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Manila, di Enrica Orlando: storia di «mostri» e di speranza [RECENSIONE]

Manila, libro estremo 

Manila, di Enrica Orlando, è una storia ricca di «mostri».
I peggiori.
I «mostri» ai qual non puoi sfuggire.
Perché ti perseguitano da dentro.

Un libro duro da leggere.
Conversazioni spietate che spiazzano per crudezza e degrado (morale e fisico dei personaggi ).
La disperazione porta ad azioni disumane e la brava Enrica Orlando, con uno stile asciutto (e spesso volgare), sbatte in faccia al Lettore il lato più oscuro dell’animo umano.

Quello che vorremmo dimenticare ed, invece, è solo celato dietro l’angolo di ogni coscienza.

Manila, di Enrica Orlando, la mia recensione

Manila, quante volte sei morta?

Manila suscita sentimenti opposti: la detesti quando si autodistrugge, sorridi per l’ironia con la quale affronta i drammi del destino, entreresti nelle pagine del libro pur di aiutarla.
Infine, l’ abbracceresti per augurarle un po’ di meritata felicità.

Personaggi estremi, contesto fatiscente, legge della sopravvivenza, periferie sporche ed abbandonate.
Cancellazione di ogni briciola di umanità.
Come in una guerra.
E l’inevitabile caduta negli inferi.

Eppure, anche nel buio più assoluto, nei peggiori inferni metropolitani, la forza della vita trova e si aggrappa a quella mano tesa, pronta ad aiutarti.

Manila non lascia indifferenti.
E, per un’artista, è il miglior complimento. 
Per questo va letto.

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Litorale domizio, la catena umana per salvare il (nostro) mare

“Diamoci una Mano”, la catena umana per il litorale domizio

Sabato 4 agosto (ore 10.30) aderisco alla catena umana proposta  da Gaetano Cerrito, imprenditore impegnato per il rilancio del litorale domizio.

Perché, ogni estate, è assurdo porsi la solita, sconfortante domanda: «i depuratori funzionano?»
Perché, giunti in spiaggia, è anomalo chiedersi: «oggi, com’è il mare?»

In lunghi tratti del litorale domizio, la qualità delle acque dipende dalla buona sorte: i giorni della corrente favorevole, ti bagni in un mare cristallino.
Se becchi il momento nefasto (scarichi illegali nei tanti canali che sfociano in mare?), puoi trovare liquami, pannolini o chissà quale altro «mostro».

Eppure, negli ultimi anni, è indubbio constatare un netto miglioramento delle condizioni delle acque.
Allora, perché non possiamo pretendere un mare sempre pulito?

Si chiama ‘Diamoci una mano‘ l’iniziativa che partirà sabato 4 agosto alle 10,30 dai lidi Tamurè e Baja Club e che coinvolgerà tutti i bagnanti dei 9 chilometri di spiaggia che vanno da Baia Domizia sino a Baia Felice. (fonte: Il Mattino)

 

Il mistero dei depuratori campani

Prima o poi scoprirò la verità sui depuratori campani.
Quanti ne sono?
Dove sono?
Quali realmente funzionano?
Depurano dodici mesi all’anno oppure si fermano nel periodo invernale?

Se un cittadino campano, ogni benedetta estate, è logorato dal dubbio: «i depuratori funzionano?» significa che l’opera di questi impianti è alquanto opinabile.
Sarebbe opportuno, da parte degli enti competenti, una maggiore e più chiara comunicazione sull’argomento.

Se poi, un giorno, fosse possibile visitare uno di questi leggendari depuratori, il sottoscritto sarà il primo tra i prenotati.
Armato di videocamera e taccuino, documenterò l’esperienza.

Nel mentre, sarò uno dei mille anelli della catena umana di sabato 4 agosto.
Mille anelli, una sola voce: salviamo il nostro mare.

PS: ringrazio Mario Cavaliere, instagramer di successo, per lo scatto sottomarino nel mare blu.
Del litorale domizio, ovvio.


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Galleria Umberto di Napoli, il fascino della metà bellezza [FOTO]

Galleria Umberto restaurata … a metà

Un lato è chiaro, pulito, tornato all’antico splendore.
L’altra facciata, invece, mostra l’usura del tempo che fu.

Così si presenta la maestosa Galleria Umberto I di Napoli, nel cuore della città, a due passi dal centro storico (e dal mare).

Dopo due mesi senza e-bike, mi regalo una prima pedalata a via Toledo, tra i tanti turisti che affollano la città ed i mille colori (rumori?) dei vicoli.
Viaggio in direzione piazza del Plebiscito e resto attratto dalle due facce della Galleria Umberto, una sosta per due scatti è obbligatoria.

Galleria Umberto di Napoli restaurata a metà

Il fascino dell’imperfezione

Ripenso alla pendenza della torre di Pisa: se fosse dritta, a chi interesserebbe?
L’unicità del monumento è dovuta al suo difetto che rende la torre pendente un polo di attrazione mondiale.

Lo stesso ragionamento l’applico alla nostra Galleria Umberto: il restauro a metà la rende … speciale!

Se il lavoro fosse completo al cento per cento, dopo il bagliore negli occhi, subentrerebbe la normalità di un’opera terminata.
E poi l’assuefazione ed il successivo oblio.

Invece, il contrasto tra il bello del restauro e l’incuria della opposta facciata è un pugno allo stomaco che non lascia indifferenti.
Il visitatore ignaro salta con lo sguardo da destra a sinistra e viceversa.

L’opera incompiuta lo costringe a riflettere e poi, superati i primi minuti di choc, la domanda gli sorge spontanea: perchè la Gallieria Umberto è bella a metà?

Galleria Umberto di Napoli restaurata a metà

La (non) spiegazione

Dal web leggo la (non) spiegazione: questioni burocratiche legate ai condomini privati che abitano nella galleria.

Una parte ha investito per il rifacimento, l’altra ha deciso di non spendere soldi per il restauro.

Ognuno ha le sue ragioni (economiche).

Galleria Umberto di Napoli restaurata a metà

Galleria Umberto, l’icona di Napoli

Il restauro dimezzato è la giusta icona della nostra città.

Napoli, sempre in bilico tra ciò che potrebbe essere e ciò che realmente è, con le mille potenzialità e il degrado che incombe.

La voglia di stupire e la mancanza cronica di fondi, la forza dell’arte e la burocrazia inceppata, l’orgoglio per le nostre mille bellezze e la vergogna dei soliti «mostri» che ci affliggono … l’elenco è lungo ed è noto a tutti (ora, aggiungiamo anche la Galleria Umberto).

E così, tra un pensiero ed una riflessione, scatto qualche foto.

Riprendo l’e-bike, torno su via Toledo e pedalo verso il mare.
Sorrido mentre penso a questo ennesimo controsenso tutto napoletano.

Galleria Umberto di Napoli restaurata a metà


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Al mare, testimone di un salvataggio eroico

Un soccorso in mare vissuto in diretta

Quale sentimento spinge una persona ad abbandonare la sicurezza della propria vita per lanciarsi in mare e soccorrere uno estraneo in difficoltà?

E’ la domanda che mi pongo oggi mentre assisto – dalla spiaggia di un lido del litorale domizio – al salvataggio di un gruppo di bagnanti che, per le condizioni del mare avverso, non riescono a tornare a riva.

A pochi metri dalla spiaggia libera, le forti onde creano un fosso tra un gruppo di persone e la costa.
Un uomo inizia a sbracciare per segnalare l’emergenza: nuota ma le correnti lo allontanano dalla riva.
Nonostante non affondi del tutto, è in forte difficoltà.
Il mare lo sovrasta, poi riemerge, sbraccia ancora.

Con lui si distinguono altre persone, forse un bambino ed una giovane ragazza.
Tutti in pericolo.

Litorale domizio, volontari e bagnini salvano un gruppo di bagnanti in difficoltà

L’intervento dei bagnini (e dei volontari)

Dai lidi limitrofi, i bagnini scattano immediatamente.
Con le tavolette rosse in pugno, superano il fosso marino ed, in pochi istanti, raggiungono il gruppo di persone in totale panico, a poche decine di metri dalla spiaggia.
Li soccorrono.

Insieme ad altri volontari, li riportano tutti sul bagnasciuga.
Giunge anche un terzo bagnino con l’imbarcazione di salvataggio per aiutare chi è senza energie.

Per fortuna, la missione di si conclude con un lieto fine.

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Il coraggio dei volontari

Da sotto l’ombrellone, noto delle persone correre verso il mare.
Non capisco cosa stia accadendo finchè non raggiungo la folla in riva ed ascolto i commenti preoccupati.

La squadra di volontari che si è lanciata verso i bagnanti in difficoltà è davvero numerosa.

Conto almeno una decina di uomini, qualche ragazzo ed una giovane donna.
Li vedo rientrare affaticati, raccontano di un anziano in preda al panico (credo l’uomo che sbracciava) e di un bambino impaurito.
Li hanno raggiunti – chi dalla spiaggia, chi via mare – ed, insieme ai bagnini, salvati.

Ascolto l’impresa con ammirazione.

Queste persone, non temevano di affogare?
Prima di tuffarsi, hanno riflettuto sul pericolo al quale andavano incontro?

Rischiano la vita per soccorrere degli estranei.

L’azione di questi volontari non finirà mai sui giornali e nessuna Istituzione gli renderà i giusti meriti.
Ma, entrano di diritto nell’esercito di eroi silenziosi che combattono i «mostri» della nostra società.

A loro, il nostro pubblico ringraziamento.


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Maleducazione cieca

Fin dove giunge la maleducazione?

Viaggio in metropolitana (Linea1).
Carrozza piena, ne abbiamo viste di peggio.

Entra un ragazzo non vedente: col bastone lungo e sottile, guadagna spazio tra i passeggeri incuriositi.

Pian piano attraversa la carrozza, con calma raggiunge la porta opposta all’ingresso.
E’ sicuro nei movimenti, evidentemente prende la metro con regolarità.
Mentre il treno riparte, il ragazzo non vedente appoggia la schiena sulla parete, in prossimità dell’uscita.

Tutti osservano, nessuno si alza per cedergli il posto.

Maleducazione cieca

La reazione del sottoscritto

I ragazzi isolati nelle cuffie, signori indifferenti, donne chiuse nel loro mondo.
Mentre il treno attraversa le gallerie (buie) e corre veloce verso la successiva stazione, nell’ecosistema underground – specchio del mondo di sopra – trionfa l’egoismo.

Tutti incollati al sediolino della metro, il ragazzo non vedente in piedi.
Assurdo, davvero assurdo.

Anzi, inaccettabile!

Reagisco.

Mi avvicino ad un giovane: lui, seduto, comodo.
Il coetaneo in piedi, più in là.
Con le mani, indico il non vedente.
Il giovane alza lo sguardo con aria stupita, non comprende le intenzioni.
Con le dita, punto ai miei occhi con un movimento continuo destra-sinistra della mano.
Il giovane osserva ancora il non vedente, poi il sottoscritto.

Infine capisce.

«Vuole accomodarsi?» dalla bocca distratta, finalmente, partono le parole magiche.
«Grazie, fra poco scendo» il non vedente risponde senza esitazione.

Dopo pochi minuti, la metro giunge alla stazione.
Le porte si aprono ed il ragazzo, aiutandosi col sottile bastone, esce e prosegue il suo cammino con fiducia.

Dal treno, lo seguo con lo sguardo.
Ben presto, il non vedente svanisce  tra la folla dei pendolari, un fiume di persone concentrate solo su se stesse incapace di aiutare il prossimo.

La metro riparte.
La maleducazione cieca, resta.


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Salvator Rosa, stazione Linea1: svelato il mistero delle scale mobili ferme da tre mesi [FOTO]

Linea1, stazione Salvator Rosa: l’avviso ANM

Impianto temporaneamente fuori servizio.
Stiamo lavorando per ripristinarlo nel più breve tempo possibile.
Ci scusiamo per il disagio
(avviso ANM, stazione Linea1 Salvator Rosa)

Il Comune di Napoli fa sul serio.
Le scale mobili ferme da tre mesi alla stazione di Salvator Rosa, dimostrano la ferrea volontà politica di raggiungere l’obiettivo-salute entro l’estate.

E’ assurdo immaginare il perché l’impianto, da diverso tempo guasto, non funzioni ancora.
E’ davvero così complicato riparare delle ordinarie scale mobili?
Non ci credo.

L’unica spiegazione razionale è il piano segreto delle Istituzioni: combattere la pigrizia del cittadino costringendolo al movimento.

Come?
Riducendo gli autobus pubblici, fingendo di non possedere le risorse per potenziare la metropolitana, fermando sistematicamente le funicolari, abolendo qualsiasi forma di mobilità alternativa.

I primi risultati sono incoraggianti.
La resistenza del napoletano è superiore alla media nazionale e – caratteristica sviluppata negli anni di disservizi continui – si adatta in ogni altro luogo senza difficoltà alcuna.
(da una testimonianza recente di una cavia napoletana)

Stazione di Salvator Rosa, scale mobili ferme da tre mesi

Salvator Rosa, ingresso secondario: le foto

Di fatto, chiunque entri per l’ingresso secondario di Salvator Rosa, è costretto a percorrere una lunga scalinata prima di giungere all’interno della stazione.

Il Comune non fa sconti a nessuno: mamme con le carrozzine, anziani, i diversamente abili, infortunati vari.
Tutti a piedi, costi quel che costi.

Il cittadino deve curare la forma fisica: o corri giù scalino dopo scalino oppure raggiungi l’ingresso principale (sempre a via Salvator Rosa, distante un quattro/cinquecento metri dall’entrata secondaria) e prendi l’agognato ascensore.

Stazione di Salvator Rosa, l'avviso ANM

Stazione di Salvator Rosa, l'altra scala mobile è solo in salita

Linea1, quando arriva il prossimo treno?

Oltre la forma fisica, il Comune lavora per temprare anche l’aspetto psicologico del cittadino napoletano.

Da tempo immemore, infatti, i display presenti nelle stazioni della Linea1, invece di annunciare quando giungerà il prossimo treno dei desideri, visualizzano (se accesi) un asettico messaggio: “Prove tecniche”.

Ecco l’altro punto del piano segreto delle Istituzioni: un corpo sano è inutile se guidato da una mente fragile.

Occorre fortificare il carattere del passeggero: il mistero sui tempi d’attesa forgia lo spirito, sprona la comunicazione, allena la pazienza.

Salvator Rosa, i tempi d'attesa del prossimo treno restano un mistero

Scale mobili, è finito l’esperimento?

Ora che il sottoscritto ha reso pubblico il vero motivo dello stop delle scale mobili di Salvator Rosa, chiedo ufficialmente agli organi competenti di interrompere l’esperimento.

Il guasto simulato, dopo tre mesi di finta inefficienza, falso disinteresse, cattiva gestione delle stazioni, può ritenersi concluso.

I cittadini ringraziano le Istituzioni per la ritrovata forma fisica.
Ora, però, rimettete in funzione le scale mobili della stazione di Salvator Rosa.
Desideriamo un sano riposo.

Dopotutto, dopo tre mesi di allenamenti, lo meritiamo.

Salvator Rosa, quando finirà l'esperimento?


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Perché ho cambiato la foto del profilo (e perché dovresti cambiarla anche tu)

Il segreto della mia nuova foto del profilo

La nuova foto del profilo?
Sono in redazione, pronto a correre (in bici) per una nuova inchiesta on the road

Svelo il segreto celato dietro la nuova foto ufficiale presente su tutti i miei canali social.

Studioso e uomo d’azione, i due aspetti che – da sempre – caratterizzano la lotta contro i «mostri» di ogni natura, colore, razza.
Il computer sempre connesso, lo smartphone carico per ricevere le soffiate del prossimo scoop, l’impermeabile per ogni stagione, la e-bike parcheggiata per gli eco-spostamenti cittadini.

Lo scatto di Luigi Borrone, il fotografo che ferma il tempo, ha il merito di sintetizzare, in una immagine, i concetti principali nel quale crede il sottoscritto.

La mia nuova foto del profilo

Nuova foto, facebook brucia lo scoop

Le 5 regole pratiche per scegliere l’immagine del profilo sono sempre valide.
Dunque – visto che le ho enunciate – le rispetto.

Commetto un solo, imperdonabile errore: facebook mi ruba lo scoop.

Desideravo un annuncio nello stile Ferrari quando in diretta web, togliendo il velo. per la prima volta si scopre nell’intero globo la nuova monoposto.

Invece, appena modifico l’immagine del profilo facebook, l’impertinente social network – nonostante dalla mia bacheca cancelli subito il messaggio dell’annuncio del cambio foto – pubblicizza l’evento a tutti i miei “amici”.

I successivi “Mi piace” (pochi, per fortuna) bruciano lo scoop.

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Ora tocca a te

L’inverno è alle spalle, di acqua sotto i ponti ne è passata e tu non sei più la stessa persona di un anno fa.
Fuori il sole è alto, la temperatura raggiunge i trenta gradi ma, nella foto del profilo Whatsapp, indossi ancora un pesante ed anacronistico cappotto.

E’ giunta l’ora del cambio di stagione, anche per la tua immagine social.

Una foto recente porta nuovo entusiasmo.

Aggiornati, poi passa in redazione.
Troverai il sottoscritto al computer, con lo smartphone carico e la e-bike pronta per correre verso un nuovo scoop.

Proprio come nella nuova foto del profilo 🙂


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Iene metropolitane in azione: strisce pedonali occupate [FOTO]

Iene metropolitane, chi sono

Nella giungla metropolitana vivono bestie feroci, ratti usciti dalle fogne, avvoltoi pronti a colpire gli indifesi.

E poi ci sono loro, le iene.

Ogni santo giorno, dalla sella della e-bike, quante ne vedo.
Mentre pedalo, nel tragitto casa-lavoro-casa, osservo questi esseri abietti calpestare i diritti delle persone perbene.

Con gesti subdoli, attaccano, rubano, tornano nelle loro tane.
Sono ovunque, «mostri» perfettamente mimetizzati con l’arredo urbano, impossibili da catturare.

Compiono piccoli e grandi illegalità, sotto l’occhio inerme delle forze dell’ordine, spesso spettatori impotenti, a volte controllori distratti.

Si alimentano del loro insano egoismo: azzannano il prossimo pur di raggiungere il proprio scopo personale, non rispettano nessuna regola del vivere comune.

Parcheggiare sulle strisce pedonali: azione vile ed incivile delle iene metropolitane

Iene metropolitane occupano le strisce pedonali

Mi soffermo su una tipica azione delle iene metropolitane: parcheggiare l’auto sulle strisce pedonali.

Con disinvoltura, senza vergogna.

Colpevoli di un gesto vile (oltre che illegale), incuranti delle Leggi, questi ignobili fermano la macchina proprio davanti la pedana per accedere al marciapiede.

Per la rabbia dei diversamente abili, delle mamme con le carrozzine, anziani col carrello portaspesa, semplici pedoni.

Il gesto meschino potrebbe apparire meno grave rispetto agli abnormi problemi di Napoli, invece è indice di una maleducazione diffusa che misura l’alto grado di inciviltà raggiunto.

Quante volte registriamo questa scena meschina?
Troppe.

Parcheggiare sulle strisce pedonali non è «normale», è una classica azione impunita della nostra realtà – da sanzionare, da correggere.

Parcheggiare sulle strisce pedonali: azione vile ed incivile delle iene metropolitane

Iene metropolitane, come sconfiggerle

Le iene metropolitane formano un branco numeroso: il parcheggiatore abusivo, il cittadino che getta la spazzatura la mattina prima di recarsi al lavoro, gli incivili di ogni ordine e grado, l’assenteista, il truffatore del cartellino, il camorrista, …

Sembra un esercito imbattibile.
Invece, la ricetta per sterminare questi «mostri», esiste.

Agiamo in prima persona con l’esempio positivo, imponiamo la nostra legalità nelle piccole, grandi azioni che ci ruotano intorno.

Io voglio provarci.
Se siamo in tanti, le iene metropolitane non avranno da cibarsi.
E così come sono nate, si estingueranno.


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Tre domande (assurde) al parcheggiatore abusivo

Come si diventa parcheggiatore abusivo?

L’attività (commerciale), immagino si erediti.
Il papà, lo zio ma anche la mamma.

Credo sia la spiegazione (folle) più plausibile: sei diventato parcheggiatore abusivo perché in famiglia c’è già chi opera nel settore?

Concepire una strada diversa, risulta difficile.

L’esempio, il movente.
Sarebbe interessante una statistica: su cento parcheggiatori abusivi, quanti hanno un parente già parcheggiatore abusivo?

Inventarsi il mestiere dal nulla, in questo ambito spietato, non lo reputo plausibile.
Per diventare guarda-macchina, in Italia, devi conoscere oppure possedere la giusta raccomandazione.

Chi meglio di mamma o papà?

Napoli e l'assuefazione al parcheggiatore abusivo

Perchè si diventa parcheggiatore abusivo?

Un giovane disoccupato, per mandare avanti la famiglia, fa necessità virtù.
La società civile non gli garantisce un lavoro normale, dunque, per sopravvivere, organizza la sua attività imprenditoriale.

Che trattasi di estorsione ai danni di cittadini onesti, poi, al giovane disoccupato, nulla interessa.

A Napoli, il guarda-macchina è un lavoro antico, accettato come normale da molti, contrastato con azioni eclatanti dalle forze dell’ordine ma, vista la realtà dei fatti, con risultati mediocri.

Il fenomeno è duro a morire ed il sinistro personaggio è parte integrante del decoro urbano.

Perché si diventa (e si tollera) il parcheggiatore abusivo?
Per non spingere queste persone verso lidi più pericolose: un guarda-macchina in più, un possibile delinquente in meno.

L’alibi è servito.

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Parcheggiatore abusivo, quando sparirai?

Ai tempi del contrabbando di sigaretta, valeva la medesima equazione impossibile: tolleriamo i contrabbandieri di bionde per non trasformarli in futuri assassini.

Un mantenimento della quiete pubblica opinabile, una stato sociale basato sull’assurdo.

Eppure, il fenomeno del contrabbando di sigarette, si è spento.
Merito di qualche legge speciale?

Perché contro la piaga quotidiana del parcheggiatore abusivo, non si agisce con la medesima determinazione?

Un paese normale, può definirsi tale se fuori ad un cinema, al teatro, in pizzeria o al Pronto Soccorso, ti attende puntuale un tizio che ti minaccia per estirparti due euro? (spesso sotto lo sguardo indifferente/impotente dei Vigili Urbani)

Vorrei porre queste domande al diretto interessato.
Sarei curioso di ascoltare il suo pensiero.

Io non ne conosco nessuno, li osservo ogni giorno mentre mi reco in ufficio in sella alla e-bike.
Operano alla luce del sole, con sfrontatezza, certi di non essere puniti, in ogni angolo della città.

Prima o poi, intervisterò uno di questi «mostri» metropolitani.


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Real sito di Carditello, tra bellezza ed abbandono. Con segnali positivi [VIDEO]

Al Real sito di Carditello con Be Time

«Questo luogo dovrebbe essere visitato da migliaia di turisti ed invece …» è l’amara riflessione che scaturisce mentre osservo, dal piccolo schermo della mia Handycamla bellezza ferita del real sito di Carditello 

Sono con Be Time, l’Università del tempo libero, alla scoperta di luoghi d’arte, tra cultura e divertimento.
Oggi siamo tra le campagne di Casal di Principe e la mitica Capua, in quella che fu la riserva di caccia di Carlo di Borbone.

Al sottoscritto il compito di catturare la giornata in un video di tre minuti.

Stanca, rassegnata, innocente, invasata 
Nuda, svergognata, tradita, condannata 
Ma è la mia città 
Sporca, avvelenata, incivile, incendiata 
Sempre affollata, devota, ammutinata 

Al real sito di Carditello con Be Time

I volontari dell’associazione “Agenda 21”

Sui resti di un affresco del 1700 noto una volgare incisione, due iniziali di uno dei tanti «mostri» che, nel tempo, ha violentato questo sito meraviglioso.
Due incisioni, come quelle sigle degli innamorati sui tronchi degli alberi.

Resto sbigottito.

Il real sito di Carditello, nel corso degli anni, ha subito furti e razzie.
Ciò che resta oggi, testimonia la magnificenza di questo luogo.

Grazie ai volontari dell’associazione Agenda 21 Carditello e Regi Lagni, da qualche anno è possibile visitare parte del monumento.

E’ un inizio, il cambio del trend, la speranza.

Ma domani chi lo sa 
Vedrai che cambierà 
Magari sarà vero 
Ma non cambierà mai niente 
Se ci credo solo io 

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«La mia città», di Edoardo Bennato

Mentre registro ho ben chiara la colonna sonora: le immagini del real sito di Carditello scorreranno accompagnate dalle parole di Edoardo Bennato.

Perchè questo luogo ben rappresenta il paradosso nostrano: ciò che potrebbe essere ma non è.

Il real sito di Carditello sembra stare lì per ricordare a tutti noi l’eterno dilemma
italiano, un paese ricco d’arte che disprezza l’arte, incapace di tutelare i propri tesori, in balia della burocrazia malata e del disinteresse generale, depredato dai delinquenti comuni e dalla criminalità organizzata.

Però. il real sito di Carditello, ci dimostra pure che una realtà diversa è possibile.
Se ci crediamo tutti.


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Come differenziare il biglietto della metro (e dell’autobus)

Linea1, dove sono i raccoglitori della carta?

All’uscita della stazione della Linea1 a piazza Garibaldi, manca il raccoglitore della carta.
Subito dopo la scala mobile, emersi dal sottosuolo, migliaia di pendolari col biglietto in mano: dove gettarlo?

Perché proprio a pochi metri, vi sono i raccoglitori colorati per la raccolta differenziata.
Manca, però, il cestino bianco della carta.

Armato di buona volontà, col biglietto in tasca, passeggio all’interno della stazione centrale in cerca del contenitori bianchi.
E ne trovo tanti, tutti distanti dall’uscita della metropolitana.

Convinto, compio il mio dovere: getto il biglietto della metro nel cestino bianco della carta.
E sbaglio.

Raccolta differenziata: il biglietto della metro e dell'autobus non va nel cestino della carta!

Dove lo butto?
Risponde il motore di ricerca dell’ASIA

Consulto la pagina Servizi del sito dell’ASIA Napoli, l’azienda che raccoglie i rifiuti in città.

Il biglietto dell'autobus e della metropolitana non è riciclabile

Digito e scopro la semplice verità: il biglietto dell’autobus (e della metropolitana) non è riciclabile.

La presenza dell’inchiostro su carta – al pari dello scontrino fiscale – rende quel pezzetto di carta non differenziabile.

Dunque, la scelta di non installare i cestini della carta all’uscita della metropolitana non è una dimenticanza.
Al contrario, è una decisione ponderata.

Porgo le mie scuse ai dirigenti ASIA.
Abituato a cercare «mostri» dietro ogni angolo, anche stavolta pensavo che l’assenza dei raccoglitori della carta fuori la stazione, dipendesse dalla negligenza o superficialità di alcuni impiegati.

Felice di essermi sbagliato 🙂


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L’autobus pubblico e quella ragazzina senza biglietto

ANM e la ragazzina-portoghese

«Entra solo chi ha il biglietto!»
L’anatema lanciato dall’autista coglie di sorpresa i pendolari.

«Io non ho il biglietto» sussurra la ragazzina, in fila, proprio davanti al sottoscritto, mentre saliamo sull’autobus pubblico.

«Vendo io i biglietti» propone l’autista-controllore.
«Non ho i soldi» replica la giovane senza tradire imbarazzo.
«Devi scendere, allora» sentenzia l’uomo che applica il nuovo regolamento dell’ANM, l’azienda napoletana di mobilità.

A Napoli, l'autobus pubblico è gratuiti?

Guerra ai portoghesi?
A discrezione dell’autista

L’azienda dei trasporti pubblici napoletana ha i conti in rosso e – finalmente! – contrasta l’atavico fenomeno dei portoghesi, cittadini abituati ad utilizzare i mezzi pubblici sprovvisti del titolo di viaggio.

Combatte la guerra agli abusivi assegnando agli autisti un’ulteriore onere: oltre a guidare in condizioni di stress estremo (vedi traffico e attacchi alla sicurezza personale e dei passeggeri), da qualche giorno i conducenti verificano e vendono i biglietti a chi ne è sprovvisto.

Non ho ben inteso, però, questa legge come e quando viene applicata.
Al ritorno, sempre sulla stessa linea, all’apertura delle porte, l’autista non batte ciglio e le due macchinette obliteratrici presenti sull’autobus, risultano entrambe fuori servizio.

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«Obliterate il biglietto!»

La discussione dura pochi minuti, con l’autobus fermo, l’autista-controllore intento ad applicare la Legge, la ragazzina-portoghese che resiste e non scende, gli altri viaggiatori spazientiti per la perdita di tempo.

«Ce ne andiamo?» gridano dal fondo del pullman.

La solidarietà sblocca l’empasse.
Una signora regala il biglietto alla ragazza-portoghese per la pace di tutti.

«Mi raccomando, obliterate il biglietto!» urla alla platea di pendolari l’autista zelante.
Perché, evidentemente, a Napoli, acquistare il tagliando non significa necessariamente utilizzarlo.

«Ah, se tutti gli autisti fossero come questo impiegato» rifletto mentre nell’autobus nasce il dibattito sul nuovo ruolo dell’autista ANM, se spetti a lui il compito di controllare o deve limitarsi alla vendita dei biglietti.

Nessuno, invece, condanna il comportamento illecito della ragazza-portoghese che considera normale viaggiare su un mezzo pubblico sprovvista di titolo.

Assuefatti, ripartiamo.

L’autista-controllore, invece, è uno dei mille «eroi silenziosi di Napoli» al quale va il nostro ringraziamento.


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