Il rifugio

Un violento vento spazza via le strade, gli ombrelli dei passanti rivoltati come calzini.
Dal cielo cadono brutali secchi d’acqua, i chicchi di grandine un dolce ricordo.
Chiuso nella mia giacca, la tempesta mi coglie impreparato: alzo il bavero in un gesto spontaneo e con lo sguardo cerco un riparo per difendermi dalla improvvisa bufera.
Vedo un portone aperto, senza indugio mi infilo in questa moderna grotta metropolitana.
L’atrio del palazzo è affollato, trascorrono secoli ma l’istinto di sopravvivenza accomuna i comportamenti umani.

«Wow ragazzi, che pioggia!» farfuglio per rompere il tipico imbarazzo presente nei luoghi chiusi condivisi con estranei.

Come cambiai il mondo in un pomeriggio di pioggia autunnale

Una improvvisata banda di rivoluzionari

L’effetto domino parte e si innesta il dibattito sui temi scottanti di attualità: «ai miei tempi, tutta sta pioggia non si vedeva mai» urla il pensionato; «ci vorrebbe una rivoluzione!» incalza l’uomo con la valigetta; «i prezzi sono alle stelle, impossibile arrivare a fine mese» denuncia la donna col carrello della spesa; «i politici, la colpa è loro, sono i politici i veri mafiosi» sentenzia il giovane studente che ha marinato la scuola; «dobbiamo unirci, noi cittadini onesti, scendere in piazza, organizzarci, protestare, una nuova rivoluzione francese!» conclude il gruppo coeso.

L’improvvisata comitiva è carica, l’adrenalina è alle stelle, la convinzione di cambiare il mondo aleggia in questo anonimo portone di città.

Un esercito di egoisti?

«Etchù!», lo starnuto di un bimbo rompe l’incantesimo.
Il piccolo é in disparte, tiene per mano la baby-sitter pakistana mentre con l’altra mantiene un colorato lecca-lecca al gusto di fragola.
Si gode la leccornia, dal delicato nasino cola il moccio dell’influenza che – senza indugio – il pargoletto provvede a ripulire con la manica della camicia.
«Che combini!» tuona la ragazza asiatica minacciosa; con fare frenetico, cerca nella borsetta e poi sbotta: «oh no, ho dimenticato i fazzolettini».

Fuori, la burrasca si è inaspettatamente placata, un raggio di sole sbuca tra le nuvole nere: il battito di una ciglia e l’atrio del palazzo è deserto.

Del piccolo partito di rivoluzione popolare nessuna traccia, restiamo solo io, la inquieta baby sitter pakistana ed il fanciullo goloso, gli unici a non aver proferito parola durante il dibattito guerraiolo su come resettare il sistema e ristabilire giustizia ed equità.

Sono stato sempre un fautore dei piccoli gesti, il Mondo cambia se agiamo in prima persona partendo dal nostro personale orticello senza attendere le decisioni dei grandi della Terra.

«Prego …» offro un nuovo pacchetto di fazzolettini alla baby sitter mentre sorrido al bimbo: «buon appetito piccolino».
Saluto e vado via.


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