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Tag: indifferenza (Page 5 of 5)

Il totem dell’indifferenza

L’assurdo prezzo del parcheggio

Osservo il paletto conficcato nel cuore del posto-auto e mi chiedo sconsolato: perché?

Questa prassi di assurda normalità è presente in molti condomini del centro città dove la scarsità di spazi farebbe perdere la proverbiale pazienza anche al biblico Giobbe.

La richiesta è superiore alla disponibilità ed il mercato risponde con la solita, spietata legge: l’impennata dei prezzi del parcheggio assume un valore economico sproporzionato ed il proprietario dell’auto è ben disposto a pagare cifre irragionevoli pur di evitare svariati giri del quartiere per pescare il jolly, un minuscolo anfratto – cento manovre – dove depositare finalmente la macchina.

L'assuefazione, un brutto mostro che genera indifferenza. Anche nel parcheggio dell'auto

Difendere lo spazio con un paletto

In una metropoli, chi ha la fortuna di possedere un piccolo garage all’aperto è conscio dell’importanza del patrimonio e protegge il prezioso tesoretto con ogni mezzo.

Con un effetto domino incontrollato, infilare un palo di ferro nell’asfalto del parco per impedire agli altri di occupare un bene a noi assegnato, diviene un’abitudine accettata, una consuetudine naturale, un metodo di difesa che non scandalizza nessuno.

L’assuefazione alla anormalità genera «mostri» ai quali ben presto ci adeguiamo senza più sdegnarsi.

Gli abusi edilizi, il decoro urbano maltrattato, la sporcizia lungo i marciapiedi, le piccole grandi inciviltà quotidiane sono la triste testimonianza di una indifferenza galoppante che il paletto conficcato nel posto-auto denuncia ogni giorno.


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Il trucco c’è (e si vede)

Il trucco dell’indiano volante

L’uomo orientale sospeso a mezz’aria ha un età indefinita.
Non saprei stabilire nemmeno la nazionalità, il colore della pelle ed i tratti somatici consigliano «Asia e dintorni» ma tant’è: la folla di increduli e distratti spettatori subito l’etichetta «l’indiano».

Via Toledo, strada storica di Napoli dove la fiumana umana di consumatori non-consumatori passeggia tra bar, sfogliatelle, caffè ed una catena di negozi perlopiù vuoti.

Gli artisti di strada intrattengono il pubblico per pochi centesimi: c’è l’uomo-statua dipinto di bianco e perennemente fermo, la donna-sfinge bloccata nella sua bellezza, i maddonarri con le strabilianti opere da marciapiede, ambulanti per ogni target, i senegalesi armati di tamburi e maestri di danze tribali, gruppi di musica classica, folk e rock ed infine loro, gli indiani volanti.

L'indiano voltante, il trucco c'è e si vede

Il trucco è davanti agli occhi di tutti

Misteriosamente fermo a mezzo metro d’altezza, appoggiato ad un palo bloccato sul tappeto nero, il povero mago con l’espressione concentrata ed il volto privo di particolari sforzi fisici e mentali, è una maschera imperturbabile.

La folla osserva stupita alla ricerca del dettaglio che sveli il segreto orientale, bimbi ed adulti si pongono lo stesso ingenuo quesito: «quale è il trucco?»

Eppure il trucco è davanti gli occhi di tutti, grande quanto un palazzo si manifesta in tutta la sua crudezza ed ha un nome ben preciso: indifferenza.

Assuefatti ad ogni forma di spettacolo, chi desidera strappare l’attenzione e quattro spiccioli, inventa esibizioni sempre più stupefacenti. 
E a noi, passanti superficiali abituati al veloce zapping televisivo, risulta ovvio trattare quell’uomo come un fenomeno da baraccone dimenticando che dietro il trucco c’è una persona, un mondo, un universo.

La prossima occasione compirò un’azione rivoluzionaria, abbatterò il muro del silenzio, spezzerò le ali del destino con una semplice ed umana domanda: «ehi, come ti chiami?».
Forse strapperò un sorriso sul volto contrito dell’indiano volante.


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Palestina, la terra di Gesù (o terra della morte?)

Nazaret (Israele), la terra di Gesù

Voglio-desidero-devo capire ma sono confuso, necessito di mettere ordine nella mia mente offuscata.

Cerco dei punti fermi, certezze da cui partire perché in una guerra i torti e le ragioni svaniscono al primo colpo di cannone sostituite dalla sete di vendetta, dall’odio reciproco e dalla incapacità di parlarsi (ammesso che una guerra possa avere delle «ragioni»).

Gerusalemme, la capitale di Israele

Parto dall’inizio, dall’anno zero.

Nazareth, la città di Gesù

Gesù è nato e vissuto a Nazaret, un’area geografica a nord dell’attuale Israele.

Israele è uno Stato situato in Palestina, ufficialmente proclamato nel 1948 dopo che l’ONU approva il piano per la ripartizione della Palestina in due stati indipendenti, uno ebraico e l’altro arabo (1947). La capitale dello Stato d’Israele è Gerusalemme.

La Striscia di Gaza è un territorio palestinese confinante con Israele e Egitto, autonomo e autogovernato dal 2005.
Rivendicato dai palestinesi come parte dello Stato di Palestina, è attualmente governato dal movimento di Hamas per conto del governo palestinese ma è al contempo considerato territorio occupato da Israele che ne opera un blocco su tutte le sue frontiere, al centro dunque del conflitto israelo-palestinese. Dal 2012 l’ONU riconosce formalmente la Striscia come parte dello Stato di Palestina, entità statale semi-autonoma.

La striscia di Gaza

Gerusalemme Est, capitale della Palestina

Il wiki-studio continua.

Lo Stato di Palestina (chiamato anche impropriamente solo Palestina) comprende i territori palestinesi divisi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza ed è parte, assieme allo Stato d’Israele e a parti di Siria, Giordania e Libano, del territorio storico-geografico della Palestina.

Lo Stato di Palestina proclama Gerusalemme Est quale sua capitale – sebbene la città sia sotto il controllo israeliano.

L’indipendenza dello Stato palestinese fu proclamata prima nel 1988 dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e poi sancita anche dall’ONU (2012) mentre è considerata territorio occupato da Israele che, dunque, non la considera tale.

Gesu in Palestina

Il motivo del conflitto Istraele-Palestina

Bene, ora la questione geografica mi è chiara ma continuo a non comprendere perché, nella terra di Gesù, si continua a morire.

Quale è la scintilla che alimenta l’eterno conflitto?
La religione? I solidi? Il petrolio?

Perché i due popoli non depositano le armi e – in modo definitivo – firmano la pace?

Sono cosciente: questo post non aggiunge nulla al fiume di inchiostro (e di sangue) versato nella Terra Santa ma serve al sottoscritto per ribadire l’impossibilità ad assuefarsi alle “solite” scene strazianti proveniente dal Medio Oriente, al quotidiano bombardamento di civili, ai raid militari ed ai folli kamikaze, all’indifferenza del mondo.

Oggi le motivazioni della guerra sono dimenticate, il conflitto è alimentato dall’odio razziale e dalla sete di vendetta e, dopo più di duemila anni, i palestinesi e gli israeliani continuano a crocifiggere Cristo ogni giorno.
Sempre in Palestina, oggi terra di morte ieri terra di Gesù.

#withsyria

L’hashtag #withsyria

#withsyria è  l’hashtag utilizzato dal web per ricordare il conflitto silenzioso che si consuma in Siria nell’indifferenza globale da tre lunghissimi anni (ammesso che si possa stabilire la data dell’inizio ufficiale di una guerra civile).

Il video è tratto dal sito withsyria.com: anche io mi sono unito a questo movimento.

#withsyria

Un piccolo gesto

Per registrarsi ci vuole un secondo, una piccola azione, un gesto simbolico, un messaggio di pace da inviare ai potenti del Mondo.

Proviamoci, dopotutto anche il più grande degli oceani è composto da milioni di infinitesime gocce d’acqua.

In tutto il mondo, le persone stanno testimoniando ad ogni bambino, donna e uomo coinvolto nel conflitto che siamo con loro, che siamo #WithSyria. Diremo ai nostri leader: non lasciate che il popolo siriano perda un altro anno di spargimento di sangue e sofferenza.

 


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Ho adottato una buca killer (la gioia di un genitore napoletano)

Buche artistiche

Sul sito Mypotholes, i due fotografi Davide Luciano e Claudia Ficca lanciano la provocazione: le buche stradali sono ovunque ed oramai vengono accettate come elemento normale del contesto urbano, quindi meglio trasformare l’irritazione in divertimento ed arte.
Ecco allora che le voragini di Montreal, New York, Toronto e Los Angeles diventano un set fotografico (imperdibile la galleria di scatti dei due artisti canadesi).

Io, invece, dalla mia esperienza napoletana, vado oltre.

Mypotholes-L'arte delle buche stradali

Imprinting

Gli esperti sono d’accordo: il delinquente di oggi ha sicuramente trascorso un’infanzia difficile.
Difatti, i primi anni di vita rappresentano il periodo critico per ogni essere umano e l’apprendimento e l’esempio ricevuto dal bimbo in tenera età costituiranno l’imprinting per il resto dell’intera esistenza.
E’ dimostrato: chiunque venga trascurato crescerà meno bene di chi, al contrario, è seguito affettuosamente certo delle tenere, amorevoli sicurezze familiari.

La nuova, rivoluzionaria teoria (di origine partenopea) applica lo stesso (razionale) ragionamento alle buche stradali.

L’adozione del «mostro»

Dopo ogni acquazzone, le vie cittadine puntualmente si trasformano in strade-colabrodo.
Nascono come piccoli fossi, poi – per colpa dell’indifferenza di tutti noi – crescono indisturbati attingendo alle risorse naturali: il vento e la pioggia autunnale alimentano il neonato come una mamma attenta allatterebbe il suo poppante.
L’asfalto dissestato è il suo habitat naturale, l’humus ideale per lo sviluppo in lunghezza e larghezza. Grazie al disinteresse istituzionale, il fosso si fortifica e conquista metri preziosi divenendo ben presto una voragine.
Il «mostro», nonostante cerchi di attirare l’attenzione provocando danni (soprattutto di notte) agli automobilisti insensibili, resta abbandonato al suo triste destino. Vive e cresce nella solitudine assoluta e come ogni essere rifiutato diventa sempre più cattivo.

Ma, come spesso accade, dove latita l’organizzazione dello Stato emerge la bontà del singolo: per spezzare questo circolo vizioso ho adottato una buca.
E’ nata da qualche giorno dopo l’ennesimo diluvio e vive vicino al mio ufficio.
A ben guardarla esprime tenerezza, colma d’acqua si mimetizza, credo sia timida e non voglia disturbare ma le auto infieriscono senza pietà investendola di continuo. Lei, innocente, si difende da sola priva delle tutele che – come ogni altro bimbo – meriterebbe.

Comunque reagisce bene, spinta dalla voglia di vivere non demorde.

Questa mattina sono andata a salutarla, era in perfetta forma, la pioggia di stanotte l’ha rinvigorita.
Purtroppo non la vedrò per l’intero week-end ma sono certo che lunedì, quando tornerò al lavoro, la troverò sempre al suo posto, magari maturata e pronta per presentarmi la compagna della sua vita, una nuova piccola voragine con la quale metter su famiglia.

Non girate la faccia dall’altra parte, le voragini sono ovunque e le gioie dell’adozione indescrivibili: amici Lettori, siate anche voi generosi.

Indifferenza gialla (ipocrisia nera)

Cinesi e Rom, le due bombe sociali

Nelle nostre moderne metropoli convivono due bombe sociali ad orologeria che, difatti, periodicamente esplodono per poi essere subito disinnescate dalle Istituzioni.

La comunità cinese, perlopiù invisibile, vive nascosta negli scantinati di fatiscenti palazzi della periferia.
Uomini, donne, anziani e bambini astratti, anelli vitali del ciclo produttivo occidentale ma non riconosciuti ufficialmente, lavoratori privi dei diritti basilari. Operai incorporei che producono beni materiali.

I rom vivono in campi degradati ai bordi della città, quasi sempre abusivi, in condizioni igienico sanitarie da terzo mondo, senza un lavoro fisso sopravvivono con le elemosina e spesso sono sfruttati dalla criminalità organizzata. Gente disperata ignorata dallo Stato.

Contesti paradossali, teoricamente inaccettabili per un «paese civile» ma, in pratica, una triste e quotidiana realtà: i cinesi segregati in bui seminterrati illuminati solo dai neon bianchi, i rom oramai stanziali in fatiscenti baraccopoli dimenticate da Dio, alla luce del sole.

Indifferenza gialla (ipocrisia nera)

L’indifferenza dello Stato

E lo Stato?
Impotente, non interviene.

La politica dell’indifferenza prevede la non-azione, l’abbandono di queste persone senza tutela al loro tragico destino per poi scandalizzarsi quando – puntualmente – avviene la tragedia annunciata (una stufa brucia una baracca rom sterminando un’intera famiglia oppure un incendio incenerisce gli operai cinesi di Prato).

Il copione prevede la squallida passerella dei politici e le dovute dichiarazioni di circostanza davanti le telecamere affamate, il circo mediatico accende i riflettori e – per un paio di giorni – noi onesti cittadini, turbati, ci offendiamo per quelle immagini scomode (ma note a tutti).

Poi, spente le luci, l’indifferenza copre i lutti e torna il colpevole e conveniente silenzio.
Fino ai prossimi inevitabili morti.


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Pronto Soccorso, il film dell’horror inizia al crepuscolo

Location: sala d’attesa del Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli

Trama: disperazione dei bisognosi e richiesta di assistenza di chi necessita di cure mediche immediate.
Cast: uomini invisibili, nessuna prima donna, dottori ed infermieri coraggiosi, malati di gravità diverse (dalla mamma infortunatasi in casa fino all’incidentato grave)
Spettatori: parenti ed amici degli ammalati.

Pronto Soccorso, scene di ordinaria follia (sociale)

Con il calare del sole emerge il mondo sommerso

Persone bisognose, uomini indigenti, essere umani soli ed abbandonati, individui sprovvisti di tutto alla ricerca disperata di un riparo per la notte.

Il Pronto Soccorso è il luogo nel quale converge l’esercito di nullatenenti che vivono ai margini delle nostre città, una moltitudine di povera gente dimenticata dalla cosiddetta «società civile», sfortunati a cui è negata ogni forma di assistenza (sanitaria e non) costretti a rifugiarsi nella sala d’attesa dell’ospedale.

Un film che si ripete ogni giorno

Amare considerazioni, verità palesi e scene di ordinaria sofferenza tratte da un drammatico film (vietato ai minori) a cui ho assistito questa notte e che, temo, vada in onda al crepuscolo di ogni santo giorno.

Alle Istituzioni il compito di cambiare questo inquietante palinsesto, a noi testimoni sporadici la rabbia per l’indifferenza della politica ed i dilaganti tagli alla spesa pubblica.
Perplesso mi interrogo:

possibile che anche i servizi minimi necessari alla collettività debbano sottostare alle regole dell’economia?


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L’uomo invisibile imparò a volare

Una presenza impercettibile

Via Toledo è – come sempre – un viavai anarchico di gente impegnata nello shopping del sabato pomeriggio.

La strada è un fiume in piena di voci e colori, una folla omogenea in viaggio senza una meta precisa.
Lui vive ai margini della strada e la sua presenza è impercettibile alla marea umana di (finti) consumatori.

L’Uomo Invisibile ha varie personalità.

Una statua immobile di gesso bianco e un arlecchino colorato, un pagliaccio impacciato su un velocipede, un acrobata spericolato, un mangiafuoco e un generatore di bolle di sapone a forma di nuvole.

Gli unici capaci di percepire la sua esistenza sono i bimbi.

Agli occhi degli adulti, invece, l’Uomo Invisibile non è un supereroe moderno ma solo un fantasma fastidioso da evitare, qualcosa di seccante al pari di una mosca ronzante, un rumore di sottofondo da annullare con un gesto risoluto.

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E lui – pur di esistere – con la forza della disperazione inventa esibizioni sempre più spettacolari.

Addirittura, l’Uomo Invisibile ha imparato a volare o – per essere più precisi – a galleggiare in aria con un’espressione che non tradisce sforzi.

Questo ulteriore superpotere sembra abbattere il muro di indifferenza di noi adulti occidentali assuefatti alla visione di persone prostrate ai bordi strada.

Il trucco del pakistano volante riscuote un discreto successo: c’è chi lo fotografa, chi gli gira intorno per indagare, la curiosità spinge la generosità e le monetine riempono lo scatolino viola ai piedi dell’uomo fluttuante.

Al momento la folla apatica si ferma e per pochi minuti l’Uomo Invisibile torna ad esistere.

Sono certo però che lo stupore non durerà molto: se non vuole sparire nuovamente, l’Uomo Invisibile – oltre a volare – dovrà presto inventarsi un nuovo incantesimo.

E l'uomo invisibile imparò a volare


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Casa Alfano

Va sempre tutto bene

La famiglia è allo sfascio ma lui finge, prima agli altri e poi a se stesso.
A forza di mentire si è convinto che tutto vada bene, nonostante la realtà racconti una storia diversa, anzi opposta.
Sua figlia è incinta, anche se minorenne; il grande Amore – dopo aver appreso la dolce notizia – si è liquefatto come neve al sole.
Il primogenito incrementa l’esercito dei milioni di giovani italiani che non studiano e non lavorano.
La moglie, infine, lo tradisce da anni con il maestro di tennis.

E lui?

Le verità nascoste

Non coglie la disperazione della piccola Cenerentola innamorata, inganna le speranze del disoccupato, mente sui finti progressi sportivi della dolce metà.

Il povero uomo è troppo occupato, deve convincere i parenti («la famiglia è unita»), i vicini pettegoli («andiamo d’accordo») ed i creditori esigenti («nessun problema economico e comunque siamo in ripresa»).

E’ entrato talmente nella parte da divenire il più ridicolo degli attori.
Recita perfino quando non è necessario; all’inizio si poteva pensare ad una “doppia personalità”, oggi si può affermare che la falsa natura ha sovrastato la vera identità di cui – oramai – non c’è più traccia.

Il triste finale giunge atteso, direi quasi scontato: i ladri entrano in casa mentre lui è al lavoro, rapiscono la moglie, la figlia gravida ed il figlio sfaccendato.

Sul divano lasciano le foto del maestro di tennis.
Imbrattano le mure casalinghe, svuotano l’appartamento e scappano via con la refurtiva: nessuno vede e sente nulla, sebbene un grosso furgone nero con i vetri fume’ e targa kazaka non passi certamente inosservato.

Il nostro eroe torna a casa e – come se nulla fosse accaduto – continua la sua vita con la solita normalità assuefatta, senza curarsi dell’assenza della famiglia e la casa svaligiata.

Poco dopo, quando giunge la Polizia a sirene spiegate, nonostante i tragici, palesi avvenimenti egli conserva la sua inappuntabile calma anche difronte allo scandalo e le accuse.
Accerchiato dai poliziotti, dichiara convinto: «non mi sono accorto di nulla».

Benvenuti in casa Alfano.

Casa Alfano

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