Il trucco dell’indiano volante
L’uomo orientale sospeso a mezz’aria ha un età indefinita.
Non saprei stabilire nemmeno la nazionalità, il colore della pelle ed i tratti somatici consigliano «Asia e dintorni» ma tant’è: la folla di increduli e distratti spettatori subito l’etichetta «l’indiano».
Via Toledo, strada storica di Napoli dove la fiumana umana di consumatori non-consumatori passeggia tra bar, sfogliatelle, caffè ed una catena di negozi perlopiù vuoti.
Gli artisti di strada intrattengono il pubblico per pochi centesimi: c’è l’uomo-statua dipinto di bianco e perennemente fermo, la donna-sfinge bloccata nella sua bellezza, i maddonarri con le strabilianti opere da marciapiede, ambulanti per ogni target, i senegalesi armati di tamburi e maestri di danze tribali, gruppi di musica classica, folk e rock ed infine loro, gli indiani volanti.
Il trucco è davanti agli occhi di tutti
Misteriosamente fermo a mezzo metro d’altezza, appoggiato ad un palo bloccato sul tappeto nero, il povero mago con l’espressione concentrata ed il volto privo di particolari sforzi fisici e mentali, è una maschera imperturbabile.
La folla osserva stupita alla ricerca del dettaglio che sveli il segreto orientale, bimbi ed adulti si pongono lo stesso ingenuo quesito: «quale è il trucco?»
Eppure il trucco è davanti gli occhi di tutti, grande quanto un palazzo si manifesta in tutta la sua crudezza ed ha un nome ben preciso: indifferenza.
Assuefatti ad ogni forma di spettacolo, chi desidera strappare l’attenzione e quattro spiccioli, inventa esibizioni sempre più stupefacenti.
E a noi, passanti superficiali abituati al veloce zapping televisivo, risulta ovvio trattare quell’uomo come un fenomeno da baraccone dimenticando che dietro il trucco c’è una persona, un mondo, un universo.
La prossima occasione compirò un’azione rivoluzionaria, abbatterò il muro del silenzio, spezzerò le ali del destino con una semplice ed umana domanda: «ehi, come ti chiami?».
Forse strapperò un sorriso sul volto contrito dell’indiano volante.