ha mai sentito parlare di Beppe Severgnini?
Il sito ufficiale del giornalista parla chiaro: articoli e libri all’insegna dell’ironia, riflessioni pungenti sull’homo italicus e le mode del nostro amato e martoriato bel paese.
Un punto di riferimento per gli amanti della scrittura (e della lettura, ovviamente).

Gramellini vs Severgnini

La proposta per Gramellini e Severgnini

Ma il successo dei loro racconti è dovuto alla celebrità della firma oppure al contenuto nudo e crudo?

Per svelare il dubbio propongo ufficialmente  ad entrambi un divertente esperimento: pubblicate a vostro nome un mio post.

Scegliete Voi il luogo: sul mio blog (sociale) di «mostri» faCCebook.eu oppure sui vostri trafficati siti, il dove è indifferente, sarà l’autografo in calce alla pubblicazione a far la differenza.
Il giorno successivo sveleremo il trucco certi di non aver ingannato il Lettore, anzi lo metteremo  in guardia dai loschi giochini dimostrando che le parole – se dense di significato – sono più importanti di chi le scrive, autore blasonato o perfetto anonimo che sia.

In attesa di un cenno, continuo a leggere con interesse i Vostri formidabili articoli.


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Smau Napoli, l’università delle idee

L’esperto informatico

Un professionista del campo informatico sa bene come il termine «esperto» – in questo settore – sia privo di un significato profondo.

L’Information Technology è una giungla in continua evoluzione: ciò che ieri era uno must imprescindibile oggi rischia l’estinzione sostituito da un click.
La Rete, poi, rende tutti gli smanettoni improvvisamente competenti: la conoscenza della grammatica di base di un qualsivoglia linguaggio di programmazione (meglio se JAVA) rende il newbie un assertore della new economy, un professionista del web pronto a sfornare siti internet come il pane caldo. In tempi difficili come i nostri, poi, la qualità non è più un parametro di valutazione (purtroppo)  ed il settore dell’IT rischia un pericoloso crollo verso il basso (tra tagli e risparmi) giustificato dalla crisi economica.

Difatti, un complesso progetto informatico oppure una semplice sito web possono essere realizzati in molteplici modi ed il risultato può apparire ai molti identico ma, ad un occhio esperto, non sfuggiranno le infinite sfumature (e scelte tecniche) che separano un lavoro di qualità da un’operazione – magari più economica – ma distante anni luce da ciò che io definisco professionale.

Allo SMAU di Napoli

Fabrizio Caccavello, un vero esperto

Le mie convinzioni si sono rafforzate dopo aver assistito ai workshop presentati allo Smau di Napoli.
In particolare, segnalo Fabrizio Caccavello, esperto (in questo caso, penso sia il termine giusto da usare) in strategie web. 

Ho apprezzato la sua esposizione – chiara e semplice – e le sue idee a proposito di qualità del lavoro, esperti (o presunti tali), ruolo del web ed obiettivi della Pubblica Amministrazione (un sito istituzionale deve assolvere ad un obbligo di legge oppure offrire dei servizi reali al cittadino?).

Non è possibile operare – in nessun settore – senza una preparazione teorica adeguata e la regola vale anche nell’universo volatile internettiano: la superficialità rende nell’immediato (in termini di costi) ma poi presenterà il salato conto domani.

Forte delle mie convinzioni, continuo a studiare, aggiornarmi, visitare siti, leggere blog e – soprattutto – non restare chiuso nel mio ufficio-bunker ad operare con i soliti strumenti. Contrasto l’avanzata della sciatteria informatica con la cultura perchè la cultura farà sempre la differenza.

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Juventus Stadium, se i bambini fanno «oh che me@d@»

La lezione mai dimenticata

Ricordo l’ora di Educazione Fisica alla scuola superiore come se fosse oggi: il buon professore – un tipo giovane ed atletico, baffo curato e sempre in tuta ginnica – giunge in classe con l’unica preoccupazione dell’appello.

Svolto l’iter burocratico, impartisce agli scolari (tutti maschi) il profondo insegnamento sportivo: dall’armadietto tira fuori il Super Santos e serafico annuncia: «andate a giocare nel cortile, non vi fate male. Ci vediamo dopo la lezione».

Due squadre di adolescenti incoscienti, gli zaini a fungere da pali delle porte immaginarie e palla al centro: sessanta minuti di puro divertimento sul campo d’asfalto sotto lo sguardo dell’integerrimo professore, un arbitro vigile tollerante per la prestazione ma pronto ad intervenire in caso di scorrettezze morali, un adulto seduto su una sedia da studente, rilassato si gode il sole (e lo stipendio).

A fine match, sudati e contenti, tutti a casa grazie ad un’organizzazione perfetta (dopo il triplice fischio del prof seguiva la campanella-TheEnd).

Lezioni d’altri tempi si dirà (e non c’è dubbio, sono trascorsi quasi trent’anni, che vetusto che sono!).
Oggi la scuola è cambiata (spero) e gli atteggiamenti non idonei al ruolo del docente sono inconcepibili (auspico): d’altronde, il mio professore di Matematica – tra un polinomio ed un teorema – fumava, un gesto che ora implicherebbe una denuncia immediata (mi auguro).

Juventus Stadium, se i bambini fanno «oh che me@@a»

Juventus Stadium, curva di bimbi razzisti?

Juventus-Udinese, la curva dello stadio è piena di tifosi-bambini: sostituiscono gli ultrà razzisti sospesi per comportamenti palesemente offensivi.

Al rinvio del portiere friulano, i pargoletti scimmiottano (ingenuamente) l’urlo tipico dei tifosi ufficiali, imitano il peggio del calcio italiano: l’offesa dell’avversario, un coro di volgarità gratuite, un viscido sentimento di violenza indiretta, il non rispetto dei valori sportivi, un subdolo razzismo strisciante, l’ignoranza al potere, l’umiliazione del fair play.

Ascolto indignato l’onda di inciviltà alzarsi dalla curva di adolescenti e mi chiedo turbato: in Italia chi insegna ai bambini la cultura sportiva?

Non serve intervistare lo psicologo oppure disturbare esperti infantili, non sforziamoci nemmeno di trovare inutili alibi morali, ammettiamo senza false ipocrisie: anche la curva di bimbi andrebbe chiusa.

Sarebbe una dura lezione onde evitare la nascita e crescita dei futuri «mostri».
Il mio professore di Educazione Fisica sarebbe d’accordo, ne sono certo.


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