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Tag: immigrazione

Le tartarughe tornano sempre, di Enzo G. Napolillo (recensione)

Lampedusa, l’amore tra Salvatore e Giulia

Se ami il mare e desideri leggere una storia che intrecci il dramma dei migranti con l’amore, sei nel libro giusto.

Perché Lampedusa può essere una prigione per chi ci nasce e la terra promessa per chi sogna una vita diversa da guerra e violenza.
Dipende dal destino quale prospettiva ti regala.

Salvatore è nato e vive nella piccola isola siciliana.
Giulia trascorre ogni estate nella casa dei genitori, nativi di Lampedusa ed emigrati a Milano per inseguire lavoro e successo.

Tra loro l’amore, le vacanze troppo brevi, il distacco, la distanza, sentimenti difficili da vivere, l’attesa per la prossima estate, lettere rosa con promesse infinite.

Le tartarughe tornano sempre, di Enzo G. Napolillo

L’assuefazione al dramma dei migranti

Una mattina in spiaggia, la visione di un barcone stracolmo di uomini, donne e bambini – persone diamine! –  in balia delle onde segnerà la vita dei due giovani.

Quell’immagine al quale il mondo intero ben presto si assueferà, sconvolge le coscienze di Salvatore e Giulia unendo le loro anime con un filo invisibile.
Per sempre.

Perché leggere il romanzo di Enzo G. Napolillo

Le tartarughe tornano sempre di Enzo G. Napolillo è fresco come un tuffo nel mare blu di Lampedusa.
Attuale, ci ricorda che i migranti sono persone e come tali meritano la nostra attenzione.
Persone, non dati statistici o “casi” da risolvere.

Un romanzo ed una denuncia raccontata attraverso gli occhi di due personaggi che ricorderemo nel tempo, Giulia e Salvatore.

Perché leggere «Le tartarughe tornano sempre»?
Perché emoziona.

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L’uomo invisibile imparò a volare

Una presenza impercettibile

Via Toledo è – come sempre – un viavai anarchico di gente impegnata nello shopping del sabato pomeriggio.

La strada è un fiume in piena di voci e colori, una folla omogenea in viaggio senza una meta precisa.
Lui vive ai margini della strada e la sua presenza è impercettibile alla marea umana di (finti) consumatori.

L’Uomo Invisibile ha varie personalità.

Una statua immobile di gesso bianco e un arlecchino colorato, un pagliaccio impacciato su un velocipede, un acrobata spericolato, un mangiafuoco e un generatore di bolle di sapone a forma di nuvole.

Gli unici capaci di percepire la sua esistenza sono i bimbi.

Agli occhi degli adulti, invece, l’Uomo Invisibile non è un supereroe moderno ma solo un fantasma fastidioso da evitare, qualcosa di seccante al pari di una mosca ronzante, un rumore di sottofondo da annullare con un gesto risoluto.

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E lui – pur di esistere – con la forza della disperazione inventa esibizioni sempre più spettacolari.

Addirittura, l’Uomo Invisibile ha imparato a volare o – per essere più precisi – a galleggiare in aria con un’espressione che non tradisce sforzi.

Questo ulteriore superpotere sembra abbattere il muro di indifferenza di noi adulti occidentali assuefatti alla visione di persone prostrate ai bordi strada.

Il trucco del pakistano volante riscuote un discreto successo: c’è chi lo fotografa, chi gli gira intorno per indagare, la curiosità spinge la generosità e le monetine riempono lo scatolino viola ai piedi dell’uomo fluttuante.

Al momento la folla apatica si ferma e per pochi minuti l’Uomo Invisibile torna ad esistere.

Sono certo però che lo stupore non durerà molto: se non vuole sparire nuovamente, l’Uomo Invisibile – oltre a volare – dovrà presto inventarsi un nuovo incantesimo.

E l'uomo invisibile imparò a volare


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