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Tag: cultura (Page 8 of 17)

Il peso della farfalla, di Erri De Luca (recensione)

Erri De Luca, l’amore per la montagna

Il peso della farfalla conferma la passione di Erri De Luca per la montagna.
L’avventura ad alta quota scivola via lentamente: l’azione è minima, il racconto molto introspettivo per descrivere i pensieri di un vecchio bracconiere stanco ed il re dei camosci, esemplare unico, rispettato dal branco e giunto ormai al tramonto del suo regno.

Odori, profumi, panorami: il vero protagonista del breve romanzo resta comunque la montagna e le sue mille atmosfere magiche.

Fino all’inesorabile incontro scandito delle ultime, drammatiche righe.
Il finale amaro, atteso, scontato lascia comunque una riflessione per il Lettore: l’uomo e la Natura potranno mai convivere?

Recensione di "Il peso della farfallla", di Erri De Luca

Perché (non) leggerlo

Erri De Luca è un autore che sto scoprendo negli ultimi tempi, l’ammetto.
Apprezzo il dibattito sui temi ambientali e le riflessioni che scaturiscono dai suoi romanzi.
Non impazzisco per il ritmo a volte troppo lento: si susseguono le pagine ma la trama resta ferma.

Continuerò a leggere i suoi romanzi.
Erri De Luca, personaggio profondo.
Da approfondire.

 

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L’intervista dell’anno: I want you!

L’aforisma

ognuno ha una storia da raccontare, basta porgli le giuste domande

(Mario Monfrecola)

Concordo con l’autore.

Io, giornalista per gioco (e passione)

Il piacere di ascoltare le storie altrui è il motore che spinge il sottoscritto ad intervistare chiunque abbia voglia di rispondere alle domande di un finto giornalista.

Ok, l’ammetto:

  • adoro giocare al giornalista
  • sono un ottimo uditore
  • cerco persone da intervistare ed il prossimo puoi essere proprio TU!

Io, giornalista per gioco, voglio TE per l'intervista dell'anno!

Come avviene l’intervista

Ci incontriamo (se possibile) per una conversazione informale, ascolto la storia, memorizzo i particolari, scatto due o tre fotografie al prescelto.

Indosso i panni del Lettore Curioso e stilo dieci domande non banali (o almeno ci provo) che ognuno di noi vorrebbe porre.

Dieci domande, un punto di vista inedito con un un solo obiettivo: accendere il riflettore sull’intervistato per far conoscere al pubblico una nuova, interessante storia.

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AAA voglio TE per l’intervista!

Le buone intenzioni non bastano. la categoria delle interviste di faCCebook scarseggia di «mostri».

E mi dispiace perché – sono sicuro – ognuno di Voi, amici Lettori, ha delle risposte interessanti dentro sé stesso.

Bastano le opportune domande e la giusta dose di autoironia: perché se ti prendi troppo sul serio, ti escludi da solo.

Bando alle ciance, contattami subito (scegli tu il canale social o l’email nella colonna a destra del post)

Un clic per la TUA intervista 🙂


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Andrea Petringolo, il mondo visto da dietro il bancone. Del suo bar

Andrea Petringolo, al di là del bancone

Andrea Petringolo è il proprietario del EL CAFESINO, il bar che ogni mattina accoglie e ricarica gli impiegati dell’isola G7, al Centro Direzionale di Napoli.

Senza il caffè di Andrea, la macchina lavorativa non va in moto.

Da dietro al bancone del suo elegante locale, Andrea osserva l’esercito di lavoratori sorseggiare la bevanda (rigorosamente servita in tazzine bollenti), dibattere con ardore sui temi di attualità, filosofeggiare sulla Vita, sognare un futuro migliore … fino al fatidico «andiamo?» che spezza i viaggi e riporta gli impiegati alla dura realtà.

Tra i tanti frequentatori, c’è il sottoscritto.

Andrea Petringolo e lo staff de EL CAFESINO (Centro Direzionale di Napoli, isola G7)

Il bancone del bar, lo spartiacque

I ruoli sono netti, separati da un confine preciso: il bancone del bar.

Da un lato: i clienti.
Sulla sponda opposta: il barista.

Noi, in sosta per una breve pausa, pronti a riprendere il perenne movimento.
Lui – insieme alla moglie e le cordiali collaboratrici – professionista del ristoro ed attento osservatore del frenetico mondo oltre la frontiera.

Il medesimo schema si ripete in mille altri bar della penisola: nei pressi di un ufficio, un altro Andrea Petringolo serve il buon caffè, registra i soliti discorsi dei clienti, interviene se coinvolto, ascolta lo sfogo del malcapitato di turno, sorride ed incoraggia, congeda i clienti con un caloroso «arrivederci».

L’intervista

D: Andrea, ogni giorno, da dietro al bancone, contempli l’esercito di impiegati bere il caffè, discutere, salutare, fuggire. Che esseri strani siamo diventati?
R: osservo una generazione frenetica, non ci godiamo nemmeno la pausa caffè.
Vi scruto mentre ordinate, impazienti già alla cassa.
Scalpitate, il tempo è tiranno, sempre di corsa, vittime dei ritmi forsennati, bere il caffè e scappare … fino alla successiva pausa.

D: intere giornate trascorse al di là del confine: Andrea, il bancone del tuo bar – la linea tra il tuo mondo ed il nostro – ti rende prigioniero?
R: mi piace il mio lavoro, anche se qualche volta desidero evadere, vivo bene dietro al bancone. Amo viaggiare ma non mi sento prigioniero del mio locale.
A volte penso che conoscere i miei clienti è come un viaggio, dopotutto ogni persona è un pianeta da scoprire.

Il mondo dietro al bancone

D: raccontaci il tuo mondo, il mondo dietro al bancone
R: al di qua del confine, c’è un mondo con ritmi opposti ai “vostri”. Salto dietro al bancone alle 6.30 ed esco verso le 18,30. L’ora di punta è la mattina verso le otto e l’ora di pranzo.
Notate che il mondo dietro al bancone è in fermento quando voi altri vi fermate. Direi che siamo sincronizzati, come una squadra che fa i turni: voi finite e noi iniziamo pronti ad accogliervi, poi tornate al lavoro e noi impegnati a riordinare il locale. Verso le sedici cala un un po’ pace e finalmente tiriamo un sospiro di sollievo.

D: dietro al bancone, quanti siete ?
R: il numero è variabile, dai quattro ai sei abitanti, metà uomini e l’altra metà donne. Nel nostro, a differenza del mondo reale, rispettiamo le quote rosa.
Sottolineo che le mie giovani collaboratrici sono aiutanti preziose e fondamentali e senza di loro la vita dietro al bancone sarebbe impossibile.
A volte litighiamo – anche dietro al bancone la convivenza è difficile! –  con l’unico obiettivo di ottenere il massimo per la soddisfazione dei clienti.

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Quella volta del folle con la pistola …

D: dal tuo punto di vista privilegiato, studi il viavai continuo di uomini e donne sempre di corsa: storie particolari da raccontare?
R: lo scorso luglio un folle con pistola diffuse il terrore al Centro Direzionale. Le persone spaventate dai recenti attentati pensarono subito al peggio.
Per fortuna si trattò solo di un disperato che fu disarmato ed arrestato dalla Polizia. Oggi basta un nonnulla per generare panico.
Comunque, anche noi da dietro al bancone, vivemmo la tensione del momento.

D: Andrea, il barista – come ogni lavoro al contatto col pubblico – deve saper relazionarsi con chiunque: è questa la maggior virtù di chi vive dietro il bancone?
R: cerco sempre la soddisfazione del clienti perchè il prodotto offerto è curato in ogni minimo dettaglio.
Ad esempio, per il compleanno o eventi speciali, decoriamo i cappuccini ed i caffè con il disegno di un cuore o uno smile. Sono gli auguri personalizzati di chi vive da dietro al bancone!
A volte devo avere anche molta pazienza soprattutto con i clienti tifosi della Juventus! Ci prendiamo in giro con simpatia e sempre in amicizia.

El Cafesino, Centro Direzionale di Napoli, isola G7

L’augurio di Andrea

D: Andrea, quando sei tu il  cliente in un altro bar, scruti il bancone del tuo collega: quali dettagli distinguono un buon bar da un locale qualsiasi?
R: il primo particolare è l’igiene. La pulizia del bancone e la professionalità del collega sono l’indice della qualità del bar e quindi del caffè.
Poi, un caffè può piacere o meno a secondo del gusto (chi preferisce caffè stretto, chi macchiato, altri lungo).
Comunque, non tutti i banconi sono uguali!

D: chiudiamo questa breve chiacchierata con un ultimo messaggio: come la sentinella del faro osserva il mare, tu da dietro  al tuo bancone guardi le nostre vite. Forza, invia un messaggio al resto del mondo!
R: ho inaugurato il locale il 7 gennaio, lo stesso giorno che arrivaste voi di Maticmind al CDN. Una fortunata coincidenza vero?
Ci stiamo conoscendo giorno dopo giorno …
Auguro a tutti una situazione personale e lavorativa al top!
Per andare sempre avanti nella vita.
Magari insieme, sorseggiando con calma un buon caffè.

Ringrazio Andrea Petringolo per l’intervista.
Se capitate all’isola G7 del Centro Direzionale di Napoli, recatevi al EL CAFESINO.
Vi attende il buon aroma del caffè napoletano ed Andrea  pronto ad accogliervi.
Dietro al suo bancone, come sempre.


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Opal (Lux Vol. 3) di Jennifer L. Armentrout (recensione)

Lux volume 3, puntata 4

La quarta busta di patatine fritte non delude la fame dei fans.
Perché se sei giunto fino a Opal (Lux Vol. 3) conosci a memoria l’affascinante mondo sognato dall’instancabile Jennifer L. Armentrout tra alieni dalle
sembianze umane (dovendo scegliere, gli extraterrestri decidono per l’aspetto di fotomodelle e playboy) e l’eterna dilemma dell’accettazione del diverso.

Il volume tre è in realtà la quarta puntata della serie (colpa/merito del prequel Shadows Lux Vol. 0, la puntata zero) ed è incentrata sulla storia d’amore tra Daemon e Katy.

Le lettura vola via con la stessa velocità dei Luxiani ed appena assaggiata la prima pagina non potrai più smettere.
Proprio come le patatine.

Opal (Lux Vol. 3) di Jennifer L. Armentrout (recensione)

Per i fan più incalliti: danger!

Opal (Lux Vol. 3) non svela i mille misteri aperti.
Anzi, la scrittrice gioca sporco ed accentua il voler narrare una saga.

Il racconto è transitorio e si basa su un solo grande evento: un episodio con meno azione dei precedenti (non ricordo nessuna battaglia epica contro gli odiosi Arum) ma con più smancerie tra innamorati.

Il grande mistero

Resta un dubbio amletico anche per il più convinto tra i fans: la mamma di Katy è cieca?

Capisco la stanchezza per i turni da infermiera ma come può ignorare le battaglie intergalattiche che avvengono in casa, la scomparsa degli amici della figlia e mille altre stranezze tra le quattro mura domestiche?

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Attenti all’olio delle patatine sulle dita

Attenzione: a fine libro resterete con le dita sporche d’olio ed un grosso punto interrogativo sulla testa.
Avrete ingurgitato troppe patatine in poco tempo.

Un consiglio: prendetevi un periodo di pausa dagli appiccicosi alieni.
Dopo aver digerito, sotto con la prossima busta di patatine.

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Landing page: benvenuto alle Hawaii

L’atterraggio

Immagina di atterrare alle Hawaii, il viaggio dei tuoi sogni.
L’aereo scende dolcemente lungo la pista d’atterraggio.
Con delicatezza le ruote toccano terra mentre la velocità del velivolo diminuisce finché l’aeroplano si ferma con la dolcezza di una carezza.

Pochi minuti, sgranchisci le ossa.
Finalmente libero da quella stretta prigione, recuperi il bagaglio a mano, esci dall’aeroplano, raggiungi l’uscita pronto a scoprire il nuovo mondo.

Una gentile signorina hawaiana in costume e ghirlanda di fiori ti accoglie con un sorriso ammiccante: «Aloha su faCCebook, li blog dei mostri!».

Con l’entusiasmo contagioso, ti spiega dove sei.
Tu, affascinato, ascolti estasiato.

La landig page, ben atterrato alle Hawaii!

Che cos’è la landing page

La landing page di faCCebook è online.
Sentivo il bisogno di dotare la mia casa digitale di un’elegante porta d’ingresso, una pagina per sintetizzare il mostro-pensiero e racchiudesse in un solo punto tutte le info utili.

Il gradito ospite, con un solo sguardo, intuirà subito chi siamo e quale sia l’obiettivo del blog ufficiale dei «mostri».

Sul web troverete innumerevoli definizioni di landig page: per il sottoscritto è l’ingresso al sito (non la homepage!), la pagina di benvenuto capace di attirare l’attenzione del visitatore e tramutare l’emozione del momento – il vero motore di ogni scelta – in un clic significativo.

Una pista d’atterraggio, appunto, che conduce il viaggiatore al nuovo mondo col sogno segreto di convertire la visita in un’azione (chiedere ai siti di e-commerce).

La landing page non è la homepage

La landing page può coincidere con la homepage di un sito ma, in generale, non accade quasi mai (sarebbe uno spreco).

Pensiamo ai colossi dell’informazione del web: la landing page viene perlopiù utilizzata per sparare un banner pubblicitario prima di giungere alle notizie principali.

Nel caso del blog trovo utile preparare il Lettore ed una breve introduzione sugli argomenti trattati è un buon biglietto da visita.
Come nel nostro caso.

A proposito.
Ben atterrato alle Hawaii 🙂


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Il murales di Materdei, l’arte contro il degrado

A Materdei i murales per resistere

Osservo il murales di Materdei, tra Vomero e centro storico, rapito.
Muoversi in bici per Napoli regala scoperte inattese.

Un clacson cafone riporta i nobili pensieri tra lo smog ed il traffico della città.
Parcheggio alla fermata dell’autobus, prendo lo smartphone e scatto.
Le foto, però, non rendono l’idea della maestosità dell’opera.

Il murale di Materdei, l'arte contro il degrado (palazzo ex OPG, l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani)

I murales, una forma d’arte

Giro sul web e mi imbatto nel gruppo Materdei. per R_esistere ci vuole pure la bellezza.
Lo slogan rallegra l’anima:

Allora. .. resistere alla crisi … resistere è anche esistere … e a noi ci piace la bellezza ….
… e a noi che abitiamo Materdei ci piace colorata e poetica

Un invito per il sottoscritto a girare per il quartiere ed immortalare gli altri murales che, senza dubbio, sono una forma d’arte.

Se non ci fosse l’arte

La controprova è immediata: se il disegno non ricoprisse la facciata dell’ex OPG – l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani – l’edificio risulterebbe uno dei tanti anonimi palazzi della città.

Il gigante verde dalla bocca aperta, invece, è un tassello d’arte moderna, una forma di bellezza contro il degrado urbano.

Perché la Cultura è la prima arma contro ogni «mostro».
Come Materdei insegna.

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Un debito è per sempre Vol.1, di Alexander Hartung (recensione)

Alexander Hartung, un giallo a tinte forti

Ancora sazio dal precedente libro, con la superbia del Lettore MangiaPagine, casco nel tortuoso mondo di Jan Tommen detective della omicidi di Berlino – e la sua ragazza Betty.

Era mia intenzione utilizzare Un debito è per sempre Vol. 1 come digestivo: tra un romanzo e l’altro, per digerire e prima di immergermi a capofitto in una nuova storia, leggo il poliziesco di Alexander Hartung.

Stavolta, però, invece di smaltire, ricevo un pugno nello stomaco che lascia il segno.

Un debito è per sempre Vol. 1, di Alexander Hartung | recensione

Nei peggiori meandri dell’animo umano

Con un susseguirsi di colpi di scena tipici del romanzo giallo, Alexander Hartung scava nell’animo umano.

Emergono verità che preferiremmo nascondere a noi stessi, i «mostri» presenti in ogni essere (dis)umano prendono il sopravvento.

Personaggi da cronaca nera – della peggiore specie – caratterizzano questo romanzo, immagino il numero zero di una saga noir ambientata nella capitale tedesca dei nostri giorni.

 

Consigliato ad un pubblico adulto

Chi ama il genere forte e digerisce i più cruenti delitti senza batter ciglio, troverà pane per i suoi denti.

La trama è densa di azione, dettagli a volte raccapriccianti, uomini dalle coscienze talmente sporche da far rabbrividire i ratti nascosti nelle oscure profondità delle fogne berlinesi.

Sconsigliato ai bacchettoni come il sottoscritto e a chi desidera un giallo allo Poirot.

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Higuain il traditore: ecco come Napoli ti accoglierà

2 aprile 2017, stadio San Paolo

L’opportunista argentino sale le scale che, dalle viscere delle stadio, portano sull’erba del San Paolo.

I calciatori napoletani toccano e baciano le foto di San Gennaro affisse lungo le pareti azzurre, pochi metri separano il silenzio della concentrazione pre-partita dal boato dei sessantamila.

Il Ciuccio carico, pronto ad affrontare il match dell’anno.
La zebra asettica, abituata, fredda.

Gonzalo Higuain tradisce Napoli: è pronta l'accoglienza choc per il Pipita

Higuain ed il coro dei sessantamila

Il Pipita – oramai juventino convinto da milioni di falsi motivi – è irrequieto.
E’ pronto a ricevere i consueti fischi ed insulti riservati a chi «tradisce la maglia».

L’argentino ingrato entra nello stadio che fu il suo tempio.
Gli occhi di mezzo mondo sono tutti per lui: come reagiranno i tifosi rinnegati?

Dalle curve e poi dall’intero stadio, all’unisono si alza il coro:
“HI-GUA-IN HI-GUA-IN HI-GUA-IN”.

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L’ultimo minuto d’amore

E’ lo stesso urlo riservato al Campione quando indossava i colori partenopei, dopo un gol mentre lo speaker del San Paolo inneggiava alla prodezza del Pipita e l’atmosfera era incandescente.

Un grido potente, appassionato, sincero, ferito.

Il coro d’amore dura un minuto.

Sessanta secondi di pura emozione, il canto di dolore di un popolo ingannato ed abbandonato dal leader argentino.

Un minuto d’amore, l’ultimo.

Dopo i sessanta secondi – non un istante in più – sul Pipita il traditore cala il sipario.
Perchè l’indifferenza è la migliore arma per dimenticare il meschino voltabandiera.

Il traditore è alle spalle.
Andiamo avanti, come sempre.


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Perché non ho partecipato alla sfilata dei trent’anni di Dolce&Gabbana

Il perché del (mio) clamoroso rifiuto

Perché a nessuno interessano gli abiti.
L’evento mediatico #DGLovesNaples – ripreso dalla celebre lettera Napoli è – non ha il sottoscritto come testimonial d’eccezione.
Gli organizzatori, nel panico per il forfait inatteso, dovranno accontentarsi dell’eterna Sophia Loren (ma per gli addetti ai lavori, la delusione è palpabile).

Come in un film di serieB, le lunghe gambe delle modelle attraversano gli stretti vicoli napoletani.
Sembrano aliene sui trampoli: slanciate, bionde, nordiche, americane, irraggiungibili.

Il contrasto è pacchiano: eleganza e tradizione, sfilata e folclore, pizza e lusso, il basso volgo ed il dorato mondo del fashion per un istante si incrociano.

Dolce&Gabbana a Napoli ed il clamoroso rifiuto del sottoscritto

Dolce&Gabbana (senza il sottoscritto)

Il tempo di un clic, il set cinematografico fa il giro del mondo.

Il resto è merito della location: il marchio D&B vola ai quattro angoli del pianeta col Vesuvio alle spalle.

Il sottoscritto, invece, non apparirà in nessuna delle mille gallerie fotografiche dedicate all’evento mondano.

Cercate pure: non troverete mai – e dico mai! – l’immagine dello scrivente associata ai due stilisti, a braccetto con i politici, in posa col vescovo, al fianco della Loren, avvinghiato a qualche modella, dietro un flash, d’avanti ad una telecamera.

A qualcuno interessano i vestiti?

Dopo tanto clamore, nella mente della casalinga di Voghera, quale messaggio resta?
E’ in grado di citare un solo modello presentato per la Campagna Autunno Inverno 2016-2017 di Dolce&Gabbana a Napoli?

Nell’immaginario collettivo e per gli esperti del settore, la moda è puro marketing oppure c’è ancora una relazione con gli indumenti indossati dalle persone?

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La volpe e l’uva

A proposito.
Un dettaglio: quelle vecchie volpi di Dolce&Gabbana si sono premunite e non hanno invitato il sottoscritto.
Temevano il rifiuto?


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Escrementi dei cani e dispenser fai da te: tredici giorno dopo, i primi furti

Tredici giorni dopo

Due dipenser sono spariti.
Rubati.
Strappati e portati via.

Isolati, attaccati, derisi oppure lasciati nell’indifferenza generale.
Eroici, li osservo con orgoglio nel giro di perlustrazione mattutino prima di recarmi al lavoro.
«Li stanno usando» è l’incoraggiamento dell’edicolante, persona attenta e sentinella di uno dei quattro dispenser sopravvissuti al week end.

Dalla prima installazione dello scorso 5 luglio, sono trascorsi tredici giorni.
Appena tredici giorni?
Oppure già tredici giorni?

Inciviltà, ovviamente

L’inciviltà è un prezzo necessario da pagare?
Se distribuisci sacchetti gratuiti per la raccolta degli escrementi dei cani tramite dispenser disponibili giorno e notte, risulta quasi ovvio scontrarsi con i vandali.

Perchè distruggere un bene comune è normale, quasi accettato come una tassa obbligatoria ad ogni iniziativa basata sulla fiducia verso il prossimo.

I quattro (su sei) dispnser sopravvissuti: la lottad agli escrementi continua

Perchè?

Il costo del singolo distributore (compresi i venti sacchetti) è irrisorio: un euro e mezzo.
Dunque, perchè distruggere uno strumento privo di un qualsivoglia valore economico ma utile a tutti?

Mi piacerebbe parlare con uno di questi «mostri», belve della giungla metropolitana, esseri incapaci di apprezzare la bellezza e la cultura.

Il decoro del quartiere migliora la morale delle persone.

E’ un’equazione semplice da comprendere ed applicare che, però, si scontra con la triste realtà urbana: esistono branchi di iene che vagano per la città irrispettosi di ogni elementare regola del vivere civile (quando non sconfinano nella delinquenza).

Rifletto: il motivo del furto risiede nel seme di autodistruzione insito nell’animo umano?

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Oltre lo stupore

Non provo sconforto, bensì stupore.
E’ chiaro: non vivo a Stoccolma, l’Italia non è la Svezia e Napoli soffre – da sempre – di un’innata anarchia che, troppo spesso, naufraga nell’ordinaria inciviltà accettata dai cittadini assuefatti e/o rassegnati.

Continuiamo l’opera di sensibilizzazione.
Dopotutto, gli incivili sono un gruppo rumoroso ma pur sempre una minoranza.

La storia può cambiare.
Dai piccoli gesti.
Da due piccoli dispenser.


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L’inizio della fine di HP Pozzuoli, un anno dopo

7 luglio 2015: HP mi licenzia

Alcune date restano impresse nella mente come solchi nella roccia.
Per il sottoscritto – e probabilmente i 160 colleghi – il 7 luglio 2015 è una di queste.

Perchè il 7 lugio 2015 HP, l’importante multinazionale americana per la quale lavoravo, annuncia la chiusura della sede di Pozzuoli, la mia sede, la nostra ex sede di lavoro.

Il marinaio, un anno dopo

Da un anno, navighiamo su un’altra nave.
La flotta (italiana) non è mastodontica come quella americana, le rotte sono meno sicure, il lavoro a bordo è duro e visto il recente passato, all’orizzonte potrebbero nascondersi nuove tempeste.

Il fedele marinaio evita le ovvietà: sarebbe facile cadere nel pozzo dei ricordi perduti, cedere alla nostalgia del tempo che fu, recriminare per ciò che poteva essere ma non è.

In pochi istanti, salirebbero a galla relitti di una nave oramai affondata, pezzi di un passato del quale è orgoglioso ma che giacciono in una cassaforte giù negli abissi.
Insieme al ricordo dei tanti amici lasciati ai propri destini – uomini e donne con i quali ha condiviso vent’anni di successi e sconfitte, da ragazzi ad uomini esperti.

Il marinaio, fermo sul ponte della nuova nave, medita e scruta l’infinito.

Un flashback improvviso illumina la sua mente, frasi che giungono da lontano, quando da ragazzo sognava di navigare per scoprire il mondo, per conoscere l’animo umano.

Una folata di vento accarezza il volto del fedele marinaio che, compiaciuto, finalmente sorride.

Le risposte giungono, forse da una vecchia canzone, forse da una poesia.
Che importa?

Quante strade deve percorrere un uomo
prima di essere chiamato uomo?
E quanti mari deve superare una colomba bianca
prima che si addormenti sulla spiaggia?

E per quanto tempo può un uomo girare la sua testa
fingendo di non vedere
la risposta, amico mio, se ne va nel vento,
la risposta se ne va nel vento

Il marinaio silenzioso di HP Pozzuoli

Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli: l’ebook

L’intera (drammatica) vicenda è raccontata nell’ebook gratuito Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli: 7 luglio 2015 – 14 ottobre 2015 realizzato dal sottoscritto – testimone oculare.

Un diario scritto per non disperdere le mille emozioni vissute in quei giorni, a partire da quel maledetto 7 luglio 2015.

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Scarica il PDF gratuito

Titolo: Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli: 7 luglio 2015 – 14 ottobre 2015
Autore: Mario Monfrecola
Estensione del file: pdf
Dimensione del file: 3 MB
Download: gratuito

Descrizione
La testimonianza di un dipendente della sede HP di Pozzuoli negli ultimi, difficili mesi antecedenti la chiusura del sito informatico.

7 luglio 2016, download da Amazon: gratis!

L’ebook è ugualmente in vendita su Amazon a 2,99€.
Il mio desiderio, invece, è distribuirlo gratuitamente ma il colosso americano impone un prezzo minimo ad ogni prodotto pubblicizzato.

Oggi 7 luglio 2016 - ad un anno dalla fatidica data - il download da Amazon è gratuito: approfittane subito

Scarica subito l’ebook su Amazon!


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Escrementi di cane per strada: risolvere con i dispenser fai da te (gratuiti)

Il dispenser fai da te: gratuito

Fisso il primo volantino SOS CANE al palo della luce di fronte al barbiere.
Con un pizzico di emozione ed imbarazzo, osservo l’annuncio (rivoluzionario):

 Hai dimenticato il sacchetto?
Prelevalo gratuitamente dal dispenser!

Poche righe per incentivare i padroni dei cani all’uso del sacchetto igienico onde evitare di invadere il marciapiede con gli escrementi (non raccolti) dell’amico a quattro zampe.

Accompagni Fido a liberarsi ma dimentichi la paletta?

Il simpatico dispenser allegato al volantino distribuisce gratuitamente il guanto col quale prelevare la deiezione e rimediare alla negligenza.

Basta strapparne uno, compiere il dovere (che ogni padrone civile già esegue) e rispettare la regole elementari della convivenza.

Dopo pochi minuti, a Napoli è operativo il primo dispenser fai da te (gratuito).

dispenser fai da te: una semplice ed economica proposta contro gli escrementi dei cani per strada

dispenser fai da te: una semplice ed economica proposta contro gli escrementi dei cani per strada

Costo: 5€ per 140 sacchetti più dispenser

Presso un negozio specializzato in accessori per animali, acquisto un kit di sei rotoli da venti sacchetti igienici al costo di tre euro.
Con altri due euro compro un simpatico dispenser con 20 sacchetti già inclusi.

Realizzo il primo distributore fai da te per la raccolta degli escrementi dei cani investendo la modica cifra di cinque euro:

  • 120 sacchetti igienici: 3€
  • dispenser più 20 sacchetti: 2€

La diffidenza trionferà?

Giro per il quartiere alla ricerca di adesioni.
Vorrei installare un distributore fuori ogni negozio che fungerebbe poi da sponsor (citato sul volantino).

«L’idea è lodevole ma non funzionerà: li ruberanno o distruggeranno tutto» è la risposta della maggior parte dei commercianti.

Quando cito il canone stimato («5€ al mese?») trionfa la diffidenza.

Purtroppo devo constatare che, nonostante le buone intenzioni, di fronte ad una spesa (seppur minima e tutta da valutare in base al successo o fallimento dell’iniziativa), i commercianti rifiutano la sponsorizzazione.

Sono scambiato per l’esattore del pizzo ambientale?
Assecondato pur di levarmi di torno al pari di un fastidioso venditore di cianfrusaglie?

«Gli altri sporcano e noi dobbiamo pagare?» è il concetto non dichiarato ma enunciato dall’espressione dei negozianti interrogati.

Dalle prime reazioni, aspiro all’autofinanziamento: per non essere frainteso, operare con libertà, fornire l’esempio.

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Ritira i sacchetti presso il negoziante

L’idea del dispenser H24 libero per strada ai molti sembra troppo … svedese.

Trovo un compromesso con il bar della zona: fisso il volantino SOS CANE al palo proprio di fronte al locale ma senza distributore: con un pennarello modifico il messaggio:

Hai dimenticato il sacchetto?
Prelevalo gratuitamente presso il bar!

Questa seconda soluzione al sottoscritto non piace perché la maggior parte dei padroni porta Fido a spasso la sera sul tardi, quando i negozi sono ormai chiusi da un pezzo.
Inoltre, richiede un’azione doppia: lettura del volantino, ritiro del sacchetto (con conseguente ammissione di colpevolezza).

Pur di pubblicizzare l’idea, accetto la proposta.

Assegno al barista i primi 20 sacchetti gratuiti con la promessa di rivederci nei successivi giorni per valutare l’andamento.

Dispenser fai da te: come andrà a finire?

Non resta che attendere con tenacia: ogni rivoluzione necessita di tempo.
Controllerò i due dispenser installati (presso il barbiere ed il bar) quotidianamente, due distinti modi di distribuire gratuitamente i sacchetti.

Aggiornamenti sull’andamento dell’esperimento su questo canale 🙂

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PS: se apprezzi l’idea, scarica il volantino e provaci anche tu: migliorare il decoro urbano è il primo passo per migliorare la qualità della vita.


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