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Tag: famiglia (Page 2 of 3)

I profumi dello stadio (San Paolo)

Stadio San Paolo, prima di Napoli – Verona

Lo sfilatino al prosciutto cotto e provolone di Sorrento non può nulla contro il mega-frittatone della simpatica famigliola accampata d’avanti al sottoscritto.
«Favorite, ce ne è per tutti!», la gentile signora effettua un giro a 360 gradi ed offre un quadratino di omelette a chiunque rientri nel cerchio magico.

In effetti, la premurosa donna non si è risparmiata: col frittatone potrebbe sfamare l’intero settore dei distinti dello stadio San Paolo!

Il giovanotto alla mia destra – a dispetto di una esile corporatura – sfoggia un panino ripieno di salsiccia&friarielli, il binomio inscindibile al pari di Insigne&Higuain.

Alle mie spalle, un gruppo di amici degusta solo un misto di pizze e crocchè.
«Devono essere a dieta» ridacchio alla battuta mentale mentre un profumo di cucina casareccia invade gli spalti gremiti (siamo in 45 mila).

Allo stadio San Paolo, prima di Napoli Verona

Il rito del panino

Dopo la spettacolare vittoria contro la Lazio di qualche anno fa, cedo alle richieste del pargoletto e ritorniamo allo stadio.

Ieri toccava a me e mio padre, oggi a me e mio figlio.

Ingurgitare il panino sugli spalti è un rito intramontabile che si tramanda di generazione in generazione.

Allo stadio, la condivisione è totale

Osservo divertito: l’atmosfera surreale dello stadio favorisce la condivisione di emozioni e … cibo.

Il tuo vicino – un perfetto sconosciuto – per due ore diviene il complice col quale allearsi, un fratello da abbracciare nella felicità del gol ed un amico fedele su cui appoggiarsi nel momento della sofferenza.

Sensazioni indescrivibili che nessuna pay-tv con la più sofisticata tecnologia potrà mai trasmettere.
Per fortuna.


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«L’acustica perfetta», di Daria Bignardi (recensione)

Daria Bignardi, scrittrice coinvolgente

La brava Bignardi scava nella coscienza di Arno.
Lei, donna, descrive magnificamente lo stato d’animo di un uomo costretto a guardarsi dentro.

Con uno stile avvincente, L’acustica perfetta procede verso il finale inatteso che lascia al Lettore una sensazione di sbalordimento.

Un libro profondo, mai banale.
Una trama apparentemente leggera che, dopo aver digerito, risale per presentarsi con tutta la sua amarezza.

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La trama

Può la fuga improvvisa della persona amata innescare un processo di crescita?
Succede ad Arno, felicemente sposato con Sara.
Tre figli, un lavoro – la musica, la sua passione – ed una vita appagante.
Almeno a lui così appare.

Invece, un mattino, il risveglio crudele: Sara scompare e lascia solo un biglietto …
Arno non si arrende, inizierà una lunga ricerca che lo porterà indietro nel tempo per conoscere aspetti ignoti della donna che ama.
Forse il presente non è così perfetto come appare ai suoi occhi?

Daria Bignardi, autrice del bel libro «L'acustica perfetta»

Perché leggerlo

Come un sasso nello stagno, L’acustica perfetta costringe il Lettore – come Arno, il protagonista – a riflettere.

E’ giusto mettere in discussione scelte cementate dall’amore – o presunto tale?
Ha senso ragionare, con gli occhi di oggi, sulle azioni passate?
Essere sempre presenti per l’amata moglie e gli adorati figli, basta per definirsi un buon marito ed un papà modello?

Domande difficili con riposte che potrebbero sconvolgere l’esistenza di chiunque.

La Bignardi sembra ricordarci che l’amore ha mille sfumature.
Nessuna scontata.

Acquista L’acustica perfetta su Amazon!

 

Gli amici di una vita

Giacomo, «il Maestro»

Nei suoi occhi intravedo ancora la scintilla.
Per noi era «il Maestro» e mai titolo fu più appropriato.

Giacomo era semplicemente un talento, lo studente dalle intuizioni geniali capace di inceppare, con una semplice domanda, i ragionamenti impolverati dei baroni della cattedra.

Al suo fianco la compagna di una vita sorride mentre ci abbracciamo …

Dall'università ad oggi, gli amici di una vita

Dall’università ad oggi, gli amici di una vita

Antonio, il buontempone sensibile

Antonio è sempre un buontempone.

Dietro l’apparente leggerezza, nasconde una inattesa sensibilità che sorprende chi non lo conosce (ma non sorprende certamente noi, amici dai tempi dell’università).

Davanti ad una pizza margherita ancora fumante – con la moglie, fotografa per l’occasione – Antonio tiene banco con battute ed aneddoti.
Scherza, ride, coinvolge, rende semplice ciò che risulta complicato (credo sia la sua dote migliore e sono felice che non l’abbia persa!).

Come in facoltà.
Come vent’anni fa.

Carlo ed Olga, la bussola

Carlo&Olga sono i perfetti padroni di casa.
E’ sempre stato così.

Da giovani matricole fino alla tesi di laurea, Carlo&Olga organizzano, convocano, ospitano, fissano luogo e giorno della rimpatriata.

Le nostre bussole temporali.
I riferimenti del gruppo.
Da vent’anni.

Amici, dall’università ad oggi …

Le feste sono un buon periodo per rivedere gli amici.
Soprattutto chi si è trasferito oltre i confini regionali e torna per il ponte natalizio.

Così giunge la notifica di Carlo: appuntamento ore diciannove.

L’incontro, i saluti, gli abbracci, passeggiamo – le luci delle feste rendono la serata tiepida e colorata – poche parole per recuperare gli anni persi, sguardi d’intesa, la confidenza colma il tempo trascorso.

Parliamo del futuro, nuovi obiettivi da raggiungere.
Una finestra sul passato è obbligatoria: Giuseppe è a Dubai? Luciano insegna, Marco si è reinventato un lavoro …

E non ci importa se usciamo dalla pizzeria mentre orde di giovani entrano e beviamo un caffè quando la serata per gli altri inizia.
Ci siamo divertiti.

A presto, amici.

ActionAid, regaliamo una seconda vita al magazine?

ActionAid, pubblicizzare è bello!

Perché gettare nel cestino della carta il magazine di ActionAid?
Il giornale della importante associazione per il sostegno a distanza presenta cento notizie interessanti e mille iniziative che meritano di essere diffuse.

Dunque, ricevo per posta la rivista e, dopo la lettura, decido di regalare al periodico (trimestale) una seconda vita: la pubblicizzo nella sala d’attesa di una palestra vicino casa.

Il magazine di ActionAid: dopo la lettura, invece di gettarlo, perchè non condividerlo?

Il magazine di ActionAid: dopo la lettura, invece di gettarlo, perchè non condividerlo?

Non getto, condivido Il magazine

«Posso lasciare la rivista?» chiedo al gestore del centro sportivo.
Tra i tanti genitori che sostano nella sala in attesa dei piccoli atleti impegnati negli allenamenti settimanali, magari c’è qualcuno più sensibile che necessita solo di essere informato su come aiutare un bimbo dell’età del figlio in un angolo bisognoso del Pianeta con 25€ al mese.

«Certamente» risponde il gentile responsabile della palestra.
Appoggio la rivista sopra le altre, il sorriso dei tre bimbi in copertina attirerà sicuramente l’attenzione degli adulti …

Hnin, mia figlia di cinque anni

Io sono un papà felice: sapere che, grazie ad un piccolo contributo, la piccola Hnin Su (mia figlia adottiva di cinque anni) studia invece di lavorare nei campi aiuta il mio personale senso di giustizia.

Sono cosciente: l’irrisoria quota mensile non risolve il problema perchè percorre un metro non significa scalare una montagna di un chilometro.
Ma se non iniziamo a camminare, mai arriveremo in cima.

Napoli, perché il Parco Mascagna (chiuso) è l’emblema dell’Italia

Due mesi?

Due mesi per completare i lavori: è questo il peso della burocrazia, dell’inefficienza politica e della scarsità di risorse pubbliche?
Due mesi per riaprire l’unico polmone verde per le migliaia di famiglie che vivono ed abitano al Vomero, importante quartiere di Napoli?
Due mesi per ripristinare un’area che andrebbe valorizzata, protetta ed estesa ed invece è in uno stato di crescente abbandono?

«Parco Mascagna chiuso per verifiche»

«Perché è chiuso?» chiedo all’ambulante pakistano che vende la sua merce all’esterno del Parco Mascagna, un tempo affollato dai colori delle famiglie e dalle urla gioiose dei bambini.
«Alberi pericolosi, tanto tempo è passato …» farfuglia sconfitto l’uomo.

Un triste catenaccio impedisce l’apertura del cancello, dietro le sbarre si intravedono i giochi dei bimbi deserti ed il vuoto riempe lo sconforto di chi, fino a qualche mese fa, trascorreva il tempo libero in quest’oasi.

giardinetti di via Ruoppolo sono chiusi dagli inizi di marzo.

Napoli, il Parco Mascagna (i giardinetti Ruoppolo) chiuso da due mesi: perchè?

Il comunicato ufficiale di Giorgia Pietropaoli

Le forte raffiche di vento di inizio anno hanno reso inagibile il Parco Mascagna al Vomero (nome ufficiale) e l’intero quartiere è in attesa dei lavori di ripristino.
L’e-mail dell’assessorato esposta all’ingresso è inviata da Giorgia Pietropaoli: le verifiche partiranno il 30 marzo e si concluderanno entro il 10 aprile dopodiché seguiranno gli eventuali interventi necessari.

Dal profilo twitter di Giorgia Pietropaoli apprendo il ruolo del mittente: «mi occupo di comunicazione e organizzazione di eventi. Oggi per il Vice Sindaco di Napoli».

Quindi, a conti fatti, il portavoce del Comune comunica – con la massima trasparenza – che il parco Mascagna resterà impraticabile dagli inizi di marzo a quasi fine aprile.
Totale: cinquanta giorni (più o meno).

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La domanda di un cittadino qualsiasi

I giardinetti di via Ruoppolo sono l’emblema dell’Italia: un paese prigioniero della farraginosa macchina burocratica dove, per agire, serve il visto di un funzionario e l’assenza di un impiegato rinvia la pratica al mese successivo.
Di settimana in settimana il «mostro» amministrativo ingrassa ed i cittadini inermi subiscono i disagi.

Chiedo al Sindaco e a Giorgia Pietropaoli: in una città assediata dal traffico e dal cemento, in un quartiere affamato di verde, è normale attendere due mesi per restituire ai cittadini il parco Mascagna?
Per cortesia, spogliatevi del politichese e rispondete con onestà.
Grazie.


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Adotta una buca killer (una lunga storia d’amore)

Amore eterno

L’amore esiste e l’ulteriore conferma l’ho ricevuta questa mattina.
Percorro la strada nei pressi delle terme di Agnano di Napoli e li osservo sbigottito.

E’ una coppia, sono vicini-vicini ed, incuranti dei passanti scandalizzati, quasi si abbracciano.

Lui è vecchio, grosso, esteso, vive quì da sempre – forse dall’origine dei tempi – e nessuno osa contrastarlo.
Lei, giovane e ruvida, non è nativa del luogo ma è comparsa da qualche giorno, talmente pericolosa da dover essere imprigionata dalle autorità.

Sono l’uno accanto all’altro, si sfiorano ma non si toccano (ancora) divisi da pochi centimetri di strada.
Esposti alle intemperie, colpiti dall’incuria istituzionale e dall’indifferenza degli automobilisti, si alimentano di vento e pioggia divenendo di giorno in giorno una coppia di voragini sempre più cattiva.

Tale unione – se non fermata – si incollerà in un abbraccio mortale conquistando l’intera carreggiata.
E siccome trattasi di vero amore, la famiglia si allargherà: è prevista la nascita di piccole ed insidiose buche-neonate già nelle prossime settimane.

Detesto l’assuefazione e confermo l’iniziativa: sarò il primo genitore napoletano a provare la gioia di adottare le future buche killer.
E tu, cosa aspetti?

adotta una buca killer, una lunga storia d'amore

La più bella foto del capodanno

A capodanno lo zuppone si consuma a mezzogiorno.

In famiglia, nessuno vuole rinunciare a «sparare».

Nemmeno gli ultimi arrivati.

Così i festeggiamenti del trentuno terminano alle due di notte, c’é da esaurire la scorta di stelline, girandole e bottarelle.
I bimbi resistono eroicamente fino a mezzanotte e poi pretendono il dovuto premio: sotto l’attento sguardo dei genitori, dal balcone-trincea lanciano (innocui) petardi e si divertono a salutare l’anno che verrà.

L’indomani, però, pagano dazio.
E’ dura svegliarsi, gli orari saltano e la colazione funge da antipasto.

Il Capodanno perfetto

L’ingenua manina inzuppa il morbido pandoro veronese nella tazza azzurra «Forza Napoli».
Dietro il semplice gesto di ordinaria quotidianità compiuto in un giorno speciale, si nasconde lo sguardo assonnato dell’ultimo arrivato, il piccolo mitragliatore di stelline.

E’ lui l’icona dell’Italia, il Presidente della Repubblica, il Premier.

La dolce immagine del capodanno 2015 sostituisce mille inutili parole.

Amicizia dopo gli «anta», i 10 motivi del fallimento

L’amore non ha età, l’amicizia

La cinica conclusione non è il risultato di una ricerca della prestigiosa Australian National University ma del sottoscritto, uomo meno titolato dei professoroni americani ma di animo più sensibile.

Dopo un battito di ciglia conto quante nuove, vere amicizie ho instaurato negli ultimi dieci anni: basta una mano, per essere sinceri non necessito nemmeno di alzare le cinque dita, anzi – se rifletto meglio – la mano la posso rimettere in tasca senza indugi.

Il totale è pronto, la verità è lampante, l’algebra non mente, il numero è inconfutabile: una (stima per eccesso).

Dieci motivi per distruggere un'amicizia

I 10 motivi del fallimento

Perché?
Ho identificato ben dieci validi motivi utilizzati (dagli altri) come alibi ma da me miserabilmente denunciati in questo post:

1 – l’età: dopo i gli “anta”, siamo meno disponibili nei confronti del prossimo

2 – il tempo: gli impegni sono pressanti e non possiamo perdere minuti preziosi

3 – il lavoro: riempe le giornate e la sera siamo distrutti per poterci dedicare agli altri

4 – i soldi: la crisi economica impazza e le spese incalzano, meglio evitare sprechi

5 – i social network: inviamo messaggi di auguri via facebook invece di telefonare o addirittura incontrarci di persona

6 – egocentrismo: ci poniamo al centro dell’Universo e non siamo più disposti ad ascoltare il vicino

7 – lo stato sociale: si frequenta lo stesso target per comodità (famiglie con famiglie e single con single) senza selezionare (i figli cercano i loro amici)

8 – conservazione della specie: meglio le vecchie amicizie, sono più sicure e meno stressanti

9 – TO DO

10 – TO DO

Le otto voci sopra citate sono le giustificazioni più comuni registrate negli ultimi anni: a voi – cari Lettori – le due scuse mancanti.

Il «mostro» è ora smascherato.


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Io, testimone di un incontro ravvicinato del terzo tipo

«Smettila, oggi stai esagerando! Comportati bene o la prossima volta ti lascio dai nonni!» urla l’uomo inviperito.
«E guarda, continua … se non ti calmi I-M-M-E-D-I-A-T-A-M-E-N-T-E ti sbatto in castigo per una settimana» scandisce la moglie col volto rosso dalla rabbia mentre lo fulmina con lo sguardo.
«Non si preoccupi, non c’è problema, sono abituato» cerco di sdrammatizzare.

Il piccolo, intimorito, si rifugia in un angolo.

Sarà l’estate e la voglia di correre negli spazi aperti dopo un inverno chiusi in casa ma in spiaggia i già bollenti spiriti familiari possono esplodere per un nonnulla.

Sdraiato sotto l’ombrellone, osservo le onde del mare mentre leggo e riposo le meningi. I miei vicini, però, sono irrequieti e non trovano pace: lui e lei non riescono a controllare gli istinti animaleschi di quel delicato, fragile e tanto caro mostriciattolo.

Dalle dimensioni microscopiche deduco che avrà due o tre anni ma la vivacità e l’energia propulsiva che consuma in scatti improvvisi mi stupiscono.

«Che età ha?» chiedo più per gentilezza che curiosità.
«Ha due anni ma si porta piccolo rispetto alla media» risponde lei preoccupata.
«Vedrai che recupera, è forte il nostro Ugo!» rassicura lui orgoglioso della sua creatura.
«Ugo? Un nome inusuale per un cane» osservo perplesso.

«BAU BAU BAU» strepita il quadrupede rivolto ai padroni più ansiosi di due genitori in erba.
«Che dice?» mi inserisco sarcastico in questa irreale lite familiare.
«Non puoi andare al mare, l’acqua è fredda e non sono ancora trascorse tre ore dall’ultimo pasto. Devi digerire!» continua lei.
«BAU BAU» risponde Ugo.
«Se ti comporti bene, fra poco facciamo il bagno insieme» sentenzia lui da capofamiglia autoritario.

Ugo, finalmente convinto, si accomoda all’ombra vicino le sdraio del suo papà adottivo.

Rasserenati gli animi, posso continuare la mia lettura di fantascienza e divertito mi chiedo: quale evento galattico è più fantasioso di una conversazione (assurda) tra creature di razze diverse?

incontri ravvicinati del terzo tipo

Caro SpiderCiccio, avrei voluto …

SpiderCiccio: Francesco Caputo

L’unico desiderio era aiutare il mio amico Andrea nel suo nobile intento: pubblicizzare la maratona 2014 «Walk of Life di Napoli» organizzata da Telethon dedicata al ricordo del piccolo Francesco Caputo.

Andrea conosce SpiderCiccio e frequenta la famiglia Caputo.
Io, invece, ho appreso questa storia attraverso i post, le foto ed i video presenti sul web e dedicati alla forza di questo bimbo, al coraggio dei suoi genitori, alle emozioni ed al dramma che racchiude una vicenda così delicata.

La maratona di Telethon dedicata a Francesco Caputo, SpiderCiccio

Avrei voluto …

Avrei voluto guardare il video Il bambino più forte del mondo ma dopo pochi fotogrammi ho chiuso la pagina YouTube.

Avrei voluto leggere tutte le testimonianze pubblicate sulla pagina facebook La storia di Francesco ma dopo due righe della lettera di un amico del papà mi sono fermato.

Avrei voluto intervistare Andrea ed attraverso le sue parole ricordare il piccolo SpiderCiccio per spronare le Lettrici ed i Lettori a partecipare alla maratona del 4 maggio per sostenere Telethon.

Avrei voluto porre domande per descrivere la voglia di vivere di SpiderCiccio affinchè sia di esempio per chi è costretto a combattere ogni istante della sua vita contro un male invisbile.

Avrei voluto sottolineare l’importanza di investire nella ricerca scientifica, l’unica strada possibile per annientare – in un futuro non troppo lontano – queste inspiegabili ingiustizie.

Ma poi ho visto il volto di Ciccio, ascoltato la sua voce, osservato la tenerezza ed il coraggio d’animo della mamma … emozioni troppo grandi ed intime da affrontare per me, un perfetto sconosciuto esterno all’immenso dolore che ha colpito queste persone.
D’altronde, chi sono io per porre domande sul piccolo Francesco?
Ho il diritto di parlare dell’amore di una coppia per il loro bimbo?
Sono cosciente di ciò che chiedo e della profondità di sentimenti presenti in questa terribile e commovente storia?

Scusatemi ma non credo di essere all’altezza.
Io, oltre queste parole (sincere e sentite) scritte di getto, non riesco ad elaborare nulla di più.

Con mio figlio al San Paolo, perchè il vero calcio è allo stadio

Calcio e pay-tv

Una recente indagine svela l’ignoranza di molti bimbi metropolitani: «le uova si sviluppano sui banconi del supermercato» è una delle risposte più gettonata.

Tra televisione, videogames e realtà virtuale l’infanzia ignora gli sporchi processi del mondo reale e la distanza tra la ciò che si «tocca» ed i fotogrammi trasmessi da un monitor aumenta di generazione in generazione.

Lo stesso ragionamento vale anche per il calcio e su come viene “percepito” l’evento sportivo dai più piccoli.

Assuefatti alla poltrona del salotto, i pargoletti guardano le partite col telecomando tra le mani ignorando la vera atmosfera che circonda la gara.
Tra spot pubblicitari, i commenti pilotati dei telecronisti e le riprese ipertecnologiche ma pur sempre limitate del tubo catodico, lo spettacolo agonistico si riduce ad reality show.

Il sudore e la fatica degli atleti non è colto, le voci dei tifosi filtrate dai microfoni ed i colori dello stadio depurati dai cameraman della pay-tv.

Al San Paolo per Napoli Lazio

Prima che sia troppo tardi, decido di rompere questo ciclo vizioso e – alla tenera età di sei anni – giunge il battesimo per mio figlio: tutta la famiglia al San Paolo per Napoli Lazio!

Napoli Lazio, la prima volta di mio figlio al San Paolo

Tripletta di Higuain!

All’ingresso del settore “Family”, osservo gli occhi del mio pargoletto non appena  intravede il prato verde: lo stupore è evidente e la gioia emerge sul suo viso innocente.

Le due squadre ci regalano una domenica con gol ed adrenalina pura: prima lo svantaggio azzurro, poi il fantasmagorico pareggio di Dries Mertens ed infine la fenomenale tripletta del Pipita-Higuain.

Novanta minuti di sentimenti ancestrali: il coinvolgimento emotivo è spontaneo, le nostra urla si confondono con lo sfogo degli altri tifosi, la disperazione per il gol subito che – nello stesso istante – gela tutti gli spettatori ed il salto dal sediolino dei cinquantamila del San Paolo al missile del folletto belga.

Il rito del panino prima dell’inizio del match, la musica e la coreografia delle curve, il caffè borghetti, il papà che abbraccia il figlio, lo strepitare contro l’arbitro, la sensazione di svuotamento al triplice fischio finale.

La sofferta vittoria è giunta, possiamo tornare a casa stanchi ma soddisfatti.

Per mio figlio – come fu per me e per ogni altro bimbo amante del calcio – la prima volta allo stadio è indimenticabile.
«Papà, torniamo un’altra volta?» chiede felice.
Missione compiuta, il telecomando è già un lontano ricordo.

Napoli Lazio, la prima volta di mio figlio al San Paolo

 


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E se ricominciassimo a nutrirci meglio?

La festa di compleanno? Al fast food

Alla festa di compleanno del piccolo Alessandro c’è l’intera classe, una prima elementare rumorosa e colorata.

Non manca nessuno, l’appuntamento è troppo ghiotto: hamburger e patatine, coca-cola con cipster, torta al cioccolato ed animazione per l’intrattenimento delle piccole pesti, ventidue bimbi che saltano sui tavoli del McDonald’s mentre giocano a nascondino tra il divertimento dei pochi, coraggiosi clienti del locale.

E se ricominciassero a nutrirci meglio? La festa di compleanno al fast food

Fast food, luogo di maleducazione

A sei anni i migliori «amici» sono quasi sempre i compagni di scuola ed a questo importante ricevimento non possiamo proprio mancare.
Raggruppati in un angolo, a distanza di sicurezza, noi genitori fingiamo di discutere mentre con un occhio controlliamo gli scalmanati pargoletti.

Osservo incuriosito gli altri papà e mamma ed il mio spirito critico deve – per forza – registrare il loro sconsolante comportamento: evidentemente non capiscono che la giusta cultura alimentare si insegna in tenera età e l’obesità infantile è un problema serio da non sottovalutare.

«Antonio, mangia tutto il cheeseburger!», «Ilenia, forza bevi la coca-cola», «non lasciate nemmeno una patatina fritta» … incoraggiamenti per i figli mentre gli adulti si rimpinzano di un BIG TASTY BACON con un doppio contorno di CHICKEN McNUGGETS senza rinunciare ad un McFLURRY® SMARTIES come dessert.
Il tutto bagnato in una COCA-COLA ZERO ZUCCHERI per non esagerare.

L’educazione alimentare subito!

La festa termina, fuori dal locale i bimbi satolli continuano ad inseguirsi come schegge impazzite (sarà l’effetto delle bibite gassate?).

«Papà, quel panino non mi piaceva proprio» commenta convinto il mio piccolo ed ingenuo marmocchio mentre ci incamminiamo verso la metropolitana sorseggiando l’acqua naturale.
«Hai ragione, aveva un sapore di plastica» incalzo io.

La riflessione di mio figlio conferma la teoria: l’educazione alimentare non è una rinuncia se insegnata da subito.

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