Attaccato in casa

Non c’è peggior sgomento di quando si viene attaccati in casa propria, il luogo per eccellenza considerato sicuro e nel quale ognuno di noi si sente protetto e sereno.

A me è accaduto ieri sera, verso le 22.30 in una tranquilla serata di mezz’estate.

Nell’appartamento sono solo, ho da poco terminato le solite faccende domestiche e stanco&strutto mi appresto a sdraiarmi sul mio bel divano rosso pieno di cuscini gialli in salotto, col telecomando SKY a portata di mano, in pantaloncino e canottiera pronto per essere abbracciato da Morfeo e cadere in quel dolce sonno che giunge quando si guarda senza interesse la TV.

Prima che gli occhi si chiudano del tutto, decido di alzarmi per aprire la finestra, quel poco che basta per rinfrescare la stanza.

Mi avvicino al balcone e dischiudo l’anta.

E in quel preciso istante che sento il rumore, mi giro di scatto ed ho subito la conferma di essere sotto attacco.
Un intruso in casa pronto a colpirmi alle spalle!

L’effetto sorpresa

E’ piccolo, nero, ha l’aria indifferente come se tutto gli fosse dovuto, si muove in quell’ambiente per lui sconosciuto con circospezione, quasi stesse esplorando la sua nuova abitazione disinteressandosi della mia presenza.

Chiaramente l’effetto-sorpresa in uno scontro è essenziale per colpire e battere il nemico ma io quasi come se me l’aspettassi non rimango completamente spiazzato e riesco ad abbozzare una minima reazione.

Lo guardo sbigottito, fisicamente sono molto più grande e forte di lui eppure sono semiparalizzato dalla paura; riesco comunque a mantenere la calma, il tempo di dietreggiare di mezzo metro e guardalo diritto negli occhi.

L’adrenalina sale improvvisamente al cervello, i miei muscoli che un minuto prima erano distesi si irrigidiscono, una goccia di sudore freddo scivola lungo il volto teso. In pochi istanti mi trasformo in un agglomerato di nervi, i polmoni iniziano a pompare aria a ritmo sempre più veloce, il cuore batte come un tamburo di uno sciamano, l’epinefrina è alle stelle, sono pronto allo scontro.

Penso con una freddezza di cui non ero conscio: “questo mostro come si permette di minacciarmi addirittura in casa mia?”

Violazione del territorio!

Con l’occhio destro controllo ogni suo movimento attento a difendermi in caso di azioni improvvise e con l’occhio sinistro guardo per un istante la mazza da scopa appoggiata al muro, a pochi metri da me.

In un infinitesimo calcolo tutte le possibilità, un piano con cento varianti è già in fase di analisi, il mio cervello sembra un computer impazzito.

Il mostro è impassibile davanti a me, nel mio salotto.
Inizia a muoversi lentamente verso la parete alle sue spalle, si vuole spostare dietro la televisione.
Forse avverte la “forza” che sprigiona il mio corpo carico di ostilità e si sente minacciato, cerca riparo.

Conquistato il “territorio” il bastardo ora gioca in difesa!

Sono trascorsi pochi minuti dalla sua invasione eppure sembra passata un’eternità, ogni nostra azione si svolge al rallentatore, come in un film visto alla moviola.

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Legittima difesa: la reazione

Quel mostro non emette rumori, si muove con una calma tipica dei samurai giapponesi, è evidente la sua esperienza nell’intrufolarsi nelle case altrui.

In un attimo rompo gli indugi ed agisco: sobbalzo all’indietro, spengo la luce ed esco con uno scatto felino dal salotto sbattendo la porta dietro di me. In pochi istanti chiudo quella carogna nella stanza, la sua prigione!
Sono in trance agonistica, afferro la mazza da scopa, apro nuovamente la porta e con un balzo torno nel salotto impugnando la mia arma come fosse un machete. Sembro Jack Nicholson in “Shining”.

Con lo sguardo attento cerco quell’essere obbrobrioso ma nulla, è svanito, sparito.
Non ha lasciato tracce, nessun segno della sua presenza.
Da lontano, con l’aiuto della mia “accetta”, muovo le tende, colpisco i cuscini posti sul divano, tocco i mobili ma niente, il mostro è scomparso.

L’insetto vistosi attaccato si è mimetizzato in qualche interstizio del salotto ed io non posso più identificare la sua posizione, l’ho perso ma so che, come una cellula terroristica dormiente, si è appostato nella sua nuova tana fingendo di non esistere più per poi ricomparire all’improvviso.

Il messaggio che mi vuole inviare è palese: “ti posso colpire quando voglio ed in qualsiasi stanza, attento da oggi non vivrai più tranquillo nemmeno in casa tua.”

Il dubbio atroce: è ancora in casa?

Sfinito chiudo la porta del salotto e vado a letto.
Impiego molte ore prima di addormentarmi, a volte ho la sensazione che qualcosa strisci sulla gamba, sobbalzo dal materasso e mi riaddormento.

A distanza di anni, ricordo solo che quella notte feci un sonno molto agitato.

La mattina successiva dell’insetto non vi è più traccia, lascio la finestra aperta mentre mi godo la colazione.
In fin dei conti sono un pacifista e sono contro la violenza, offro una via di fuga al mio indesiderato ospite.

Mi preparo velocemente, con la barba sfatta e le occhiaie pesanti per la nottata turbata mi avvio verso la porta, desidero solo lasciarmi alle spalle quella triste esperienza ed andando via da casa ho l’illusione che il mostro non sia mai arrivato, mi convinco che al mio rientro “lui” in realtà non è mai esistito.

Mentre chiudo la porta di casa mi affaccio per guardare un’ultima volta il salotto. Nulla, l’insetto non si vede.

Sorrido e mentre chiudo sento un sinistro ronzio “ZZZ ZZZ”.
Sbatto la porta e scappai via.

 

(Ripropongo questo articolo per non abbassare la guardia contro altri, ben più malvagi, incursori estivi)


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