faCCebook.eu

Sbatti il mostro in homepage!

Tag: inquinamento (Page 2 of 2)

I colori del murales di Bagnoli

Murales di Bagnoli, se non ci fosse?

Se il muro non fosse dipinto con i colori della fantasia sarebbe un’opera anonima.
Si ridurrebbe all’ennesima parete amorfa mangiata dai fantasmi dell’Italsider.

Perché a Bagnoli, prigioniera da sempre del «mostro» siderurgico per antonomasia, la vivacità dei murales rappresenta una boccata d’aria fresca.

Come accade a Materdei, anche il disegno all’entrata della stazione della cumana di Bagnoli, strappa un sorriso.

Anzi,una meritata fotografia.

I colori del murales di Bagnoli

Scuola e lavoro

Conosco bene Bagnoli.
Una manciata d’anni fa, a pochi passi dal murales, frequentavo le scuole superiori.
Mi licenziai dall’allora VIII ITIS (oggi Augusto Righi) con un immeritato voto (il tempo ha rimediato all’ingiustizia).

Negli anni duemila tornai per lavoro: la sede dell’HP – la multinazionale americana per la quale  operavo – a pochi chilometri dal murales (le drammatiche vicende HP conservate nell’ebook gratuito «Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli»).

Io e Bagnoli, legati da un filo rosso

Un lungo filo rosso lega il sottoscritto a Bagnoli.

Dieci anni con la testa nel monitor a scrivere software e scovare bug.
Dieci anni significano mille pause-pranzo consumate (con estrema soddisfazione) nelle pizzerie del quartiere.

Un filo rosso fumante, saporito che non spezzerò mai 🙂

faCCebook è anche su Telegram: unisciti al canale!

L’arte sostituisce la bonifica

In attesa della bonifica dell’intera area sempre promessa e mai realizzata, i murales contrastano la polvere sputata dal «mostro» che, come una sentinella malata, sovrasta il quartiere.

Le matite colorate contro l’inefficienza della politica (locale e nazionale).
L’arte contro il degrado (urbano e morale).
I murales contro l’ex Italsider.

Finché c’è colore, c’è speranza.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Contro lo smog, il disegno di Maria Pia

Smog, il «mostro» invisibile è tra noi

Il «mostro» è invisibile.
La sua sinistra presenza si annuncia con sintomi evidenti: prima la vampata di calore, poi la puzza, segue un senso di disgusto nauseabondo.

Lo smog, la cappa di fumo nero che attanaglia le nostre città e rende l’aria irrespirabile.
Colpisce tutti, senza distinzione di colore e razza, età e posizione sociale.

La difesa di un ciclista napoletano

D’avanti a me – esponente dell’esiguo esercito di ciclisti napoletani – una moto riscalda il motore pronta per lo sprint.
Al suo fianco, il pilota di un vecchio furgone prepara la partenza con la stessa concentrazione di Lewis Hamilton.

L’orchestra di motori rombanti suona la triste musica, la nuvola di inquinamento copre pedoni, auto, moto e ciclisti.

Fermo al semaforo, attendo diligente il via, percepisco l’attacco.
La mascherina antismog funge da scudo impenetrabile, sotto assedio non perdo la calma: con un’agile mossa felina sposto la mia e-bike sul marciapiede limitrofo.
Se non posso sconfiggere il «mostro», preferisco una ritirata strategica.

Scatta il verde,

I tubi di scappamento sparano velenosi colpi neri ed i pesanti dinosauri fuggono via, la nube tossica si dissolve, la strada è libera, torna la calma apparente.
Pedalo e riparto, la sfida continua.

L’opera di Maria Pia

Giunto in ufficio, trovo il ritratto: autrice Maria Pia.
La mia collega è un’artista: ispirata dalle bici, quella del sottoscritto – neofita della pedalata – e le due ruote di Angela, la vera esperta del settore, immortala i mezzi in sosta.

Il quadro colorato ispira aria pulita, natura e musica rilassante.
L’opera è la perfetta risposta ai tubi di scappamento grigi e sporchi che infestano le nostre città.

Grazie Maria Pia, era la giusta boccata d’ossigeno che cercavo 🙂

Lotta allo smog: le bici secondo Maria Pia


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Bike sharing Napoli, ho provato il servizio. Ecco come è andata

«Scusate, ma è gratis?» mi chiede incuriosito un signore in giacca e cravatta mentre consegno la bici alla ciclostazione di via Toledo.
«Sì è gratis per trenta minuti. Però bastano» annuisco.
Aggancio il mezzo, attendo il messaggio di conferma sul display della stazione e vado via soddisfatto.
Ho completato il mio primo giro utilizzando il servizio di bike sharing Napoli.

Il ritiro (tramite app)

Napoli, piazza Dante – domenica 15 febbraio, ore 11,00.
L’app ufficiale non mente: sono disponibili due biciclette e difatti, bloccate nella stazione, due veicoli attendono fiduciose.
Impiego pochi istanti per capire il funzionamento.

Apro l’app Bike Sharing Napoli installata sullo smartphone:

– clicco su Stazioni
– seleziono Piazza Dante
– clicco su Preleva bici
– sullo schermo del cellulare, viene visualizzato un codice numerico di cinque cifre
– vicino il mezzo scelto, pigio il bottone Sblocca ed inserisco il codice fornitomi via cellulare
– il sistema verifica la correttezza dei dati e poi visualizza un messaggio di conferma
– il gancio che tiene bloccata la bici si apre
– ritiro la bici ed inizio a pedalare

Bike sharing Napoli, la ciclostazione di piazza Dante

 

La bici

Bike sharing Napoli, la bicicletta La bici è in buone condizioni.
Un simpatico cartello posto nel cestino davanti al manubrio ricorda di essere prudenti.
D’altronde, il mezzo non è una bike da montagna e nemmeno da corsa ma piuttosto una bici per una tranquilla passeggiata cittadina.
Trovo difficoltà solo per le marce: non capisco l’uso del cambio. Per ora lascio perdere, indagherò in futuro. Verifico l’uso dei freni: funzionano entrambi.
La sella è standard, dovrei regolare l’altezza ma per questo primo giro desisto e parto.

 

Il viaggio

Impiego quattro minuti per percorrere via Roma, da piazza Dante fino alla stazione della metropolitana di via Toledo.
Favorito dalla leggera discesa e dal traffico quasi nullo, pedalo senza sforzo. Le uniche difficoltà sono legate alle condizioni della strada, dalle buche e dall’assenza di una vera pista ciclabile.
La folla di pedoni non aiuta ma non incontro particolari difficoltà.
La passeggiata è piacevole, rilassante: un modo alternativo, pulito, salutare ed efficace per spostarsi in città.

La consegna

Giunto a via Toledo, aggancio la bici alla ciclostazione e clicco sul bottone di blocco.
Dopo pochi istanti, il veicolo risulta perfettamente collocato e disponibile per un nuovo utilizzo.
Sul display del mio cellulare, i dati della sessione risultano aggiornati (sono trascorsi sedici minuti da quando ho ritirato la bici al momento in cui l’ho consegnata).
Nessun imprevisto, tutto è filato liscio.

Non mi resta che invitarvi a salire in sella e pedalare: il servizio di bike sharing è realtà anche a Napoli.

Bike sharing Napoli, consegno la bicicletta a via Toledo


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

In Svizzera c’è più sole che a Napoli

Nel 2004 il matrimonio natalizio del mio amico scapolone-da-sempre necessita di un look adeguato e costretto dall’unicità dell’evento acquisto un elegante cappotto nero in puro cashmere,
Nei successivi dieci anni – statistiche alla mano – indosso il costoso soprabito zero volte.

A Napoli le temperature polari sono assenti.

Nella stagione più fredda me la cavo con un giubbotto e se la colonnina di mercurio crolla, indosso un cappello per l’emergenza. Nei momenti critici di pioggia, vento e freddo dall’armadio tiro fuori il jolly: lo scaldacollo ufficiale del Calcio Napoli.

Il sole riscalda le nostre terre per trecentosessantacinque giorni l’anno eppure i pannelli solari installati sui tetti delle abitazioni private sono più rari degli scudetti vinti della squadra azzurra.
Senza temere clamorose smentite (purtroppo), posso affermare senza esitazione:

a Napoli, sono più frequenti le nevicati che il numero di impianti fotovoltaici pubblici.

Il mistero resta tale: perché nel paese del sole non si creano sistemi per produrre energia rinnovabile da fonte solare?

Chiasso impianto solare

Il mio amico-scapolone quest’anno festeggia i dieci anni di felice vita matrimoniale.
Oggi vive in Svizzera e dall’esterno osserva il Bel Paese con gli occhi razionali tipici di chi, uscito dal gruppo, valuta il contesto senza essere coinvolto.

A noi, cittadini italiani, appare normale l’assenza di pannelli solari perché siamo assuefatti alla mancanza secolare di una intelligente politica ambientale.

Eppure – da profano – la rarità di impianti fotovoltaici pubblici (e privati) in Italia la reputo scandalosa.

Dunque, quale sensata risposta merita l’amico svizzero che, ingenuamente, chiede:

un fiore dai petali gigante con i pannelli solari che girano inseguendo il sole e la notte il fiore si chiude e si ripone, all’alba si riapre automaticamente.
E’ stato installato in una delle rotonde principali del mio paesino con pochissime migliaia di abitanti ad 1km dall’italia … perchè non farlo anche nella nostra bella penisola, il paese del sole?
Ti invio due foto, è un «mostro» valido?

Sì, caro amico: il tuo «mostro» è valido.

Chiasso impianto solare

Link utili: Un fiore solare spunta a Chiasso

Cartolina da Bagnoli

Dal piazzale sulla salita di Coroglio, osservo Bagnoli

Sullo sfondo la zona flegrea, Pozzuoli, il promontorio di Monte di Procida con l’isola a far da scudo. Sotto il naso, invece, il pontile di Bagnoli: la passeggiata nel mare, un kilometro che divide l’ex Italsider e la rosa dei venti scolpita alla fine del percorso, una strada che parte dal vecchio «mostro» siderurgico e termina tra le onde.

L’enorme complesso industriale dismesso mi angoscia: quante tonnellate di rifiuti industriali avrà inghiottito il mar Tirreno napoletano?
Nessuno lo saprà mai.

Cartolina da Bagnoli - Napoli

Un tizio alla mia destra si lancia nel solito ragionamento italiano ascoltato milioni di volte, il ritornello dei politici nostrani. Vista la convinzione con le quali conferisce le sue tesi, non escludo che egli stesso sia un candidato alle prossime elezioni.

«Eppure potremmo vivere di turismo»

E’ vero.
E’ una affermazione inconfutabile.
Ma purtroppo non è così.

Il fallimento della politica

Rispetto alle incommensuràbili bellezze naturali che il Signore ci ha donato, esiste un’altrettanta incommensuràbile incapacità politica – nel senso generale del termine – presente in tutte le componenti della società.

La lista degli insuccessi è più lunga del pontile di Bagnoli e non la ripeto, è nota a tutti.

Resta l’amara riflessione con la quale saluto il tizio alla mia destra: «Bagnoli, ciò che era ieri, ciò che potrebbe essere domani e ciò che è oggi: se dopo mezzo secolo ciò che era non è divenuto ciò che poteva essere, non possiamo parlare di turismo ma di un misero fallimento».

Se il tizio alla mia destra è davvero un politico, non mi candiderà mai nel suo partito.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Napoli e l’ingorgo nel giorno del blocco del traffico auto

Riflessioni sul blocco della circolazione delle auto disposto dal Comune di Napoli per ridurre lo smog in città.

Mercoledì 14 maggio ore 8,45 circa.

Siamo a via Salvator Rosa, una strada che unisce il Vomero con il centro storico, un’arteria invasa dal traffico ventiquattro ore al giorno.

L’imponente istituto Cuoco-Schipa accoglie i ragazzi di ogni età (dai pargoletti dell’infanzia fino ai liceali) e all’ingresso c’è la solita, gioiosa e caotica ressa di genitori, bimbi, giovani, fidanzatini, professori, motorini ed auto in tripla fila.

Il mercoledì l’ordinanza prevede(rebbe) il blocco delle auto inquinanti dalle sette e trenta fino alle diciotto e trenta.
Eppure, se si osserva l’ingorgo di questa mattina, un dubbio sulla reale utilità delle disposizioni comunali sulla mobilità sorge spontaneo.

Napoli, l'ingorgo durante il blocco della circolazione

Una mamma scatta due foto per registrare l’evento e – gentilmente – mi invia le immagini.

L’assenza di vigili urbani amplifica il giorno di ordinario inquinamento e le limitazioni sul traffico restano solo teoria

Ovviamente non affermo che il piano anti-smog sia un fallimento in tutti i quartieri, mi limito a segnalare la situazione odierna.

Napoli, l'ingorgo durante il blocco della circolazione

Il traffico, però, dimostra anche un’altra tesi: esiste una incolmabile distanza tra la proclamazione di una legge e la sua concreta applicazione.

Dando per scontata la buona fede del sindaco De Magistris e della sua giunta, più ci si allontana da palazzo San Giacomo (il Municipio) tanto più l’esito negativo del piano si amplifica.

Le parole scritte nero su bianco – da sole – non bastano a garantire il rispetto delle regole, occorre sia controllare (e casomai multare) ma anche fornire le necessarie alternative (i mezzi pubblici, è ovvio).

Il costo della tangenziale incide

Da non sottovalutare il pedaggio che noi napoletani (unici in Italia!) siamo costretti a pagare ogni volta che percorriamo la tangenziale.

Il pendolare, pur di risparmiare i novanta centesimi a tratta (tassa temporanea del 1969 e prorogata anno dopo anno) cioè quasi quaranta euro al mese per il doppio passaggio andata/ritorno, invece di spostarsi tramite la strada a scorrimento veloce esterna al centro urbano e nata per non intasare la città, preferisce muoversi lungo le vie cittadine bloccando (ed inquinando) ulteriormente la metropoli.

Le soluzioni esistono ma per funzionare devono essere applicate.
Come la legge.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

La Terra dei Fuochi brucia (anche di parole)

Terra dei Fuochi, le solite promesse

L’esercito, la polizia ambientale, i droni speciali, le foto satellitari, le promesse di bonifiche mai realizzate, le conferenze degli esperti, la denuncia dei medici, gli studi dei dottori per dimostrare la relazione tra inquinamento e tumori, i ripetuti forum del Governo, gli stili di vita non corretti dei campani, l’immancabile visita del Ministro di turno.

«Faremo», «agiremo», «fermeremo», «non daremo tregua» … un fiume di parole a cui non corrisponde mai nessuna azione concreta.

La dura realtà

La dimostrazione: ieri – domenica 30 marzo ore 18,05 – viaggio sull’asse mediano che da Mondragone porta verso Pozzuoli.

All’altezza di Cancello Arnone vedo il «mostro»: una lunga colonna di fumo nero parte da una campagna limitrofa alla strada statale e, minacciosa, infesta il cielo azzurro.

La terra dei fuochi continua a bruciare

Rogo alla luce del sole

Il rogo è ben visibile da chilometri di distanza, la scia di morte si stende lungo l’intero paesaggio per avvelenare le coltivazioni innocenti.

Ancora una volta dei delinquenti senza scrupoli agiscono alla luce del sole indisturbati, sicuri di non essere puniti, incuranti delle parole dei politici ed i provvedimenti delle Istituzioni.

Non mi resta che accostare, fotografare l’ennesimo dramma, pubblicare sul gruppo facebook la triste testimonianza ed avvisare i Vigili del Fuoco.

La Terra dei Fuochi continua a bruciare, nonostante tutto.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

I (falsi) motivi per amare la pioggia

Pioggia, gli aspetti positivi

Napoli piove ininterrottamente da due giorni, nulla di catastrofico sia ben chiaro ma comunque le secchiate d’acqua incessanti prima o poi ti inzuppano i piedi.

Non fosse altro per il traffico impazzito, la sosta selvaggia dei genitori apprensivi intenti ad accompagnare il pargoletto con l’auto fin dentro la scuola e gli innamorati iperprotettivi pronti a tutto pur di proteggere dall’umidità la messa in piega della fidanzatina, accetterei di buon grado il nubifragio di questo periodo.

Perché la pioggia ha i suoi aspetti positivi che – nonostante l’ombrello distrutto da una maligna folata di vento – vorrei evidenziare.

Chiedete al proprietario di un SUV

La pioggia lava tutto: le vie cittadine mai abbastanza pulite, il marciapiede infestato dagli escrementi canini, l’auto ricoperte di polvere ma soprattutto le scarpe dell’incauto pedone costretto a destreggiarsi tra fiumi in piena a bordo strada e violente cascate che cadono dai balconi dei palazzi.

Perché beccarsi un acquazzone (con o senza ombrello è lo stesso) mentre ci si reca a lavoro con i mezzi pubblici è davvero l’ideale: è vero che poi seguirà un’intera giornata fuori casa con i piedi ghiacciati ed i calzini umidi ma – se prestiamo la giusta attenzione – osserveremo come le nostre scarpe siano diventate improvvisamente nuove.

Merito della pioggia (lavaggio gratuito peraltro).

Oltre a questo vantaggio per le masse bagnate, il vero motivo per amare un salutare e duraturo rovescio ve lo potrà confidare solo il proprietario di un SUV metropolitano.

Perchè amare la pioggia?

Perchè il SUV in città?

Intendo proprio quegli enormi «mostri» che imperversano tra le strette vie comunali, macchinoni inquinanti usati per brevi spostamenti urbani, rumorosi carri armati impossibili da parcheggiare nelle affollate città moderne.

Perché se posso comprendere l’uso di queste costose auto in estrema campagna oppure in montagna dove nevica e impazza la bufera invernale, non capisco l’esistenza di questi giganti a quattro ruota (o sei?) a Napoli, Roma o Milano.

Ecco allora che con la pioggia insistente, le carreggiate colabrodo, le utilitarie ferme ai bordi strada e le minuscole vetture in tilt per l’acqua caduta dal cielo, si scatena la rivincita dei SUV: durante il diluvio sbucano come i funghi, i padroni di queste bestie osservano disgustati dall’alto della loro postazione di guida i “normali”, con lo sguardo fiero di chi non teme le intemperie e con una manovra virile ci sorpassano mentre convinti (anzi auto-convinti) riflettono: «per fortuna io ho il SUV, lo sapevo che mi serviva il SUV, evviva il mio SUV».

Il fascino del maltempo è nella scintilla che brilla negli occhi di chi guida un SUV cittadino.

Guardateli bene, sono «mostri» felici (almeno quando piove).


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Terra dei Fuochi, dove è la sovranità dello Stato?

Zona flegrea, dimora di Nerone

Da piccolo abitavo nella zona flegrea, in provincia di Napoli.
Un territorio ricco di storia dove sorgevano le antica colonie romane di cui, ancora oggi, si trovano importanti testimonianze e resti.

Nerone – pazzo ma non fesso – difatti era solito frequentatore delle terme (tra Pozzuoli e Baia), si rilassava godendosi le ricchezze offerte da questa terra baciata dal Signore.
La fertilità dei terreni era proverbiale: si racconta che bastasse far cadere un seme di una qualsiasi frutta per veder crescere spontaneamente un albero.

faCCebook è anche su Telegram: unisciti al canale!

La Fescina, I sec. a.C.

Io, insieme alle altre piccoli pesti del rione, giocavamo nelle campagne vicino casa: due pietre fungevano da pali per le porte di fantasia, palla al centro e via con le infinite partite di calcio senza tempo e risultato.

Altri giorni, invece, ci lanciavamo in lunghe esplorazioni in bici alla scoperta di monumenti abbandonati e antiche opere nascoste nelle masserie dei contadini locali.

Un esempio per tutti: l’antica necropoli in via Brindisi nel comune di Quarto: giunti sul luogo, nascondevamo le bici tra i cespugli, scavalcavamo le (deboli) recinzioni per entrare nella tomba romana incustodita (datata I sec. a. C.) e giocare ai giovani Indiana Jones.
Purtroppo molte altre persone – con fini meno goliardici dei nostri – nel tempo hanno prelevato (leggi rubato) ogni pietra trasformando la “Fescina” in un rudere fatiscente.

La nobiltà di queste zone oggi è un concetto dimenticato.

La necropoli abbandonata a Quarto (NA)

Terra dei Fuochi, basta con le promesse!

Le cronache di questi giorni ci parlano di una terra martoriata e violentata nel tempo: ovunque si scavi, invece di antiche tracce romane, spuntano rifiuti tossici.

A Caivano, Qualiano e Giugliano le discariche abusive hanno costantemente inquinato le campagne che producevano frutta ed ortaggi esportati in tutt’Italia, simboli di fertilità e sana alimentazione.

L’agricoltura della zona è stata uccisa dall’ignobile ecomafia.

Il disastro ambientale della Terra dei Fuochi oggi è sulle prime pagine dei giornali, seguono fiumi di parole, promesse e speranze, le nuove commissioni governative sostituiscono le vecchie ed iniziano da zero il lavoro, le decisioni tanto attese sono rinviate e le agognate bonifiche – un diritto per ogni cittadino – un miraggio in attesa di bla bla bla …

BASTA!

Perché non dichiarare la Terra dei Fuochi zona militare? Perché il Ministro degli Interni non si trasferisce a Caivano per rimarcare la sovranità dello Stato anche per le opera di bonifica in queste terre vessate ed abbandonate dallo Stato?

Il tempo è scaduto, vogliamo i fatti.

Nota di Michele Buonomo,
Presidente di Legambiente Campania.

LEGAMBIENTE – «Ieri Casal di Principe, Qualiano, oggi Caivano domani siamo in attesa : ormai è una lotta impari con la terra che si è ribellata e scoppia per i troppi veleni.  Nel 2013 gli anni di denunce sono diventati 25, un quarto di secolo.  E’ la storia di un film già visto, raccontato minuziosamente in ogni Rapporto ecomafia e nelle migliaia di pagine tra documenti e atti giudiziari.  Ma nulla s’è mosso. Nessuno fa nulla, territori sono ancora inquinati e di bonifiche nemmeno l’ombra.  Anche se il cancro sta divorando intere famiglie, mentre l’Italia accumula procedure di infrazione europee e lo sconcerto di mezzo mondo. Cosa si aspetta per offrire concretamente un contributo di verità nei confronti dei tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza?»

Terra dei Fuochi, rifiuti tossici a Caivano


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Page 2 of 2

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén

Translate »