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«Fiori di magnolia» di Rosa Ventrella: un romanzo davvero rosa [RECENSIONE]

Fiori di magnolia: per chi ama le storie d’amore senza tempo

Fiori di magnolia di Rosa Ventrella è un classico romanzo rosa.
Un genere che seguo ma con un pizzico di prudenza perché troppe smancerie innalzano il livello di glucosio nel sangue.
Per il sottoscritto, Fiori di magnolia è un dolce fin troppo calorico: a fine lettura, i valori di glicemia schizzano prepotenti oltre la soglia consentita.

Ma alternare i generi permette di viaggiare in nuovi mondi altrimenti ignorati.
Questione di abitudini (letterarie).
E proprio in uno di questi viaggi esplorativi scopro la brava Rosa Ventrella.
Colpito dall’intenso Storia di una famiglia perbene, le chiedo un’intervista.
Vorrei approfondire.

La giovane scrittrice – gentile e disponibile – si sottopone all’interrogatorio di un lettore desideroso di carpire quel momento magico che tramuta un flusso caotico di pensieri in un libro emozionante.

E così, risposta dopo risposta, divento fan di Rosa Ventrella!
Fino a giungere agli odierni Fiori di magnolia che, ne ero certo, dalla biografia presente sul sito ufficiale dell’autrice, risulta uno dei suoi primi romanzi.

"Fiori di magnolia" di Rosa Ventrella: la mia recensione

Fiori di magnolia: perché leggerlo

Fiori di magnolia rientra nelle fase acerba della scrittrice?
Probabile.

Lo stile è scorrevole ma la storia subisce forti rallentamenti dalle (troppe) considerazioni interiori della bella Nina, la protagonista.
Scorrono le pagine ma la trama evolve lentamente, per poi accelerare con un lungo balzo temporale che spiazza.

Ma, giunti all’agognato finale, a mente fredda, mi convinco: trattasi di innocenti peccati di gioventù dell’autrice.
Fiori di magnolia merita la lettura.

Oltre agli inguaribili romantici, consiglio il romanzo anche ai duri di cuore: dopotutto, l’Amore è il motore della vita 🙂

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Il muro di Poggioreale

Il confine tra il Bene ed il Male

Un pesante muro alto come il primo piano di una casa.
Scuro, massiccio, sverniciato, vecchio, si estende per centinaia di metri.
Divide il mondo dei vivi dall’inferno.

Al di qua del muro

Il tempo scorre veloce: il solito caotico traffico cittadino, impiegati sempre di corsa, uffici-arnie incastrati in torri e grattacieli, open space luminosi ed affollati, veloci pause pranzo consumate tra i mille ristorantini dalle offerte cattura-cliente, bimbi che tornano a casa ed impugnano la mano sicura della mamma, studenti innamorati che marinano la scuola per rubare baci d’amore dopo un «per sempre» convinto.

Al di qua del muro, scorre la vita di ogni giorno.

Osservo il muro di Poggioreale ...

Osservo il muro di Poggioreale …

Al di là del muro

Casermoni degradati con cento celle oscure.
Alveari silenziosi senza via d’uscita.
Buchi neri dietro i quali non battono segnali vitali evidenti.
La parte oscura dell’animo umano.
Luoghi di non-spazio.
La prigione dei «mostri».

Al di là del muro, il carcere di Poggioreale

La finestra su Poggioreale

Dalle finestre dell’ufficio, intravedo i due mondi contrapposti: il muro separa la società civile dal regno dei dannati.

Osservo con angoscia e mi domando perplesso: questo luogo sinistro impiantato nel cuore di Napoli, guarirà le coscienze sporche di chi ha sbagliato?

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