Il calcio è solo profitto
La distanza tra il calcio e lo Sport è ormai siderale.
Il paradosso è evidente: da una parte gli ultras legati a stupidi ed anacronistici rituali, dall’altro i club vere e proprie aziende dal business milionario.
Ma anche: da un lato gli ingenui tifosi ed i colori delle squadre, dall’altro i calciatori professionisti senza nessun legame con la città che rappresentano.
L’industria del pallone è priva di scrupoli, la fedeltà in bianco e nero di un tempo lascia il posto ai petrodollari degli sceicchi, i sentimenti di ieri sono una cartolina sbiadita difronte all’unico, vero comandamento a cui oggi tutti rispondono: il profitto.
Il becero razzismo delle curve
Eppure, le opposte tifoserie continuano a darsi battaglia sugli spalti e fuori dagli stadi, persistono i beceri cori Nord contro Sud, il razzismo di curva prevale sul fair-play ed i delinquenti domenicali trasformano uno spettacolo in una violenta ed assurda guerra civile.
I poliziotti in divisa antisommossa presidiano stazioni e scortano i pullman degli ospiti che – magari – sognavano solo di visitare un’altra città col pretesto della trasferta.
Le antiche rivalità di quartiere,poi, sono benzina sul fuoco ed i derby costituiscono l’occasione ideale per manifestare la mai sopita ignoranza cafona di pochi idioti.
Segnali di vero sport? Non pervenuti
Del calcio, almeno come evento sportivo da gustare all’aria aperta, sotto la pioggia oppure in una calda giornata di sole primaverile, vi è rimasto ben poco.
Si preferisce la comoda poltrona del salotto alle gradinate dello stadio, il telecomando per lo zapping della diretta su tutti i campi ed il campionato-spezzatino da digerire tra il venerdì ed il lunedì.
E così lo sport più amato dagli italiani si è trasformato miseramente in un volgare reality-show.
Da vietare ai minori, loro credono ancora nei sogni.