L’esempio più famoso: lo sguardo verso il basso, il capo chino e l’espressione malinconica di Mario Balotelli.
Seguono volti meno noti ma pur sempre infelici: l’interista Mauro Icardi qualche settimana fa, il francese del Milan Jérémy Ménez l’ultimo depresso.
Dopo l’agognata rete, la star del calcio non esulta.
Anzi, invece di esplodere in una gioia spontanea, ostenta un’espressione offesa.
Come un bambino capriccioso, la stellina è convinta di aver subito un’ingiustificata punizione e pretende prima le scuse e poi le nuove coccole.
Il campione cresce nella (sua) persuasione di essere un divo, un fotomodello da venerare che non merita critiche, un vero uomo indiscutibilmente perfetto da amare, sempre.
Ma il paterno procuratore rassicura: la faccia offesa del giovane viziato del pallone è un messaggio d’amore verso gli ultrà gelosi, schermaglie tra folli innamorati, dopotutto gli uni necessitano degli altri.
Quando la crisi è lampante, i blasonati capitani della serieA si abbassano a discutere con i fans incalliti: dopo i chiarimenti selvaggi, ritorna la pace e scoppia nuovamente la passione.
Al prossimo gol – speriamo tra le mura di casa – il (finto) campione corre ad esultare sotto la curva innamorata.
Il malumore è superato, la ferita rimarginata, il calciatore capriccioso è di nuovo felice.