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Tag: ecologia (Page 1 of 3)

Pedalare a Napoli: il sacrificio del giovane paraurti

Paraurti anteriore: volato via

Appena quattro mesi e poco meno di ottocento chilometri.
E il paraurti anteriore della mia nuova e-bike vola via.

Qualche giorno fa, i primi sinistri scricchiolii.
Proseguo fiducioso: dopotutto, ho comprato un carro armato su due ruote proprio per affrontare i peggiori «mostri» urbani!

Ma, nulla è possibile contro le continue vibrazioni provenienti dalla pista ciclabile immaginaria più lunga d’Italia.

Il paraurti volato via

Nemmeno la fat bike resiste

In sella alla fat bike, non temo nulla.
Batteria più telaio, 24 kg di peso per una velocità massima di 25 km/h.
Ammortizzatori professionali, coprisella imbottito, ruote di scooter.

Organizzato come se combattessi al fronte: io, ciclista napoletano compio il mio dovere e ogni giorno vado al lavoro in bici.

I sampietrini di via Foria, le montagne russe di piazza Carlo III, la guerra al Museo Nazionale.
Lo zig zag tra le auto in sosta con le quattro frecce napoletane accese sulla pista ciclabile di Corso Umberto, progettata, finanziata e ferma nel cassetto di qualche assessore.

Basta!

E’ troppo anche per il novello carro armato.
In funzione solo da quattro mesi.
Dopo appena ottocento chilometri.

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La fine di un giovane paraurti servirà?

Paraurti, vola via!
Il tuo sacrificio è la sconfitta della mobilità alternativa.
La tua ribellione dimostra l’assenza totale di una vera politica ambientale.

Una nuova carrozzeria spezzata dal disinteresse istituzionale, dalle mille promesse sbandierate, intrappolate dalla burocrazia malata e rimaste prigioniere nei meandri dei palazzi governativi.

Ma non mi arrendo.
Continuo a pedalare.
Perché il sacrifico di un giovane paraurti non resti inascoltato.


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Riuso invece di riciclare: io ci credo

Riuso: un thermos contro la plastica

Riusare invece di riciclare.
Ecco la vera rivoluzione da applicare nel nostro piccolo.

E, a ben vedere, il riuso era un comportamento diffuso fino a qualche anno fa.
Ricordo che da piccolo, dal lattaio, consegnavo la bottiglia di vetro vuota.
In questo caso, il contenitore non rientrava nel circolo di lavorazione del riciclo ma veniva riutilizzato con un effetto pratico ed ecologico immediato:

  • restituire il “vuoto” garantiva un risparmio sull’acquisto del successivo litro di latte
  • il riuso non alimentava il processo industriale necessario per distruggere e ricreare il vetro

Inizio io, dall’ufficio: elimino le malefiche bottiglie di plastica a favore di un comodo ed efficiente thermos.
Il primo passo per ridurre l’inquinante usa-e-getta, bloccare la fabbrica della plastica, applicare un concetto elementare: utilizzo un oggetto mille volte prima di sostituirlo.


Termos in ufficio: il riuso contro il riciclo

Plastic free: dipende da noi

Se l’esempio del sottoscritto venisse imitato dai colleghi di lavoro, dagli altri uffici di Napoli, poi da tutte le altre società private e pubbliche del sud Italia.
Se le aziende pubbliche e private incentivassero l’uso del thermos – o di un contenitore equivalente – quante bottiglie di plastica eviteremmo di acquistare e diffondere (per sempre) nell’ambiente?

Perché è lecito attendere il rispetto da parte dei Governi dei trattati globali sull’ambiente ma è anche vero che ogni rivoluzione necessita dell’impegno del singolo cittadino.

Cambiare un’abitudine quotidiana – l’acquisto dell’acqua in bottiglia – è il primo passo per un effetto domino plastic free.

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La rivoluzione continua dal salumiere

Dopo il thermos in ufficio, punto a ridurre le confezioni imposte dal salumiere.
Se acquisto cento grammi di prosciutto, mi ritrovo con una confezione di plastica e dei fogli di carta che avvolgono le fettine di salume.
Centro grammi di alimenti trasformati in mezzo chilo di materiale da riciclare.

La prossima volta, dal salumiere, mi presenterò con un mio contenitore dove, una volta pesati, chiederò di porgere i cento grammi di prosciutto.
Rifiuterò tutti gli accessori imposti dalla vendita.
Uscirò dal negozio con un peso minimo di materiale da smaltire.

Verrò scambiato per un fissato?
Forse.
Ma non mi interessa.
Perché sono un convinto sostenitore del plastic free.


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Fate presto: la pista ciclabile immaginaria più lunga d’Italia sta sparendo!

A Napoli, la pista ciclabile immaginaria più lunga d’Italia

Da bravo ciclista napoletano ne sono convinto: la pista ciclabile immaginaria presenta molteplici aspetti positivi.

L’iniziativa del Comune va lodata.
Evidenzio tre caratteristiche che, nel corso delle tante rischiose pedalate per Napoli, ho apprezzato:

  • la pista ciclabile immaginaria non sottrae spazio agli automobilisti in cerca di parcheggio, sempre stressati e con le fiamme negli occhi per il caos urbano (peraltro, generato da loro stessi)
  • zero costi di manutenzione (difatti, sta sparendo)
  • da un momento all’altro, la pista ciclabile immaginaria può nascere in qualsiasi quartiere.

Oltre ai suddetti, innegabili vantaggi per le Istituzioni, la pista ciclabile immaginaria stimola chi ama pedalare per Napoli.
Perché la mattina, se prendi la bici per recarti al lavoro, sei certo di trovare un percorso dedicato a te, coraggioso ciclista-guerriero.

Un percorso sbiadito disegnato per terra.
Un geroglifico con due ruote ed un manubrio che ti guida, incerto, lungo il sentiero.

Napoli, a via Duomo la pista ciclabile immaginaria

Via Duomo, quando il miracolo?

Le foto le scatto tempo addietro mentre pedalo per via Duomo, a poche centinaia di metri dalle spoglie del patrono della città.

Dalla sella della e-bike, percorro la pista ciclabile disegnata lungo la ZTL, un pezzo sbiadito, l’altro occupato da un’auto in sosta selvaggia, un ultimo tratto cancellato dalle intemperie.
In un lampo di misticismo, medito speranzoso:

Dovrei parlare con San Gennaro che, poco distante, ogni anno ripete il miracolo. Una vera pista ciclabile, un miracolo, appunto.
Che un giorno, sono sicuro, si realizzerà.

E così, durante il viaggio lungo il sentiero invisibile dedicato ai ciclisti napoletani, mi domando perché mentre nel resto d’Europa si investe nella mobilità alternativa, da noi la bici è considerata un mezzo per pochi intimi.
Anzi, la bici non è affatto considerata un mezzo di trasporto.

Supero via Duomo, giungo nella bella e larga via Foria.
Stavolta, nessun geroglifico col manubrio lungo la strada.
Procedo cauto verso l’inferno metropolitano del Museo, con lo smog alle stelle e il maxi ingorgo quotidiano ad attendermi.

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La (sola) certezza

Dopo chilometri a rischio e pericolo personale, maschere antismog, imprecazioni contro l’assenza di cultura ciclistica, indignazione per la perenne indifferenza della politica, la pista ciclabile immaginaria resta ancora l’unica certezza per chi ama pedalare per Napoli.

Altri segnali concreti: nessuno.
Risultati raggiunti dai vari governi cittadini : zero.

Insomma, salviamo la pista ciclabile immaginaria!
Fate presto: quel geroglifico con le due ruote ed il manubrio sta sparendo.

Napoli, a via Duomo la pista ciclabile immaginaria sta sparendo


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E se andassi al teatro in bici?

La svolta in città: far la spesa in bici

Con l’occhio sinistro controllo la e-bike, col destro parlo con la commessa.
In bilico sulle scale della libreria, non ho il coraggio di lasciare la bici.
Nonostante l’abbia incatenata ad un palo, temo che all’uscita dal negozio, avrò un libro in più ed una bici in meno.

Per i ciclisti, a Napoli manca tutto: dalla agognata pista ciclabile ad un ovvio parcheggio dove sostare (in sicurezza) il proprio mezzo a due ruote.

Un vero sistema di mobilità alternativa permette, a chi ama pedalare in città, di raggiungere il supermercato, parcheggiare la bici (con la certezza di ritrovarla al ritorno), far la spesa e continuare gli spostamenti.
Andare alla posta, recarsi al cinema, visitare un museo.

Senza auto.

Usare la bici in città per far la spesa, andare al teatro ... quando accadrà a Napoli?

Foto: in un piccolo centro della Toscana …

Ad oggi, utilizzo la e-bike per il solo tragitto casa-lavoro / lavoro-casa.
Desidero il salto di qualità ma il contesto cittadino opprime l’iniziativa.
Troppe insidie: la difficoltà nel trovare un posto sicuro dove lasciare l’amata bici è l’ostacolo principale da superare.

Sembra una banalità, invece, è un problema reale.

Ad esempio, quando partecipai alla riunione con il Sindaco De Magistris a palazzo San Giacomo, nei pressi di piazza Municipio, trovai un solo garage disposto ad accettare la bici.
Dopo tre ore di sosta, pagai la tariffa di una moto!
(per la cronaca: 7€ se la memoria non mi inganna)

Eppure, basta spostarsi di qualche Regione, per verificare come – altrove – la bici sia un normale mezzo di trasporto di uso quotidiano.

La foto l’ho scattata questa estate in un piccolo centro della Toscana.
Turisti e cittadini si spostano, raggiungono i lidi, pranzano al ristorante pedalando.

Fuori ogni locale, le rastrelliere.

Per incentivare l’uso delle due ruote, facilitarne l’uso, convincere gli indecisi, dimostrare che, in un sistema organizzato, spostarsi in bici conviene (a tutti).

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Primo passo: parcheggiare la bici

La richiesta del sottoscritto: permettere ai ciclisti metropolitani l’utilizzo della bici per muoversi in città.

Come?
Installiamo le rastrelliere nei vari angoli di Napoli.

Fuori gli uffici postali, lungo le strade dello shopping, nei musei, cinema e teatri, nei cortili delle scuole (poi, un giorno non troppo lontano, anche nei pressi delle stazioni della metropolitana).
Partiamo dalle zone a traffico limitato, più facili da controllare.

Permettere di parcheggiare – in sicurezza – è l’inizio per incentivare l’uso della bici ogni giorno.

Una richiesta semplice e di immediata efficacia.
Attendiamo risposte – anzi, rastrelliere.


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Litorale domizio, la catena umana per salvare il (nostro) mare

“Diamoci una Mano”, la catena umana per il litorale domizio

Sabato 4 agosto (ore 10.30) aderisco alla catena umana proposta  da Gaetano Cerrito, imprenditore impegnato per il rilancio del litorale domizio.

Perché, ogni estate, è assurdo porsi la solita, sconfortante domanda: «i depuratori funzionano?»
Perché, giunti in spiaggia, è anomalo chiedersi: «oggi, com’è il mare?»

In lunghi tratti del litorale domizio, la qualità delle acque dipende dalla buona sorte: i giorni della corrente favorevole, ti bagni in un mare cristallino.
Se becchi il momento nefasto (scarichi illegali nei tanti canali che sfociano in mare?), puoi trovare liquami, pannolini o chissà quale altro «mostro».

Eppure, negli ultimi anni, è indubbio constatare un netto miglioramento delle condizioni delle acque.
Allora, perché non possiamo pretendere un mare sempre pulito?

Si chiama ‘Diamoci una mano‘ l’iniziativa che partirà sabato 4 agosto alle 10,30 dai lidi Tamurè e Baja Club e che coinvolgerà tutti i bagnanti dei 9 chilometri di spiaggia che vanno da Baia Domizia sino a Baia Felice. (fonte: Il Mattino)

 

Il mistero dei depuratori campani

Prima o poi scoprirò la verità sui depuratori campani.
Quanti ne sono?
Dove sono?
Quali realmente funzionano?
Depurano dodici mesi all’anno oppure si fermano nel periodo invernale?

Se un cittadino campano, ogni benedetta estate, è logorato dal dubbio: «i depuratori funzionano?» significa che l’opera di questi impianti è alquanto opinabile.
Sarebbe opportuno, da parte degli enti competenti, una maggiore e più chiara comunicazione sull’argomento.

Se poi, un giorno, fosse possibile visitare uno di questi leggendari depuratori, il sottoscritto sarà il primo tra i prenotati.
Armato di videocamera e taccuino, documenterò l’esperienza.

Nel mentre, sarò uno dei mille anelli della catena umana di sabato 4 agosto.
Mille anelli, una sola voce: salviamo il nostro mare.

PS: ringrazio Mario Cavaliere, instagramer di successo, per lo scatto sottomarino nel mare blu.
Del litorale domizio, ovvio.


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Come differenziare il biglietto della metro (e dell’autobus)

Linea1, dove sono i raccoglitori della carta?

All’uscita della stazione della Linea1 a piazza Garibaldi, manca il raccoglitore della carta.
Subito dopo la scala mobile, emersi dal sottosuolo, migliaia di pendolari col biglietto in mano: dove gettarlo?

Perché proprio a pochi metri, vi sono i raccoglitori colorati per la raccolta differenziata.
Manca, però, il cestino bianco della carta.

Armato di buona volontà, col biglietto in tasca, passeggio all’interno della stazione centrale in cerca del contenitori bianchi.
E ne trovo tanti, tutti distanti dall’uscita della metropolitana.

Convinto, compio il mio dovere: getto il biglietto della metro nel cestino bianco della carta.
E sbaglio.

Raccolta differenziata: il biglietto della metro e dell'autobus non va nel cestino della carta!

Dove lo butto?
Risponde il motore di ricerca dell’ASIA

Consulto la pagina Servizi del sito dell’ASIA Napoli, l’azienda che raccoglie i rifiuti in città.

Il biglietto dell'autobus e della metropolitana non è riciclabile

Digito e scopro la semplice verità: il biglietto dell’autobus (e della metropolitana) non è riciclabile.

La presenza dell’inchiostro su carta – al pari dello scontrino fiscale – rende quel pezzetto di carta non differenziabile.

Dunque, la scelta di non installare i cestini della carta all’uscita della metropolitana non è una dimenticanza.
Al contrario, è una decisione ponderata.

Porgo le mie scuse ai dirigenti ASIA.
Abituato a cercare «mostri» dietro ogni angolo, anche stavolta pensavo che l’assenza dei raccoglitori della carta fuori la stazione, dipendesse dalla negligenza o superficialità di alcuni impiegati.

Felice di essermi sbagliato 🙂


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Lettera sporca all’automobilista napoletano (con regalo)

La follia dell’automobilista napoletano

Caro automobilista napoletano,
Ti osservo ogni mattina, lungo via Foria, bloccato insieme ad altri mille esseri della tua stessa specie.

Prigioniero tra le lamiere, come una belva in gabbia.
Una belva stupida, se mi permetti.

Perché anche ieri e l’altro ieri hai subito lo stesso, inesorabile, destino: avvelenato dai tuoi scarichi, legato al seggiolino della tua utilitaria, col sangue agli occhi, impotente, puoi solo attendere che l’ingorgo si sblocchi.

Sfoghi la rabbia prendendo a pugni il clacson mentre io, libero, ti sorpasso con tutta la calma di questo mondo e, in sella all’e-bike, mi godo il tragitto casa-ufficio.

Mentre pedalo, ti scruto sbigottito.
Proprio non comprendo il tuo assurdo, testardo, comportamento:: ti rendi conto della follia che generi?

La mia maschera antismog: atto d'accusa contro l'automobilista napoletano

Napoli, terza città più inquinata d’Europa per polveri sottili

Allora automobilista napoletano,
alla fine ce l’hai fatta.

Grazie alla tua pigrizia (fisica e mentale), siamo saliti sul podio: dopo Milano e Torino, lo scorso gennaio, Napoli è risultata la terza città più inquinata d’Europa per polveri sottili.

Se non credi alle centraline impazzite dell’ARPAC o al drammatico report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, domani mattina, mentre sei immobilizzato nel solito mega-ingorgo di via Foria, abbassa il finestrino della tua gabbia metallica.

Inspira e respira per trenta secondi.

Poi attendi il mio silenzioso passaggio in bici.

Ti regalerò il filtro della maschera antismog da poco sostituito (l’ho utilizzato nel periodo ottobre – dicembre 2017).

Guardalo bene – tanto, bloccato nel traffico, il tempo non ti manca.
Contiene le tracce del «mostro» invisibile: le polveri sottili

Vedi, lo smog non è un’entità astratta.
Ha una forma ed un colore: il nero del catrame.

Studia le macchie, soffermati su quelle chiazze tetre.
Le produci pure tu, sei cosciente?

E colpiscono tutti.

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Automobilista napoletano, è tempo di cambiare aria

La lunga fila di mezzi bloccati nel traffico è un film dell’orrore che si ripete ogni giorno.

Le eccezioni le accetto, va bene, non tutti possono rinunciare all’auto.
Ma la stragrande maggioranza di voi, invece, con un po’ di buona volontà, un’alternativa la trova.

Non abbiamo più alibi.
E’ tempo di cambiare aria.

Allora, automobilista napoletano, lasciamo l’auto a casa e saliamo su un mezzo pubblico – o meglio ancora – su una bella bici?
Vedrai che, superate le prime difficoltà, non ti fermerai più.

Pedalare per credere.


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Perché (da tre mesi) nessuno raccoglie il pneumatico al centro della pista ciclabile immaginaria? [FOTO]

Dicembre 2017, spunta il pneumatico incivile

L’osservo da oltre tre mesi.

Ogni giorno, nel tragitto casa-lavoro, dalla sella della mia e-bike studio l’evoluzione del pneumatico incivile abbandonato al centro della pista ciclabile immaginaria di corso Malta, a poche centinaia di metri dal Centro Direzionale di Napoli.

Lo ricordo come se fosse oggi: comparve in un freddo giorno di metà dicembre (2017), da allora vive indisturbato vicino al marciapiede.

Eppure, ad un occhio attento, non sfugge il dettaglio: la strada risulta pulita, segno che viene spazzata ed i rifiuti «normali» raccolti in un mucchietto a far compagnia al pneumatico incivile.

Dunque: perché il piccolo «mostro» nero non viene rimosso?

A chi tocca raccogliere il pneumatico al centro della pista ciclabile immaginaria di corso Malta?

Pneumatico, a chi tocca raccoglierlo?

A chi tocca rimuovere il pneumatico incivile?

La domanda – seppur ovvia – ricade nella sfera della burocrazia malata.

Mi ricorda la questione della fontana pubblica che perdeva acqua.
Una serata trascorsa al telefono per capire a chi toccasse intervenire: non è compito dei Vigili del Fuoco, all’ABC Napoli non compete perché la fontana è in un parco pubblico, non tocca nemmeno ai giardinieri, al Comune mi rimandano ai Vigili Urbani.

Finché un Vigile volenteroso si adopera e la questione si risolve.

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Pneumatico incivile, come finirà?

Il pneumatico incivile è vittima della burocrazia malata.

Gli operatori ecologici spazzano lungo il marciapiede ma non raccolgono il rifiuto speciale.
Gli altri impiegati dell’ASIA Napoli non intervengono, non rientra nei loro (specifici) compiti.

Nel mentre, le intemperie provvedono e il pneumatico incivile, piano piano, si consuma.

Ma il «mostro» è duro a morire e la sua presenza inceppa il gigantesco (e milionario) ingranaggio della raccolta dei rifiuti.

Resterà lungo la pista ciclabile immaginaria di corso Malta, a poche centinaia di metri dal Centro Direzionale, finché un operatore ecologico, armato di buona volontà, con un gesto rivoluzionario, lo preleverà.

Ancora una volta, il rimedio contro la lacuna organizzativa, dipenderà dalla volontà del singolo.


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I regali di Natale? Li faccio a pezzi

Quei voluminosi regali di Natale

Inizio dalle “ali”, poi passo al corpo.
Divido il cartone in più macro-parti, poi inizio l’opera minuziosa su ogni singolo elemento.

Non è faticoso, al contrario gratifica la coscienza ecologista.

Una volta iniziato, poi, non riesco a smettere finché il voluminoso scatolo svanisce sostituito da mille pezzettini insignificanti.

I regali di Natale? Li faccio in mille pezzi

Lo spazio occupato dalle confezioni

Gli involucri dei regali di Natale occupano spazio, molto spazio.

Per comprendere l’utilità delle frammentazione dello scatolone, pensiamo ai contenitori bianchi della carta distribuiti nei condomini e per strada.

Bastano quattro, cinque scatoloni integri per riempire i bidoni della differenziata posti nell’androne del palazzo, qualcuno in più per saturare i cassonetti lungo i marciapiedi.

Con la scomposizione della confezioni in infinitesimi parti, invece, la capacità dei contenitori si amplifica all’inverosimile.

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L’esperimento del sottoscritto

L’immagine dimostra il teorema: il sottoscritto, esperto frammentatore, disintegra la confezione in cento atomi di carta.

Il voluminoso contenitore, ridotto ai minimi termini, entra nella confezione rosa del Pandoro.
E pensare che, se confrontati, prima dell’intervento disintegratore, lo scatolone distrutto ha dimensioni doppie di colui che … l’ospita.

Soddisfatto dell’opera di suddivisione, mi avvio verso il raccoglitore bianco della differenziata.
Osservo interi scatoloni – integri, voluminosi – saturare quello spazio destinato a milioni di micro-pezzettini di carta.

Svuoto il tutto.
Lo stesso destino tocca alla confezione rosa del Pandoro.

Nessuna pietà per i regali di Natale: frammentare aiuta l’ambiente.


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Napoli-Copenaghen, un viaggio di duemila chilometri. In bici

Duemila chilometri in bici

Un anno dopo, con tenacia e passione, senza mai rinunciare a pedalare – nonostante i pericoli nascosti ad ogni metro.
Duemila chilometri percorsi, in sella alla mia e-bike.
Duemila chilometri, la distanza che separa Napoli da Copenaghen.

Festeggio il prestigioso traguardo al Centro Direzionale di Napoli: per la precisione, 2015 km, come segnala il display del computer di bordo.

In bici, duemila chilometri. Festeggiati al Centro Direzionale di Napoli

A Napoli non piove mai

Il record dei primi 1000 KM è un lontano ricordo.
Messa da parte l’auto, le statistiche parlano chiaro: nell’ultimo anno, ho pedalato per undici mesi.

Costretto a parcheggiare la bici solo nel giorni di pioggia (concentrati perlopiù nello scorso gennaio), il freddo – quello vero – dalle mie parti non si sofferma a lungo.
Il clima napoletano incentiva l’utilizzo della bici che, però, è un mezzo di trasporto ancora poco utilizzato.

La mattina, libero sulle due ruote, viaggio verso l’ufficio ed osservo l’espressione rabbiosa degli autisti bloccati nei maxi-ingorghi: gli occhi sprizzano odio.
Assuefatti all’uso della macchina anche per comprare il pacchetto di sigarette sotto casa, non immaginano l’eco-alternativa.

Un discorso culturale, è indubbio.
A Copenaghen, ad esempio, il meteo è certamente più rigido eppure i ciclisti metropolitani costituiscono un esercito potente e numeroso.

Con soddisfazione, però, constato: a Napoli, non sono solo.
La truppa di pendolari in bici – seppur esigua – cresce in modo significativo.

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Il viaggio di ritorno

Duemila chilometri, raggiunta Copenaghen è già pronto il successivo obiettivo: tornare a casa.

Un viaggio privo di inquinamento, per apprezzare angoli di città nascosti, osservare scene di vita quotidiana, non incrementare lo smog cittadino, non partecipare al gran caos acustico tra clacson impazziti e motori ruggenti.

Pedalare in città è un buon rimedio per lo stress d’ufficio, uno sport a costo zero, aiuta a vivere meglio.
Una scelta (coraggiosa) alla quale, dopo il primo metro, non rinunci più.

Salgo il sella ed il viaggio inizia.
Mi attendono altri duemila chilometri, il nuovo record è dietro l’angolo.
A portata di pedalata.

Basta crederci 🙂Duemila chilometri in bici, pari alla distanza tra Napoli e Copenaghen.


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Contro lo smog, il disegno di Maria Pia

Smog, il «mostro» invisibile è tra noi

Il «mostro» è invisibile.
La sua sinistra presenza si annuncia con sintomi evidenti: prima la vampata di calore, poi la puzza, segue un senso di disgusto nauseabondo.

Lo smog, la cappa di fumo nero che attanaglia le nostre città e rende l’aria irrespirabile.
Colpisce tutti, senza distinzione di colore e razza, età e posizione sociale.

La difesa di un ciclista napoletano

D’avanti a me – esponente dell’esiguo esercito di ciclisti napoletani – una moto riscalda il motore pronta per lo sprint.
Al suo fianco, il pilota di un vecchio furgone prepara la partenza con la stessa concentrazione di Lewis Hamilton.

L’orchestra di motori rombanti suona la triste musica, la nuvola di inquinamento copre pedoni, auto, moto e ciclisti.

Fermo al semaforo, attendo diligente il via, percepisco l’attacco.
La mascherina antismog funge da scudo impenetrabile, sotto assedio non perdo la calma: con un’agile mossa felina sposto la mia e-bike sul marciapiede limitrofo.
Se non posso sconfiggere il «mostro», preferisco una ritirata strategica.

Scatta il verde,

I tubi di scappamento sparano velenosi colpi neri ed i pesanti dinosauri fuggono via, la nube tossica si dissolve, la strada è libera, torna la calma apparente.
Pedalo e riparto, la sfida continua.

L’opera di Maria Pia

Giunto in ufficio, trovo il ritratto: autrice Maria Pia.
La mia collega è un’artista: ispirata dalle bici, quella del sottoscritto – neofita della pedalata – e le due ruote di Angela, la vera esperta del settore, immortala i mezzi in sosta.

Il quadro colorato ispira aria pulita, natura e musica rilassante.
L’opera è la perfetta risposta ai tubi di scappamento grigi e sporchi che infestano le nostre città.

Grazie Maria Pia, era la giusta boccata d’ossigeno che cercavo 🙂

Lotta allo smog: le bici secondo Maria Pia


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Il ciclista napoletano

La gioia del ciclista

Pedalo per San Gregorio Armeno con calma, tra turisti e passanti.
Il famoso vicolo è affollato anche in un anonimo venerdì pomeriggio di marzo.

Giro in bici nel centro storico di Napoli, esperienza per pochi fortunati, affascinante ed alquanto originale.

Osservo vetrine, bancarelle, presepi, chiese, volti e colori.
Incamero odori e profumi.

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Pedalare a Napoli tra mille difficoltà

Pista ciclabile assente, pavimentazione sconnessa rendono faticoso ogni singolo metro percorso.

Mancanza assoluta di cultura ciclistica, un continuo zigzag tra pedoni e sanpietrini malefici trasformano la bici in un doloroso yoyo.
Ogni sussulto una pugnalata alla schiena.

Pedalare a Napoli è un’impresa eroica.

Bicicletta a Napoli, una scelta coerente

Sono conscio: l’indubbia morfologia del territorio partenopeo – salite / discese / strade strette / vicoli / buche – non favorisce l’uso della bici per spostamenti quotidiani.

Eppure desidero pedalare in città perché girare in bici è coerente con la mia personale visione della vita.

Acquisto una bici a pedalata assistita ed aderisco all’esercito – ancora in minoranza – di cittadini napoletani che, nonostante tutto, lasciano l’auto in garage e raggiungono il luogo di lavoro con mezzi non inquinanti.

Il motore elettrico montato discretamente sul mezzo permette di affrontare il tragitto casa-lavoro con serenità.
Giungo in ufficio senza particolari sforzi fisici eppure l’attività quotidiana aiuta il corpo, rilassa la mente, combatte lo stress, mi aiuta a star meglio.

Nonostante il traffico, lo smog ed i mille «mostri» presenti in una metropoli dove il ciclista è considerato ancora un alieno da abbattere.

Io, ciclista (napoletano) felice

Io, ciclista (napoletano) felice

Un fantastico itinerario verso il mare

Saluto San Gregorio Armeno.
Procedo lungo i decumani, raggiungo via Toledo, intravedo il teatro San Carlo, l’ennesimo slalom intorno alla fontana di piazza Trieste e Trento ed accelero verso piazza del Plebiscito.

Ancora poche pedalata ed intravedo il mare.
Sulla mia e-bike sembra di volare, piccole lacrime escono spontaneamente dagli occhi colpiti dal vento gelido d’autunno.

Arrivo sul lungomare.
Mi fermo, osservo le onde ancora alte.
Tolgo i guanti.
Poi il casco.

Con la mano destra mi asciugo gli occhi.
Sorrido mentre guardo l’orizzonte blu.

Anche oggi ho sconfitto i mille «mostri».
Anche oggi sono un ciclista (napoletano) felice.

Quando sei in salita e non ce la fai più, le gambe ti fanno male e vuoi fermarti, è giunto il momento di pedalare ancora più forte.

Mario, un ciclista napoletano


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